Incontro con gli Enti Caritativi “Insieme per l’aiuto alimentare”

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Il Presidente del Senato ha ricevuto oggi a Palazzo Madama gli Enti Caritativi attualmente accreditati presso AGEA e uniti nell’iniziativa “Insieme per l’Aiuto alimentare”. All’incontro erano presenti Marco Lucchini, Direttore Generale Fondazione Banco Alimentare, Luigi Tamburro, Presidente Fondazione Banco Opere della Carità, Bruno Izzi, Responsabile Reperimento Aiuti Alimentare della Comunità S. Egidio, Maria Rosaria Meloni, Croce Rossa Italiana, Massimo Perrotta, Presidente Banco Alimentare di Roma, Cristina Valesani, Vice Presidente Esecutivo Associazione Sempre Insieme per la Pace, Diego Cipriani, Responsabile dell’Ufficio Promozione Umana – Caritas Italiana, Monica Galdo, S. Vincenzo.

I rappresentanti degli Enti Caritativi hanno sottolineato al Presidente
la massima urgenza nel prendere atto che dal 1 gennaio 2014 non saranno più disponibili derrate alimentari da distribuire in qualità di aiuti in favore degli indigenti (in povertà assoluta o relativa) del nostro Paese, e che questo potrà provocare un’emergenza sociale che coinvolgerebbe gli oltre 4 milioni di poveri seguiti dalle 15.000 strutture caritative attive in Italia. Il timore rappresentato al presidente del Senato è che il venir meno di questa rete di sostegno potrebbe avere ricadute sociali imprevedibili e creare problemi di ordine pubblico.

E’ stato sottolineato inoltre che venendo meno il supporto alimentare crollerebbe la rete del volontariato italiano che offre anche servizi suppletivi come il sostegno economico (in casi di massima emergenza), legale, amministrativo, sanitario e soprattutto di ascolto, punti di forza di questo settore che riesce ad avvicinare persone e famiglie in estremo disagio.

Gli Enti Caritativi hanno garantito la loro massima disponibilità di collaborazione alle istituzioni e a tutti enti locali (con i quali già cooperano offrendo una risposta immediata e concreta per sostenere famiglie e persone in estrema difficoltà) e hanno chiesto al Presidente che si faccia portavoce della necessità che venga attivato quanto prima il Fondo Nazionale di aiuti alimentari agli indigenti (previsto dalla legge 134/2012) allo scopo di garantire continuità nella distribuzione di pacchi alimentari e di pasti e precisando che il programma di aiuti alimentari in favore degli indigenti del nostro Paese produrrebbe effetti moltiplicativi sui beneficiari finali in quanto le derrate alimentari peserebbero per il solo costo di produzione, senza intermediazioni o costi commerciali.

Il Presidente del Senato, dopo aver ascoltato con attenzione tutti i rappresentanti degli Enti ed essersi informato sullo stato attuale della situazione, ha assicurato il suo impegno a seguire con attenzione e partecipazione l’attivazione del Fondo Nazionale di aiuti alimentari agli indigenti.

“Dobbiamo affrontare questa situazione prima che diventi un’emergenza sociale e politica. Purtroppo la crisi economica che ancora morde il nostro Paese rende il vostro lavoro ancora più necessario e gravoso. Farò quanto possibile per dare piena e positiva attuazione alle istanze dei 4 milioni di indigenti che voi rappresentate. Dobbiamo dare presto una risposta che sia un segno di speranza e di sollievo verso chi ha bisogno”, ha concluso il presidente Grasso.

Sparatoria Municipio. Cordoglio per la morte di Laura Prati

“E’ con il più profondo dolore che ho appreso oggi della morte di Laura Prati, sindaco di Cardano al Campo, rimasta vittima lo scorso 2 luglio di un attentato a colpi di pistola mentre si trovava nel suo ufficio in Municipio. Una morte assurda, inaccettabile e ingiusta, un gesto vile di pura follia, una vendetta insensata da parte di un ex vigile contro questa donna coraggiosa, che ha servito la sua città con trasparenza e onestà e che ha pagato un prezzo troppo alto per aver svolto il proprio dovere ed aver fatto rispettare le regole”.

“In questa circostanza – continua il Presidente Grasso – desidero esprimere i sentimenti del mio più profondo cordoglio e della mia più sincera vicinanza ai familiari di questa donna straordinaria che ha dedicato la sua vita al servizio della sua comunità”.

Incontro con una delegazione di “Ossigeno per l’Informazione”

Il presidente del Senato ha ricevuto oggi a Palazzo Madama una delegazione di Ossigeno per l’Informazione, l’Osservatorio promosso da FNSI e Ordine dei Giornalisti. Alberto Spampinato e Giuseppe Mennella, direttore e segretario di Ossigeno per l’Informazione, hanno consegnato al presidente Grasso il dossier “Taci o Sparo! L’anti-informazione sulla mafia. Il mondo dei giornalisti minacciati ed isolati e le proposte della Commissione Antimafia”, messo gratuitamente a disposizione sul sito www.ossigeno.info.

All’incontro erano presenti, oltre al presidente della FNSI Giovanni Rossi e al presidente dell’Ordine dei Giornalisti Enzo Iacopino, anche due tra gli oltre duecento giornalisti che nei primi sei mesi del 2013 hanno ricevuto minacce o intimidazioni: Luigi Centore, giornalista di Ardea (Roma) e Alberto Nerazzini di Report.

Durante l’incontro sono stati affrontati i temi dell’importanza dell’informazione, dell’utilizzo a scopo intimidatorio delle querele temerarie e dell’importanza della corretta applicazione delle norme sulla rettifica, della salvaguardia dei cronisti a rischio, soprattutto quelli con meno garanzie e che scrivono per piccole testate locali o su internet, della necessità della trasparenza sull’assetto proprietario delle testate.

“Intimidire un giornalista è un vulnus per la libertà d’informazione e per il diritto dei cittadini di essere informati” ha concluso il presidente Grasso.

Cerimonia del “Ventaglio” 2013

l Presidente del Senato, Pietro Grasso, incontrerà i giornalisti della Stampa Parlamentare mercoledì 24 luglio alle ore 13 a Palazzo Giustiniani per la tradizionale cerimonia del “Ventaglio”.

L’incontro sarà trasmesso in diretta dal canale satellitare e dalla webtv del Senato.

Strage di Gioia Tauro. Ancora molti punti oscuri

“Nel 43mo anniversario della strage di Gioia Tauro, con commossa partecipazione desidero rinnovare il ricordo del sacrificio delle 6 vittime innocenti che vi rimasero coinvolte”. E’ quanto si legge nel messaggio che il Presidente del Senato, Pietro Grasso, ha inviato oggi al Sindaco di Gioia Tauro, Renato Bellofiore.

“Il 22 luglio 1970 – ricorda il Presidente Grasso – deragliò il treno ‘Freccia del Sud’ proveniente da Palermo e diretto a Torino. Solo a distanza di molti anni si capì che fu un assurdo attentato, tragico sviluppo di un folle intreccio di disegni criminosi nell’ambito delle rivolte a Reggio Calabria contro la designazione a capoluogo di regione di Catanzaro”.

“Purtroppo il corso della giustizia è stato rallentato dall’omertà e dal silenzio e ancora oggi molti restano i punti oscuri di questa vicenda. La memoria delle ignare e incolpevoli vittime della strage – conclude il Presidente del Senato – deve però rimanere immutata ed essere di sprone a proseguire con energia e rigore, anche in loro nome, la strada della verità e la lotta per la legalità e la democrazia”.

34° anniversario assassinio di Boris Giuliano

“In occasione del trentaquattresimo anniversario dell’uccisione di Boris Giuliano, desidero rinnovare ai familiari e agli amici la mia partecipe vicinanza. Tra i primi investigatori a comprendere la pericolosità del clan dei corleonesi, seppe vedere, prima di molti altri, le profonde trasformazioni che negli anni ’70 stavano investendo la struttura di cosa nostra”.

Queste le parole del Presidente del Senato, Pietro Grasso, che aggiunge: “Grazie al suo straordinario intuito e all’utilizzo di nuovi metodi investigativi, intercettò il traffico di stupefacenti tra la Sicilia e gli Stati Uniti d’America, sequestrando quantità ingenti di eroina, per un valore di dieci miliardi di lire. Anche per questo fu brutalmente ucciso. Deciso e risoluto nella sua battaglia contro la criminalità organizzata, fino a sacrificare la sua stessa vita, ha saputo rappresentare al meglio l’impegno incessante delle forze dell’ordine sul fronte della legalità e della lotta alla mafia. Sono certo che le istituzioni e la società palermitana continueranno a fare tesoro di questa preziosa eredità e testimonianza di vita. Con animo partecipe”.

L’eredità di Borsellino

Ricordo come fosse ieri quel 19 luglio del 1992, quando appresi dell’uccisione. Erano trascorsi poco meno di due mesi dalla morte di Falcone e l’Italia perdeva nuovamente un valoroso magistrato, un fedele servitore dello Stato.

Paolo Borsellino ha sacrificato la sua vita perchè la nostra fosse migliore; ha vissuto e lavorato per la giustizia, considerandola non solo una professione, ma prima di tutto una missione. Oggi voglio ricordare non solo il magistrato con il quale ho avuto la fortuna di lavorare, ma anche l’uomo che ho avuto il privilegio di conoscere e di apprezzare nelle sue qualità più intime e personali. Ricordo benissimo l’anno in cui conobbi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: era il 1979. Ero stato chiamato a collaborare al maxi-processo e mi sentii onorato ed emozionato, perché sapevo che da loro avrei imparato tanto. Delle numerose giornate passate a studiare gli atti non posso dimenticare l’affetto e il sostegno di Paolo, il suo entusiasmo, la tenacia con la quale affrontava ogni giorno il suo lavoro, pur sapendo che questo gli sarebbe costato la sua stessa vita.
Per me è stato un grande maestro, sempre prodigo di suggerimenti e di chiarimenti, sempre motivato ad andare avanti con la serenità di un cittadino comune. Il profumo della sua terra di Sicilia, il calore della gente che iniziava a venir fuori dal guscio di omertà, rappresentavano per lui linfa vitale. In quegli anni, il lavoro di Falcone e Borsellino ebbe il grande merito di creare una rivoluzione culturale, di smuovere gli animi e le coscienze di tutti coloro che non erano più disposti ad accettare passivamente la presenza della mafia.

I cittadini iniziarono a capire che era necessario andare avanti nella lotta alla mafia, senza fermarsi di fronte alle intimidazioni e alle paure. La magistratura si impegnò a dimostrare all’opinione pubblica che la possibilità di cambiamento, di salvezza, era reale e concreta. Le parole che Paolo Borsellino pronunciò a un mese esatto dalla morte di Falcone, e a pochi giorni dalla sua, sono tuttora un monito per tutti, a partire da noi che sediamo in quest’Aula. Parlando, presso la Biblioteca comunale di Palermo,
delle vittime di mafia e del suo caro amico Giovanni disse: «Sono morti per tutti noi, per gli ingiusti, abbiamo un grande debito verso di loro e dobbiamo pagarlo gioiosamente, continuando la loro opera: facendo il nostro dovere; rispettando le leggi, anche quelle che ci impongono sacrifici; rifiutando di trarre dal sistema mafioso anche i benefici che potremmo trarne (anche gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro); collaborando con la giustizia; testimoniando i valori in cui crediamo, in cui dobbiamo credere, anche dentro le aule di giustizia; troncando immediatamente ogni legame di interesse, anche quelli che ci sembrano più innocui, con qualsiasi persona portatrice di interessi mafiosi, grossi o piccoli; accettando in pieno questa gravosa e bellissima eredità di spirito; dimostrando a noi stessi ed al mondo che Falcone è vivo».
Questa è la grande eredità che Paolo ci ha lasciato. A distanza di 21 anni, in Sicilia, come in Italia, c’è una maggiore consapevolezza sociale e politica del problema. Molti sono i successi ottenuti nella lotta alla criminalità organizzata, molte le sfide ancora da affrontare. Questo é il compito cui tutti noi siamo chiamati, questo l`impegno al quale dovremo tenere fede in nome delle promesse pronunciate dinanzi ai corpi martoriati di Paolo e di Giovanni.

A tutti noi, come membri di questa istituzione rappresentativa, spetta il compito di promuovere le riforme necessarie per dare al Paese concrete alternative all’illegalità e alla sopraffazione. La lotta alla mafia non può essere solo una battaglia di ideali: dobbiamo intervenire sulle condizioni di sviluppo, sulla capacità dei territori di attrarre investimenti e risorse professionali, dobbiamo dare ai magistrati gli strumenti tecnico giuridici e le risorse per combattere la mafia anche attraverso la repressione dei reati correlati, a partire da quelli di corruzione, falso in bilancio, riciclaggio e autoriciclaggio. Dobbiamo sottrarre un’intera generazione di ragazzi che non studiano e non lavorano alle lusinghe
del crimine e del potere.

Alla vigilia di questo anniversario, il Senato ha approvato all’unanimità la legge istitutiva della Commissione Parlamentare Antimafia, riconoscendo l’urgenza di dare subito al Parlamento un’importante strumento di indagine e di intervento. E` un segnale che accende la speranza che il Parlamento possa fare la sua parte nella ricerca della verità e un, seppur piccolo, significativo contributo alla memoria di Paolo.

Nei giorni scorsi la Camera dei Deputati ha approvato all’unanimità la modifica dell’articolo 416-ter sullo scambio elettorale politico mafioso, dando una risposta ai circa 275.000 cittadini che hanno firmato la campagna “Riparte il futuro”, promossa da Libera e sottoscritta da deputati e senatori di tutti i gruppi parlamentari. Per dare un ulteriore segnale positivo e un ulteriore contributo alla memoria delle vittime della mafia, ho provveduto ad assegnare alla Commissione Giustizia del Senato in sede deliberante il testo approvato dalla Camera, in modo da riuscire, con la stessa sensibilità e la stessa celerità dimostrata ieri, ad approvare definitivamente la modifica del 416-ter prima della pausa estiva.

Solo se sapremo dare risposte concrete alle sfide che la lotta alla criminalità e la ricerca della verità ci pongono potremo dire di aver onorato la memoria di Agostino Catalano, Emanuela Loi, Eddie Walter Cosina, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli e di Paolo Borsellino.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

In ricordo di Paolo Borsellino e degli uomini della scorta

Intervento in Aula del Presidente Grasso in occasione del 21° anniversario dell’attentato in via d’Amelio

Cari colleghi,
siamo insieme in quest’Aula a ricordare e onorare, nel suo 21° anniversario, il tragico attentato di via d’Amelio nel quale furono uccisi il giudice Paolo Borsellino e gli uomini di scorta della polizia di stato Agostino Catalano, Emanuela Loi, Eddie Walter Cosina, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli. Il mio pensiero, e sono certo il pensiero di tutti i presenti, va alle famiglie degli uomini e delle donne uccisi da quell’esplosione. Un pensiero particolare voglio rivolgere ai familiari tutti ma soprattutto ai figli di Paolo Borsellino, che poche settimane fa hanno perso la madre Agnese: una donna che per venti anni ha messo ogni sua forza nel cercare e nel difendere la verità sulla vita e sulla morte del marito Paolo.
Ricordo come fosse ieri quel 19 luglio del 1992, quando appresi dell’uccisione. Erano trascorsi poco meno di due mesi dalla morte di Falcone e l’Italia perdeva nuovamente un valoroso magistrato, un fedele servitore dello Stato. Paolo Borsellino ha sacrificato la sua vita perchè la nostra fosse migliore; ha vissuto e lavorato per la giustizia, considerandola non solo una professione, ma prima di tutto una missione. Oggi voglio ricordare non solo il magistrato con il quale ho avuto la fortuna di lavorare, ma anche l’uomo che ho avuto il privilegio di conoscere e di apprezzare nelle sue qualità più intime e personali.

Ricordo benissimo l’anno in cui conobbi Giovanni Falcone e Paolo Borsellino: era il 1979. Ero stato chiamato a collaborare al maxi-processo e mi sentii onorato e emozionato, perchè sapevo che da loro avrei imparato tanto. Delle numerose giornate passate a studiare gli atti non posso dimenticare l’affetto e il sostegno di Paolo, il suo entusiasmo, la tenacia con la quale affrontava ogni giorno il suo lavoro, pur sapendo che questo gli sarebbe costato la sua stessa vita.
Per me è stato un grande maestro, sempre prodigo di suggerimenti e di chiarimenti, sempre motivato ad andare avanti con la serenità di un cittadino comune. Il profumo della sua terra di Sicilia, il calore della gente che iniziava a venir fuori dal guscio di omertà, rappresentavano per lui linfa vitale. In quegli anni, il lavoro di Falcone e Borsellino ebbe il grande merito di creare una rivoluzione culturale, di smuovere gli animi e le coscienze di tutti coloro che non erano più disposti ad accettare passivamente la presenza della mafia.
I cittadini iniziarono a capire che era necessario andare avanti nella lotta alla mafia, senza fermarsi di fronte alle intimidazioni e alle paure. La magistratura si impegnò a dimostrare all’opinione pubblica che la possibilità di cambiamento, di salvezza, era reale e concreta.

Le parole che Paolo Borsellino pronunciò a un mese esatto dalla morte di Falcone, e a pochi giorni dalla sua, sono tuttora un monito per tutti, a partire da noi che sediamo in quest’ Aula. Parlando, presso la Biblioteca comunale di Palermo, delle vittime di mafia e del suo caro amico Giovanni disse:
Sono morti per tutti noi, per gli ingiusti, abbiamo un grande debito verso di loro e dobbiamo pagarlo gioiosamente, continuando la loro opera:
– facendo il nostro dovere;
– rispettando le leggi, anche quelle che ci impongono sacrifici;
– rifiutando di trarre dal sistema mafioso anche i benefici che potremmo trarne (anche gli aiuti, le raccomandazioni, i posti di lavoro);
– collaborando con la giustizia;
– testimoniando i valori in cui crediamo, in cui dobbiamo credere, anche dentro le aule di giustizia;
– troncando immediatamente ogni legame di interesse, anche quelli che ci sembrano più innocui, con qualsiasi persona portatrice di interessi mafiosi, grossi o piccoli;
– accettando in pieno questa gravosa e bellissima eredità di spirito;
– dimostrando a noi stessi ed al mondo che Falcone è vivo.”

Questa è la grande eredità che Paolo ci ha lasciato. A distanza di 21 anni, in Sicilia, come in Italia, c’è una maggiore consapevolezza sociale e politica del problema. Molti sono i successi ottenuti nella lotta alla criminalità organizzata, molte le sfide ancora da affrontare. Questo é il compito cui tutti noi siamo chiamati, questo l’impegno al quale dovremo tenere fede in nome delle promesse pronunciate dinanzi ai corpi martoriati di Paolo e di Giovanni.
A tutti noi, come membri di questa istituzione rappresentativa, spetta il compito di promuovere le riforme necessarie per dare al Paese concrete alternative all’illegalità e alla sopraffazione. La lotta alla mafia non può essere solo una battaglia di ideali: dobbiamo intervenire sulle condizioni di sviluppo, sulla capacità dei territori di attrarre investimenti e risorse professionali, dobbiamo dare ai magistrati gli strumenti tecnico giuridici e le risorse per combattere la mafia anche attraverso la repressione dei reati correlati, a partire da quelli di corruzione, falso in bilancio, riciclaggio e autoriciclaggio. Dobbiamo sottrarre un’intera generazione di ragazzi che non studiano e non lavorano alle lusinghe del crimine e del potere.
Ieri, alla vigilia di questo anniversario, il Senato ha approvato all’unanimità la legge istitutiva della Commissione Parlamentare Antimafia, riconoscendo l’urgenza di dare subito al Parlamento un’importante strumento di indagine e di intervento. E’ un segnale che accende la speranza che il Parlamento possa fare la sua parte nella ricerca della verità e un, seppur piccolo, significativo contributo alla memoria di Paolo.

Nei giorni scorsi la Camera dei Deputati ha approvato all’unanimità la modifica dell’articolo 416-ter sullo scambio elettorale politico mafioso, dando una risposta ai circa 275.000 cittadini che hanno firmato la campagna “Riparte il futuro”, promossa da Libera e sottoscritta da deputati e senatori di tutti i gruppi parlamentari. Per dare un ulteriore segnale positivo e un ulteriore contributo alla memoria delle vittime della mafia, ho provveduto ad assegnare alla Commissione Giustizia del Senato in sede deliberante il testo approvato dalla Camera, in modo da riuscire, con la stessa sensibilità e la stessa celerità dimostrata ieri, ad approvare definitivamente la modifica del 416-ter prima della pausa estiva.

Solo se sapremo dare risposte concrete alle sfide che la lotta alla criminalità e la ricerca della verità ci pongono potremo dire di aver onorato la memoria di Agostino Catalano, Emanuela Loi, Eddie Walter Cosina, Claudio Traina, Vincenzo Li Muli e di Paolo Borsellino.
Propongo perciò un minuto di raccoglimento.

Contratti pubblici. Settore strategico della nostra economia nazionale

Presentazione della Relazione al Parlamento dell’autorità per la Vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture – Rapporto annuale 2012

Autorità, Gentili ospiti,
desidero innanzitutto rivolgere il mio più caloroso benvenuto al Presidente e ai componenti dell’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture. E’ per me un piacere ed un onore potervi ospitare oggi in Senato, per la presentazione della Relazione al Parlamento sull’attività svolta nel 2012, la prima della XVII legislatura.

L’Italia è l’unico Paese dell’Unione Europea ad avere creato un’Autorità di settore che è operativa dal 1999, un’esperienza ultradecennale che ci rende orgogliosi dei traguardi raggiunti, ma anche consapevoli delle sfide ancora da affrontare. L’Autorità ha saputo affermarsi come interlocutore privilegiato degli operatori economici e delle stazioni appaltanti in tutti i processi di evidenza pubblica. Ha visto estendere la sua funzione di vigilanza dal controllo di mera regolarità delle aggiudicazioni alla verifica della qualità delle prestazioni e dell’economicità dei contratti. Ha saputo avviare con il Parlamento una strutturale cooperazione, segnalandoci le anomalie nell’applicazione della legislazione in vigore e formulando proposte di riforma della normativa di settore. Tali risultati, però, rischiano di risultare oggi insufficienti. Le rigidità imposte dalla crisi economica, le tendenze alla globalizzazione dei contratti della pubblica amministrazione, il persistere nell’evidenza pubblica di diffuse sacche di inefficienza ed illegalità ci inducono a ricercare un nuovo approccio e nuovi metodi di lavoro.

I contratti pubblici rappresentano un settore strategico della nostra economia nazionale. Ogni anno le pubbliche amministrazioni investono in beni, lavori e servizi circa il 19% del prodotto interno lordo dell’Unione europea, una spesa che in Italia si attesta sui 140 miliardi di euro. Le risorse destinate a questo settore sono un volano per l’economia nazionale: creano posti di lavoro e offrono opportunità di investimento e crescita imprenditoriale; nel medio-lungo periodo, realizzano le infrastrutture coessenziali ad un sistema produttivo moderno e competitivo.

Eppure, la capacità di spesa della pubblica amministrazione in questo settore è stata e sarà ancora nei prossimi anni soggetta a crescenti limitazioni. Dal 2009 ad oggi, abbiamo registrato una forte flessione nella domanda di lavori pubblici. Ce lo ha imposto l’esigenza di ottemperare agli stringenti vincoli di bilancio interni e di matrice europea derivanti dalla necessità di rendere sostenibile il debito pubblico italiano. Non sarà facile invertire questa tendenza nel prossimo futuro. Saremo quindi chiamati ad utilizzare in maniera ancora più virtuosa le risorse disponibili, al fine di massimizzarne l’utilità sociale e la capacità di produrre reddito. Dovremo essere ancora più selettivi nei programmi di investimento, orientando la riduzione degli stanziamenti sulla base di indicatori di efficienza della spesa capaci di valorizzare solo i programmi più competitivi. Dovremo potenziare il monitoraggio degli appalti pubblici, verificando non solo la corretta applicazione della normativa di settore, ma anche il suo impatto sul mercato e sugli operatori. Dovremo salvaguardare i concorrenti più deboli, ma più strategici sul piano economico, e in particolare le piccole-medie imprese, che hanno bisogno di misure concrete come quelle licenziate lo scorso mese dal Parlamento sullo sblocco dei pagamenti della pubblica amministrazione nei confronti dei propri fornitori.

Per realizzare tali obiettivi, appare prioritaria un’azione di semplificazione della struttura amministrativa del Paese. Le imprese che si affacciano al mercato dei contratti pubblici chiedono procedure lineari e tempi certi di decisione. Il 74% degli imprenditori siciliani e del Sud Italia teme la burocrazia più della mafia; lo ha rivelato un sondaggio promosso lo scorso settembre dalla Confederazione Nazionale dell’Artigianato, che ha coinvolto 200 imprese. Di fronte a queste verità allarmanti, non possiamo rimanere inerti. L’Italia deve imparare ad essere competitiva non solo sul mercato, ma anche nei processi burocratici, intervenendo su quei fattori che rendono inadeguato il sistema di tutela dei contratti, a partire dall’eccessiva durata dei processi. Sono questi, infatti, gli elementi di debolezza del sistema italiano che rischiano non solo di penalizzare la competitività della nostra economia pubblica, ma anche di compromettere le attese di risultato dei nostri stessi cittadini.

La semplificazione non si può però tradurre in una deregolamentazione. Il settore dei contratti pubblici è per definizione il più esposto a fenomeni di frode, corruzione, conflitto di interessi, che alterano in modo patologico la concorrenza, danneggiano le imprese e i cittadini onesti, favoriscono l’accumulazione di capitali, fanno aumentare il costo dei beni e servizi. Abbiamo quindi bisogno di buone regole, idonee a prevenire, oltre che a reprimere, tali fenomeni. E abbiamo bisogno di bravi custodi, capaci di garantirne l’effettiva attuazione.

Non sono certo mancati i tentativi di fornire risposte normative a queste istanze. Mi riferisco, in particolare, alle disposizioni sulla tracciabilità dei flussi finanziari, sull’informativa antimafia e sul Casellario Informatico, che hanno indubbiamente rafforzato la nostra capacità di individuare tempestivamente i fattori di esposizione, ma che, come segnalato dagli operatori di settore, mostrano diffuse carenze sul piano attuativo.

In una prospettiva di medio periodo, è senz’altro auspicabile l’istituzione di sistemi globali di segnalazione del rischio, finalizzati a prevenire, individuare e segnalare le irregolarità in materia di appalti, secondo quanto prospettato nel processo di riforma in atto a livello europeo, che dovrebbe portare entro la fine dell’anno all’adozione di due nuove direttive di settore. Molto, però, può essere fatto già oggi. In particolare, è importante potenziare al massimo la cooperazione tra l’Autorità di vigilanza e la magistratura, al fine di garantire che le irregolarità rilevate nel corso dell’attività ispettiva siano tempestivamente segnalate ai competenti organi giudiziari. La rigorosità ed effettività delle azioni sanzionatorie rappresenta il primo deterrente nei confronti della reiterazione degli illeciti.

Il settore pubblico non può più essere visto come un freno al Paese. Per troppo tempo, la pubblica opinione ha conosciuto il mercato degli appalti con la diffidenza e sospetto alimentati dallo scandalismo. E’ vero. Per storia, cultura politica, visione sociale, il nostro Paese è sempre stato molto vulnerabile all’alterazione dei corretti meccanismi dell’evidenza pubblica. Ora, però, è giunto il tempo della riscossa. Dobbiamo saper cogliere appieno le potenzialità di questo settore. Dobbiamo farci promotori di una nuova alleanza tra pubblico e privato fondata sulla convinzione etica e sociale che è possibile rendere realmente concorrenziale questa fetta di mercato. E che, in un momento di crisi, il miglior utilizzo delle risorse pubbliche rappresenta un percorso obbligato per la ripresa dell’economia nazionale.

Sono sicuro che l’Autorità di vigilanza sui contratti pubblici saprà credere in questi obiettivi e saprà aiutare tutti noi a renderli possibili
. Rinnovo al Presidente e a tutti i componenti dell’Autorità il mio più vivo apprezzamento per il lavoro svolto e per la Relazione che oggi ci avete affidato.
A tutti voi auguro una proficua prosecuzione del dibattito odierno e buon lavoro.

Offese al Ministro Kyenge. Inaccettabili in un paese civile. Calderoli si scusi

“Non ci sono giustificazioni possibili alle offese che il vice presidente del Senato Calderoli ha rivolto al ministro Cecile Kyenge”.

Così il Presidente del Senato Pietro Grasso in merito alle dichiarazioni del vicepresidente di Palazzo Madama, Roberto Calderoli.
“Già troppe volte il Ministro è stato attaccato sul piano personale per la sua provenienza e per il colore della sua pelle, offese inaccettabili in un paese che si vuole moderno, democratico e civile.

Chi rappresenta le istituzioni – aggiunge il Presidente del Senato – ha il dovere di farlo mostrando rispetto e decoro in ogni occasione, anche agli incontri di partito, di dare l’esempio e dimostrare che la politica può e deve indicare la strada verso il futuro, non rivangare i più riprovevoli rigurgiti razzisti che speravamo fossero ormai alle nostre spalle”.
“La quantità di messaggi che mi stanno arrivando in queste ore – conclude il Presidente Grasso – mi danno però la felice certezza che i cittadini del nostro Paese rifiutano questi comportamenti in modo netto e totale. Come Presidente del Senato mi auguro che il vice presidente Calderoli si scusi ufficialmente e pubblicamente con il ministro Kyenge al più presto. A lei va tutta la mia solidarietà e l’invito a proseguire nel suo eccellente lavoro con rinnovato entusiasmo”.