Alto Simposio internazionale contro la radicalizzazione e gli estremismi. Come promuovere la pace attraverso il dialogo interreligioso

©Senato della Repubblica

Autorità, Gentili ospiti, Signore e Signori,

ho accolto con molto piacere la proposta del Presidente Franco Frattini di ospitare in Senato, nella bella Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, la cerimonia inaugurale di questo Simposio internazionale dedicato al contrasto alla radicalizzazione e agli estremismi attraverso il dialogo interreligioso. Auguro il benvenuto a Roma ai Capi di Stato e tutte le alte autorità civili e religiose qui presenti e ringrazio la Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale, e l’Associazione Nizami Gajavi per l’iniziativa, così importante e tempestiva, e per avere portato avanti in questi anni un fruttuoso dialogo globale fra personalità che hanno posto al centro del proprio impegno il rifiuto della violenza e dell’intolleranza, l’incontro delle culture e delle religioni, e il primato dei diritti e della dignità umana.

Dell’anno appena trascorso e delle prime settimane di questo conserviamo ricordi drammatici e dolorosi. A Parigi, a Bamako, a Beirut, a Garissa, a Ouagadougou, a Giakarta, in molti altri luoghi del mondo, cittadini inermi sono stati cinicamente trasformati in obiettivi politici in nome di una ferocia mascherata da religione o ideologia. Il dolore per le vite spezzate delle vittime e delle loro famiglie, il disorientamento e l’inquietudine dei nostri cittadini, l’ansia degli Stati di garantire la sicurezza delle proprie città hanno innescato un pericoloso circolo vizioso. Da una parte si rischia di incentrare le risposte al terrorismo esclusivamente nello strumento militare. Da un’altra parte, l’insistenza ossessiva dei mezzi di comunicazione e l’irresponsabilità di alcune forze politiche incoraggiano meccanismi di sospetto e di rancore verso la  diversità, gli stranieri, i profughi e chi professa fedi religiose diverse dalla propria. Al contrario, la responsabilità della politica in questo difficile momento è pensare strategicamente accompagnando ai necessari interventi di sicurezza, di polizia e di intelligence una riflessione profonda e di lungo periodo su quanto avviene.

Da un punto di vista geopolitico, i fenomeni negativi che ci troviamo ad affrontare, il terrorismo, l’instabilità e i flussi di profughi che interessano il Mediterraneo e il Medio Oriente, derivano da vuoti politici ed istituzionali che hanno dato spazio a poteri illegittimi, criminali e terroristici. La genesi delle crisi è molto complessa e affonda le radici in profondi conflitti geopolitici, etnici, confessionali ed economici nella regione, ma non vi è estranea una responsabilità dell’Occidente e dell’Europa che non hanno colto l’opportunità di influire positivamente sul corso degli eventi attraverso strategie credibili e politiche comuni. In questa fase il nostro impegno deve essere rivolto a ricercare l’unità della comunità internazionale per prevenire i rischi drammatici per tutti e per ciascuno. La ricomposizione politica delle diverse linee di frattura, per prime fra le potenze regionali in competizione, non sarà facile o rapida ma è ineludibile perché si possa concertare il futuro dei territori in crisi, in particolare Iraq e Siria. Gli interventi militari in corso contro il terrorismo potranno avere successo solo se saranno accompagnati da una strategia politica idonea a favorire aggregazioni istituzionali rispettose dei diritti di ognuna delle componenti etniche e religiose. Questa è la direzione verso la quale si muove l’Italia.

Giungendo al tema specifico che verrà affrontato dal Simposio, io credo che un dialogo profondo e sincero fra fedi e confessioni sarà determinante per svuotare la retorica dei terroristi e smascherare il loro richiamo abusivo alla religione come elemento di motivazione dei combattenti e come strumento di propaganda. Una serena riflessione fra le religioni è l’antidoto per opporsi alla logica consunta dello scontro di civiltà e alle infondate narrazioni che individuano nel diverso un nemico da combattere, un pericolo per la propria identità. Un altro aspetto che credo potrete approfondire nei vostri dibattiti è la dimensione sociale e individuale del terrorismo, particolarmente di quelle forme che presuppongono il martirio, la distruzione della propria vita. L’avvicinamento a posizioni ideologiche e religiose fondamentaliste dipende spesso non soltanto da scelte o inclinazioni personali, ma da una crisi nel rapporto fra individuo, comunità e Stato, sulla quale dovremmo soffermarci con più attenzione. Questo vale nella stessa misura per i giovanissimi combattenti che si uniscono ai terroristi in Occidente e in Medio Oriente. La strada per riavvicinare alla società i giovani che sono tentati dall’adesione al radicalismo è la cultura della legalità, dei diritti e il rigetto incondizionato della violenza.

Vi ringrazio dunque ancora per il vostro impegno e vi auguro un fruttuoso dibattito che sarò lieto di conoscere attraverso gli atti del Simposio che il Presidente Frattini vorrà certamente rendere disponibili al termine dei lavori. Grazie.