Intervista di Carlo Fusi su Il Messaggero
Pietro Grasso, ex procuratore Antimafia, giudica un fatto positivo la decisione del Pdl di eliminare dalle liste elettorali alcuni dei suoi maggiori esponenti poiché inquisiti. Una decisione dovuta anche all’impopolarità che l’insistenza su quei nomi avrebbe comportato.
Dottor Grasso, dunque la scelta del Pdl a suo avviso è dettata solo da motivazioni elettorali?
«Guardi, io penso questo: che la decisione, diciamo così, di ripulitura delle liste Pdl sia dovuta a quanto fatto da noi, dal Pd. Il nostro è stato un grande passo in avanti. Nonostante non fosse necessario ai fini della legge sulle incandidabilità; nonostante non fosse necessario per il codice etico almeno sotto gli aspetti formali, il Pd ha avviato un circolo virtuoso. Questo ha prodotto una sorta di gioco al rialzo; ha innalzato l’asticella dell’etica. Una volta tanto, anziché giocare al ribasso, tappandosi il naso di fronte a chi portava più voti, si è cercato di dare un segnale di rinnovamento importantissimo».
D’accordo, ma cosa significa per il Pdl?
«Non mi posso mettere dal punto di vista del Pdl».
Diciamo così allora: che valutazione politica dà del no a candidare personaggi come Dell’Utri o Cosentino?
«Penso che il Pdl abbia evitato un danno. Un danno di perdita secca di voti. Gli elettori non avrebbero capito l’insistenza su certi nomi per i quali, per esempio, era stato chiesto dai magistrati l’arresto e solo il voto contrario del Parlamento l’aveva evitato».
Il riferimento è a Cosentino: per due volte la Camera ha detto no all’arresto…
«Vede, il Parlamento non deve essere il luogo dell’impunità: il Parlamento deve essere il luogo dove vanno persone specchiate. E non solo che Io siano: ma che anche appaiono specchiate. Perché i cittadini devono avere fiducia in coloro che li rappresentano e questi ultimi devono possedere un forte patrimonio di credibilità. Il Parlamento non deve essere un luogo dove difendersi dalla giustizia. Il Pdl, sotto questo profilo, ha fatto un passo avanti ed evitato un danno maggiore».
Ecco, alla luce di queste esclusioni, nel prossimo Parlamento la questione giustizia risulterà a suo avviso meno ingombrante che nel passato?
«Il controllo di legalità che i magistrati attuano è un valore che va difeso da tutti: altro che gridare al complotto. E’ un valore della democrazia, e naturalmente deve essere svolto in maniera equilibrata, non faziosa. Non si può incolpare la magistratura: la magistratura indaga su fatti che sono compiuti da individui. Capisco che questo controllo possa risultare non gradito, ma è giusto che ci sia».
Resta che le nuove Camere accoglieranno meno inquisiti ma un bel po’ di magistrati a partire da Antonio Ingroia…
«Guardi, se lei fa il conto vedrà che ce ne saranno assai meno che nelle passate legislature. Faccia invece il conto degli avvocati, la prego…».
Ne facevo una questione politica, non numerica: se cioè con più magistrati parlamentari diminuirà lo scontro tra politica e giustizia.
«Lo scontro si elimina se si accetta il controllo di legalità nei termini che ho detto».
Fonte: Il Messaggero