Editoriale del 24 maggio 2020 su La Sicilia
Falcone e Borsellino per me sono stati colleghi, amici, maestri. Maestri di pensiero e di vita, dei fuoriclasse sotto il profilo della competenza e della professionalità, che mi hanno dato tanti insegnamenti, come la loro proverbiale tenacia, la capacità di reagire ad ogni difficoltà e sconfitta con coraggio e orgoglio, senza essere fermati dallo sconforto e dalla paura. Ci sono voluti, infatti, centinaia di chili di esplosivo per riuscirci.
I moventi delle stragi di Capaci e via D’Amelio sono complessi e rispondono a una triplice logica: la vendetta, la prevenzione e l’eversione. La vendetta per le attività investigative, per l’azione di rinnovamento legislativo, per il rientro in carcere dei boss condannati nel maxiprocesso; la prevenzione per evitare che i magistrati, come futuro procuratore nazionale antimafia o procuratori di Palermo, potessero proseguire le indagini che avevano portato alla luce il connubio tra imprenditoria, politica e mafia, l’eversione – di tipo conservativo – per evitare che dopo Tangentopoli si potessero innescare mutamenti radicali della politica italiana.
Con la loro vita, prima che con la loro morte, ci hanno dimostrato che quando si crede davvero in qualcosa, niente davvero è impossibile; che anche le cose che si ritengono più difficili, apparentemente senza speranza, si possono realizzare. Chi avrebbe mai pensato all’inizio di questa avventura che un fenomeno centenario come la mafia sarebbe stato destrutturato, ridimensionato; che il maxiprocesso sarebbe arrivato a conclusione con gli ergastoli di numerosi capimafia; che sarebbero stati distrutti miti di invincibilità, impunità, omertà. Con la loro uccisione, le stragi e le bombe la mafia ha fatto un pessimo affare. La reazione dello Stato in tutte le sue componenti istituzionali c’è stata, perché non poteva non esserci dopo l’onda di rabbia e indignazione che attraversò tutto il Paese, e che ci ha lasciato in dote una legislazione contro la criminalità organizzata che tutto il mondo ci invidia, ma molto resta ancora da fare e da scoprire.
Dobbiamo tanto a questi uomini, che vanno portati come esempio, come modello. Uomini che mi piace ricordare anche in quei momenti di vita quotidiana vissuti insieme, nei quali esorcizzavamo la paura e il pericolo con una battuta, con uno scherzo. Alcuni ricordi sono dolorosi, altri mi fanno sorridere, altri sono frustranti, ma tutti mi danno la forza e la determinazione di continuare a seguire quei valori e ideali che hanno guidato la mia vita ed a cercare verità e giustizia fino a quando la mafia avrà una fine… e l’avrà.
Dopo 28 anni le vittime di quella stagione sono celebrate, in Italia e nel mondo, come esempi di rettitudine, di dedizione, di amore per la legalità e la giustizia, per il loro spirito di servizio e senso del dovere.
In queste lunghe settimane di lockdown le finestre e i balconi sono diventate le nuove piazze. Quasi ogni giorno alle 18, in tutta Italia, ci siamo affacciati per applaudire medici infermieri, per ringraziare commessi, cassiere e rider, per far sentire il nostro sostegno a chi ha continuato a lavorare per non far fermare le filiere che hanno concesso a tutti i cittadini di continuare a trovare prodotti nei supermercati e medicinali in farmacia, coloro che hanno consentito, affrontando il pericolo di contagio e col sacrificio della loro vita, la nostra sopravvivenza.
Anche se in ‘Fase due’, nell’impossibilità di manifestare in piazza come ogni anno, ieri ci siamo affacciati alla stessa ora ma con un motivo in più: per ricordare le vittime delle stragi di Capaci e via D’Amelio con il gesto simbolico di appendere un lenzuolo bianco. Lo stesso gesto che nell’estate del 1992 prima a Palermo poi in tutta la Sicilia e nel resto del Paese è diventato un’onda spontanea di indignazione e partecipazione. A distanza di anni abbiamo riscoperto una forma di presenza che nulla ha di virtuale e molto di concreto, che nulla ha di mediatico ma ci riporta alle radici di un impegno che non cerca contropartite, se non la libertà dall’oppressione mafiosa.
È stata una giornata diversa, per me e per tutti, ma è stata comunque una bella giornata.