Stati Uniti e culture politiche italiane nel 900. Max Ascoli: un caso paradigmatico

Illustri relatori, gentili ospiti,

è per me un grande piacere ospitare in Senato questo importante convegno voluto dal presidente Sergio Zavoli – che voglio ringraziare di cuore per il suo costante e infaticabile impegno come presidente della Commissione per la Biblioteca e l’Archivio storico – e organizzato dall’Archivio storico del Senato, nell’ambito del progetto Archivio on-line, volto a favorire la più larga accessibilità a carte e documenti d’archivio attraverso la digitalizzazione e disponibilità in rete. So che proprio in queste ore saranno messi on-line i documenti relativi a Max Ascoli.

Un convegno durante il quale – nelle due giornate di lavori, con la partecipazione di importanti storici e filosofi italiani – verrà studiata la figura di uno dei più influenti intellettuali italiani del secolo scorso il cui contributo merita di essere approfondito in tutte le possibili sfaccettature.

Nacque a Ferrara il 25 giugno 1898 da una famiglia ebraica, un tratto identitario rilevante che ebbe notevole importanza nel corso della sua esistenza. Ebbe modo di incontrare le più alte intelligenze italiane del suo tempo: dopo la laurea in giurisprudenza con una tesi sulla concezione del diritto nel pensiero di Benedetto Croce, Ascoli si trasferì a Roma per continuare gli studi filosofici sotto la guida di Giovanni Gentile.

Nella sua formazione culturale importante fu il ruolo svolto da Alessandro Levi, relatore della sua tesi di laurea, il quale lo introdusse nell’ambiente del socialismo riformista italiano: qui conobbe alcuni dei suoi più cari amici e “maestri”, Carlo e Nello Rosselli, Carlo Levi, Gaetano Salvemini. Insieme ad essi frequentò i circoli gobettiani e divenne amico dello stesso Piero Gobetti, con il quale non fu mai in completa sintonia, pur fornendo alcuni contributi che furono pubblicati nella “Rivoluzione Liberale”.

La sua carriera accademica in Italia fu fortemente ostacolata a causa di un provvedimento di ammonizione, comminatogli per le sue posizioni antifasciste. L’ammonizione fu successivamente revocata, ma la carriera accademica era ormai compromessa e così decise, nel 1931, di recarsi negli Stati Uniti, con una borsa di studio della Rockefeller Foundation, il cui referente italiano era Luigi Einaudi.

L’esperienza americana sarà assolutamente fortunata e ricca di soddisfazioni. Durante i due anni come borsista, con l’ambizioso obiettivo di sviluppare un progetto di ricerca sulla democrazia americana, visitò varie università (Yale, Columbia, Chicago, North Carolina e Harvard) e entrò stabilmente in contatto con un folto numero di intellettuali ed esponenti del mondo politico statunitense. Soggiornò inoltre per cinque mesi ad Harvard, incontrando vari docenti e stringendo stretti legami in particolare con Felix Frankfurter, giudice della Corte Suprema, consigliere di Roosevelt e docente in quell’Università. Frankfurter contribuì all’inserimento di Ascoli nella New School for Social Research di New York. Ascoli si trovò così proiettato al centro di un network di relazioni scientifiche di eccezionale livello, spostando decisamente l’asse dei suoi interessi verso le discipline politiche ed economiche. Strinse solidi legami con influenti esponenti dell’amministrazione Roosevelt, collaborò con le più importanti testate giornalistiche e svolse un’intensa attività di conferenziere.

Nel 1939 Ascoli fu tra i fondatori, assieme ad altri esuli italiani della Mazzini Society, significativo tentativo messo in atto in terra americana di dare un indirizzo unitario alle attività antifasciste. Proprio in quegli anni elaborò alcuni dei suoi scritti più importanti sui totalitarismi che rappresentano, ancor oggi, un importantissimo contributo su questa materia. Entrò in contatto con il mondo dei liberali americani, dei quali sarebbe divenuto egli stesso, successivamente, uno degli esponenti di riferimento attraverso la rivista da lui fondata e diretta: “The Reporter“.

Ad essa, infatti, collaborarono politici e intellettuali come Henry Kissinger e John F. Kennedy. La rivista si proponeva di costituire un luogo di riflessione sui più importanti temi di attualità politica, interna ed estera, americana e internazionale, arrivando, nel ventennio in cui fu pubblicata, alla eccezionale tiratura di 200.000 copie. Al termine del secondo conflitto mondiale, Ascoli riprese subito i contatti con l’Italia, con il mondo politico italiano e con le istituzioni del nostro Paese. Seguì da “cronista” e da studioso il processo di ricostruzione economica e politica dell’Italia, intensificando i rapporti con i più importanti leader politici e con le neonate istituzioni repubblicane. Ascoli si spese inoltre in innumerevoli attività benefiche a favore degli orfani di guerra e delle persone in difficoltà, sostenendo iniziative culturali e programmi d’intervento per il recupero del patrimonio artistico distrutto dal conflitto.

Con questo mio breve intervento ho voluto ripercorrere soltanto alcune delle principali tappe del percorso umano, culturale e politico di una grande personalità italiana del ‘900. Un uomo al quale dobbiamo molto, che ha saputo coniugare l’impegno politico con quello intellettuale contribuendo in misura significativa al rafforzamento del prestigio dell’Italia nel mondo.

Il suo pensiero è stato ed è ancora assolutamente centrale nel dibattito sull’evoluzione del rapporto tra Stati Uniti e Italia; sono convinto che i relatori che interverranno sapranno restituire appieno l’autorevolezza e il protagonismo di questo grande pensatore che ha costruito, nel corso della sua vita, uno straordinario dialogo tra il mondo politico e culturale statunitense e quello italiano, il cui rapporto non è stato sempre lineare ma che ha anzi spesso subito le contingenze della storia.

Vi ringrazio quindi per aver accettato l’invito del Senato e ringrazio l’Archivio storico, per il grande impegno profuso nell’organizzazione di questo evento ed auguro a tutti voi buon lavoro.