Strage di Parigi. Lettera a Redouane

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Gentilissimo dottor Redouane

Desidero ringraziarla per avermi voluto invitare alla manifestazione che avete promosso per domani a Roma in segno di solidarietà per le vittime delle stragi di Parigi e i loro familiari, e di condanna di ogni forma di violenza commessa in nome di Dio e della religione. Impegni istituzionali lontano dalla capitale mi impediscono di essere presente come avrei desiderato, ma sarei felice se volesse consentirmi di partecipare idealmente, condividendo con i partecipanti alcune mie considerazioni.

Sono profondamente grato al Centro Islamico Culturale d’Italia, alle associazioni di ogni estrazione religiosa e culturale, e a tutte le persone che si sono impegnate nell’organizzare questo incontro, rendendosi interpreti di quei valori di libertà, di democrazia e di rispetto della dignità umana e dei diritti umani che uniscono tutti gli italiani e tutti coloro che vivono in questo Paese e lo amano. Rivolgo un saluto di profondo rispetto e affetto agli appartenenti alle comunità musulmane d’Italia e a tutti i partecipanti che con la loro presenza testimoniano la volontà di stringersi gli uni agli altri fraternamente in questo momento difficile.

Oggi proviamo un fortissimo sentimento di identificazione con chi soffre, a Parigi, a Bamako, a Beirut, a Garissa, e ovunque nel mondo persone inermi e incolpevoli vengono trasformate in obiettivi di una furia distruttrice che colpisce ogni persona e tutta l’umanità. Lo sgomento, la paura, il disorientamento che sentiamo possono essere sconfitti solo con l’unità e la ragione, senza cedere al rancore che genera altro odio e altra morte. Noi non ci piegheremo alle ragioni immonde dei terroristi. Noi rigettiamo l’uso perverso della religione e di qualsiasi ideologia per giustificare la violenza. Noi avverseremo la barbarie con la legge, con lo Stato di diritto, con la democrazia, con la giustizia, con la diplomazia, con il dialogo. Noi continueremo ad accogliere chi fugge dalle guerre e dalle persecuzioni. Noi continueremo a tutelare e a promuovere i diritti fondamentali e la libertà di credo di ogni persona, che sia cittadino, residente, ospite, profugo o migrante.

L’Italia, gli italiani e tutti coloro che hanno scelto questo Paese per vivere hanno una speciale responsabilità. Noi da millenni siamo al crocevia della storia e della civiltà. L’Italia, che nel Mediterraneo è immersa per cultura e identità, ha la tradizione del dialogo, della comprensione e del rispetto delle diversità iscritta nella propria essenza. Io credo che da Roma oggi dobbiamo fare partire un messaggio universale di impegno, collettivo ed individuale, per ricomporre tutte le fratture politiche e culturali che sono a fondamento di questa devastante deriva dell’umanità.

Sono certo che questa manifestazione contribuirà a radicare nelle nostre coscienze la capacità di confrontarci con le aspirazioni e le speranze di chi è diverso da noi, e la consapevolezza che oggi non sono in gioco interessi politici o credi religiosi ma il futuro delle generazioni che verranno e il destino dell’umanità intera. Salam!

Bambini e adolescenti migranti: quale protezione e accoglienza

Presidente Brambilla, Signor Ministro, Autorità, Signore e Signori,

è con grande piacere che, anche quest’anno, ho accolto l’invito a partecipare all’incontro di oggi per celebrare insieme la Giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza, per ricordare quel 20 novembre 1989 quando fu approvata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, a New York, la Convenzione ONU sui diritti del fanciullo.

Innanzitutto, desidero ringraziare la Presidenza della Commissione parlamentare per l’infanzia e l’adolescenza che, in collaborazione con il Dipartimento delle Politiche per la Famiglia presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, ha promosso questa iniziativa dedicata al tema “Bambini e adolescenti migranti: quale protezione quale accoglienza”. Un momento prezioso di analisi e approfondimento su un tema complesso, tremendamente attuale e sul quale non possono essere consentite strumentalizzazioni. Ogni dibattito su questo tema non può non tenere conto di un punto fermo: tutti i bambini migranti, profughi e rifugiati, sono prima di tutto bambini in pericolo. E’ fondamentale richiamare l’attenzione sul dramma dei minori esposti quotidianamente a ogni pericolo, minacciati da guerre e malattie, malnutriti, derubati dell’infanzia. Sono fuggiti da conflitti, dittature, fame, violenze, dall’assenza totale di una possibilità di futuro, in molti casi, non mi stancherò di ripeterlo, sono fuggiti dai territori dove sventola la bandiera nera dell’Isis, da quell’indottrinamento votato al terrorismo cui sono sottoposti e dalle atrocità che lì vengono commesse. Abbiamo visto nel recente passato foto e filmati di bambini che giustiziano i prigionieri in tuta arancione: chi riesce a mantenere lucidità e umanità non può non vedere due vittime in quelle immagini della macchina di propaganda dell’Isis: anche il carnefice di 8 o 10 anni in quel caso è vittima del terrorismo che lo trasforma in strumento di morte.

Questi bambini hanno affrontato viaggi terribili, hanno sofferto fame e disidratazione, sono stati rapiti, venduti, ricattati, picchiati, in alcuni casi torturati o addirittura abusati dai trafficanti. Tutti hanno provato il terrore di morire in mare, alcuni nella traversata hanno perso genitori, parenti o amici. Secondo i dati UNICEF, da gennaio 2015 più di 215.000 minori – 700 al giorno – hanno cercato asilo nell’Unione europea e circa 700 bambini sono morti dall’inizio di quest’anno attraversando il Mediterraneo.

Come evidenziato dai dati del Viminale, nel 2015 (fino al 10 ottobre) i minori non accompagnati giunti in Italia sono 10.322, il 73% del totale dei minori soccorsi (ovvero 14.109). Sono dati significativi, che devono destare la massima attenzione e che necessitano di un sistema di accoglienza e protezione strutturato e integrato su tutto il territorio nazionale. Si tratta infatti dei soggetti più vulnerabili, giovanissimi che arrivano senza alcuna figura adulta di riferimento nel nostro Paese e sono a rischio di violenza e sfruttamento, se non adeguatamente protetti, finendo il più delle volte nel tunnel del traffico di esseri umani, della prostituzione, dell’illegalità. Sono oltre 5.000 i bambini e adolescenti considerati irreperibili dal 1° gennaio 2015 ad oggi secondo le stime del Ministero dell’Interno – Dipartimento di Pubblica Sicurezza. Tra le ultime indagini di cui mi sono occupato come Procuratore nazionale antimafia mi ricordo proprio i casi dei minori arrivati in Italia con un numero di telefono in tasca, quello del contatto da chiamare una volta giunti nel nostro Paese. Nel migliore dei casi era di parenti che già si trovavano nel nostro territorio, più spesso purtroppo di sfruttatori senza scrupoli che li costringevano all’accattonaggio o alla micro criminalità.

Nel sistema di accoglienza italiano emergono tanti risultati positivi che non assurgono agli onori della cronaca perché costituiscono l’ordinarietà del funzionamento di un sistema che è andato crescendo rapidamente nel tempo. Esistono infatti in Italia esperienze di eccellenza nell’accoglienza dei minori migranti ma, nonostante l’impegno di molti sia all’interno delle istituzioni che nelle reti associative e di volontariato, ancora oggi i diritti essenziali dei minori stranieri non accompagnati non sono sempre rispettati. In questo quadro s’inserisce il Disegno di legge 1658 – di cui prima firmataria è l’onorevole Zampa – in merito alle misure di protezione dei minori stranieri non accompagnati che disciplina in modo organico, sul territorio nazionale, la protezione e l’accoglienza dei minori stranieri. Il mio auspicio è che si possano riprendere al più presto i lavori per l’approvazione definitiva di questo disegno di legge, anche andando contro l’ondata di paura e diffidenza che, comprensibilmente, ha invaso le nostre strade all’indomani degli attentati di Parigi. Ho molto apprezzato in questo senso le parole di ieri del Presidente del Consiglio: reagire, senza rinunciare a vivere, con un approccio forte e equilibrato, senza sottovalutazioni ma anche senza isteria.

Per questo è importante ritornare a parlare del disegno di legge Zampa: le norme previste affrontano e rispondono in modo concreto e razionale alle esigenze di un’adeguata accoglienza dei minori non accompagnati. Dalla necessità di uniformare le procedure di identificazione e di accertamento dell’età all’istituzione di un sistema nazionale di accoglienza all’attivazione di una banca dati nazionale per disciplinare l’invio dei minori che giungono in Italia nelle strutture di accoglienza dislocate in tutte le regioni; dalla continuità del finanziamento di un fondo nazionale per l’accoglienza dei minori stranieri non accompagnati che non gravi sui bilanci dei comuni al sostegno organico all’integrazione sociale, scolastica e lavorativa dei minori stranieri non accompagnati, anche vicini al compimento della maggiore età; al coinvolgimento attivo delle comunità nell’accoglienza e nell’integrazione attraverso l’affido familiare. Tali responsabilità – accoglienza, protezione, integrazione – non  riguardano solo l’Italia o i singoli Paesi che si trovano sulle rotte di transito, ma l’intera collettività dell’Unione europea. Assicurare i diritti fondamentali dei minori, accompagnare la loro crescita, garantire loro ogni protezione da abusi e pericoli costituiscono doveri inderogabili di un Paese civile e democratico. La cultura della tutela dei bambini si fonda, certo, sulla garanzia della loro sicurezza e dignità, ma si sostanzia anche attraverso la costruzione di basi e di strumenti per la realizzazione di un avvenire migliore.

A chi ne fa, sbagliando, una questione prettamente religiosa, voglio ricordare che chiudere le porte contraddice non solo i nostri principi democratici, quelli scolpiti nella Carta costituzionale, ma anche i valori religiosi che dite di voler difendere. Vi basti ricordare la seconda parte della famosa citazione evangelica delle parole di Gesù, quella più dura: «Via, lontano da me, maledetti, nel fuoco eterno, preparato per il diavolo e per i suoi angeli, perché ho avuto fame e non mi avete dato da mangiare, ho avuto sete e non mi avete dato da bere, ero straniero e non mi avete accolto, nudo e non mi avete vestito, malato e in carcere e non mi avete visitato. […] Tutto quello che non avete fatto a uno solo di questi più piccoli, non l’avete fatto a me».

Auspicando un dibattito vivace e proficuo, auguro a tutti voi buon lavoro.

Inaugurazione del Master in Parlamento e Politiche Pubbliche della School of Government – Luiss Guido Carli

Caro professor Manzella, cari docenti, carissimi studenti,

con molto piacere ospito anche quest’anno in Senato l’inaugurazione del “Master in parlamento e politiche pubbliche” della Luiss Guido Carli, che considero una tappa consolidata e una bella occasione di riflessione per la nostra istituzione. Incontrare voi giovani studiosi del diritto parlamentare e costituzionale e aspiranti funzionari, con le vostre idee, la vostra energia e i vostri sogni, per è un momento a cui non saprei rinunciare. Delle vostre spinte ideali abbiamo davvero bisogno, carissimi studenti, in un momento in cui persiste una grave crisi della politica e dei partiti e sono in corso processi di ripensamento e rinnovamento della funzione rappresentativa. Oggi, tutto il settore pubblico vive un momento di profonda e complessa difficoltà.

Da un lato, assistiamo a fenomeni degenerativi del sistema politico-amministrativo nelle sue interlocuzioni con l’economia e la società. Mi riferisco a recenti processi e indagini che segnalano pericolose commistioni di criminalità, politica, imprenditoria e amministrazioni pubbliche, trame nell’ombra tutte accomunate dall’uso privato e distorto della cosa pubblica e da una generale, avvilente caduta etica del Paese e della sua classe dirigente. Dall’altro lato, la lunghissima crisi economica ha acuito l’insoddisfazione dei cittadini per le soluzioni che la politica offre alle loro necessità e aspirazioni e ha reso impellente il ripensamento dei tradizionali meccanismi della rappresentanza, per rinsaldare e arricchire il rapporto fra istituzioni e individui. Un fenomeno, quello della disillusione, dell’apatia e della sfiducia dei cittadini, che è spesso apertamente sfociato nell’anti-politica, nell’anti-europeismo, nell’emergere di nazionalismi e intolleranze che credevamo dimenticati dalla storia.

Questi processi degenerativi devono essere valutati e corretti nel più ampio contesto della partecipazione dell’Italia all’Unione europea che, da una parte, amplia le prospettive e le forme della dimensione parlamentare e rappresentativa e, dall’altra, impone un più rilevante ruolo dei parlamenti nazionali nella formazione delle politiche pubbliche. D’altronde, gli ultimi anni sono stati caratterizzati da un profondo indebolimento del progetto europeo che ha forte  bisogno di essere riavviato, lungo tre direzioni: il sostegno al lavoro, alla crescita e alla produzione, attraverso investimenti strutturali e una più flessibile interpretazione dei vincoli di bilancio; il rafforzamento del peso geopolitico dell’Unione nel mondo, perseguendo unità e solidarietà nella gestione dei fenomeni come terrorismo e migrazioni innanzitutto; infine, una maggiore partecipazione democratica ai meccanismi decisionali dell’Unione.

A proposito dei doveri della politica, la scorsa settimana, trovandomi per una visita istituzionale a Belgrado, il Primo Ministro Alexander Vucic mi raccontava le grandi difficoltà che parlamento e governo stanno affrontando per riformare il Paese, con pesanti sacrifici per i cittadini (anche in termini di forti tagli di stipendi e pensioni), però necessari per preparare l’ingresso della Serbia nell’Unione europea. Ebbene, mi diceva che dai sondaggi emerge che quasi la totalità degli interpellati avversa le riforme, ma che al tempo stesso la maggioranza rinnova fiducia al governo che sta assumendo la responsabilità di decisioni impopolari, affidandosi a chi pensano stia facendo il bene collettivo. Io mi sono affacciato da poco tempo all’esperienza rappresentativa ma ho sempre creduto che la missione della politica, di quella con la ‘P’ maiuscola, sia interpretare e dare corpo e sostanza ai bisogni dei cittadini, perseguendo l’interesse generale piuttosto che facili consensi e lusinghe elettorali. La vera sfida futura è nella ricerca di una nuova dimensione etica della politica, basata sulla riscoperta del mandato rappresentativo come servizio alla collettività: un mandato che è libero soltanto se sa superare la ricerca del favore mediatico popolare e incarnare il senso vero e profondo della democrazia. Il primo strumento per questo rinnovamento è il ripensamento del ruolo dei partiti e la loro regolamentazione interna, secondo il parametro del “metodo democratico” richiamato dall’articolo 49 della Costituzione, ancora inattuato. Le riforme istituzionali in corso devono essere completate con un contemporaneo intervento sui partiti e sulle modalità di selezione della classe politica, dalle cui disfunzioni in massima parte dipende la crisi del sistema.

Rispetto all’attualità, sottolineo che la prospettiva della riforma costituzionale non riguarda solo il Senato, ma il Parlamento visto complessivamente, come “organo costituzionale articolato nelle due Camere” (felice espressione che si deve agli studi del Prof. Manzella). Il superamento del bicameralismo paritario deve essere quindi interpretato come modo per sperimentare nuove forme di esercizio della funzione rappresentativa, caratterizzate da un migliore raccordo con i territori e un’efficace proiezione nella dimensione europea. A quest’ultimo proposito è importante che, anche attraverso un’attenta riforma dei regolamenti parlamentari, il Parlamento si esprima ad una sola voce per fare valere gli interessi nazionali nel dialogo con il Parlamento europeo, le altre istituzioni dell’Unione, e le assemblee nazionali. In questo senso va la già approvata, nella riforma costituzionale con doppia deliberazione, istituzione del ruolo unico del personale dipendente e le conformi deliberazioni di entrambi i rami del Parlamento sulla creazione dello status di Parlamentare e sull’unificazione funzionale di servizi comuni.

Inoltre sia in ambito europeo, sia in ambito interno, il Parlamento italiano dovrà imparare a comprendere e valorizzare la politicità delle funzioni non legislative: penso alle funzioni di indirizzo, controllo e valutazione rimaste per troppo tempo residuali nel nostro ordinamento ed oggi più che mai rilevanti anche nella prospettiva europea. Penso in particolare a quegli strumenti, come il controllo di sussidiarietà, il dialogo politico o l’iniziativa della green card promossa dalla House of Lords, che offrono ai parlamenti l’opportunità di partecipare, in chiave costruttiva, al procedimento decisionale europeo. Su questa linea, la riforma costituzionale in itinere introduce nell’ordinamento parlamentare la nozione di controllo, che prima non era riconosciuta dalla Costituzione, e attribuisce al Senato la funzione della valutazione delle politiche pubbliche, che  finora nell’esperienza italiana non era considerata strettamente parlamentare. Questa funzione qualificante del nuovo Senato, consisterà nella realizzazione di valutazioni sostanzialmente tecniche, sia ex ante, sia ex post, delle condizioni di adozione e di attuazione delle politiche pubbliche. Sarà molto interessante per chi se ne occuperà (politici, funzionari, studiosi) caratterizzare questa nuova funzione in termini parlamentari, in una prospettiva evolutiva del nostro sistema.

Concludo ringraziando il Prof. Manzella e i docenti del master per il loro impegno e rivolgendo a ciascuno di voi, cari studenti, un affettuoso augurio per questa nuova avventura che vi permetterà di confrontarvi con la realtà parlamentare, che oggi è in grande trasformazione. L’anno di studi che vi attende vedrà forse compirsi un importante percorso di riforme costituzionali, mentre nuove risposte si attendono dalla Corte costituzionale su temi (come l’autodichia) che da sempre identificano la sfera di autonomia parlamentare. Al tempo stesso, al livello dell’Unione europea si stanno cercando assetti idonei a migliorare l’interazione dei parlamenti nazionali con le istituzioni europee. Di questi cambiamenti voi sarete i futuri interpreti, una prospettiva entusiasmante che vi invito ad affrontare con la stessa passione che vi ha portato a scegliere questo percorso di studi. Siate lungimiranti e fedeli difensori della nostra democrazia, care ragazze e cari ragazzi, e amate il nostro Parlamento.

Bambini senza. Origini e coordinate delle povertà minorili

Autorità, Signore e Signori, care ragazze e ragazzi,

è con grande piacere che prendo parte alla presentazione del 6° Atlante dell’Infanzia di Save the Children. Tra due giorni ricorrerà la Giornata Internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza: mi sembra questa una occasione che rafforza la necessità di confrontarci sulle criticità riassunte nel volume di cui oggi parleremo e per ragionare, insieme, sulle prospettive che il nostro Paese è in grado di assicurare a ciascuno dei suoi figli. Qualche giorno fa, insieme al Garante per l’infanzia, sono venuti a trovarmi un centinaio di ragazzi e ragazze: nell’accompagnarli nella sala dove fu firmata la Costituzione ho detto loro che il Senato è la loro casa e che qui saranno sempre i benvenuti.  Per questo sono particolarmente lieto che questa giornata di riflessione e approfondimento su temi così rilevanti per il presente e il futuro dell’Italia si svolga qui. Sono infatti convinto che il dialogo, l’ascolto e il sostegno di tutte le realtà associative che si impegnano nella tutela dei minori sia un primo ed importante passo per tener fede alla promessa fatta a quei ragazzi.

Leggere il vostro Atlante non può che provocare un sentimento di sconforto in ciascuno di noi. Mi ha particolarmente colpito la scelta del titolo di questa edizione, “bambini senza”. Nell’immaginario collettivo, infatti, ad una giovanissima vita spetterebbe il diritto di avere tutto, di non essere privato di alcune cose dal valore inestimabile come la speranza, la felicità, l’opportunità di coltivare i propri talenti e realizzare i propri sogni. La realtà, invece, è tristemente diversa.

Per la mia precedente professione di magistrato ho letto con particolare interesse i primi due capitoli della vostra pubblicazione, quelli che descrivono la difficile condizione di tantissimi minori ai quali è stato rubato il futuro dal drammatico impatto che la criminalità organizzata ha sul tessuto sociale, economico e culturale del nostro Paese. Osservando la mappa dei minorenni innocenti uccisi dalle mafie, ben 85, non ho potuto non soffermare il pensiero sul fatto che tre città da sole – Palermo, Napoli e Reggio Calabria – hanno visto più della metà di questi barbari omicidi. Sono tantissimi, sono troppi e il vuoto che hanno lasciato nelle loro famiglie e tra i loro amici è purtroppo incolmabile. Ne cito solo due, a simbolo di tutti: Giuseppe Di Matteo e Rita Atria. Non possiamo più fingere, inoltre, di non vedere le migliaia di bambini stranieri che arrivano nel nostro paese da soli, dopo un viaggio disperato. Minori che, se non adeguatamente tutelati, vengono risucchiati da un vortice di criminalità e di sfruttamento minorile. Allargando la visuale, scorrendo le mappe che si trovano nel volume, appare evidente come la povertà dei minori non sia solo materiale. Siamo di fronte anche ad un impoverimento, ad una “disconnessione culturale”: oltre alle note difficoltà di risorse per le scuole, quello che emerge è che nella quotidianità di molti giovani è assente un’attività sportiva condotta in maniera continuativa; molti di loro non hanno mai letto un libro nell’anno passato, visitato un museo o un’area archeologica, non hanno mai ascoltato un concerto o visto una rappresentazione teatrale.

Ci sono molti altri spunti che possiamo trarre dalla lettura dell’Atlante e sono certo che i relatori che interverranno dopo di me sapranno restituire un quadro approfondito e dettagliato delle privazioni cui molti bambini e adolescenti sono sottoposti nel nostro Paese.

Ognuna di queste giovani vite difficili è una sconfitta che produce nell’immediato una ferita durissima nel nostro Paese e provoca, in prospettiva futura, un danno incalcolabile all’intera nazione. Non possiamo più permetterlo. Le Istituzioni devono fare tutto quello che è in loro potere per strappare i nostri figli, il futuro dell’Italia e dell’Europa, a questo scenario. Se la politica non farà tutto il necessario per permettere ad ogni bambina e bambino di potersi affermare e concorrere al bene comune essa avrà drammaticamente fallito: il risultato sarà avere una nazione meno coesa, più povera, più intollerante. Dobbiamo agire, ora. Proprio in questi giorni la Commissione Bilancio del Senato sta concludendo l’esame della legge di stabilità. E’ questa una prima, immediata occasione per poter intervenire, e alcune delle proposte presenti nel testo vanno nella giusta direzione.

La povertà, economica ed educativa, non può essere un destino ineluttabile, legato alla provenienza geografica o sociale dei ragazzi. In quest’ottica appare di grande valore la campagna condotta da Save the Children, “Illuminiamo il Futuro”, che si pone l’ambizioso obiettivo di debellare la povertà educativa in Italia entro il 2030. Grazie a questa iniziativa, sono stati aperti in molte realtà metropolitane disagiate, grazie ad associazioni partner, i “Punti Luce”, centri socio-educativi in grado si sopperire in parte a queste carenze, lanciando un fascio di luce sul futuro di bambini e adolescenti.

Concludo. Nella terza di copertina dell’Atlante sono riportate le parole di Daniel, che vorrei leggervi: “Prima volevo viaggiare  e vedere il resto del mondo, poi però crescendo ho deciso che forse era meglio restare proprio per avere la possibilità di cambiarlo”. Daniel ha 17 anni, non possiamo permettere che questo patrimonio di sogni e valori e soprattutto l’ambizione che nutre di cambiare l’Italia,  siano soffocati o traditi. Solidarietà e attenzione verso il prossimo sono valori minacciati dalla crisi economica – che per fortuna ci stiamo gradualmente lasciando alle spalle – e da un diffuso clima di diffidenza e paura. Posso solo immaginare in questi giorni terribili, le difficoltà degli insegnanti e delle famiglie nel cercare di tranquillizzare i bambini che percepiscono un generale clima di tensione e di paura, nell’obiettivo di far riacquistare ai ragazzi la serenità che è propria della loro età. Per questo voglio ringraziare di cuore uno ad uno i vostri volontari. Siamo tutti orgogliosi di voi: immergendovi quotidianamente in realtà complesse, dove anche solo regalare un sorriso può fare tutta la differenza, rappresentate in maniera straordinaria la nostra identità, la nostra cultura.

Grazie.

Cordoglio per la scomparsa di Mario Cervi

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“Una voce autorevole, mai sopra le righe e sempre pronto al confronto, profondo conoscitore della storia del nostro Paese e autore di libri di grande successo, alcuni dei quali scritti con Indro Montanelli”. Con queste parole il Presidente del Senato, Pietro Grasso, ricorda il giornalista Mario Cervi, scomparso oggi. “Invio ai familiari – conclude il Presidente Grasso – i sentimenti del mio profondo cordoglio”.

Traffici e terrorismo

Gentili ospiti, caro Direttore Caracciolo, cari amici,

ospito con molto piacere alla Biblioteca del Senato un nuovo incontro promosso dalla Rivista di Geopolitica Limes. Siamo giunti, credo, al quarto appuntamento: ormai dunque una bella e importante consuetudine, un’occasione per riflessioni scientifiche e politiche sulla posizione e sul ruolo dell’Italia nel mondo. Per una drammatica coincidenza questo incontro sul terrorismo e i traffici si tiene a distanza di poche ore dai fatti di Parigi. Sono momenti nei quali proviamo tutti sentimenti di profondo dolore e di identificazione con la sofferenza delle vittime e dei familiari, ai quali ci stringiamo per rigettare con fermezza di assoggettarci alla paura. A nome mio e del Senato della Repubblica rivolgo un pensiero di affettuosa vicinanza alla famiglia di Valeria Solesin, una ragazza che rappresenta l’immagine dell’Italia tutta e dell’Europa che vorremmo. Siamo in attesa di conoscere meglio i fatti e i risultati delle indagini, ma appare già chiaro che gli attentati di venerdì notte segnalano un cambio di strategia rispetto all’attacco al settimanale satirico Charlie Hebdo, per il numero degli obiettivi e dei terroristi coinvolti, per le modalità di esecuzione, e per l’evidente programmazione della successione criminale. Inoltre, mentre la redazione di Charlie Hebdo veniva individuata come obiettivo specifico, i fatti del 13 novembre si caratterizzano come azioni terroristiche di più ampia portata, finalizzate a colpire persone individuate per caso e dunque a provocare paura nei cittadini, che si sentono tutti potenziali vittime.

Gli eventi di venerdì notte dimostrano diverse cose. La prima è che siamo esposti ad un fenomeno molto complesso e difficile da controllare e gestire, che richiede di calibrare attentamente le reazioni e gli interventi, evitando di agire emotivamente come i terroristi vorrebbero. La seconda è che in Europa noi stiamo tutti insieme, o cadiamo tutti insieme. Gli attentatori mandano un messaggio di imprevedibilità del pericolo e di vulnerabilità delle nostre società, che evidentemente non riguarda solo Parigi e la Francia, ma l’intera comunità internazionale, e in particolare modo l’Europa. L’Unione sta attraversando da tempo ormai un momento di fragilità, per l’impatto della crisi economica e per l’incapacità di affrontare con coesione e con solidarietà i flussi di profughi e migranti. L’unilateralismo praticato anche sulla lotta allo Stato Islamico e sul futuro della Siria e della Libia ha danneggiato tutti e l’Unione come tale. Il mio auspicio è che l’Unione europea sappia ritrovare le ragioni dell’unità di intenti e azione, attraverso una profonda strategia politica nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, condivisa, meditata e seria.

Al tempo stesso è necessario che la collaborazione delle strutture di intelligence e di polizia in questa materia, già molto intensa, sia razionalizzata e centralizzata per evitare che lo scambio di dati e informazioni si disperda nelle complessità dei sistemi nazionali di prevenzione e repressione. Le modalità di reclutamento degli operativi attraverso il web richiede poi sforzi nuovi per condividere mappature, modalità e tecnologie.

Per andare al tema specifico oggetto di questo incontro (la relazione fra terrorismo e criminalità a fini di profitto) vorrei cominciare proprio con lo Stato Islamico, per sottolineare che il richiamo dei terroristi a valori religiosi, abusivi e storpiati, deve essere correttamente inteso come la copertura ideologica posticcia di un fenomeno che è prevalentemente criminale e geopolitico. Lo Stato Islamico è una creazione geopolitica a vocazione territoriale che riempie i vuoti causati dalla debolezza e dall’assenza di politica ed istituzioni nell’area fra Siria e Iraq, oggi conosciuta come Siraq. La struttura dello Stato Islamico è largamente concepita attorno ad attività criminali necessarie per la sua sopravvivenza e per la fornitura di servizi ai suoi “cittadini”. Fra questi il traffico di droga, di esseri umani, di armi e di beni culturali.

Andando più indietro nel tempo, sono già ben note da molto le interconnessioni fra terrorismo, criminalità organizzato e traffici. Io stesso, quando svolgevo funzioni di Procuratore Nazionale Antimafia, ho avuto modo di accertare forme non solo di cooperazione, ma anche di commistione e sovrapposizione dei fenomeni. In Italia i processi hanno svelato particolari forme di rapporto fra le mafie e segmenti del terrorismo interno, nella commissione di alcuni delitti e di certe stragi; ed è poi stato riconosciuto da sentenze ormai definitive il carattere eversivo della strategia adottata da Cosa Nostra in un preciso momento storico: mi riferisco in particolare alle stragi commesse a Firenze, Roma e Milano nel 1993 e nel 1994.

L’esperienza internazionale evidenzia tre forme di commistione fra i due fenomeni. Nella prima forma, la più diffusa, i gruppi terroristici fanno ricorso a delitti a fini di profitto, come traffici di beni illeciti e di esseri umani ed estorsioni, per finanziare la propria esistenza e le proprie azioni. Nella seconda forma a convergere sono le rotte e le modalità di spostamento di beni e persone, che coincidono sia nel caso di traffici sia nel caso di azioni terroristiche ed eversive. Infine, in Italia, in Messico e in altri paesi le mafie hanno sperimentato modalità di attacco allo Stato tipiche di terrorismo ed eversione, caratterizzate dall’uso di strumenti che determinano la morte indiscriminata di vittime estranee ed inermi. In termini di politica criminale, queste interrelazioni inducono a studiare strategie diverse dal passato, fra le quali ad esempio l’uso estensivo degli strumenti di aggressione ai patrimoni illeciti.

Concludo. La politica in questi giorni ha la difficilissima responsabilità di tutelare la vita e la serenità dei cittadini, mantenendo però sempre la saggezza e la lucidità necessarie per combattere la barbarie solo con gli strumenti dello Stato di diritto, della democrazia, del multilateralismo e della diplomazia. Per questo sento forte il dovere di ripetere che il nostro impegno contro il terrorismo non deve mai mettere in discussione il dovere, morale e giuridico, di accogliere le persone incolpevoli che fuggono da guerre, persecuzioni e dagli orrori dello Stato Islamico; e l’obbligo di proteggere i diritti fondamentali e la libertà di credo di ciascuno, che sia cittadino o migrante. Io sono convinto che l’approfondimento e le analisi di chi si impegna nella ricerca e nello studio siano in questo momento un prezioso antidoto alla superficialità e al semplicismo di cui abbiamo purtroppo avuto qualche esempio in queste ore. Non esito a definire irresponsabile, pericoloso e controproducente il tentativo di chi intende alimentare la comprensibile paura e lo smarrimento dei cittadini, instillando odio e rancore verso chi è diverso e del tutto incolpevole e vive con altrettanta paura i nostri tempi. Per questa ragione ringrazio per la loro passione e la loro competenza gli autori e gli esperti della Rivista Limes e a tutti voi auguro buona prosecuzione e buon lavoro. Grazie.

Incontro con il Commissario di Roma Capitale

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Il Presidente del Senato, Pietro Grasso, ha ricevuto oggi a Palazzo Madama, in  visita  istituzionale,  il Commissario Straordinario per la provvisoria gestione di Roma Capitale, dottor Francesco Paolo Tronca. Al termine del cordiale colloquio, il Presidente Grasso ha formulato al dottor  Tronca gli auguri di buon lavoro per i prossimi mesi che si preannunciano particolarmente impegnativi per Roma Capitale.

Commemorazione degli attentati di Parigi

Onorevoli Colleghi,

venerdì sera Parigi è stata colpita da una serie di attentati terroristici che hanno causato 132 morti e centinaia di feriti. Una normale serata di un tranquillo fine settimana è diventata all’improvviso il tragico teatro di un massacro organizzato, rivolto contro i più comuni simboli della spensieratezza quotidiana: un evento sportivo, uno spettacolo musicale, la convivialità di una cena al ristorante tra amici.

Tra le vittime innocenti di quelle stragi insensate piangiamo oggi anche Valeria Solesin, che a Parigi metteva a frutto il proprio talento attraverso gli studi in campo sociale alla Sorbona. La violenza e la crudeltà del terrorismo feriscono e colpiscono la libertà dei singoli, la libertà dei popoli, l’umanità tutta. L’attacco alla Francia è un attacco contro l’Europa della pace e contro tutti coloro che credono nella democrazia e nella libertà. Gesti disumani, indegni e vili.

Noi rigettiamo con fermezza il tentativo di assoggettare i cittadini alla paura attraverso un messaggio di morte. La violenza, il terrore e l’offesa alla dignità umana non prevarranno. Continueremo in ogni circostanza a difendere senza tentennamenti la democrazia, la libertà, i diritti fondamentali e la libertà di credo di tutte le persone.

A nome di tutta l’Assemblea, e con profonda commozione, rivolgo ai cittadini francesi, ai feriti e ai familiari delle vittime, il nostro pensiero e la nostra solidarietà. Esprimo la vicinanza di ciascuno di noi a tutti coloro, ovunque siano, che soffrono per le atrocità del terrorismo e dello Stato Islamico, abbracciandoli con l’amicizia profonda di chi si sente unito da una comune umanità. Invito l’Assemblea ad osservare un minuto di silenzio e di raccoglimento.

Parigi. Non dimenticheremo Valeria

“E’ davvero impossibile riuscire ad immaginare un dolore più grande di quello che stanno provando in queste ore i familiari di Valeria Solesin”. E’ quanto dichiara il Presidente del Senato, Pietro Grasso, aggiungendo:  “Vorrei che giungesse ai genitori di Valeria un abbraccio sincero e il sentimento del cordoglio più profondo, anche a nome di tutto il Senato. L’intero Paese è partecipe di questo terribile lutto e si stringe ai parenti, agli amici e a coloro che ebbero modo di conoscere e frequentare Valeria. Non la dimenticheremo”.

Volontari: ricchezza e speranza del Paese

Intervento all’Incontro Culturale Erasmus 2015

Autorità, cari ragazzi, gentili ospiti,

sono molto lieto di partecipare  a questo “Incontro Culturale Erasmus 2015”, con il quale il  Senato della Repubblica accoglie, attraverso di voi, i giovani di tutta Europa. L’Associazione Erasmus Student Network, infatti, fornisce da oltre vent’anni un supporto fondamentale agli studenti stranieri che scelgono il nostro Paese come meta per un periodo di studi all’estero. Per dare un’idea dell’importanza del programma “Erasmus” cito solo due dati: sono più di 3 milioni gli studenti europei che vi ha preso parte, e da uno studio della Commissione europea risulta evidente che chi ha partecipato corre la metà del rischio di rimanere senza lavoro rispetto ai coetanei che non lo hanno fatto.

I vostri volontari non si limitano certo ad assisterli sotto il profilo burocratico e logistico.  Fate  molto di più: con la vostra passione ed impegno li coinvolgete in tante attività culturali e sociali. E’ così che moltissimi degli oltre 20.000 ragazzi e ragazze che ogni anno vengono a studiare in Italia da tutte le parti d’Europa si innamorano delle nostre città, della bellezza della nostra cultura, della nostra storia millenaria. E’ anche grazie a voi che si realizza pienamente il più profondo obiettivo del progetto Erasmus: contribuire alla creazione dei cittadini di domani, uomini e donne pienamente consapevoli della dimensione politica, culturale e professionale dell’Europa unita. Immagino che nessuno dei tre milioni di uomini e donne che hanno partecipato all’Erasmus guardi con favore ai muri che si stanno costruendo in Europa e ai tanti, troppi rigurgiti di nazionalismo che negli ultimi mesi soffiano tra i Paesi dell’Unione.

L’incontro di oggi si concentra su una necessaria e non più rinviabile riflessione sulla natura giuridica del volontariato, sulle prospettive future, sul ruolo che esso può giocare nella rinascita dell’Italia. Negli anni bui della crisi, dominati da incertezza e paure, sarebbe stato legittimo aspettarsi una generale diminuzione delle attività e  del numero di persone che dedicano parte del proprio tempo agli altri. Invece, numeri alla mano, nel nostro Paese abbiamo registrato un tasso di crescita superiore al 30% negli ultimi dieci anni. Questo significa che, ogni giorno, milioni di cittadini si impegnano con passione nei più diversi progetti, uniti però dalla stessa spinta ideale di solidarietà verso il prossimo: ciascuno di loro rappresenta una incredibile ricchezza e, al tempo stesso, una grandissima speranza.

Sono numeri che personalmente non mi sorprendono e del quale sono orgoglioso: siamo una nazione capace di grandissime cose e le Istituzioni dovrebbero fare il possibile per incoraggiare queste esperienze attraverso un sostegno reale, continuo e orientato al futuro. Per questo sono così felice di avervi qui oggi a Palazzo Giustiniani. Buon lavoro.