Autorità,
Signore e Signori,
è per me un grande piacere e un onore ospitare nella prestigiosa Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani la giornata inaugurale del I Simposio internazionale sulla Diplomazia culturale e ringrazio sentitamente Francesco Rutelli, la società Dante Alighieri e l’Institute for cultural diplomacy per aver promosso questa iniziativa.
Un tema non facile quello da voi scelto per questo Simposio, che per troppo tempo è rimasto confinato nelle aule accademiche e tra gli addetti ai lavori e che invece voi avete scelto di portare all’attenzione del mondo politico ed istituzionale e più in generale di tutti coloro che, nei diversi ambiti e settori di attività, alimentano e quotidianamente vivono la cultura. È l’incontro tra due diversi dimensioni, quella formale della diplomazia, che vive di regole e procedure codificate, e quella – per definizione libera – della cultura, la cui naturale vocazione al dialogo e al confronto internazionale tende a svolgersi al di fuori di qualsiasi schema predefinito.
La diplomazia culturale rappresenta un tentativo di fare incontrare queste due dimensioni, creando una rete strutturale di rapporti tra le Nazioni che possa tutelare il patrimonio culturale ed artistico di ciascun Paese e promuoverne la circolazione internazionale. È una prospettiva di intervento destinata a rivelarsi tanto più strategica se consideriamo che in un sistema globalizzato, nel rapporto tra la cultura occidentale e le identità di ciascun paese, il dialogo assume un ruolo primario per lo sviluppo di un comune senso di appartenenza all’Europa e al mondo.
L’importanza della cultura è stata sempre riconosciuta sul piano diplomatico, tanto da essere utilizzata dai vari Paesi come strumento di politica estera, con finalità diverse a seconda delle priorità interne e delle epoche storiche. La diplomazia culturale nasce, infatti, come attività governativa finalizzata a proiettare un’immagine favorevole della Nazione agli occhi dei propri cittadini e dei cittadini degli altri Paesi, allo scopo anche di promuoverne la vita culturale attraverso l’internazionalizzazione. La diplomazia culturale quindi come dialogo, come ricomposizione dei rapporti con altri contesti culturali.
L’Italia è un Paese straordinariamente ricco di storia e di cultura; la stessa nozione di “patrimonio culturale” è considerata il fulcro della nostra identità. E noi, cittadini italiani, siamo talmente abituati a respirare storia in qualunque parte del nostro Paese, dal piccolo borgo alla grande città, che a volte non ce ne rendiamo conto.
Per questo, ritengo che la reale presa di coscienza della nostra identità culturale rappresenti una sfida prioritaria per tutti noi, che di questo immenso patrimonio dobbiamo imparare ad essere i primi, ma non i soli, fruitori. Dobbiamo imparare a considerare la cultura come una vera e propria risorsa economica, un bene che, se correttamente gestito, può produrre ricchezza, offrire posti di lavoro, dare opportunità di crescita a tante aree del mondo. E, attraverso il confronto culturale, sarà certamente più facile superare quelle differenze che nella rete di relazioni sociali, politiche ed economiche, sono talvolta causa di incomprensioni. La diplomazia culturale va intesa quindi anche come strumento di aggregazione tra i popoli.
Perché la cultura rappresenti un fattore sano di crescita per l’economia mondiale, è però necessario attivarsi per contrastare in maniera forte e determinata il traffico illecito dell’arte. E l’Italia, immenso museo a cielo aperto, è esposta ad una costante aggressione ai beni culturali da parte della criminalità organizzata. Il traffico illecito di opere d’arte, insieme a quello della droga e della armi, è oggi uno dei più lucrativi al mondo. Furti su commissione, esportazioni illecite, falsificazioni ed altre forme delinquenziali caratterizzano l’interesse della criminalità, che si avvale dell’arte per la riconversione di proventi da altre attività delittuose e per il successivo reinvestimento in attività legali. La difesa delle testimonianze culturali richiede un impegno globale.
Organizzando le nostre forze in perfetta intesa, potremmo sconfiggere questa minaccia. La partecipazione di tutti i paesi costituisce un punto di partenza fondamentale per una sinergica attività operativa internazionale.
Noi italiani, che abbiamo alle spalle una cultura e una civiltà plurimillenaria, abbiamo il dovere di contribuire alla piena attuazione di queste prospettive di cooperazione. Sono prospettive che ci consentiranno non solo di valorizzare al massimo il nostro patrimonio, ma anche di farci sempre più parte attiva nella promozione di solide condizioni di pace e di sicurezza per tutti i popoli.