Autorità, cari colleghi e amici, Signore e Signori,
ho accolto con molto piacere la proposta del Senatore Questore Antonio De Poli di ospitare nella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani questo importante convegno sul tema di “Industria 4.0”. Trovo sia determinante che si tengano in Senato approfondimenti come questo, che non attengono alle contingenze della politica, che spesso suonano vuote ai cittadini e alle imprese, ma alla programmazione a medio-lungo termine del futuro del Paese, del suo tessuto sociale e produttivo e della sua posizione internazionale.
Il tema che affrontiamo questo pomeriggio ha davvero a che fare con il futuro. Noi siamo nel pieno di una quarta rivoluzione industriale, che prosegue quella avviata negli anni Settanta del secolo passato. Industria 4.0 è caratterizzata dall’uso del Web come catalizzatore di tecnologie innovative nella progettazione, produzione e distribuzione di prodotti ed è la frontiera più avanzata della rivoluzione robotica, l’automazione dei processi di produzione iniziata mezzo secolo fa con la graduale sostituzione del lavoro manuale nella manifattura con macchine molto sofisticate ma comunque sempre comandate e sorvegliate da esseri umani. Con Industria 4.0, l’automazione compie due rivoluzionari salti di qualità: sottrae ai lavoratori molte decisioni e funzioni di controllo per affidarle a robot di nuova generazione; e connette in tempo reale grazie al Web le diverse fasi del processo produttivo (ideazione, progettazione, manifattura, distribuzione, vendita), che così si possono svolgere in luoghi anche fisicamente molto distanti fra loro. Le tecnologie digitali, capaci di connettere dispositivi e oggetti tramite internet, consentono paradigmi produttivi finora impensabili. In ipotesi, il modello cui si potrebbe arrivare è quello della fabbrica senza operai, almeno in tutti quei settori nei quali il lavoro manuale non offra un plusvalore commerciale riconosciuto.
L’Italia non può sottrarsi a questa sfida della modernità condotta da Stati Uniti e Germania. Una sfida che impone una seria riflessione sulle conseguenze attese. Da una parte le imprese possono aspettarsi maggiore precisione e velocità produttive, minore dipendenza dalle variabili umane (ad esempio l’errore), più aderenza alle richieste dei mercati e, in definitiva, margini unitari più elevati. Dall’altra si devono immaginare impatti potenzialmente seri per il sistema imprenditoriale italiano nel suo complesso. L’industria, quella meccanica in particolare, ha assunto nel tempo la forma di una piramide: alla sommità si trovano i grandi gruppi che producono e vendono al consumatore; sotto, a diversi gradi di specializzazione, si collocano i fornitori, i migliori dei quali a loro volta sono in cima a piramidi di subfornitori. Lo schema di Industria 4.0 attribuisce alla grande impresa il ruolo di capocommessa che controllerà i fornitori prescelti al punto che questi diventeranno reparti staccati ed eventualmente de-localizzabili della grande fabbrica globale.
L’Italia è ai primi posti della meccanica nel mondo e ha una struttura industriale molto importante nella quale prevalgono piccole e medie imprese competitive in speciali nicchie della subfornitura globale. Queste imprese dovranno assimilare i nuovi modelli organizzativi, investendo grandi cifre in software e formazione e si dovranno attrezzare a relazionarsi con la clientela: la multinazionale committente nel caso della subfornitura, o la distribuzione, nel caso in cui siano più vicini al cliente finale. Per la formazione, sarà necessario un rapporto più intenso con le università ai fini del trasferimento tecnologico, e per gli investimenti servirà una vera disponibilità di credito e idonee misure di sostegno. A questo fine, il Governo ha predisposto una serie robusta di incentivi per facilitare un nuovo ciclo di investimenti da parte delle imprese e per rivitalizzare attraverso la digitalizzazione il settore manifatturiero. Sarà cruciale il ruolo delle poche grandi imprese italiane, fra cui quelle della cd. “Silicon Valley” siciliana, a testimonianza che anche al Sud del Paese si può fare impresa di successo se ci sono bravi imprenditori e manager. Anche le imprese medie e medio-grandi avranno un ruolo centrale nel trainare il preziosissimo mondo dei distretti industriali, dove si è nel tempo accumulato quel saper fare diffuso che è al cuore dell’innovazione che esprime l’Italia industriale.
Un altro aspetto cruciale è quello infrastrutturale. L’Italia ha un’infrastruttura di comunicazione insufficiente per le necessità di Industria 4.0: siamo quart’ultimi in Europa per lo sviluppo digitale, molto al di sotto della media europea; solo il 15% delle imprese italiane è raggiunto dalla banda ultra-larga, contro il 32% della media europea; solo l’11% delle aziende vende online i propri prodotti, contro una media UE del 20%. Non possiamo permetterci questo svantaggio competitivo: è dunque urgente mettere in opera i network della prossima generazione. Inoltre, è necessaria una rivoluzione culturale nella pubblica amministrazione che dovrà per forza imparare ad accompagnare la svolta digitale della nostra industria, come grande cliente e come centro di autorizzazione, trasformazione e investimenti. Le lentezze e le farraginosità burocratiche sono incompatibili con il futuro.
Mi avvio a concludere, affrontando il tema più importante: il lavoro. Occorrerà da un lato favorire la transizione verso un’occupazione qualificata e più adeguata alle nuove esigenze, dall’altro fronteggiare le conseguenze sul numero degli occupati e sulle retribuzioni. Nella prima direzione si dovrà rafforzare il ruolo formativo della scuola e dell’università, valorizzare le esperienze di alternanza scuola-lavoro e focalizzare la preparazione dei nostri studenti universitari verso le competenze che saranno indispensabili in Industria 4.0. Sarà anche necessario intraprendere una opera di formazione della forza lavoro attiva per elevare le competenze intermedie o basse e colmare le carenze informatiche presenti in larga parte dei lavoratori. I grandi rischi di carattere sociale e politico sono la riduzione dei posti di lavoro e delle ore lavorate e l’aumento delle diseguaglianze, sia in termini di retribuzioni sia per le prospettive di carriera, fra coloro che avranno le competenze richieste e chi non le avrà. In questo senso occorrerà indirizzare i lavoratori verso i settori della progettazione, dell’organizzazione, della logistica e della formazione. Servirà più in generale un grande lavoro per ripensare l’organizzazione sociale del Paese con la consapevolezza che l’Italia non può restare fuori da sviluppi che interesseranno l’intera umanità. Tutte le rivoluzioni umane, prima ancora di quella industriale, hanno comportato la radicale riconsiderazione della società ed è una responsabilità della politica programmare già da ora quello che avverrà nei prossimi decenni.
Industria 4.0 è una sfida ambiziosa, un processo che porta verso il futuro ma pone con forza il dovere delle istituzioni e della politica di tutelare i lavoratori più deboli. Ci attende l’impegno formidabile di pensare e costruire il futuro attraverso uno stretto dialogo con le parti sociali, nuove sinergie fra scuola, imprese, università e centri di ricerca, e soprattutto l’entusiasmo e la creatività dei nostri giovani. Mi complimento ancora con il Senatore De Poli per questa iniziativa e vi ringrazio.