Presentazione dei Diari di Amintore Fanfani

E’ per me motivo di particolare soddisfazione ed orgoglio salutare oggi la pubblicazione dei primi quattro volumi dei Diari di Amintore Fanfani, realizzata con encomiabile ed attenta cura dall’Archivio storico del Senato in preziosa collaborazione con la Fondazione Fanfani.

I Diari sono un’opera di grandissimo valore, che copre un ampio arco di tempo e che si divide in due parti ben distinte: la prima raccoglie le riflessioni del periodo svizzero successivo all’8 settembre del 1943; la seconda racconta il lungo e autorevole viaggio di Fanfani attraverso la politica e le istituzioni.
L’evidente differenza di stile letterario tra le due parti e il loro riferirsi a due fasi della vita di Fanfani nettamente distinte, separate proprio nella cronologia dei Diari da uno spazio bianco di più di 3 anni, non incrina però la fondamentale unità dell’opera. Un’unità che è data dal percorso di Fanfani, che si dispiega secondo una linearità che è determinata essenzialmente dalla forte spiritualità religiosa, dalla profonda cultura e dalla salda fiducia nella democrazia.

C’è una pagina dei Quaderni svizzeri (datata 28 settembre 1943) che da sola vale a colmare i tre anni e mezzo di silenzio della memoria e che proietta sugli anni e sui decenni successivi il senso e la luce di una moralità che attinge alla fede religiosa per farsi impegno civico e politico: “Il caos che è succeduto al 25 luglio e all’8 settembre in fondo è provvidenziale; spazzerà la piazza di tutte le immondizie e di tutti i residui di precedenti esperienze. Il grande incendio consumerà laceri programmi e deboli candele. Quando il buio tornerà grande, sarà il momento di accendere la nuova lucerna”.
La nuova lucerna è il raggiungimento della “massima espansione della persona”, la convinzione che con la fine del fascismo non si chiuda semplicemente una parentesi, ma piuttosto si valichi una soglia, al di là della quale dovrà stare un nuovo assetto della politica, della società, delle istituzioni, una Civitas humana nella quale l’umanesimo integrale dovrà sostenere e alimentare un interventismo economico orientato al benessere sociale e alla libera espansione della persona.

Quella lucerna illumina l’importantissimo contributo che Fanfani dà ai lavori della Costituente, alla quale giunge men che quarantenne, ma già affermato studioso. Il suo profondo e meditato personalismo non solo gli ispira la felice sintesi di sensibilità diverse nella formulazione dell’articolo 1 della Costituzione (“L’Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro”), ma lo induce anche a sostenere alla Costituente che lo sviluppo economico si fonda sulla produttività del lavoro, ostacolata dalla sua precarieà e dall’insufficiente salario.

Il lavoro e il diritto al lavoro sono nella Civitas humana di Fanfani il punto sul quale fare leva per realizzazione, nel sistema costituzionale italiano, il pieno sviluppo della persona umana.
La lucerna della “massima espansione della persona” illuminerà sempre la sua attività di Ministro, di Presidente del Consiglio, di Presidente del Senato, la sua vita di politico e di studioso, come dimostra il suo ultimo scritto (Tre rivoluzioni industriali, due guerre mondiali ed ora?), un inedito del 1992 conservato presso il Fondo Fanfani dell’Archivio storico del Senato.

In questo saggio lo storico dell’economia, il filosofo morale e l’uomo politico riflettono con grande sensibilità ed intelligenza sulla sfida aperta dalle più recenti innovazioni tecnologiche, in primis dalla rivoluzione informatica. L’interrogativo che, sin dal titolo, Fanfani pone con questo saggio si indirizza anche e soprattutto alla classe politica, sulla quale grava il compito di procedere agli aggiornamenti istituzionali richiesti da quella sfida.

Ancora una volta, come già all’epoca del varo dei Regolamenti parlamentari del 1971, Fanfani guarda con lungimiranza ben al di là del presente.
Tra i Regolamenti del 1971 e il saggio inedito del 1992 si colloca un ventennio segnato da un susseguirsi di eventi e mutamenti di grande rilievo storico e politico. Se però proviamo a leggere quei Regolamenti non solo con gli occhi del passato, ma anche con quelli del futuro (pensando, ad esempio, al Trattato di Lisbona del 2007), allora l’arco di quel ventennio si restringe e l’interrogativo che Fanfani nel 1992 pone alla classe politica può trovare una prima risposta proprio nel legato più importante dei Regolamenti del 1971, nella centralità della democrazia parlamentare quale insieme di procedimenti per l’integrazione democratica del pluralismo e per la legittimazione degli assetti di governo.

La profonda lungimiranza della riflessione di Fanfani si mostra anche nell’autorevole contributo da lui dato al dibattito sulle riforme istituzionali.
Nel 1988 Fanfani sottolinea, in largo anticipo sui tanti successivi profeti delle nuove forme di comunicazione, che i Costituenti vollero definire un sistema di democrazia rappresentativa arricchito da un’importante fisionomia partecipativa. Afferma inoltre, più di venti anni fa, che le innovazioni tecnologiche avrebbero potuto conferire nuova vitalità alla partecipazione dei cittadini alla vita democratica, determinando una maggiore apertura dei soggetti politici ed istituzionali alle loro proposte.

Voglio ricordare anche che Fanfani fu sempre convinto che il bicameralismo costituisce una garanzia della democraticità del sistema di governo ed un elemento di forza, e non di debolezza, dell’istituzione parlamentare, perché consente al Parlamento di far fronte con maggior efficacia alla grande responsabilità di rappresentare la società per dare qualità democratica all’agire dello Stato nel nuovo orizzonte aperto dalla terza rivoluzione industriale.

Credo che per adempiere a questa responsabilità – come Fanfani afferma nella Conferenza tenuta a Ginevra il 15 gennaio 1945 – la politica debba davvero essere l’arte del bene comune, tanto nella quotidianità quanto nella straordinarietà delle scelte.

Giorgio Ambrosoli. Per tutti noi un modello di integrità morale e di impegno civile

“Ricorderemo sempre il coraggio e la determinazione con cui, dal 1974, Giorgio Ambrosoli seppe gestire la fase delicatissima della liquidazione della banca privata italiana, ponendosi quale obiettivo primario la salvaguardia del credito dei piccoli risparmiatori.” Così il Presidente del Senato, Pietro Grasso, in un messaggio alla famiglia in occasione del trentaquattresimo anniversario dell’assassinio di Giorgio Ambrosoli.

“Nonostante le ricorrenti minacce – prosegue il Presidente nel messaggio – continuò a svolgere con tenacia il suo incarico, senza cedere alle continue pressioni e ai tentativi di corruzione e senza mai tacere anche le più scottanti verità. Fu sempre lasciato solo nel suo lavoro, così come fu lasciato solo nella morte. La sua testimonianza di vita però continua a vivere nella memoria di tutti noi, così come la sua storia, che è diventata la storia di un popolo che sceglie di credere con consapevolezza nella legalità.
Il suo esempio – conclude il Presidente Grasso – ci sprona ad andare avanti, a non lasciarci piegare, per affermare la forza del diritto alla libertà e alla serenità delle coscienze, contro ogni prevaricazione. Con animo riconoscente e partecipe.”

Ambiente e legalità: i delitti contro l’ambiente nel Codice Penale

Autorità, Gentili ospiti,

è per me un grande piacere ospitare in Senato questo seminario di studio dedicato al tema di importanza vitale della tutela dell’ambiente e dellapromozione della legalità in questo settore anche attraverso la repressione e prevenzione dei troppi illeciti che mettono a repentaglio l’integrità del nostro ecosistema. Quella odierna è un’occasione preziosa per riflettere su una questione di straordinaria attualità per il Paese, per l’Europa e per l’intero pianeta.
Devo partire dalla constatazione che per troppo tempo i crimini contro l’ambiente sono stati considerati come reati “minori”. Una convinzione erronea ed estremamente pericolosa che si scontra con le dimensioni drammatiche del fenomeno, che ha assunto un carattere internazionale e che si interseca strettamente con la criminalità organizzata mafiosa e transnazionale. Secondo dati recenti il fatturato delle cosiddette “ecomafie” solo in Italia sarebbe di circa 16 miliardi di euro all’anno e coinvolgerebbe oltre 300 clan malavitosi. Si tratta naturalmente soltanto di stime, che danno però la misura della latitudine del fenomeno.

Le indagini della magistratura e delle forze di polizia hanno ormai ampiamente svelato l’interesse della criminalità mafiosa per il traffico e l’illecito smaltimento dei rifiuti pericolosi, per l’abusivismo edilizio, il saccheggio dei beni archeologici, il commercio illegale di specie animali e vegetali protette, i traffici nella filiera agroalimentare, negli incendi boschivi che quasi mai sono di origine spontanea. I proventi generati dall’illecito ambientale rafforzano le mafie e inoculano nel tessuto economico e finanziario enormi capitali illeciti.
Gli illeciti ambientali sono particolarmente insidiosi perché offendono una pluralità di interessi pubblici, di beni giuridici, dalla salute all’incolumità pubblica, dalla conservazione dell’ecosistema all’economia del Paese.

Basti pensare allo smaltimento illegale dei rifiuti pericolosi, che è causa di inquinamento delle falde acquifere e dei terreni agricoli. Il costo del corretto smaltimento può rappresentare per imprenditori privi di scrupoli un incentivo a liberarsi di rifiuti pericolosi in modo illegale a un costo fino a dieci volte inferiore a quello dello smaltimento regolare.

Si rifletta sull’abusivismo edilizio, che lungi dal conoscere crisi continua ad espandersi proprio in un periodo di estrema sofferenza per l’edilizia legale. Si tratta di un fenomeno che in un Paese che detiene un patrimonio paesaggistico, ambientale e culturale tutto unico al mondo assume connotati devastanti.

Devo per fortuna registrare nel Paese un mutamento di prospettiva: si stanno radicando nella coscienza sociale l’interesse per l’ambiente e la consapevolezza della imprescindibile necessità della sua preservazione. Ma non basta. E’ assolutamente necessario prevedere interventi immediati di prevenzione e repressione decisa e convinta degli illeciti ambientali.

Fino all’adozione del “Testo Unico” dell’ambiente del 2006 la normativa in materia era molto frammentata. Il “Testo Unico” ha rivisto e riorganizzato la normativa nazionale di base, conferendole una maggior sistematicità e prevedendo sanzioni relativamente più aspre. È intervenuta, poi, la Direttiva europea del 2008, la quale stabilisce che gli Stati adottino le misure necessarie per assicurare che taluni reati contro l’ambiente siano puniti con “sanzioni penali efficaci, proporzionali e dissuasive” e che anche le persone giuridiche possano essere dichiarate responsabili.

Mentre la direttiva europea è stata recepita dall’Italia nel 2010 – secondo molti osservatori ed esperti in modo non del tutto soddisfacente – nel nostro codice penale mancano misure ad hoc per la tutela dell’ambiente. Vi si trova un titolo dedicato ai “Delitti contro l’incolumità pubblica” (quali l’incendio, l’adulterazione di sostanze alimentari, l’avvelenamento), che però non è non direttamente finalizzato alla tutela ambientale. Da molti anni il Parlamento sta esaminando l’introduzione dei delitti ambientali nel codice penale ma non è ancora stato possibile raggiungere il risultato. Auspico che possa essere finalmente conseguito nel corso di questa Legislatura con una disciplina pregnante e al tempo stesso semplice e concentrata. Segnalo, a tal proposito, che sono attualmente all’esame delle Camere quattro disegni di legge – tre presentati alla Camera dei Deputati e uno al Senato – volti all’introduzione nel codice penale dei delitti contro l’ambiente.
Il mio ruolo istituzionale non mi consente di entrare nel merito dei provvedimenti ma posso assicurare tutto il mio impegno in materia, nell’ambito delle mie prerogative.

Per concludere vorrei sottolineare come serva un approccio strategico diverso. La tutela dell’ambiente in passato è stata considerata troppo a lungo come un costo aggiuntivo, un intralcio alla produzione e alla crescita. Non è così. Essa può rappresentare un’importante leva di sviluppo, soprattutto nell’attuale contesto di crisi economica e finanziaria. Gli interventi di stimolo dell’economia possono e devono prevedere misure volte alla conservazione e al miglioramento del patrimonio ambientale del Paese. La tutela di quest’ultimo è una necessità per i cittadini e insieme un’opportunità di sviluppo e di riconversione che dobbiamo saper cogliere.

Incontro con USIGRAI. Il ruolo della RAI è un bene prezioso per tutti

0

A seguito della lettera aperta dell’esecutivo nazionale dell’Usigrai il Presidente del Senato ha ricevuto oggi a Palazzo Madama una delegazione formata dal Segretario nazionale Vittorio Di Trapani e dai componenti dell’esecutivo Ezio Cerasi, Luigi Monfredi e Ilaria Sotis.
Durante l’incontro sono state illustrate al Presidente Grasso le posizioni dell’Usigrai sui temi del ruolo di servizio pubblico della Rai, dell’importanza delle sedi territoriali, delle riforme urgenti per la razionalizzazione dei costi.

Si è parlato, inoltre, del rilancio della qualità del servizio e della centralità dell’azienda pubblica nel garantire l’utilità sociale in un mercato competitivo come quello dell’informazione.

“Il ruolo di servizio pubblico svolto dalla Rai, soprattutto sul territorio, è un bene prezioso per il Paese. Il suo rilancio riguarda non solo i lavoratori dell’azienda ma tutti i cittadini” ha concluso il Presidente del Senato.

Incontro con il Primo Ministro libico Ali Zidan

l Presidente del Senato ha ricevuto stamattina a Palazzo Giustiniani il primo ministro libico Ali Zidan. Il Presidente Grasso, nel confermare gli storici legami di amicizia e fratellanza che legano il popolo italiano al popolo libico, ha rinnovato l’impegno del nostro Paese per il consolidamento delle istituzioni democratiche e della ricostruzione economica della Libia, come già avvenuto nei mesi scorsi ad esempio con la partecipazione del Senato a un programma di formazione destinato al Parlamento della Libia ed ha assicurato la prosecuzione di tale collaborazione, sia a livello politico che per quanto concerne la formazione dei funzionari e l’organizzazione delle strutture di supporto. Il Presidente ha inoltre sottolineato come le Istituzioni italiane siano in prima linea per il pieno reinserimento della nuova Libia in tutti i rilevanti fori di dialogo multilaterale e per l’adesione alla partnership mediterranea dell’OSCE. Il primo ministro libico ha tenuto a ringraziare l’Italia per il ruolo particolarmente rilevante nei processi di stabilizzazione delle aree di crisi e di transizione democratica nel Mediterraneo e nel Medio Oriente.

Successivamente il Presidente Grasso ha incontrato il Vice Primo Ministro dell’Iraq Rowsch Shaways. “La stabilità dell’Iraq e il consolidamento delle sue istituzioni democratiche sono cruciali per la pace e la sicurezza in un Mediterraneo allargato sempre più fragile e instabile”, ha detto il Presidente Grasso. Shaways ha ringraziato l’Italia “fortemente impegnata a fianco all’Iraq nel processo di ricostruzione del paese, per il suo sviluppo e per la sua prosperità, e per aver fornito un importante contributo alla ricostruzione dell’Iraq con programmi di cooperazione e di condono del debito”. Il Presidente del Senato ha poi sottolineato l’importanza delle nostre relazioni nel settore culturale e della protezione del patrimonio artistico. “I nostri popoli sono antichi e i nostri paesi sono entrambi eredi di civiltà millenarie; abbiamo la responsabilità comune di tutelare e valorizzare un patrimonio culturale e artistico di inestimabile valore. Per questa speciale sensibilità, l’Italia è il paese che più di ogni altro ha contribuito alla protezione del patrimonio culturale dell’Iraq”, ha detto Grasso. Shaways ha risposto mettendo in evidenza che “in questo settore le attività della cooperazione italiana sono considerate un modello di riferimento da tutte le agenzie di cooperazione internazionale e sono molto apprezzate dalle nostre autorità”.

A 50 anni dalla strage di Ciaculli

“La strage di Ciaculli, oggi al suo cinquantesimo anniversario, continua a rappresentare una delle tante tragedie senza volto della nostra memoria collettiva.
L’esplosione di quel 30 giugno 1963 travolse la vita di sette uomini delle forze dell’ordine, lacerando nel profondo il Paese e lasciando una traccia indelebile nella storia di una Sicilia dilaniata dalla lotta interna alla criminalità organizzata. Si è parlato dell’attentato come dell’atto terminale della prima guerra di mafia che vedeva contrapposti i clan Greco e La Barbera, una guerra per la conquista della supremazia nella speculazione edilizia e nel traffico di droga, allora in intensa espansione. Indagini successive ipotizzarono un attacco rivolto ai Carabinieri della Tenenza di Roccella, ed in particolare al loro tenente Mario Malausa, autore dei primi rapporti alla magistratura sul rapporto tra la mafia e la politica locale. Ancora oggi, però, non sappiamo dare un nome al mandante e agli autori della strage. E’ questa una ferita profonda sul nostro cammino comune per la legalità e la giustizia che neanche i cinquant’anni trascorsi possono contribuire a sanare”.

Auguri al Presidente Napolitano, punto di riferimento in un tempo difficile

Gli auguri del Presidente Grasso per il compleanno del Presidente Napolitano

Caro Presidente, nel formularle gli auguri più sinceri per la felice ricorrenza del suo compleanno, desidero ringraziarla per il suo ruolo di infaticabile difensore dell’unità nazionale e garante della nostra Costituzione. Accettando di proseguire per un secondo mandato il suo servizio alla Nazione ha richiamato ancora una volta il Paese alle sue responsabilità, testimoniando quanto il bene collettivo sia il fine più alto della politica. Il suo esempio, signor Presidente, è per tutti noi una guida e un sicuro punto di riferimento in un tempo difficile, e ci indica un percorso virtuoso dove alla coscienza dei propri diritti si deve sempre accompagnare l’urgenza dei propri doveri. Buon compleanno, Presidente!

Margherita Hack. Una grande scienziata mossa da passione civile e politica

Rattristato dalla notizia della scomparsa di Margherita Hack, desidero esprimere alla famiglia i sentimenti del più profondo cordoglio. Astrofisica di rilievo internazionale, si è distinta per la prestigiosa attività di ricerca, l’instancabile impegno accademico e la costante opera di divulgazione scientifica. Prima donna a dirigere un osservatorio astronomico in Italia, la ricordiamo anche per la passione civile e politica che la ha accompagnata fino agli ultimi giorni.

Strage di Ustica. Fare luce sulle ombre del passato

“Nonostante i progressi compiuti nel lungo cammino verso la verità, molti profili di questa dolorosa vicenda restano ancora oscuri”. E’ quanto scrive il Presidente del Senato Pietro Grasso nel messaggio inviato a Daria Bonfietti, presidente dell’Associazione parenti delle vittime, nel 33° anniversario della strage di Ustica. “Non sono ancora chiare – aggiunge il Presidente Grasso – tutte le responsabilità di chi quella notte si trovava nei cieli di Ustica. Molti errori sono stati compiuti, troppi ritardi nella ricostruzione dei fatti hanno rischiato di incrinare irreparabilmente il rapporto di fiducia tra i cittadini e le istituzioni. Ma 33 anni non sono passati invano e il ricordo di questa data continua a trasmettere a tutti noi un messaggio forte: non esiste ragione di politica internazionale che, per quanto importante, possa essere anteposta al diritto alla vita e alla giustizia dei cittadini”.

“Sono certo che anche il Parlamento – afferma ancora il Presidente del Senato – saprà dare un prezioso contributo nella giusta direzione, utilizzando ogni strumento possibile per fare luce sulle ombre del nostro passato anche, come più volte ho affermato, attraverso l’estensione delle competenze della Commissione bicamerale d’inchiesta sul fenomeno mafioso a tutte le stragi rimaste irrisolte nella storia del nostro Paese. Con questa intima convinzione rinnovo, come cittadino e come Presidente del Senato, la mia vicinanza e il mio affetto alle famiglie colpite, esprimendo il mio più profondo cordoglio per quanti persero la vita in quel tragico evento”.

Giornata Internazionale delle Nazioni Unite contro l’uso ed il traffico di droga

Presentazione dell’edizione 2013 del Rapporto Mondiale sulla Droga

Signor Presidente, Signor Direttore Esecutivo, Autorità,

è per me un grande piacere e un onore partecipare alla presentazione del Rapporto Mondiale sulle Droghe, in occasione della Giornata Internazionale sulla Lotta all’Abuso e al Traffico Illecito di Droga. Ringrazio il Direttore Esecutivo Jury Fedotov e tutto l’Ufficio delle Nazioni Unite sulla Droga e il Crimine per il loro lavoro e per le analisi e i dati aggiornati che attraverso il Rapporto oggi ci mettono a disposizione.
Il contrasto all’abuso e al traffico illecito di droga non può prescindere da un’azione di intervento integrata, che sia idonea ad operare sul piano della repressione come su quello della prevenzione. Ma l’arma più efficace è il pensiero strategico, che deve risultare dalla condivisione e concertazione internazionale delle azioni e delle politiche. Di fronte a questa minaccia globale non ci sono confini. Nessuno può fare da solo, nessuno si può ritenere al sicuro.
Il 2013 rappresenta un anno significativo per due Convenzioni “sorelle” che svolgono un ruolo fondamentale nella cooperazione internazionale per la repressione del crimine: la Convenzione di Palermo, che ha segnato una tappa determinante, un vero e proprio mutamento concettuale e “filosofico” nella lotta contro il crimine organizzato globale; e la Convenzione di Merida contro la corruzione.

Alla Convenzione di Palermo sono profondamente legato per solida convinzione razionale ed anche per ragioni personali. Nel 2000, quando fu sottoscritta a Palermo, rivestivo l’incarico di Capo di quella Procura e sapevo bene quanto quel risultato fosse dovuto all’impegno e al sacrificio di due colleghi e amici fraterni, Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. Vorrei ringraziare il Direttore Fedotov per averlo voluto ricordare l’anno scorso, in occasione del ventennale dalla uccisione dei due magistrati italiani.

Senza la Convenzione di Palermo oggi saremmo tutti più vulnerabili. Ma a dieci anni di distanza dalla sua entrata in vigore si aprono per tutti noi nuove sfide. La comunità internazionale deve incrementare gli sforzi per colmare le troppe lacune che impediscono l’applicazione piena, seria ed universale delle due Convenzioni. Dobbiamo sollecitare tutti gli Stati aderenti ad attuarne in maniera rigorosa le disposizioni e promuoverne la ratifica dei Paesi che ancora non l’hanno fatto.

Per evitare che le due Convenzione restino mere e vuote affermazioni di principio, è essenziale concentrare le energie sui meccanismi di revisione. Possiamo dirci soddisfatti dei risultati concreti raggiunti nella revisione della attuazione della Convenzione di Merida. Ora è necessario attivarsi affinché la Convenzione di Palermo sia rivitalizzata, superando con pragmatismo le divisioni che nell’ottobre 2012 hanno impedito di adottare un meccanismo di revisione. Dobbiamo consolidare un nuovo consenso su questo terreno, prima della prossima sessione della Conferenza delle Parti dell’ottobre 2014. Questa è una sfida che riguarda il futuro stesso dei nostri popoli, l’integrità dei sistemi economici e finanziari globali, la stessa sopravvivenza delle nostre democrazie. L’Italia continuerà ad insistere su questo punto, e voglio cogliere questa occasione per ringraziare il nostro Rappresentante, Ambasciatore Filippo Formica, per l’impegno che ha profuso in questa battaglia comune.

La lotta alle droghe richiede anche politiche di prevenzione a carattere intersettoriale. Il Rapporto sottolinea il ruolo strategico che, specialmente in rapporto alle ‘nuove’ droghe, assume il coordinamento delle politiche nazionali degli Stati membri dell’Unione Europea. Nel rispetto delle specificità nazionali ritengo di cruciale importanza investire ulteriormente sui meccanismi di allerta precoce già sperimentati nel campo delle nuove sostanze psicoattive. È su questo terreno, infatti, che la cooperazione di settore europea mostra il suo valore aggiunto.
Non si possono poi dimenticare i profili sociali, quelli che attengono alla propensione al consumo delle droghe da parte della popolazione. A proposito dei giovani sono preoccupanti recenti dati italiani ed europei che rivelano come l’età di primo contatto con le varie forme di dipendenza sia scesa fino ad undici anni. Occorre confrontarsi con i programmi educativi; valutare l’impatto culturale dei nuovi media; riconsiderare il ruolo delle famiglie, la crisi generazionale di affettività, l’esclusione sociale. Contano le scelte culturali di ogni paese sul consumo di stupefacenti e sulle sue cause sociali. Nella mia funzione non posso esprimermi sul merito di tali scelte, ma ritengo che anche su questo terreno gli Stati debbano imparare ad avviare un confronto strutturale, perché le disunioni della comunità internazionale vanno a vantaggio dei criminali e a detrimento delle vittime del fenomeno.

Nella mia precedente esperienza di magistrato lunga 43 anni ho osservato come la criminalità organizzata transnazionale si sia progressivamente evoluta come fenomeno geopolitico, assumendo forme sempre più complesse e difficili da individuare e contrastare, simili a reti concentriche che uniscono diversi paesi e diverse organizzazioni criminali e si intersecano con il terrorismo internazionale e il riciclaggio. Non dobbiamo dimenticare che le mafie non solo danneggiano la sicurezza, ma corrodono in profondità la democrazia, inquinano l’economia, determinano sottosviluppo.

Oggi, come politico, come Presidente del Senato della Repubblica italiana, proseguirò il mio impegno contro questi fenomeni attraverso un nuovo impulso, etico, tecnico e giuridico alla cooperazione internazionale. Sono sicuro che il Rapporto che oggi si presenta, così come l’incontro odierno, potranno contribuire ad una rinnovata dedizione di noi tutti verso strategie meditate e condivise di intervento. Questa deve essere la nostra speranza, questa è la nostra comune responsabilità.