Un nuovo paradigma economico inclusivo in un contesto di disuguaglianze crescenti

Cari amici, Autorità, Signore e Signori,

desidero ringraziare di cuore per questa bella opportunità il Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, con il quale ormai da tempo coltiviamo un dialogo ricco e fecondo, e il nostro Ambasciatore presso la Santa Sede, Daniele Mancini, che ci ospita in questa meravigliosa cornice di Palazzo Borromeo. Come nella sua consolidata tradizione, il Cortile dei Gentili propone questa sera un tema complesso e attuale, che sarà approfondito attraverso l’incontro e il dialogo su analisi strettamente economiche, ma anche da un punto di vista etico, teologico, geopolitico e politico. Il tema mi ha riportato alla mente l’immagine di quelle monete romane, coniate a partire da Vespasiano e Tito nel 77-78 d.C., che da un lato recano il profilo dell’imperatore e dall’altro quello dell’Equità, di regola rappresentata da una figura femminile che regge nella mano destra una bilancia, simbolo della giustizia. Al volto dell’imperatore che si riflette nella ricchezza, potenza e forza, si affianca il simbolo dell’Aequitas Augusti, della giustizia del principe, che segna al contempo il limite e il fine del potere. Una visione certamente molto lontana, ma che forse dovrebbe essere considerata più attuale da parte della politica.

Io sono da sempre convinto che la politica debba essere primariamente impegno per il bene comune, i diritti, la dignità e l’eguaglianza sostanziale dei cittadini e per l’affermazione della giustizia, intesa come realizzazione di un ordine sociale, politico e internazionale incentrato sulla persona umana, con i suoi bisogni, le sue complessità e fragilità: una prospettiva incarnata dalle parole e dall’esempio instancabile di vita di Papa Francesco. In questo colgo una sintonia significativa e feconda fra valori e di principi che uniscono ad una valenza etica, e di fede, un significato politico ed istituzionale profondo: non è casuale che questi ideali, ai quali si ispira la dottrina sociale della Chiesa abbiano contribuito a costituire i pilastri dell’identità costituzionale della Repubblica italiana e dell’Europa.

La responsabilità della politica è scolpita nella Costituzione, che impone alla Repubblica di rimuovere gli ostacoli economici e sociali che limitano di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti alla vita politica, economica e sociale del Paese.

Con queste parole la nostra carta costituzionale aderisce così esplicitamente alla convinzione che l’economia non sia scienza “esatta” ma scienza “umana”, che deve perseguire la qualità della vita di ciascuno e la perequazione dei diritti, seguendo quell’esperienza cristiana di un Dio solidale, che si è laicamente evoluta in termini di equità, quell’aequitas che ha trovato risposta nelle teorie della giustizia distributiva.

L’aumento delle diseguaglianze anche nei paesi più ricchi del pianeta, nonostante la riduzione della povertà in termini assoluti, segnala, invece, la principale debolezza del modello dell’economia di mercato su scala globale. Tale debolezza consiste, a mio avviso, nella divergenza fra gli obiettivi di profitto e potere perseguiti dalla finanza globale, dai mercati e dalle multinazionali, e gli interessi delle piccole e medie imprese e delle persone: soggetti sostanzialmente esclusi dal pieno godimento dei diritti di “cittadinanza sociale”, vittime inconsapevoli della finanza speculativa su scala globale, delle crisi dei debiti pubblici, di manovre economiche tese a catturare consensi anziché investimenti e dell’insufficienza di controlli sui movimenti internazionali di capitali. In termini attuali, in conclusione, la sfida in cui impegnarsi è avversare le iniquità e ricondurre alla cittadinanza sociale e civile gli italiani e gli stranieri residenti, sottraendoli alla povertà, alla marginalità delle periferie, alla fragilità, al radicalismo, al delitto e all’illegalità.

La seconda chiave di lettura, che sul tema mi sento di affrontare, è geopolitica. Il Ministro Gentiloni, nel messaggio che abbiamo ascoltato, giustamente segnala il ruolo delle diseguaglianze economiche come causa dei movimenti migratori nel Mediterraneo e ricorda la logica di sostegno allo sviluppo dei paesi africani, sottesa al “Migration compact” proposto dal Governo italiano in Unione europea. Auspico una rapida approvazione da parte della Commissione di quel piano, che, se attuato, potrebbe finalmente finalmente incidere sui flussi migratori e porre rimedio al grave sottosviluppo causato proprio da quei Paesi europei, che per decenni hanno sfruttato le risorse dell’Africa e sostenuto i regimi autoritari. Ma sono convinto che oltre a distribuire risorse vi sia anche altro da fare. Io credo che proprio le esclusioni politiche ed economiche su base etnica, la totale privazione di rappresentanza politica sofferta dai gruppi non appartenenti alle oligarchie del potere, abbiano molto contribuito a determinare il grave disfacimento istituzionale in Iraq, Siria, Libia e altrove, favorendo l’affermazione di movimenti terroristici e l’instabilità geopolitica. Questa precisa consapevolezza deve spingerci a ricercare, con una determinata azione diplomatica di lungo periodo, un nuovo equilibrio politico nei territori martoriati che dia rappresentanza politica a tutte le componenti sociali, etniche, religiose e confessionali.

Il nostro primario orizzonte di politica economica non può che intravedersi nell’Unione europea e io ne sono fermamente convinto. L’Unione ha affrontato però in modo deplorevolmente miope gli squilibri economici, la crisi del lavoro, il crescere delle iniquità e delle diseguaglianze, puntando solo sul rigore e mettendo in secondo piano la quotidiana sofferenza delle persone, affidando la governance economica a strutture e sedi decisionali prevalentemente tecniche. Oggi si pone l’esigenza di riaffermare il controllo democratico sulle politiche economiche per riportare l’attenzione ai valori dell’economia reale, ai bisogni dei consumatori e dei lavoratori, alle aspirazioni dei giovani inoccupati, alle esigenze creditizie delle imprese, al sostegno del reddito e delle prospettive dei più svantaggiati. Io credo, cari amici, che interpretare i bisogni della gente, dare voce agli ultimi e speranza a tutti per il futuro dovrà essere il cuore pulsante del Parlamento, e questo vi assicuro è e sarà il mio più grande impegno.

Grazie.

Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti del Consiglio d’Europa

Sessione II –  I Parlamenti Nazionali e il Consiglio d’Europa: promuovere insieme la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto

Cari Colleghi, questa riunione e questa sessione in particolare, dedicata al ruolo delle assemblee legislative e del Consiglio d’Europa nel garantire la democrazia, i diritti umani e lo Stato di diritto, ha luogo in uno dei momenti più complessi per il nostro continente e la comunità internazionale. Vi sono, è vero, molte ragioni di preoccupazione, ma io credo anche diversi motivi di speranza. Le migrazioni e i flussi di profughi, il terrorismo internazionale, la crisi economica e il crescere delle diseguaglianze, le tensioni geopolitiche, il calo demografico stanno cambiando il volto dell’Europa. E intanto crescono i nazionalismi e i populismi che strumentalizzano le inquietudini dei cittadini con l’obiettivo di alimentare sfiducia e disaffezione e di disperdere il nostro patrimonio comune di diritti, democrazia e la ricchezza che deriva dalle diversità e dalle rispettive contaminazioni culturali. In questo quadro sono convinto che la strada da percorrere sia quella della massima coesione fra di noi: l’unica via che può prevenire la marginalizzazione geopolitica del continente e il crescere di infondati sentimenti di impotenza e di catastrofismo. Questa via passa anche per il Consiglio d’Europa, per l’Assemblea Parlamentare, per la Convenzione dei diritti dell’uomo, per la Corte, per tutto il vasto complesso di norme e principi che qui ha avuto origine e che è una delle più grandi conquiste nella storia umana. Come memorabilmente scrisse nel 1942 il giudice inglese Lord Atkin, “nel fragore delle armi la legge non è silente”. Le nostre leggi comuni, cari colleghi, non sono silenti: parlano la stessa lingua in guerra come in pace. Credo, con rispetto e solidarietà per i Paesi che si trovano ad affrontare situazioni extra ordinem, che si debba fare ricorso alla sospensione della Convenzione dei diritti dell’uomo solo in casi realmente eccezionali e che noi tutti dobbiamo assicurare la piena e costante attuazione dei nostri principi comuni, tanto nella legislazione quanto nelle politiche di sicurezza.

Penso in particolare alle politiche contro il terrorismo. Ne abbiamo parlato con i colleghi Presidenti dei Parlamenti dell’Unione europea a Lussemburgo a maggio. Il fenomeno che ci troviamo ad affrontare ha caratteri complessi e diversi da quelli cui eravamo abituati. Richiede interventi militari per ridurre la capacità di attacco simmetrica di ISIS in Medio oriente; finanziari per colpirne le risorse economiche; giudiziari, informativi, investigativi per reprimere e per prevenire altri attentati di carattere asimmetrico in Europa e nel mondo; politici per favorire accordi fra le diverse potenze e che prevedano nei territori più instabili assetti istituzionali tali da garantire tutela equilibrata e rappresentanza ai diversi interessi etnici, sociali e religiosi, anche attraverso adeguato sostegno allo sviluppo economico e strutturale delle aree interessate. Infine, non si possono trascurare interventi sociali anche nei nostri Paesi, per ridurre le diseguaglianze e per prevenire la marginalità e l’esclusione, fattori che ci rendono vulnerabili al radicalismo e all’illegalità.

I due obiettivi da perseguire sono rendere la cooperazione politica e tecnica fra i nostri Paesi più rapida, più concreta ed efficiente; e individuare un corretto grado di bilanciamento fra sicurezza e libertà. Non è opera semplice, ma è proprio in questa sede che dobbiamo trovare le opportune chiavi di lettura attraverso un dialogo rafforzato fra il Consiglio d’Europa, la Corte, i giudici nazionali, i governi e i nostri parlamenti. Io credo che dobbiamo sforzarci di armonizzare gli strumenti legislativi, giudiziari e investigativi come premessa necessaria a rafforzare la vitale cooperazione giuridica e operativa.

Questo impegno non è esclusivo dei governi, al contrario. La nostra responsabilità di parlamentari e presidenti delle assemblee elettive è primaria. Noi abbiamo il dovere di vegliare sulle politiche dei governi e sulla rispondenza dei provvedimenti legislativi e delle politiche governative ai nostri valori fondanti e alla dignità umana. Noi dobbiamo costituire un argine contro le tentazioni di rispondere alla barbarie attraverso stati d’emergenza, compressione dei diritti, sospetto e discriminazione per la diversità.

La sfida che ci impegna in questi giorni nelle aule del Parlamento italiano è trovare un punto di incontro fra la riservatezza imposta dalle politiche di sicurezza e il riconoscimento alle assemblee legislative di effettivi spazi pubblici di verifica dell’operato dei governi e di partecipazione alla definizione degli indirizzi politici, al fine di garantire la corretta rappresentanza degli interessi dei cittadini in ogni momento. Lo facciamo, quando possibile, attraverso una serie di informative del governo all’Aula e alle commissioni competenti e molto spesso attraverso un pregnante e costante coinvolgimento del Comitato Parlamentare per la Sicurezza, che viene regolarmente informato dell’attività operativa dei servizi di intelligence nell’ambito di precise garanzie di segretezza. Propongo, cari colleghi, che anche lo scambio di esperienze su tale tema specifico sia oggetto del nostro comune lavoro. Grazie.

Commemozione delle vittime del terremoto nel Centro Italia

Onorevoli Colleghi,

un violento terremoto nella notte tra il 23 e 24 agosto scorso ha devastato  alcune zone dell’Italia centrale, colpendo in particolare le località di Amatrice, Accumoli, Arquata e Pescara del Tronto. L’Italia intera si è unita nel dolore, nel piangere l’impressionante numero di vittime e nell’ansia per la sorte dei feriti e delle persone rimaste intrappolate sotto le macerie. Il triste bilancio di questa tragica calamità fa registrare ad oggi quasi trecento morti, tra cui numerosi bambini, circa quattrocento feriti ricoverati negli ospedali, più di quattromilacinquecento sfollati. Numeri che compongono un drammatico quadro di esistenze precocemente interrotte, infanzie spezzate, famiglie lacerate, progetti e sogni di vita assurdamente svaniti, paesi e borghi travolti dalla forza devastante della natura.

Oltre al pesante tributo di vite umane, concorrono ad accrescere il nostro dolore i danni ad un patrimonio storico, artistico e urbanistico di grande valore, parte importante della nostra identità e delle tradizioni culturali del Paese. Nel momento della tragedia e del dolore ha brillato lo straordinario e meritorio impegno degli operatori della Protezione civile, dei Vigili del Fuoco, della Croce Rossa, del Soccorso Alpino, delle forze armate, delle forze dell’ordine, delle strutture medico-ospedaliere e di tanti volontari.

A tutti coloro che si stanno ancora oggi faticosamente prodigando nelle opere di soccorso e di assistenza va il plauso e la gratitudine profonda e sincera delle Istituzioni e dell’intero popolo italiano: essi rappresentano, indubbiamente, un esempio di quell’Italia migliore, capace di mobilitarsi di fronte alle emergenze, di accorrere in soccorso ai sofferenti, fornendo modelli ineguagliabili di abnegazione e spirito di fratellanza.

E’ stata una vera e propria gara di solidarietà quella cui si è assistito nelle ore e nei giorni immediatamente successivi al sisma, con numerose persone in fila negli ospedali per donare il sangue o impegnate ad offrire spontaneamente sostegno e beni di prima necessità. Il più bel simbolo della rinascita dei territori colpiti si è avuto quando stamattina è suonata la campanella per l’inizio del nuovo anno scolastico ad Amatrice. Tuttavia non può trascurarsi il parere degli esperti, secondo il quale un evento calamitoso di tale entità non avrebbe avuto effetti così drammatici in termini di vite umane e di devastazione se negli anni si fosse provveduto ad una più accorta programmazione nell’utilizzo del suolo e a una progettazione, degli edifici pubblici e privati, coscienziosa e rispettosa delle leggi esistenti.

Spetterà alle autorità competenti l’accertamento delle responsabilità connesse al mancato rispetto delle normative di appalto, progettazione e costruzione, con particolare riguardo agli edifici pubblici. Allo stesso tempo, tutte le Istituzioni sono chiamate a concertare la propria azione per garantire che l’opera di ricostruzione si svolga nello scrupoloso rispetto delle vigenti normative antisismiche. Occorre inoltre dare risposta alle legittime e giustificate istanze sollevate dagli amministratori e dai cittadini coinvolti, affinché la ricostruzione tenda il più possibile al ripristino graduale e sicuro dell’originario tessuto urbanistico e delle comunità di appartenenza.

Dobbiamo far rinascere i paesi colpiti perché costituiscono il punto di riferimento per la vita di tante persone che non deve essere cancellato ma recuperato e trasmesso alle generazioni future, con la sua eredità di memorie e tradizioni. Il Parlamento, in costante dialogo con il Governo e con le Istituzioni territoriali interessate, sarà quindi chiamato non solo ad adottare ogni misura di carattere legislativo funzionale alla ricostruzione, ma anche a monitorarne costantemente l’efficacia e la relativa tempistica di attuazione, a cominciare dalla predisposizione degli alloggi provvisori per le popolazioni sfollate e di tutte le infrastrutture necessarie per la ripresa delle attività economiche e sociali. Nel rinnovare, quindi, il cordoglio profondo del Senato della Repubblica per le vittime e nel formulare un sentimento di sincera vicinanza verso i feriti, le popolazioni sfollate e tutte le famiglie colpite, invito l’Assemblea ad osservare un minuto di raccoglimento.

Immagine: © Dipartimento della protezione civile

 

 

 

 

 

Basta carcere per giornalisti

Cari giornalisti, cari colleghi, gentili ospiti, desidero innanzitutto dare il benvenuto a Sergio Amici e a tutti i componenti dell’Associazione Stampa Parlamentare. La lunga tradizione della cerimonia del Ventaglio ci permette di tracciare insieme un bilancio sui principali temi parlamentari, politici e internazionali da lei evidenziati nell’articolato intervento introduttivo. Presidente Amici, credo sia molto importante riflettere sul percorso che ci porterà al prossimo referendum confermativo della riforma costituzionale.

In un colloquio di gennaio scorso con Ugo Magri de La Stampa avevo auspicato per tempo – intravedendo nei precoci segnali della campagna referendaria un’impostazione azzardata – un dibattito fortemente legato ai contenuti: la mia intenzione era mettere in guardia gli attori politici dai pericoli a cui si sarebbe andati incontro trasformando il momento referendario in, cito, “un plebiscito pro o contro qualcuno”. Avevo invitato poi le parti politiche a “evitare la barbarie dello scontro esasperato e personalizzato” perché il rischio sarebbe stato “delegittimare le Istituzioni a prescindere dal risultato”.

L’opinione di allora si è rafforzata negli ultimi mesi, nei quali vi è stata una forte polarizzazione intorno al referendum, che rischia a questo punto di celebrarsi in un clima troppo conflittuale ed emotivo. Lei ha citato le consultazioni sull’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, ma nella recente esperienza questo strumento di democrazia diretta ha segnato anche decisioni difficili e controverse di altri Stati. Penso al referendum del 2013 in Irlanda, che ha respinto la proposta di abolizione del Senato; alla consultazione sulla secessione della Scozia dal Regno Unito nel 2014; al referendum greco del luglio 2015 sul programma di supporto finanziario, sino a quello programmato in Ungheria sulle “quote” dei migranti. Scenari molto diversi ma accomunati dal ricorso al giudizio “ultimativo” del popolo per risolvere questioni divisive rispetto alle quali la politica ha scelto di non assumere le proprie responsabilità, attribuendo all’istituto referendario significati e funzioni improprie, scaricando sugli elettori scelte politiche che spettano ai partiti e alle istituzioni. Torniamo all’Italia. Il referendum costituzionale sulla riforma del bicameralismo paritario ha carattere profondamente diverso, perché è parte di un procedimento formalmente disciplinato dalla nostra Costituzione, proprio a garanzia della rigidità della carta fondamentale e della sua revisione.

A prescindere dal risultato finale, credo sia necessario soffermarsi sul clima in cui il Paese arriverà a questo importante momento. Sono convinto che questi mesi saranno un formidabile banco di prova per valutare lo stato di salute della nostra cultura politica e la qualità della nostra democrazia. L’esercizio del voto è l’atto finale di un percorso, l’espressione di un’idea di appartenenza a una comunità della quale si vuole progettare il futuro. Dunque è necessaria una decisione consapevole, che potrà avvenire solo se il dibattito si concentrerà sui contenuti della riforma, evidenziandone pregi e difetti. Proprio l’esperienza della Brexit insegna che spaventare gli elettori, prefigurando conseguenze catastrofiche, non fa ottenere i risultati sperati.

La rappresentazione del prossimo referendum come il giudizio universale è inopportuna, irrealistica e fuorviante, tanto quando si vuole dimostrare che questa riforma sarà la panacea di tutti i mali, così come quando si prospetta la fine della democrazia se la riforma verrà approvata o la catastrofe se verrà respinta. Compito della politica e dell’informazione è garantire la “qualità” dei meccanismi democratici. Pur non essendo stata fissata la data del voto, si deve prendere atto che la campagna referendaria è già da tempo entrata nel vivo, ed è necessario assicurare che i mezzi di comunicazione diano spazio adeguato ed equilibrato a tutte le ragioni di merito in eguale misura. Presidente Amici, come lei ha ricordato il Senato disegnato dalla riforma costituzionale è concepito come lo snodo centrale del regionalismo italiano. Perché questo si realizzi è però necessario che il Parlamento, in caso di esito favorevole del referendum confermativo, si faccia carico entro la fine della legislatura dell’attuazione di alcune previsioni fondamentali della riforma, destinate ad incidere sostanzialmente sul ruolo del futuro Senato. Le modalità di elezione dei futuri senatori ha infiammato il dibattito per lunghe settimane esattamente un anno fa. Sul tema sono stati già presentati disegni di legge, che dovranno essere assegnati alla competente Commissione all’indomani di una vittoria del Si.

Altrettanto rapidamente ci si dovrà occupare dei regolamenti parlamentari, in particolare della configurazione dei gruppi, che incideranno sostanzialmente sull’effettiva vocazione territoriale della nuova Camera alta. A prescindere dall’esito referendario, l’amministrazione del Senato ha intrapreso da tempo una approfondita attività di aggiornamento e qualificazione del personale sui temi delle politiche europee, degli affari regionali e dell’analisi di impatto socio-economico delle leggi. Competenze utilissime già oggi e che potranno garantire una rapida transizione di questa Istituzione in caso di approvazione della riforma. Di questo voglio ringraziare il Segretario Generale e i vertici dell’Amministrazione. Presidente Amici, come lei sottolinea il bicameralismo paritario è ancora in vigore, e ha permesso in questi anni di migliorare i provvedimenti presi in esame dal Parlamento.

Su molti Disegni di legge si lamenta un ritardo indiscutibile, che però non va imputato esclusivamente al sistema bicamerale: nella maggior parte dei casi a rallentare l’iter legislativo è la mancanza degli accordi politici necessari per poter approvare le leggi. Ad esempio, esattamente come un anno fa anche in questa edizione del “Ventaglio” ci troviamo ad affrontare i temi della prescrizione e delle intercettazioni, negli stessi termini e senza novità legislative, purtroppo. E’ un dato di fatto che se ne parli da moltissimi anni senza arrivare a decisioni definitive, andando molto oltre la ragionevole durata, in questo caso, del procedimento legislativo. Non ho cambiato idea sulla necessità e urgenza di questi interventi: la prescrizione, una volta iniziato l’iter processuale, lascia senza verità tanto le vittime quanto gli accusati. Allo stesso tempo all’interno del Disegno di legge sul processo penale, ci sono soluzioni utili a velocizzare i tempi della giustizia. Per questo considererei una colpa grave della politica non riuscire a chiudere in Senato entro la pausa estiva i lavori sul testo. Riguardo alle intercettazioni, mezzo di indagine indispensabile, già l’anno scorso mettevo in risalto che, per conciliare i principi di segretezza delle indagini, riservatezza della vita privata e diritto all’informazione, esistono già norme che spesso non vengono rispettate, e mi appellavo alla deontologia di tutti coloro – magistrati, personale amministrativo, polizia giudiziaria, avvocati, giornalisti – che vengono a conoscenza del contenuto delle intercettazioni. Ho rilevato positivamente che molte procure hanno già dato indicazioni stringenti in questo senso, che dovranno essere prese in considerazione dal legislatore nella redazione  delle norme.

Anche sulla diffamazione, presidente Amici, rischio di ripetermi: la mia posizione fortemente contraria alla pena detentiva per i giornalisti è nota, ed ho più volte sostenuto la necessità di prevedere una sanzione pecuniaria proporzionale alle richieste di risarcimento infondate in caso di querele temerarie, spesso usate come forma di ricatto nei confronti di piccole testate e di giovani giornalisti non adeguatamente garantiti. Né può essere trascurato il tema delle troppe violenze e  intimidazioni nei confronti dei giornalisti. Condivido, Presidente, le sue riflessioni sui delicati temi dell’Editoria e della Concorrenza, entrambi oggetto di Disegni di legge in trattazione nelle commissioni competenti e già calendarizzati più volte in Aula. Sono provvedimenti certamente urgenti.

Quello sull’editoria per rilanciare un settore economico fondamentale nel sistema democratico, ma fortemente colpito dalla crisi; quello sulla concorrenza per creare, come auspicato da anni, un sistema-paese più competitivo e più aperto. Una scommessa culturale che deve portarci a superare i particolarismi che finora hanno spinto ogni categoria a difendere egoisticamente i propri privilegi e le proprie prerogative a scapito dell’interesse generale. Presidente Amici, lei ha citato le tre grandi sfide che l’Unione Europea ha davanti: la crisi economica, i flussi migratori e il terrorismo internazionale. Ad esse si deve aggiungere la prossima uscita del Regno Unito dalla compagine europea. A quest’ultimo proposito io penso, in primo luogo, che la relativa procedura si debba espletare con la massima rapidità, per evitare che l’incertezza propaghi instabilità finanziaria e politica in Europa, senza rinunciare a uno stretto rapporto con il Regno Unito nei settori strategici. Fra questi la cooperazione giudiziaria, di polizia e di intelligence, la lotta contro la criminalità organizzata, il terrorismo e il riciclaggio. In secondo luogo, credo che i tanti Paesi europei che con noi condividono le ragioni imprescindibili dell’unione debbano cogliere questo difficile momento come un’occasione preziosa per costruire un’alleanza più strutturata, più forte, più coesa e più solidale.

Ho già avuto modo di ripetere che è sbagliato accostare terrorismo e migrazioni e mi sembra che i fatti recenti lo dimostrino perché nessuno dei terroristi che ha colpito l’Europa vi era giunto seguendo le rotte migratorie: erano tutti cittadini europei. Migrazioni e terrorismo sono accomunati solo dall’essere fenomeni di lunga durata, che dobbiamo imparare ad affrontare in modo strutturale. Il che non significa affatto considerarli ineluttabili, al contrario: comprenderne le radici profonde e complesse aiuta a pensare in modo lucido e strategico, non emergenziale e improvvisato. Riguardo al terrorismo, il primo sentimento è il dolore per le vittime e tutti coloro che, ovunque nel mondo, soffrono per la ferocia disumana di chi colpisce chiunque si trovi in un certo luogo in un dato momento: bambini e persone inermi trasformati in obiettivi per finalità immonde. Di fronte allo sgomento che comprensibilmente colpisce i cittadini, dobbiamo avversare le forze politiche e i media che irresponsabilmente strumentalizzano la paura.

Le nostre società non soccomberanno al terrorismo: né il sedicente Stato islamico, né altri potranno mai sovvertire le nostre istituzioni e mettere in discussione i nostri principi. Il nostro compito è rafforzare la coesione politica interna al Paese e all’Unione europea per predisporre una strategia condivisa che affronti ognuno dei complessi risvolti del fenomeno: il ridimensionamento militare della minaccia simmetrica; il rafforzamento della cooperazione fra magistrature, forze di polizia e agenzie di informazione; la definizione di una vera politica europea nel Mediterraneo e di un futuro assetto politico nelle aree più tormentate; un’integrazione piena degli immigrati e una maggiore attenzione alle aree di vulnerabilità delle nostre società, dove alligna la marginalità, il radicalismo e l’illegalità; infine la prevenzione del proselitismo in tutte le sue forme, compreso il web.

Per quanto riguarda l’Italia, non direi affatto che siamo impreparati: disponiamo di un eccellente sistema che si basa sulla stretta cooperazione fra le Istituzioni deputate alla sicurezza, cui altri paesi europei guardano come un modello. Bisogna però essere consapevoli che la minaccia asimmetrica con cui ci confrontiamo è caratterizzata da un forte grado di imprevedibilità. Sulle migrazioni, la parola lungimiranza che lei ha usato è proprio il termine chiave per descrivere quanto dobbiamo fare. Il governo sta agendo bene. Da una parte, assicurando il soccorso in mare e l’accoglienza con una professionalità, un’umanità e una competenza che ho potuto osservare personalmente in una recente visita a Lampedusa. Dall’altra parte, stimolando le istituzioni europee ad agire per rivedere le regole di Dublino all’insegna di solidarietà ed efficienza e per sostenere in modo diretto lo sviluppo dei Paesi africani da cui si originano molti dei flussi.

A proposito dei rapporti fra Unione Europea e Turchia, esprimo la mia profonda preoccupazione per le notizie riportate dalla stampa internazionale sulle reazioni del governo turco al tentativo di colpo di Stato. Dieci giorni fa abbiamo tenuto in Senato un’importante riunione dell’Assemblea Parlamentare dell’Unione per il Mediterraneo, nella quale lavoriamo insieme anche al Parlamento turco: abbiamo osservato un minuto di silenzio in ricordo delle vittime dell’attentato all’aeroporto di Istanbul e discusso di come lavorare insieme per prevenire queste disumanità e ricostruire gli equilibri geopolitici nell’euro-mediterraneo.

Dico dunque, con quella chiarezza che impone l’amicizia per il popolo turco e il rispetto per le sue istituzioni democratiche, che le regole dello stato di diritto non sono derogabili nemmeno per i reati più gravi e che non sono mai ammissibili trattamenti degradanti e disumani vietati dal diritto internazionale. Arresti e procedimenti penali contro gli asseriti eversori si devono svolgere rigorosamente secondo le regole della legge e dei principi internazionali e nel pieno rispetto del diritto di difesa. Le prerogative di indipendenza della magistratura devono essere rispettate perché le rimozioni e gli arresti ingiustificati di giudici ledono la democrazia e i diritti dei cittadini. Preoccupano molto le massicce epurazioni che stanno colpendo anche il mondo della scuola, delle università e dell’informazione.

Sulla pena di morte, sui diritti e le libertà fondamentali, sul diritto di difesa qualsiasi passo indietro è contro la storia. Prima di concludere lasciatemi aggiungere alcuni dati sul bilancio del Senato approvato ieri in Aula. Per la prima volta le spese sono scese sotto i 500 milioni di euro; in questa legislatura abbiamo risparmiato 152 milioni di euro; l’incidenza del costo del Senato sul totale della spesa statale è scesa allo 0,06% del totale; il numero delle dipendenti donne ha superato quello degli uomini; una grandissima attenzione è stata posta sul risparmio energetico. In vista di un’ulteriore razionalizzazione delle strutture e dei costi, prosegue il percorso iniziato nel 2013 di unificazione dei ruoli dei dipendenti e dei servizi di Senato e Camera, e auspico che questo processo si concluda al più presto.

Sono tutti segni di un’Istituzione, che mi onoro di presiedere, in grado di ridurre i costi, rinnovarsi, e di aprirsi ai cittadini attraverso una serie di iniziative istituzionali e culturali. Voglio in conclusione fare i miei più sentiti complimenti a Cristina Bortune per lo splendido ventaglio realizzato, e ringraziare il presidente Mario Alì e la direttrice Tiziana D’Achille dell’Accademia di Belle Arti di Roma che organizzano insieme all’Asp questo più che decennale concorso.

Sono molto grato a tutti i componenti dell’Associazione Stampa Parlamentare, che esercitano il delicatissimo compito di raccontare ai cittadini quanto avviene quotidianamente in Senato, per la leale collaborazione con questa Istituzione e tutti i suoi componenti, nell’ambito di un rapporto fortemente dialettico. Un ultimo e sentito ringraziamento al nuovo capo Ufficio stampa del Senato, dottor Toniato, e a tutto il personale impegnato a garantire un’informazione puntuale e trasparente.

Buon lavoro e buone vacanze!

Il Presidente Grasso riceve il Sottosegretario Minniti

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Il Presidente del Senato, Pietro Grasso, ha ricevuto questa mattina nel suo studio a Palazzo Madama il Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri con delega per la Sicurezza della Repubblica, sen. Marco Minniti.

 

 

Strage di Nizza: messaggio al Presidente Gérard Larcher

“Ho seguito durante la notte con immenso dolore e sgomento i fatti drammatici di Nizza e ho subito sentito il dovere di scriverle per stringermi con affettuosa solidarietà a Lei, al Senato della Repubblica francese, ai cari cittadini francesi e a tutti coloro che soffrono”.

E’ quanto si legge nel messaggio che il Presidente del Senato, Pietro Grasso, ha inviato al Presidente del Senato francese, Gérard Larcher. “A nome mio personale e del Senato della Repubblica italiana – scrive il Presidente Grasso – condanno con assoluta fermezza la disumanità che trasforma persone inermi in strumenti di turpi obiettivi ideologici e politici. Sono convinto, caro Presidente, che i sentimenti di smarrimento e umana compassione che proviamo in questo momento debbano rafforzare la nostra determinazione ad agire sempre più uniti nella nostra Europa per punire e per prevenire questi orrendi crimini e per realizzare pienamente i valori e i principi che costituiscono la nostra comune storia e la nostra più profonda identità”.

 

Cerimonia del “Ventaglio” 2016

Il Presidente del Senato, Pietro Grasso, incontrerà i giornalisti della Stampa Parlamentare giovedì 21 luglio alle ore 11.30 a Palazzo Giustiniani per la tradizionale cerimonia del “Ventaglio”. L’incontro sarà trasmesso in diretta dal canale YouTube e dalla webtv del Senato.

Nota per le segreterie di redazione

Le richieste di accredito vanno inviate per e-mail all’indirizzo accrediti.stampa@senato.it; per fotografi e operatori radio-tv le richieste  devono contenere i dati anagrafici completi, gli estremi del documento di identità, l’indicazione della testata di riferimento. Le richieste dei giornalisti non iscritti all’Associazione Stampa Parlamentare devono indicare il numero del tesserino dell’Ordine. L’ingresso a Palazzo Giustiniani avverrà da via della Dogana Vecchia 29.

(in foto: cerimonia del ventaglio 2014)

Relazione annuale dell’Autorità nazionale Anticorruzione

Autorità, Signore e Signori,

partecipo con molto piacere alla presentazione della Relazione annuale dell’Autorità Nazionale Anticorruzione, un’occasione importante per riflettere insieme su un argomento davvero centrale per il Paese. Ringrazio il Presidente dell’Autorità, Raffaele Cantone, i componenti del Consiglio, il Segretario Generale e tutto il personale per il lavoro svolto durante l’anno scorso, il primo a pieno regime dopo la riconfigurazione dell’Autorità del 2014. Il raddoppio dei fascicoli aperti rispetto al 2014 mi sembra un segno molto positivo di efficienza e di crescente fiducia dei cittadini e degli operatori in questa istituzione. Quanto alle funzioni dell’Autorità, gli interventi del legislatore che ne hanno ridisegnato nel tempo la missione hanno dato vita ad un’istituzione molto avanzata che è adesso considerata da altri Paesi come modello positivo di prevenzione della corruzione, grazie all’esercizio congiunto del potere regolatorio, della tutela della trasparenza, dei poteri di vigilanza, della tenuta dell’albo dei commissari e società in-house, delle raccomandazioni, della qualificazione delle stazioni appaltanti, e del rating degli operatori economici.

La corposa relazione approfondisce le varie forme di prevenzione della corruzione rimesse all’Autorità. Vorrei brevemente soffermarmi su alcuni aspetti. Quanto al potere regolatorio, ora finalizzato alla semplificazione delle norme e alla flessibilità della loro attuazione e che ruota intorno al Piano Nazionale Anticorruzione, segnala la Relazione che il piano nazionale del 2013 è stato considerato dalla maggior parte delle amministrazioni come un mero adempimento formale, manifestandosi un disinteresse degli organi di indirizzo politico rispetto all’operato del responsabile della prevenzione della corruzione chiamato a formare ed applicare il Piano. In materia di trasparenza non ha ancora avuto successo il cosiddetto whistleblowing, la possibilità per il dipendente pubblico di segnalare illeciti. L’Autorità ritiene che questo sia imputabile alla scarsa tutela del denunciante e ha segnalato alle Commissioni parlamentari, i possibili correttivi legislativi per migliorare questo sistema. Servono infatti strumenti ben più efficaci per far emergere un fenomeno così pervasivo, dannoso per l’economia, le casse dello Stato e i servizi ai cittadini.

Sul piano della trasparenza, la Relazione segnala la diffusa inadempienza di molti titolari di incarichi di indirizzo politico degli enti controllati rispetto agli obblighi di pubblicazione dei dati patrimoniali, in seguito alla quale il Garante deve innescare un procedimento sanzionatorio; e lo scarso successo del cosiddetto “accesso civico”, la possibilità per chiunque di chiedere documenti, informazioni e dati nei casi di omessa pubblicazione, un meccanismo che è stato visto come un aggravio burocratico da parte delle amministrazioni. Per quanto attiene ai contratti pubblici, l’ANAC ha posto in essere un’attività di vigilanza puntuale, di consulenza, e di indagine su fenomeni di interesse nazionale o regionale. Di particolare rilievo è l’attività di controllo preventivo definita “vigilanza collaborativa”, cui le stazioni appaltanti richiedenti possono volontariamente sottoporsi. Vi hanno aderito ad esempio anche INPS, Roma Capitale ed alcune Regioni. Infine mi sembra importante ricordare le collaborazioni nazionali ed internazionali dell’Autorità per favorire lo scambio di informazioni e la prevenzione e il contrasto della corruzione, così come quelle con le Università per diffondere la cultura della legalità e risvegliare le coscienze dei cittadini.

Personalmente ho sempre considerato la lotta alla corruzione un tema fondante dell’affermazione della legalità, dell’interesse pubblico e del bene generale. Come sapete di corruzione mi sono occupato per quarantatré anni da magistrato, ma ho continuato ad interessarmene molto da Presidente del Senato.

Nel primo e unico giorno da senatore ho presentato un disegno di legge contro corruzione, economia illecita, riciclaggio. Il Parlamento, con lentezza, ha recepito alcune delle soluzioni che io avevo proposto, ma vorrei ricordare quale fosse la logica dietro il disegno di legge che ho proposto. Credo infatti sia necessario guardare al fenomeno corruttivo nello stesso contesto della criminalità economica, che da un lato favorisce la creazione di fondi neri per la corruzione e dall’altro utilizza i metodi della criminalità comune o organizzata per occultare o riciclare i relativi profitti. Inoltre gli stessi fenomeni corruttivi hanno costituito un complemento di un sistema criminale come quello di “mafia capitale”, fatto di violenza, tangenti, appalti truccati, sperpero del denaro pubblico, accordi e connivenze con la politica e l’amministrazione pubblica. Infine, sul piano penale io credo che sia determinante perseguire attraverso gli interventi legislativi non tanto il semplice innalzamento dei livelli sanzionatori ma un rafforzamento degli strumenti giuridici per fare emergere i fenomeni corruttivi.

Rinnovo quindi il mio apprezzamento a tutti coloro che lavorano per l’Autorità e con l’Autorità, spronandoli a continuare con indipendenza e serietà l’alto dovere di garanti e custodi di trasparenza e legalità che è loro rimesso dalla legge. Grazie.

 

Sperimentazione clinica di medicinali: importanti i comitati etici

Onorevoli colleghi, autorità, gentili ospiti,

 sono molto lieto di poter ospitare in Senato questo importante convegno su un tema così centrale e critico per la società contemporanea, con implicazioni  sia scientifiche sia etiche. Voglio anzitutto ringraziare la presidente della Commissione igiene e sanità Emilia Grazia De Biasi e il presidente della Commissione politiche dell’Unione europea Vannino Chiti, che hanno organizzato questa giornata di studio e confronto. Ringrazio gli illustri relatori, che animeranno il dibattito con i loro interventi e le loro diverse sensibilità in una pluralità di discipline. La tematica della sperimentazione clinica dei medicinali, infatti, necessita un approccio multidisciplinare, che comprenda anche valutazioni etiche, sociologiche, giuridiche, psicologiche, economiche.

La nostra Carta costituzionale sancisce che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto dell’individuo e interesse della collettività. La sperimentazione clinica ha assunto un ruolo sempre più centrale nel perseguimento di questo compito essenziale delle Stato, in un’epoca in cui il progresso tecnologico e scientifico è sempre più veloce e impetuoso e ci pone, di conseguenza, di fronte a nuovi e complessi interrogativi, non solo e non tanto “tecnici”, ma che sempre più coinvolgono la sfera etica. Sono temi che, anche in ragione della loro centralità e rilevanza, spesso sono controversi e le soluzioni non sono né univoche, né immediate.

La sperimentazione clinica è fondamentale per il progresso medico, tuttavia non può certo essere priva di regolamentazione. Fin dal 1947, anno della redazione del cosiddetto Codice di Norimberga, scritto dopo le aberranti atrocità – tutt’altro che “scientifiche” – commesse dai nazisti nei campi di sterminio, gli Stati hanno cominciato a dotarsi di una legislazione che tuteli la persona umana. Da allora sono moltissimi gli atti legislativi, di indirizzo, le Dichiarazioni internazionali, adottate per assicurare tale scopo, sia a livello di singoli Stati sia a livello internazionale. Oggi più che in passato, in un mondo ormai globalizzato, nel quale i saperi e le conoscenze viaggiano velocemente e nel quale il ruolo delle grandi multinazionali è sempre più rilevante nel settore farmaceutico, vi è la necessità imprescindibile di una regolazione della materia condivisa a livello internazionale.

Al centro della sperimentazione vi è – e deve essere sempre posto, non bisogna mai dimenticarlo – il primario interesse della piena tutela della persona umana. Il Regolamento (UE) 536/2014 lo ribadisce chiaramente sia nelle premesse, sia all’articolo 3: in una sperimentazione clinica devono essere tutelati i diritti, la sicurezza, la dignità, il benessere dei soggetti. I relatori di questo convegno si confronteranno principalmente su un punto specifico, ma essenziale: il futuro ruolo dei Comitati etici a seguito del Regolamento UE. In particolare questo prevede, all’articolo 4, che la sperimentazione clinica sia “soggetta ad una revisione scientifica ed etica” e che la revisione etica sia “realizzata da un comitato etico conformemente al diritto dello Stato membro interessato”.

Come gli ospiti presenti sanno bene, la legislazione italiana vigente contempla una pluralità di Comitati etici territoriali. Il Regolamento UE sembra porre delle questioni interpretative relativamente alla permanenza di più Comitati etici oppure alla creazione di un unico Comitato nazionale, essendo stabilito che ciascuno Stato membro esprima un’unica decisione. Anche soluzioni intermedie, che pure sono state autorevolmente prospettate, sembrano ipotizzabili. Altro punto problematico è se la revisione scientifica ed etica possano, o debbano, essere attribuite a due organismi diversi, oppure restino, come avviene al momento nel nostro ordinamento, di competenza dei Comitati etici che prevedono una composizione multidisciplinare dei propri membri.

Si tratta di problematiche sulle quali il mio ruolo istituzionale non mi consente di esprimere una posizione. Tuttavia è chiaro che si tratta di una tematica di cruciale importanza, ed è evidente che dalle scelte che verranno fatte deriveranno conseguenze dirette sul bene primario costituito dalla salute, la cui tutela è un obiettivo di civiltà il cui perseguimento non deve essere mai trascurato, né subordinato ad altri interessi.

Pertanto, qualsiasi decisione dovrà essere attentamente ponderata in ogni sua implicazione, avendo come unico riferimento il rispetto e la tutela piena e completa della persona umana. Sono convinto che dall’odierna occasione di confronto e scambio deriveranno spunti e indicazioni importanti anche per il Legislatore. Credo sia particolarmente significativo che un simile convegno abbia luogo proprio in Senato. Scienziati e ricercatori da un lato e politici e Istituzioni dall’altro sono chiamati a fare scelte e definire le linee di un progresso che coinvolge anche il futuro delle prossime generazioni. È opportuno che un compito così gravoso e importante venga affrontato insieme. Grazie.

(in foto: un momento del convegno)

Una strategia contro il terrore. Dialogo e cooperazione per un Mediterraneo di pace

Autorità, gentili ospiti, cari colleghi, cari amici,

a nome mio e della Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini, desidero augurare il più cordiale benvenuto al Senato della Repubblica a tutti, in particolare alle delegazioni parlamentari che si trovano a Roma per le prime due riunioni del Bureau dell’Assemblea parlamentare dell’Unione per il Mediterraneo, in questo termine di presidenza italiana.

Ringrazio gli autorevoli relatori che vorranno offrire alla nostra comune riflessione la propria specifica esperienza e competenza su un tema che tocca profondamente ciascuno di noi, e il giornalista Massimo Franco che ha accettato di moderare l’incontro. Con questa iniziativa e le altre che seguiranno, la presidenza italiana intende offrire al dialogo politico interparlamentare contributi tecnici, scientifici e culturali qualificati, come strumento di comprensione dei fenomeni complessi che dobbiamo affrontare insieme, e come antidoto alla superficialità, al dogmatismo e all’unilateralismo.

Per prima cosa vorrei dedicare un pensiero alle vittime e a coloro che soffrono a causa del terrorismo, di atrocità e di privazioni dei diritti, nell’euro-mediterraneo e ovunque nel mondo. Noi rigettiamo le ideologie abominevoli che perseguono fini egoistici, attaccando persone inermi e trasformandole da individui a numeri, cose, strumenti. Noi crediamo invece che la persona umana con la sua dignità e i suoi diritti debba essere sempre un fine in sé, mai un mezzo, e ci opponiamo con ferma determinazione a ogni forma di violenza, discriminazione e odio. Invito pertanto a osservare un minuto di silenzio.

Il principale carattere della nostra epoca, che ha come sottoprodotto il terrorismo e i fondamentalismi è la frammentazione: si disgregano istituzioni e meccanismi politici interni agli Stati, lasciando spazio a poteri informali, criminali, terroristici; si indeboliscono le alleanze politiche internazionali e sovranazionali, che appaiono incapaci di prevenire e correggere gli squilibri geopolitici; si accentuano le divisioni nazionali, dentro e fuori la regione euro-mediterranea. Ma sono pericoli ancora più gravi il catastrofismo, la drammatizzazione, la retorica apocalittica che inducono i Paesi e le persone a isolarsi e chiudersi, illudendosi di potersi mettere al sicuro, di poter fare da sole. Al seminario è sottesa la convinzione opposta: l’idea che contro il terrorismo serve una strategia condivisa, costruita con lento e paziente dialogo, governativo e parlamentare. Il turbamento delle coscienze e i sentimenti di umana pietà che tutti proviamo di fronte alla sofferenza umana non bastano. Non bastano le dichiarazioni di intenti, che pure noi dobbiamo moltiplicare. Si impongono azioni concrete per favorire la progressiva soluzione delle crisi e dei conflitti che l’assenza di politica e cooperazione nel Mediterraneo ha aggravato. La ricerca di sostenibili equilibri geopolitici e il controllo del terrorismo vanno di pari passo.

La prima priorità strategica dell’Euro-Mediterraneo è costruire nei territori più inquieti un futuro politico favorendo l’emersione di istituzioni pluraliste, che rappresentino gli interessi di tutte le componenti sociali, etniche e religiose. La seconda priorità è porre in campo tutti gli strumenti militari, investigativi, di intelligence e finanziari utili a contrastare la minaccia terroristica, tanto sul piano simmetrico-territoriale quanto su quello asimmetrico degli attacchi contro le popolazioni civili. La terza priorità è di carattere preventivo e sotto questo profilo l’Unione per il Mediterraneo ha la potenzialità, ancora largamente inespressa, di contribuire a un’indifferibile politica di cooperazione euro-mediterranea. La presidenza italiana dell’Assemblea parlamentare intende, in questa direzione, avviare una serrata e serena dialettica con le commissioni e il versante governativo per individuare azioni puntuali per affrontare la cause più profonde del radicalismo ideologico e del terrorismo. Penso a progetti culturali ed educativi nelle scuole e università per favorire la conoscenza dell’Islam, del cristianesimo, dell’ebraismo e disinnescare la pericolosa retorica di un inesistente scontro di civiltà. Penso a progetti per incrementare il pluralismo politico, l’associazionismo, il ruolo dei partiti politici, dei sindacati e dei luoghi in cui la libera manifestazione del pensiero diventa impegno sociale. Penso a progetti per sostenere la vita quotidiana dei cittadini, le piccole e le piccolissime imprese, i servizi sociali nelle zone disagiate e permeabili al fondamentalismo e all’illegalità. Penso a progetti per l’inclusione sociale, politica ed economica delle periferie (mi riferisco a quelle europee in particolare) per assicurare la tutela delle minoranze etniche, religiose e culturali e la riduzione delle aree di marginalizzazione.

Sono certo che il seminario potrà aiutarci a comprendere le ragioni più profonde e strutturali degli squilibri geopolitici, sociali, economici e culturali che sono alla base dei terrorismi, per indirizzare il dialogo e la concreta cooperazione fra i parlamenti euro-mediterranei nella direzione degli interessi dei nostri cittadini e del futuro delle nostre civiltà. Ringrazio ancora tutti e vi auguro buon lavoro.