Discorso alla presentazione del 28° volume degli annali della fondazione Ugo La Malfa
Gentili ospiti, cari amici,
Sono molto lieto di ospitare in Senato la presentazione di questo denso volume collettaneo edito negli Annali della Fondazione Ugo La Malfa, dedicato a diversi aspetti della società italiana all’epoca della Grande guerra, un momento cruciale della storia nazionale ed europea.
A quel tempo dire Europa significava dire mondo. I domini geopolitici che le potenze europee controllavano avevano una tale estensione e rilievo che il “vecchio continente” era indiscutibilmente il centro culturale, economico e finanziario del pianeta e condizionava fortemente la vita degli altri continenti. La principale eredità della guerra fu proprio la dissoluzione dell’ordine europeo, il suicidio dell’Europa, come venne definito. La Grande guerra significò anche la contemporanea scomparsa di quattro imperi: russo, ottomano, tedesco ed austro-ungarico. Nodi che due conflitti mondiali e una guerra fredda non hanno risolto e che continuano ad essere all’origine di molte delle complesse partite geopolitiche dei nostri giorni. La fine dell’equilibrio europeo che risultò dalla guerra, e insieme la caduta della Federazione Jugoslava e dell’Unione Sovietica hanno lasciato l’Italia permanentemente esposta ai rischi di destabilizzazione provenienti dai Grandi Balcani e dal Grande Medio Oriente.
Attraverso i saggi del libro si possono ripercorre, da una prospettiva non solo italiana, le cause e l’atmosfera di quegli anni, le cui degenerazioni furono le radici dei principi che ispirarono i nostri costituenti e i fondatori dell’Europa. La scelta consacrata nell’articolo 11 della Costituzione di ripudiare la guerra “come strumento di offesa agli altri popoli e di risoluzione delle controversie internazionali”, era allora impensabile. Come descritto nel libro, non solo erano pochi gli intellettuali che accolsero con sgomento l’inizio della Grande Guerra ma era dominante una folle concezione “etica” del conflitto, cui si attribuiva una “funzione rigeneratrice”, quale fine di una lunga attesa e momento di liberazione e speranza. Piuttosto, gli intellettuali delle potenze belligeranti si mobilitarono solo a fini propagandistici per dimostrare l’innocenza del proprio paese e la malvagità dell’aggressore, spesso ridicolizzato e disumanizzato. Solitari rimasero gli appelli di pensatori come Bertrand Russell che “in nome dell’umanità e della civiltà” si opponeva “alla stragrande maggioranza di chi acclama quest’orgia brutale”.
L’inimmaginabile realtà di una guerra “totale” e lunga, la durezza della vita di trincea, l’uso di provvedimenti straordinari, sia sul piano interno, sia sul fronte – il libro ricorda fra l’altro gli episodi raccapriccianti delle decimazioni e delle condanne a morte comminate senza processo – fecero giustizia di molte delle illusioni fatali nelle quali si era cullata la migliore gioventù italiana ed europea. Ma non bastò, il Paese e l’umanità non avevano ancora pagato un contributo sufficiente alla follia. Così non si rovesciò il sentimento complessivo: gli squilibri e i traumi della guerra, lo stato drammatico dell’economia, le tante rivalse e un sordo, diffuso sentimento di ingiustizia impedirono un ritorno alla normalità negli anni del dopoguerra. Il volume ricorda le trasformazioni strutturali prodotte dall’economia di guerra, i mutamenti, le tristi involuzioni anti-liberali intervenute nella struttura stessa delle istituzioni pubbliche, dell’apparato statale. I caratteri dello stato liberale che si erano sviluppati nel primo decennio del secolo, nel corso dell’età giolittiana non si erano in Italia radicati a sufficienza e così insieme al sangue versato, alle patologie fisiche, ai disturbi mentali e alle nevrosi che colpirono militari e civili il Paese pagò un tributo alla guerra drammatico anche in termini di democrazia. Così non vi fu più normalità.
Ringrazio dunque la Fondazione Ugo La Malfa e gli autori del volume per averci offerto questa visione così complessa e completa della società italiana durante la Grande guerra. Il libro contiene preziosi spunti di riflessione, credo indispensabili a tutti, ai più giovani ma non solo, per comprendere il nostro travagliato presente in un’Italia libera e democratica nel quadro di un’Unione Europea cui consacriamo il nostro impegno e affidiamo la nostra speranza. La storia non è sostanza inerte ma materia viva e pulsante e ripensare oggi la prima guerra mondiale, catastrofe primaria del nostro tempo, è un compito che dobbiamo imperativamente affrontare per sopportare “il peso del passato che non passa” e che oggi vediamo riflesso in conflitti, persecuzioni, violazioni della dignità umana in ogni angolo del mondo.
Grazie.