Caro Patriarca, gentili ospiti,
è un vero onore ospitare in Senato la presentazione di questo libro del Patriarca di Gerusalemme. In quella Terra Santa, che oggi è attraversata da così tanti problemi, ci siamo incontrati il 26 giugno di quest’anno.
In quel luogo straordinario ed in un momento particolarissimo, segnato da eventi e tragedie che avrebbero portato di lì a poco al drammatico conflitto che ha segnato una volta di più la Striscia di Gaza, ho voluto rinnovare con la mia visita quel rapporto fra l’Italia e il Patriarcato Latino di Gerusalemme che è sempre vitale e che si nutre non solo di un costante dialogo a livello istituzionale, ma anche dell’apostolato in Terra Santa di centinaia di religiosi italiani.
Un incontro che voleva essere una testimonianza ulteriore dell’importanza che l’Italia riserva al dialogo con il Patriarcato Latino di Gerusalemme e che assume una valenza del tutto eccezionale in ragione della sua presenza nella Terra in cui affondano le radici di tutte le religioni abramitiche.
Quella terra dove oggi il Patriarca svolge al massimo livello l’attività pastorale è anche la Sua terra, la terra dei suoi avi. Fouad Twal nasce a Madaba, vicino a quel monte Nebo che segnò e per sempre la vita di Mosè. E oggi guida la Chiesa di Gerusalemme, come ricorda nel suo libro: “Città Santa per gli Ebrei poiché è la terra dei loro antenati; per i cristiani, perché è la terra dove Gesù è cresciuto, dove le comunità cristiane hanno avuto la loro origine. Per i musulmani questa è la terra dove vivono da più di mille anni, una terra benedetta da Dio, da dove credono che il loro Profeta sia partito in Cielo”.
Il libro che oggi presentiamo ripercorre questa esperienza straordinaria. Di un uomo che nasce in una grande famiglia beduina cristiana in Cisgiordania, un’esperienza così particolare che è anche stata l’oggetto della Sua tesi di laurea, in quella terra è ordinato sacerdote e fa le sue prime esperienze nella città di Ramallah. Roma la conosce bene, è qui che fa i suoi studi universitari e si forma nella Segreteria di Stato ove intraprende la sua attività di diplomatico. Ed è proprio l’amore per questa terra, dopo aver percorso il mondo da diplomatico della Santa Sede, lo riporta lì, nella terra degli avi, nella Terra Santa, per svolgere al più alto livello la sua missione pastorale.
Dice Twal parlando di questa sua esperienza “è triste dire che siamo Chiesa del Calvario“. Tutto il Medioriente è Calvario a causa della situazione politica, anche della divisione tra cristiani e dell’emigrazione dei cristiani stessi, un fenomeno questo sempre più preoccupante e intenso. Ma Twal ci ricorda anche che i cristiani non devono dimenticare che dopo il Calvario vi è il sepolcro vuoto, e cioè “la resurrezione e la speranza“. Ecco il messaggio profondo che questo libro ci rinnova.
“È giunto il tempo di in cui dobbiamo trovare un equilibrio nuovo, in attesa di un avvenire basato sul bene comune di entrambi i popoli che vivono in quella terra”. Bisogna “creare i presupposti perché i bambini arabo-palestinesi possano giocare in tutta libertà con i loro coetanei israeliani”.
Non è un caso come il Patriarca evidenzi in tante pagine di questo libro prezioso l’attività del patriarcato a favore dell’educazione. Le 45 scuole sparse in tutto il territorio, che riescono a costruire amicizie tra ragazzi di religioni diverse; anche in contesti difficilissimi come la Striscia di Gaza. Parlando in particolare delle scuole di Gaza, Twal ricorda l’essenziale ruolo “dell’educazione nelle scuole dove si apprende anche l’apertura verso gli altri. I bambini che a scuola imparano a giocare insieme – ricorda Twal – sono più inclini al dialogo“.
Lo stesso spirito anima l’iniziativa della creazione di una nuova università in Giordania che, come ci ricorda il Patriarca “intende essere un foro vivente di dialogo e di apertura con l’obiettivo di fornire alla società del medioriente professionisti capaci e aperti alla tolleranza e all’impegno a favore del bene comune”. Cultura, dialogo e tolleranza, questo è l’impegno dei cristiani in Terra Santa: “è solo riconoscendo e rispettando la diversità delle culture che si può progettare un futuro affrancato dalla violenza”.
Questo messaggio così prezioso Sua Beatitudine lo rivolge anche alla nostra Europa che sempre più si trova ad affrontare il delicato problema di integrare flussi di immigrati che conservano gelosamente la loro identità. Nel libro che oggi presentiamo acutamente Twal ci ricorda che: “non si può parlare di Europa unita o di Europa delle diversità senza porsi le questioni delle identità culturali e delle minoranze all’interno di ciascuna paese”. Questo problema per molti dei nostri Paesi e per una gran parte dell’opinione pubblica è ancora percepito come una novità. E qui soccorre la millenaria esperienza dei cristiani di Terra Santa raccolta in una frase molto felice che voglio ricordare di questo libro “l’ideale sarà raggiunto quando i tesori di una cultura saranno di profitto per l’altro”. In questa prospettiva va letta e affrontata la globalizzazione che va intesa sopratutto, ci ricorda Sua Beatitudine, “come la l’occasione per il rispetto della diversità delle culture“.
La ringrazio dunque di essere qui tra noi e sono sicuro che il dibattito che si aprirà, su un libro così ricco e stimolante, possa fornire elementi preziosi al dibattito pubblico anche del nostro Paese. Troppe volte ci concentriamo su questioni di corto respiro sui tanti problemi pratici dell’oggi, perdendo quell’orizzonte e quella prospettiva necessarie per rendere veramente vitale l’azione della politica.