Sulla Fiducia al Governo Conte

Intervento in Senato del 6 giugno 2018

Onorevole Presidente, Colleghi,

le intenzioni di questo nuovo Governo, e la sua sostanza politica, erano già ampiamente note prima del suo intervento, presidente Conte, anche perché non ha fornito all’Aula alcuna novità, né sui tempi né sulle risorse con le quali intende trasformare in atti concreti quella che rimane una dichiarazione di intenti.

Nel programma che Ella ha illustrato, quello che vi ostinate a chiamare “contratto di Governo”, Movimento 5 Stelle e Lega hanno disegnato un’idea di Paese che ci vedrà – qui in Parlamento e fuori – convintamente all’opposizione. Avete iniziato male. Malissimo. Le dichiarazioni di questi giorni del ministro Fontana sulle famiglie arcobaleno e del ministro Salvini sul fenomeno dell’immigrazione descrivono meglio di qualunque “contratto” la vostra idea sui diritti civili. Ci aspettano anni – ammesso che questo Governo superi la prima legge di Bilancio – in cui dovremo contrastare con ogni forza il tentativo di fare passi indietro sui diritti civili. Sembra di capire che dobbiamo ringraziare la fortuna che i diritti civili siano fuori dal contratto se non faremo immediati e precipitosi passi verso il medioevo, e che dobbiamo temere, come con le compagnie telefoniche, gli aggiornamenti contrattuali a venire.

Non accetteremo la scorciatoia per cui i diritti sociali sarebbero in contrasto con i diritti civili. Non accetteremo il silenzio del ministro dell’Interno sull’esecuzione di un sindacalista di 29 anni in Calabria solo perché immigrato (regolare, ministro, per di più). Solo oggi, dopo più di due giorni, col suo passaggio nel discorso ha messo fine ad un vergognoso silenzio. Non accetteremo l’idea che in quest’Aula ciascuno di noi possa risparmiare decine di migliaia di euro con la Flat Tax – perché la tassa piatta è un favore solo ai ricchi – con la conseguenza di dover tagliare i fondi per la sanità e l’istruzione pubblica; vigileremo perché non sia perpetrata l’ennesima ingiustizia nei confronti delle classi meno abbienti di un aumento della tassazione indiretta per fare cassa, che pure fino a qualche giorno fa autorevoli esponenti del vostro governo ipotizzavano.

Non accetteremo l’idea per cui sia più sicuro un paese dove aumenti il numero delle armi in circolazione, dove la difesa sia affidata ai singoli cittadini e non allo Stato. Non accetteremo il vincolo di mandato, perché ciascun parlamentare è e deve rimanere una persona libera di esprimere i propri valori e gli ideali che è chiamato a rappresentare, non uno schiacciabottoni agli ordini di un capo o di una srl.

Noi propugniamo e difenderemo un’altra idea di Italia: un Paese dove i diritti siano davvero per tutti e i doveri siano rispettati da ogni cittadina e cittadino, senza distinzioni. Un Paese dove il sistema tributario rispetti il principio di progressività e la redistribuzione del reddito consenta a tutti di godere effettivamente dei diritti sanciti dalla Costituzione, dal diritto allo studio al diritto alla salute. Un Paese dove sia garantito il diritto al lavoro: un lavoro con una giusta paga e le tutele dovute. Un Paese in cui la parità di genere sia garantita ad ogni livello, mentre nella composizione del vostro Governo non è stata tenuta in nessunissima considerazione. Un Paese in cui la lotta alla criminalità sia affrontata in modo sistemico, serio, liberando finalmente risorse vere, a cominciare dal Mezzogiorno. Un Paese dove chi nasce in Italia e qui frequenta un ciclo scolastico possa diventare cittadino a tutti gli effetti, con i diritti e i doveri previsti dalla Costituzione: una legge che con rammarico è stata lasciata cadere al termine della scorsa Legislatura. Un Paese dove esistano ancora il rispetto di ogni diversità, la fiducia reciproca, la solidarietà verso chi è più debole, l’attenzione ad ogni fragilità. Un Paese in cui lo Stato non siete solo voi – come imprudentemente affermato da uno dei suoi due dante causa, presidente Conte – perché lo Stato siamo tutti, tutti i cittadini, il territorio che abitiamo, le leggi che ci guidano e le Istituzioni ad ogni livello.

Avete con furbizia alimentato la rabbia sociale, fatto leva sulle paure e peggiorato il clima della convivenza civile nel nostro Paese. Avete lucrato consensi indicando una serie di nemici: prima il Sud fannullone, poi la Casta, i migranti, i complotti internazionali, la stampa. Avete detto tutto e il contrario di tutto su ogni tema, avete minacciato querele per chi diceva che vi sareste alleati, avete allungato i tempi della formazione del Governo come se questo non avesse ripercussioni sull’immagine del Paese, la sua credibilità, i risparmi dei cittadini, l’accesso al credito per le imprese. Queste sono le premesse con cui vi presentate in quest’Aula.

Già in questi pochi giorni siete dovuti tornare indietro su moltissime delle trionfanti promesse della campagna elettorale. Sappiamo già che – di fronte a un contratto che è un libro dei sogni – inizierete a dare la colpa a chi vi ha preceduto, ai vincoli internazionali, ai vostri alleati di governo, a noi dell’opposizione, al destino, al meteo, alle cavallette. Noi siamo certi che molte delle vostre promesse rimarranno tali: di alcune lo speriamo e faremo in modo che non si realizzeranno mai. Non so immaginare qualcosa di più ignobile che fare discriminazioni tra i bambini nell’accesso all’asilo nido, ad esempio, cosa che non avete mancato di scrivere.

In questo momento godete del consenso dell’opinione pubblica, del favore dei media, delle aspettative che avete saputo creare nel Paese. L’elettorato però ha dimostrato che in pochi mesi si può passare da larghi consensi, anche ben più larghi dei vostri attuali, a brucianti sconfitte. Avete ora la responsabilità di guidare il Paese: vi auguriamo e ci auguriamo che sappiate farlo. Permetteteci però qualche dubbio, e non solo per la squadra messa in campo, ma per le affermazioni così contrastanti tra di voi che vi abbiamo sentito proferire nelle aule parlamentari della scorsa legislatura, in campagna elettorale, nei quasi tre mesi di faticosa costruzione del governo. Un tema su tutti, l’Unione europea: non si capisce bene, ancora, quale sia il vostro orizzonte – e sì che di opinioni ne avete cambiate e raddrizzate tante in tre mesi!- e l’Italia non ha certo bisogno di incertezze, eventualmente di determinazione nel dare continuità al proprio ruolo di paese fondatore.

L’idea che noi abbiamo di Europa è quella di un’unione solidale, non della somma di sovranismi “padroni a casa loro”. E non si tratta solo di un’idea astratta, ma delle politiche economiche e sociali che da quel principio discendono. Non basta ripetere la parola “cambiamento” in ogni frase, anche perché è una parola bifronte: si può cambiare in meglio ma anche in peggio. E’ quello che temiamo. Il neo ministro dell’Interno, che ha il primato indiscusso di aver creato un incidente diplomatico con la Tunisia prima ancora di entrare al Viminale, non più tardi di tre giorni fa, ha dichiarato, ad ulteriore dimostrazione della propria sensibilità solidale, che per i migranti “la pacchia era finita”: l’unica pacchia ad essere finita è la vostra, ora dovrete sostituire le facili dirette Facebook e il conto dei “like” con atti di Governo.