Intervista al Piccolo di Trieste a cura di Giovanni Vale
Nell’occasione dell’investitura ufficiale della neoeletta Kolinda Grabar Kitarovic’, che ha giurato ieri a mezzogiorno a Zagabria, il Presidente del Senato Pietro Grasso si è recato in Croazia a capo della delegazione che rappresentava l’Italia.
Dopo l’Italia, anche la Croazia cambia oggi capo di Stato. L’ottima relazione Josipović-Napolitano è dunque rinnovata completamente. Quali novità s’immagina nel tandem Kitarović-Mattarella?
Ogni Presidente da al proprio mandato un’impronta personale, ed è troppo presto per capire quale sarà quella dei nostri due nuovi presidenti Mattarella e Kitarović. Quello che è certo è che i rapporti tra i due Paesi non potranno che continuare al meglio. Nel nostro colloquio di oggi con la Presidente Kitarovic abbiamo concordato che abbiamo interessi e responsabilità comuni e che intensificheremo il lavoro comune.
La destra torna alla presidenza della repubblica croata dopo 15 anni. Pensa che ciò guasterà i rapporti tra Zagabria e Belgrado?
Intanto mi lasci ricordare che la Presidente Kitarovic, nella sua recente intervista al Piccolo, ha espresso l’intenzione di migliorare le relazioni con la Serbia e favorirne l’integrazione europea. Noi non dobbiamo dimenticare che il profondo senso politico della prospettiva europea per l’intera regione dei Balcani Occidentali è proprio quella di superare le ferite della storia, le incomprensioni e le rivendicazioni. Croazia e Serbia sono due paesi importanti per la stabilità e il benessere dell’Europa, e io credo che sia interesse di tutti che la Serbia, in esito alle consuete procedure, si unisca presto alla famiglia europea.
La Croazia è in recessione dal 2009. Quale può essere il ruolo dell’Italia (primo partner commerciale del paese) sulla strada della ripresa?
Le cifre di questo vitale rapporto economico fra Italia e Croazia sono eloquenti: 3,2 miliardi di euro di interscambio nel 2013 e 1,4 miliardi di investimenti italiani negli ultimi venti anni. Sono convinto che possiamo fare ancora di più, e questa è la precisa intenzione dei due Paesi. Gli imprenditori italiani che ho incontrato ieri in Ambasciata mi hanno rappresentato la necessità che migliorino alcune condizioni ambientali, con l’alleggerimento della burocrazia, la lotta alla corruzione e all’evasione fiscale, la riforma del mercato del lavoro. Problemi che riguardano anche il nostro Paese. Credo che la cooperazione fra Roma e Zagabria sarà foriera di positivi sviluppi per entrambi i Paesi, e confido che si facciano valere le ragioni del dialogo e della comprensione reciproca nel tavolo di lavoro che è stato avviato a proposito delle norme recentemente approvate dal Parlamento sul tasso di cambio fra la valuta croata e il franco svizzero, che penalizzano irragionevolmente le imprese bancarie italiane.
Il governo croato firmerà entro il 2 aprile i contratti definitivi per l’esplorazione petrolifera in Adriatico e l’Italia potrebbe ritrovarsi a condividere i rischi ambientali dell’impresa. Che fare?
Noi seguiamo con attenzione le attività avviate dalla Croazia nell’Alto Adriatico. Sfruttare nuove risorse energetiche può essere una preziosa occasione di sviluppo economico ma la salvaguardia dell’ambiente da parte degli Stati Membri dell’Unione Europea deve essere una priorità assoluta. La gestione comune del mare Adriatico è già nei fatti ed è imprescindibile per tutelare per le prossime generazioni il fragile ecosistema di quel mare semi-chiuso che unisce e arricchisce Croazia e Italia. Durante il Semestre di Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione Europea è stata adottata con successo un’importante Strategia europea di cooperazione per la Regione Adriatico-Ionica, che prevede nell’energia e nell’ambiente due pilastri strategici. Proprio in quell’ambito si potranno sviluppare strategie e forti sinergie.
Gli attentati di Parigi hanno mostrato un forte rischio insicurezza in Europa e le armi usate dagli assalitori venivano proprio dai Balcani. La Croazia, frontiera dell’UE, è sufficientemente attenta ai traffici illegali che attraversano il suo territorio?
Nella mia precedente funzione di Capo della Procura Nazionale Antimafia ho spesso discusso con le autorità croate della cooperazione fra i nostri Paesi contro la criminalità organizzata e il terrorismo. Gli attacchi delle ultime settimane devono farci riflettere su come integrare al meglio le indagini delle magistrature e delle forze di polizia europee e porre le basi per la rapida ed efficiente circolazione di prove e informazioni. A questi attacchi si risponde con fermezza, senza permettere che la paura faccia fare passi indietro al processo di integrazione europea. Ritengo poi estremamente importante la cooperazione fra Italia, Croazia e Unione Europea sull’immigrazione, a livello politico e operativo. Non bisogna dimenticare che flussi migratori importanti attraversano i Balcani, interessando anche la Croazia.
Nel novembre scorso, la presidente della regione Friuli Venezia Giulia, Debora Serracchiani, ha auspicato la riapertura di un tavolo sulle rivendicazioni degli esuli istriani, fiumani e dalmati. Possiamo sperare in qualche novità riguardo l’annosa questione dei beni abbandonati e degli indennizzi?
Lo spero fortemente, e so che la presidente Serracchiani ne ha fatto un punto importante del suo operato. Dobbiamo trovare insieme la capacità di superare quelle pagine dolorose, le sofferenze e il sacrificio degli italiani che persero la vita o che vissero la terribile esperienza dell’esodo così come quelle inflitte alla minoranza slovena e croata negli anni del fascismo e della guerra: questa è storia che nessuno deve dimenticare. Per fortuna, però, oggi ne stiamo vivendo un’altra che ha permesso di risanare le ferite e spegnere gli odi nazionali nel quadrante orientale. Abbiamo salutato con gioia l’ingresso nell’Unione europea della Slovenia nel 2004 e della Croazia nel 2013, e credo che l’idea del tavolo possa essere il suggello di questo percorso.