In ricordo di Franca Rame

Il Senato della Repubblica commemora oggi la figura di Franca Rame, attrice ed autrice teatrale di fama mondiale, che fu componente di questa Assemblea nella XV Legislatura.

Franca Rame nacque a Parabiago il 18 luglio del 1929, in una famiglia di antichissime tradizioni teatrali: con l’avvento del cinema la famiglia Rame aveva abbandonato la tradizionale attività di burattinai e marionettisti per dare vita ad una compagnia viaggiante di teatro di prosa, che percorreva le regioni del Nord Italia mettendo in scena, in un teatro in legno smontabile, testi della tradizione locale ed opere originali, connotate anche da una vena di forte impegno sociale.

In questo contesto familiare Franca nacque, per così dire, direttamente sul palcoscenico: come lei stessa amava raccontare, il suo debutto avvenne a soli otto giorni di vita, interpretando il ruolo di un neonato nella compagnia di famiglia.

Nel 1950, insieme alla sorella Pia, lasciò il teatro di famiglia per lavorare in una compagnia di prosa milanese, e l’anno successivo passò alla rivista con la compagnia di Franco Parenti. Nella tournée estiva fece la conoscenza di un giovane attore ed autore di grande talento, che collaborava in vari ruoli con la compagnia teatrale. Il suo nome è Dario Fo: fu l’inizio di un sodalizio artistico e di vita che sconvolse il modo di fare teatro in Italia e nel mondo, superando, sotto la spinta di un travolgente successo di pubblico, distinzioni radicate come quelle tra colto e popolare, tra sacro e profano, tra arte ed impegno civile.

Dopo il matrimonio ed importanti partecipazioni cinematografiche e teatrali, televisive e radiofoniche, si costituì la Compagnia Fo-Rame, che già con la messa in scena delle sue prime commedie conseguì un tale successo di pubblico da collocarsi alla testa degli incassi teatrali in Italia.

Nel 1962, sull’onda del grande successo della Compagnia, la RAI affidò a Dario Fo e Franca Rame la conduzione di Canzonissima, la più importante e seguita trasmissione televisiva del tempo: nell’interpretazione della coppia lo spettacolo si trasformò in un vivace ed innovativo strumento di satira e denuncia sociale, affrontando tematiche assai scomode, per una trasmissione di intrattenimento, come gli infortuni sul lavoro o il fenomeno mafioso. Proprio un intermezzo satirico sul tema dell’oppressione mafiosa produsse un’ondata di reazioni in una parte del mondo politico, che giunse a denunciare in sede parlamentare un preteso «insulto all’onore del popolo siciliano, sostenendo l’esistenza di un’organizzazione criminale chiamata mafia». Era infatti il tempo in cui in molti ambienti, anche assai autorevoli, si negava ancora l’esistenza del fenomeno mafioso, relegandolo ad aspetti di criminalità comune.

Lo scandalo di Canzonissima costò a Franca Rame e a Dario Fo una lunghissima assenza dalla Televisione italiana, con accenti di vera e propria damnatio memoriae, costringendo la coppia a tornare nei teatri per raggiungere il suo ormai vasto e affezionato pubblico.

Nel 1968, anche a seguito dei rivolgimenti politici e sociali del tempo, la Compagnia si sciolse, abbandonando il circuito dell’Ente Teatrale Italiano, e Dario Fo e Franca Rame fondarono dapprima l’Associazione Nuova Scena – della quale Franca assunse la direzione di uno dei tre gruppi di lavoro – e successivamente il gruppo della Comune, che iniziò a mettere in scena spettacoli di satira e controinformazione politica, anche e soprattutto al di fuori dei tradizionali luoghi dell’espressione teatrale.

Sono anni di travolgenti successi, fra cui il notissimo Mistero buffo, scaturito da una ricerca sui Vangeli apocrifi. Una così ampia notorietà, mai disgiunta dalla costante volontà – politica nel senso più alto del termine – di incidere sulla coscienza collettiva, provocò l’oscena rappresaglia degli ambienti ideologicamente più avversi: nel marzo del 1973, con gesto ignobilmente punitivo e dimostrativo, in una parola terroristico, Franca Rame venne rapita e violentata da un gruppo di estremisti di destra. Questo odioso ed efferato delitto di matrice neofascista, con il coinvolgimento di apparati antidemocratici, di suggeritori occulti, resterà, dopo molti anni d’indagini e processi, impunito per l’intervenuta prescrizione del reato. Eppure Franca riuscirà a mostrare a tutti, compresi i suoi aguzzini, la sua fibra fortissima riuscendo, nel giro di pochi anni, a convogliare il dolore e il disgusto in un’accorata e liberatoria occasione di denuncia e riflessione collettiva, scrivendo e portando in scena un monologo intitolato Lo stupro. Di fronte alla bestialità di quello stupro, lo Stato democratico e sano ha il dovere di capire fino in fondo la verità, di riparare, di non girarsi dall’altra parte quando servitori fedeli delle Istituzioni, anche a rischio certo di emarginazione, hanno il coraggio di affermare quello che hanno visto e sentito. E’ nostro immutato dovere capire ancora oggi gli intrecci con le stragi e le cause che hanno finora impedito di acclararne le responsabilità.

Negli anni successivi si consolidarono definitivamente il successo e la notorietà di Franca Rame e Dario Fo in Italia e nel mondo: traduzioni e rappresentazioni delle loro pièces teatrali erano ormai diffuse in tutti i Continenti, suscitando consensi ed entusiasmi al di là di ogni differenza di lingua, cultura, ideologia politica e appartenenza religiosa.

Nel 1997 i loro successi conseguirono il massimo riconoscimento internazionale, quando la Reale Accademia di Svezia conferì a Dario Fo il Premio Nobel per la letteratura non senza ricordare nella motivazione l’imprescindibile contributo di Franca Rame.

La coppia reagì a suo modo al prestigiosissimo risultato, dando vita all’iniziativa benefica del “Nobel per i disabili”: l’importo del premio, insieme a contributi e donazioni di varia provenienza, sarà messo a disposizione delle diverse associazioni che lavorano a favore delle persone disabili.

Nel 2006, dopo aver sostenuto e accompagnato suo marito in occasioni di diretto impegno politico, come nel caso della sua candidatura a Sindaco di Milano, Franca Rame decise di impegnarsi in prima persona, e nelle elezioni per la XV Legislatura accettò la candidatura per il Senato della Repubblica nelle liste della formazione politica dell’Italia dei Valori.

Entrata così, per mandato del Corpo elettorale, a far parte della nostra Assemblea, cercò di declinare la sua esperienza parlamentare, attraverso iniziative legislative ed interventi in Assemblea e nelle Commissioni parlamentari, in chiave di rigore civile e giustizia sociale, in particolare mediante la lotta contro gli sprechi di denaro pubblico e la corruzione nella Pubblica Amministrazione. In quella breve e tormentata stagione politica e parlamentare raccolse però anche numerose amarezze e delusioni, che espresse in accorati interventi in quest’Aula e, da ultimo, al principio del 2008, in una dura lettera di dimissioni dall’ufficio di senatore, che non fu mai discussa dalla nostra Assemblea per la fine anticipata della Legislatura.

Negli ultimi anni, seppure di fronte al progressivo indebolimento del suo fisico, Franca Rame ha proseguito nell’impegno quotidiano, al fianco di Dario Fo, nella produzione e nella messa in scena di frutti antichi e nuovi del loro comune genio artistico.

Ha quindi fino all’ultimo, fino alla vigilia di quel drammatico 29 maggio di quest’anno, continuato ad incarnare nella sua vita quella compiuta e inscindibile integrazione fra recitazione ed impegno civile, in cui la magia e la meraviglia del teatro divengono, come nella catarsi teorizzata da Aristotele per la tragedia classica, lo strumento e la via per diventare cittadini migliori. Per far questo, però, è
necessario avere sulla scena uomini e donne che, come Franca Rame, non sappiano “fingere altro che verità”, come recita lo splendido verso di una poesia di Stefano Benni a lei dedicata.

Una verità affermata come riscatto, come superamento del dogma e del pregiudizio.

Per Franca Rame possono senz’altro ripetersi le parole scritte da una sua amica, Delia Gambelli, che ha curato insieme a Dario Fo una delle più efficaci traduzioni del Don Giovanni di Molière.

Come in Molière, anche nella vita di Franca Rame si afferma, cito, «un riso che travalica gerarchie e pregiudizi, mette in gioco i sensi e i confini, dove le furberie sono esibite e sottoposte a un’indulgenza finale, dove le macchine sono trasparenti, che siano nascoste tra le quinte del palcoscenico o tra le pieghe erranti, poco sondabili e comunque enigmatiche, di un testo e di un’anima».

Leggendo questa acuta riflessione sembra quasi di ripercorrere la lettera con la quale la senatrice presentò le sue dimissioni irrevocabili dal Senato della Repubblica. Citando un suo caro amico, Leonardo Sciascia, Franca Rame scriveva: «non ho, lo riconosco, il dono dell’opportunità e della prudenza ma si é come si é». E così continuava: «non intendo abbandonare la politica voglio tornare a farla per dire ciò che penso, senza ingessature e vincoli, senza dovermi preoccupare di maggioranze, governo e alchimie di potere in cui non mi riconosco. […] Ringrazio prima di tutto le donne e gli uomini che mi hanno votata, ma, proprio per non deludere le loro aspettative e tradire il mandato ricevuto, vorrei tornare a dire ciò che penso, essere irriverente con il potere come lo sono sempre stata, senza dovermi mordere in continuazione la lingua».

L’antico conflitto tra tragedia e commedia si traduce nel teatro e nella vita di Franca Rame nella lotta tra il «così è se vi pare» di Pirandello e il «si é come si é» di Sciascia.

Onorevoli Colleghi, questa è stata ed è Franca Rame: donna che mette in gioco tutta se stessa e con lei i sensi e i confini del mondo, per infrangere nel modo più clamoroso l’ipocrisia, con la genuinità di un inno alla vita vera, la sua vita.

Sono allora certo, in questo spirito, di esprimere il sentimento commosso di tutta l’Assemblea nel rivolgere a Dario e a Jacopo Fo il sentimento di affettuosa vicinanza e di commossa gratitudine del Senato della Repubblica, nel momento in cui facciamo memoria di una grandissima donna di teatro, nel senso più alto e nobile che queste parole possano esprimere.

Viste e inconri a Bruxelles dal 16 al 18 settembre

La prossima settimana, da lunedì 16 a mercoledì 18 settembre, il Presidente del Senato, Pietro Grasso, sarà a Bruxelles per una serie di incontri e per rendere omaggio alle vittime della tragedia di Marcinelle.

Lunedì pomeriggio, alle ore 16, è in programma il colloquio con il Presidente del Parlamento europeo, Martin Schulz, al termine del quale ci sarà un incontro congiunto con la stampa. Alle ore 18 circa, il Presidente Grasso incontrerà i membri italiani del Parlamento europeo.

Martedì 17, il programma prevede l’incontro, alle 10,30 a Palais de la Nation, con la Presidente del Senato del Belgio, Sabine de Bethune, e con il Presidente della Camera dei Rappresentanti, André Flahaut.

Alle ore 16, a Palais Berlaymont, il Presidente Grasso incontrerà il Presidente della Commissione europea, José Manuel Barroso, mentre alle 17,30 è in programma il colloquio con il Presidente del Consiglio europeo, Herman Van Rompuy e alle 18,15, infine, l’incontro con il Vice Presidente della Commissione Europea, Antonio Tajani.

Mercoledì 18 settembre, alle ore 10, il Presidente del Senato sarà a Marcinelle per rendere omaggio al monumento alle 262 vittime della tragedia dell’8 agosto 1956. E’ prevista la deposizione di una corona al monumento posto a ricordo delle vittime italiane alla presenza dei rappresentanti delle associazioni di ex minatori. Subito dopo, il Presidente Grasso farà visita al complesso commemorativo museale del “Bois du Cazier”, già sede della miniera di carbone di Marcinelle.

La memoria a tutela dei valori della Resistenza

Intervento al Teatro Curci di Barletta in occasione del 70mo anniversario della ribellione della città all’occupazione nazista

Autorità, signori e signore,

è con grande emozione che mi trovo oggi a partecipare alle cerimonie in occasione del 70° anniversario dell’occupazione nazista di Barletta, splendida e calorosa cittadina della Puglia, protagonista indiscussa della storia della resistenza, testimone delle virtù migliori del popolo italiano.

Sono passati 70 lunghi anni da quel tragico 12 settembre 1943, quando fu perpetrata una tra le più sanguinarie stragi naziste compiute nel nostro paese; un gesto di pura violenza e follia umana, che per voi barlettani e per tutti noi italiani ha segnato indelebilmente la storia del nostro Paese.

Lo stesso terribile ricordo accomuna tante località d’Italia, ma l’episodio di Barletta fu il primo eccidio per rappresaglia che i tedeschi misero in atto in Italia, fucilando senza pietà 11 vigili urbani, di cui uno miracolosamente sopravvissuto, e due netturbini.
La nostra presenza oggi è doverosa, la esige la storia che chiede di non essere dimenticata, lo esige lo stesso rispetto per le vittime. Per decifrare il presente, per trasmettere alla nuove generazioni il valore e l’importanza della democrazia, è di fondamentale importanza la memoria. E’ stato detto che i popoli che non conservano le tracce del proprio passato non sono padroni del proprio futuro. In queste poche parole, è racchiuso il vero significato di questa, come delle tante altre giornate in cui, nel ricordo orgoglioso e commosso dei tanti nostri concittadini che in tempi sia di guerra che di pace sono caduti per prestar fede al loro dovere, si celebra la libertà che questi martiri civili ci hanno donato e che rimane un bene supremo, un valore fondamentale del nostro ordinamento costituzionale.

In quei drammatici anni, tanti scelsero di resistere attraverso la via della contestazione e della disobbedienza civile nel momento in cui i poteri pubblici violavano le libertà fondamentali e i diritti dell’uomo. Nei giorni successivi all’armistizio, tante furono le azioni di contrasto da parte dei cittadini di Barletta che fecero, di questo paese, il primo tentativo di resistenza organizzata contro l’invasore tedesco da parte di un presidio militare.

La resistenza è stata non solo lotta armata contro le truppe fasciste, ma un movimento culturale, una stagione intensa e drammatica che con la sua carica innovatrice ha posto le basi di una nuova società, più libera e giusta. E’ stata il modo in cui il popolo ha riacquistato l’onore e il rispetto.

Uomini e donne, militari e civili, giovani e anziani decisero di prendere le armi per liberare l’Italia dal regime nazifascista, un’esigenza di dignità civile e nazionale che spinse all’azione di fronte all’occupazione tedesca. La resistenza ebbe il carattere di rivolta morale contro il fascismo, contro il nazismo e contro tutto ciò che essi avevano rappresentato. L’opposizione di pochi che, durante il ventennio, avevano affrontato esilio, carcere e confino, divenne con la resistenza fenomeno di massa.

Prese corpo l’ossatura di una società civile e politica nuova, animata da quegli ideali e quei principi che la lotta di popolo ha posto a fondamento della vita collettiva, non solo in Italia, ma anche in molti altri Paesi europei.

Dialogo, partecipazione, incontro, valori etici e politici insieme che si fanno corpo vivo nella gente, disposta a combattere e a morire in nome di principi che ancora oggi sono i nostri principi.
La memoria deve attraversare il tempo e tutti noi abbiamo il dovere di trasmetterla alle nuove generazioni. Siamo grati ai familiari delle vittime e a tutte le associazioni e organizzazioni che si fanno carico di questo dovere morale, consentendo quotidianamente che il ricordo non venga disperso.

Onoriamo tutti coloro che scelsero di mettere a rischio la propria vita, per donare all’Italia libertà e democrazia, nella consapevolezza che siamo ancora oggi debitori del loro coraggio e del loro sacrificio. Non dobbiamo dimenticare mai l’impegno civile di questi uomini, che in molti casi si è spinto fino alla morte. Soprattutto dobbiamo fare in modo che non lo dimentichino i nostri giovani, i ragazzi che stanno costruendo l’Italia di domani. Così, anche la celebrazione odierna non è solo di coloro che hanno vissuto gli entusiasmi e i dolori di quella giornata. E’ piuttosto una celebrazione che deve consolidare il legame tra le generazioni, il senso di appartenenza alla medesima comunità.

Siate orgogliosi e fieri dei vostri concittadini, dei genitori, dei vostri nonni, il cui coraggio ha trovato giusto e legittimo riconoscimento nella medaglia d’oro al valor civile e nella medaglia d’oro al valor militare conferite alla vostra città.

Vorrei rivolgere un ringraziamento speciale ai Vigili urbani, protagonisti assoluti dell’eccidio del 12 settembre 1943. La Polizia Municipale rappresenta la più visibile e capillare espressione della struttura organizzativa dell’ente locale che ogni giorno opera in prima linea, svolge la sua attività a contatto diretto con i cittadini e contribuisce a migliorare la vivibilità delle nostre città, a promuovere la nostra sicurezza sociale, a favorire la regolarità della circolazione stradale. Un secondo ringraziamento va rivolto ai netturbini che, con fatica, di giorno e di notte, svolgono un servizio di grande utilità per la collettività.

Infine, un ringraziamento sentito per il sindaco e le autorità locali per aver organizzato, con grande impegno e passione, questa importante giornata di celebrazioni.

Restituire all’Onu il suo compito

L`appello di Papa Francesco per la pace in Siria mi ha colpito profondamente.

Dobbiamo accogliere il richiamo etico, l’invito a riflettere attentamente sulle azioni giuste ed utili per assolvere al dovere della comunità internazionale di difendere la vita, la libertà e la dignità di milioni di cittadini siriani. Le cifre stimate di centomila morti e di milioni di profughi sono sconvolgenti.
Non credo che un attacco militare, anche se su scala limitata, sia la soluzione di questa crisi. Il conflitto siriano ha una dimensione regionale e occorre assolutamente evitare di esacerbare le gravi tensioni esistenti fra altri Paesi dell`area. È poi legittimo aspettarsi che l`uso della forza non otterrebbe il risultato di pacificare il Paese o almeno indurre le parti a negoziare, ma potrebbe persino aggravare la guerra civile in atto.  A me sembra necessario restare pienamente nel quadro della legalità internazionale, restituendo alle Nazioni Unite il compito fondante di assicurare il mantenimento della pace, attraverso una serie di misure rivolte ad assicurare una soluzione concordata tra le parti in conflitto. L`uso della forza deve essere l’ultima ed estrema risorsa. Ogni azione di guerra colpisce inevitabilmente civili incolpevoli e il popolo siriano sta già soffrendo da troppo tempo.

Sostituzione componenti Giunta per le elezioni. Il regolamento non lo prevede

“Il Presidente del Senato ha il potere di rinnovare i componenti della Giunta per le elezioni solo in determinati casi, disciplinati dall’Art. 19 del regolamento del Senato, tra i quali certamente non rientra l’espressione di opinioni sulle questioni sottoposte alla valutazione della Giunta e che, nel caso specifico, sono emerse da esponenti di tutte le forze politiche”

dichiara il Presidente del Senato in merito alla richiesta del capogruppo Schifani di valutare la sostituzione dei componenti della Giunta.

In ricordo di Dalla Chiesa. Ha dedicato ogni momento della sua esistenza al servizio delle istituzioni

“L’assassinio del 3 settembre 1982 ha rappresentato un attacco diretto all’anima del nostro Paese. Quando una Nazione perde i suoi uomini migliori, è come se avesse perso parte delle sue energie vitali, quelle che consentono ad uno Stato di crescere e prosperare”.

Così il Presidente del Senato, Pietro Grasso, in occasione del trentunesimo anniversario della strage di via Carini dove persero la vita il generale Carlo Alberto Dalla Chiesa, la moglie Emanuela Setti Carraro e l’agente Domenico Russo.

“Il dolore per la scomparsa di Carlo Alberto Dalla Chiesa – aggiunge il Presidente Grasso – si unisce idealmente alla sofferenza per le ferite inferte alle altre vittime della criminalità organizzata che con lui hanno condiviso parte della propria missione civile. Dalla Chiesa ha dedicato ogni momento della sua esistenza al servizio delle istituzioni con senso del dovere, lealtà e rettitudine, con rigore, altruismo e un immenso amore per l’Italia. Il suo esempio è un modello al quale ciascuno di noi deve guardare, anche nelle piccole scelte di ogni giorno, per continuare a realizzare la difficile, ma non impossibile, vittoria dello Stato sulla violenza criminale mafiosa.”
“Il ricordo di questo leale e grande servitore dello Stato – conclude il Presidente del Senato – ci sprona a proseguire nel cammino da lui tracciato, lottando con coraggio per l’affermazione piena e definitiva della democrazia e la difesa dei valori irrinunciabili di legalità e giustizia.”

Nomina di Mons. Parolin, nuovo Segretario di Stato Vaticano

“Ho appreso con viva soddisfazione della nomina da parte del Santo Padre a Segretario di Stato del Vaticano di Mons. Pietro Parolin, un incarico di altissimo prestigio e responsabilità che corona una vita spesa al servizio della Chiesa, della pace e della solidarietà tra i popoli. La sua saggezza, le sue competenze e la sua lunga esperienza nella diplomazia vaticana sono unanimemente apprezzate, e saranno particolarmente preziose nell’attuale complessa situazione internazionale.

A nome mio e di tutti i senatori voglio inviare a Monsignor Parolin sentite congratulazioni per l’alto compito cui è stato chiamato da Papa Francesco e un affettuoso augurio di buon lavoro, con la certezza che i rapporti di rispetto e collaborazione tra il Senato della Repubblica e la Santa Sede non potranno che avere con la sua nomina ulteriori e profondi stimoli”, così il Presidente del Senato, Pietro Grasso.

Nomina Senatori a vita. Personalità di grande merito, cultura e scienza diventino nostri punti di forza

Dopo aver appreso dal Presidente Napolitano la notizia della nomina a senatore a vita del maestro Abbado, della professoressa Cattaneo, dell’architetto Piano e del professor Carlo Rubbia il Presidente del Senato ha inviato a ciascuno un affettuoso messaggio di felicitazioni e gli auguri di buon lavoro. L’Assemblea di Palazzo Madama è onorata di poter annoverare tra i propri membri personalità di tale rilievo, nella certezza che i meriti con i quali hanno rafforzato il prestigio del nostro paese nel mondo costituiranno un contributo prezioso per l’attività dell’Istituzione.

“La scelta di nominare senatori a vita uomini e donne del mondo della cultura e della scienza ci indica chiaramente quali sono i punti di forza da premiare e valorizzare nel nostro paese: la cultura, sia artistica che scientifica, la ricerca, la meritocrazia. Solo con questo spirito, grazie al quale ciascuno dei nuovi senatori è diventato l’eccellenza nel proprio campo, possiamo sperare di tornare ad essere un punto di riferimento in Europa e nel mondo” , conclude il Presidente Grasso.

Anniversario omicidio Libero Grassi

“Cara Signora Pina, in occasione del ventiduesimo anniversario dell’omicidio del 29 agosto 1991 desidero rinnovare a lei e a tutti i familiari il mio commosso pensiero e sentimento di vicinanza. La memoria di suo marito è più che mai viva in me e in tutti gli uomini che, come Libero Grassi, credono nella legalità e in quel senso di dignità che non consente di abbassarsi ai ricatti mafiosi”.

Così il Presidente del Senato, Pietro Grasso, in un messaggio inviato alla signora Pina Maisano, vedova di Libero Grassi.

Il sacrificio di Libero non è caduto invano. Le sue azioni e la sua nobiltà d’animo – aggiunge il Presidente del Senato – sono divenute immortali, un punto di riferimento fondamentale per tutti coloro che ancora oggi sono oppressi dalle estorsioni, dalle minacce e dalla violenza. La mafia può essere distrutta. Dipende da noi, dalle scelte quotidiane degli imprenditori che, con coraggio e determinazione, scelgono ancora di credere nella nostra amata Sicilia, dalla capacità di ogni cittadino di fare tesoro degli insegnamenti e delle testimonianze delle tante, troppe, vittime di mafia. Il seme di dignità e coraggio lanciato da Libero con la sua testimonianza e, purtroppo, con la sua morte ha fatto nascere a Palermo unna nuova cultura e una nuova generazione di giovani impegnati per il ‘consumo critico’ come quelli riuniti nel Comitato ‘Addio Pizzo'”.

“Nel mio nuovo ruolo di Presidente del Senato, non cesserò mai di lottare affinché il nostro Paese possa credere fermamente in questa possibilità di riscatto – conclude il Presidente Grasso – operando innanzitutto su quelle condizioni sociali, economiche e culturali che maggiormente favoriscono la penetrazione della criminalità organizzata”.

Eccidio Sant’Anna di Stazzema. Le inchieste possono essere archiviate, ma nulla fermerà il nostro ricordo

“Signor Sindaco, nella ricorrenza dell’eccidio di Sant’Anna di Stazzema intendo unirmi idealmente alla vostra comunità, al ricordo delle tante vittime, dei bambini, delle donne e degli anziani barbaramente trucidati dalle truppe nazifasciste”. E’ quanto si legge nel messaggio che il Presidente del Senato, Pietro Grasso, ha inviato al Sindaco del Comune di Stazzema, Michele Silicani.

“Le disumanità e la ferocia perpetrate nella strage di quel 12 agosto 1944, ed in quelle che seguirono nel mese di settembre – aggiunge il Presidente Grasso – rappresentano una ferita ancora oggi aperta per il nostro Paese e per l’Europa intera. Nessun popolo può dimenticare le sofferenze del passato. Esse hanno segnato indelebilmente la nostra coscienza civile. Le inchieste giudiziarie possono essere archiviate, come ha fatto la Procura di Stoccarda nell’ottobre scorso. Ma nulla potrà mai fermare il nostro ricordo”.

“Rinnovare la memoria significa reiterare un’alleanza tra le passate e le future generazioni fondata sulla consapevolezza che insieme possiamo evitare che si ripropongano i tanti orrori del Novecento. E’ un impegno collettivo – conclude il Presidente del Senato – che deve trovare nella fede per la democrazia, per la libertà e la giustizia il proprio alimento quotidiano. Sono certo che i giovani di Sant’Anna sapranno fare tesoro della sofferenza subita dalla loro terra, testimoniando in tutto il mondo i valori del dialogo e della tolleranza”.