Cordoglio per la scomparsa del senatore Abbado

E’ con profondo dolore che ho appreso la notizia della scomparsa di Claudio Abbado. Oggi perdiamo uno dei maggior protagonisti della vita artistica e culturale degli ultimi decenni. Nella sua vita, dedicata costantemente con straordinaria passione alla musica, ha avuto la responsabilità della direzione stabile e musicale delle più prestigiose istituzioni musicali del mondo, dalla Scala di Milano, alla Berliner Philharmoniker, alla London Symphony Orchestra. Instancabile fondatore di orchestre giovanili, profuse tutto il suo impegno per la divulgazione e la conoscenza della musica anche a favore dei giovani e delle categorie sociali tradizionalmente più emarginate, inaugurando alla Scala di Milano i concerti per studenti e lavoratori.

Il suo soggiorno in Venezuela, dove la musica ha una profonda valenza sociale, lo convinse che la musica potesse essere lo strumento in grado di salvare i giovani da un futuro di povertà e criminalità. Per questo, tornato in Italia, lanciò il progetto del Sistema delle Orchestre e dei Cori Giovanili e Infantili in Italia, che quest’anno si è esibito in Senato in occasione del tradizionale concerto di Natale. La sua nomina a senatore a vita ha rappresentato il dovuto riconoscimento di un lungo e tenace impegno nel mondo della cultura e del sociale. L’Italia perde un grande uomo, ma la sua figura e la sua testimonianza civile continueranno a costituire un motivo di ammirazione e orgoglio per il nostro paese.

Spending Review: incontro con il Commissario Cottarelli

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Il Presidente del Senato, Pietro Grasso, ha ricevuto oggi nel suo ufficio di Palazzo Madama il Commissario straordinario alla revisione della spesa Carlo Cottarelli.

Durante l’incontro il Presidente ha illustrato i risultati raggiunti in termini di riduzione di spese di Palazzo Madama, le iniziative di razionalizzazione dei costi in corso e le linee di indirizzo per gli ulteriori risparmi previsti per il 2014.

 

Prioritarie le riforme istituzionali

Incontro con l’Associazione stampa parlamentare 

Cari giornalisti, cari colleghi,

desidero porgere il mio personale benvenuto a tutti i componenti dell’Associazione Stampa Parlamentare e ad Alessandra Sardoni, le cui domande mi danno modo di toccare i temi più “caldi” delle ultime settimane di vita parlamentare.
Sono davvero felice di partecipare a questo appuntamento invernale di incontro e di saluto con la stampa, una tradizione che ogni anno si rinnova e che testimonia quel rapporto di stimolo, controllo e collaborazione che lega il mondo dell’informazione al mondo delle istituzioni.

Al nostro precedente incontro, in luglio, abbiamo già avuto modo di affrontare il tema della riforma della legge elettorale. D’altronde sono anni che se ne parla. Possiamo però dire che, dopo il preannunciato accoglimento di motivi di censura sulla legge vigente da parte della Corte Costituzionale, la riforma non è più rinviabile.
Sul ruolo della Corte ci sono due considerazioni da fare. La prima è che ancora una volta è toccato ad un organo giurisdizionale, al Giudice delle Leggi, dare un energico impulso al legislatore, dopo anni in cui all’unanimità, anche nell’ultima campagna elettorale, tutte le forze politiche si sono mostrate d’accordo sulla necessità del cambiamento senza però riuscire mai a trovare un’intesa. La seconda è che la pronuncia non ha l’effetto di rendere a cascata illegittimo tutto il nostro ordinamento, che sopravvive per il principio di continuità delle istituzioni. Spetta ora alla politica riprendersi e difendere il suo primato, decidendo nel merito senza ulteriori indugi.

La pronuncia di incostituzionalità, che rende inapplicabile una norma, potrebbe in ipotesi lasciare in vita la legge nelle restanti parti, ma i punti di incostituzionalità preannunciati, incidendo su elementi essenziali, sembrerebbero precludere qualsiasi sopravvivenza, anche parziale, sia del Porcellum sia del Mattarellum, che, tanto per fare un esempio, non prevedendo il voto all’estero e non tenendo conto dell’ultimo censimento, obbligherebbe a ridisegnare le circoscrizioni elettorali.

Bisogna sgombrare il campo dalle biforcute argomentazioni secondo le quali chi vuole la legge elettorale subito vuole andare alle elezioni e che non si può riformare la legge elettorale se prima non si raggiunge l’intesa sulle riforme istituzionali. La mia opinione è sempre stata, e la ritengo ancora più valida dopo l’intervento della Corte, che intanto ci si deve dotare di una legge elettorale, in linea con la Costituzione vigente, salvo poi modificarla in relazione alle riforme costituzionali. Certo, sarebbe auspicabile che un accordo politico comprendesse tutto il pacchetto delle riforme, partendo naturalmente dalla maggioranza di governo per poi coinvolgere il maggior numero di forze parlamentari possibile.

Su questo tema, la settimana scorsa, si sono presentate novità importanti che mi hanno spinto a trovare con la presidente Boldrini l’intesa che ha sancito il passaggio della discussione su questo tema alla Camera dei Deputati, e al contempo l’esigenza che il Senato si occupi, in via prioritaria, delle riforme istituzionali. In nessun modo questo ha comportato una deminutio del Senato, è stata la risposta ad una richiesta della maggioranza numerica di deputati e senatori di riavviare un confronto difficile e serio tra i diversi partiti nell’altro ramo del Parlamento. Credo, d’altro canto, che sia opportuno far partire dal Senato il dibattito sul superamento del bicameralismo perfetto e la revisione delle proprie competenze.

D’altronde, lo scenario politico, rispetto a luglio, è molto cambiato: la riforma costituzionale come era stata immaginata, ovvero a larga maggioranza, non è più possibile. Ogni progetto riformatore sarà probabilmente sottoposto a referendum confermativo. Il nodo delle riforme deve quindi essere affrontato su nuove basi, che garantiscano maggiore speditezza nelle decisioni e coordinamento costante tra i diversi temi, anche perché l’iter di una legge ordinaria, quale quella della riforma elettorale, ha tempi molto diversi rispetto a quella di una riforma costituzionale ai sensi dell’art. 138 della Costituzione.

Ho voluto portare avanti l’idea di una piena collaborazione tra Camera e Senato al fine di razionalizzare gli strumenti che permettano il cambiamento e il miglior funzionamento del sistema. Per consentire di far viaggiare “parallelamente” i due percorsi c’è però bisogno di un raccordo tra le due Commissioni Affari Costituzionali e di una intensa condivisione all’interno dei gruppi rappresentati nei due rami del Parlamento. Solo in questo modo si potranno avere posizioni coincidenti, al punto da poter sperare che, una volta trovato l’accordo in una delle due camere, nell’altra si possa procedere con una sorta di ratifica, e questo dovrà valere sia per la legge elettorale che per le riforme istituzionali. Del resto i due processi sono speculari: occorrerà alla fine che il sistema elettorale sia adeguato all’assetto istituzionale complessivo.

A nessuno sfugge che sia arrivato il momento di superare il nostro sistema di bicameralismo perfetto, andando alla ricerca di un nuovo e più appropriato equilibrio tra i due rami del Parlamento, al fine di aumentare la qualità del nostro sistema democratico e rafforzare la legittimità degli organi costituzionali.

Oltre a una riduzione di almeno un terzo del numero complessivo dei parlamentari, ritengo che si debbano redistribuire le funzioni tra le due Camere in modo da razionalizzare e accelerare al massimo le funzioni legislative.

Credo che si possa valorizzare in via esclusiva il rapporto tra la Camera dei Deputati e il Governo in materia, ad esempio, di fiducia ed inoltre garantire corsie preferenziali alle leggi che costituiscono attuazione del programma di governo, in modo da limitare al minimo indispensabile la decretazione d’urgenza.

Al contempo, si può immaginare un ruolo specifico del Senato nel rapporto con le autonomie territoriali; nell’esercizio della vigilanza economico-finanziaria; nell’utilizzo di strumenti di controllo e ispettivi, tra cui le commissioni d’inchiesta; nei rapporti con l’Unione europea; nell’approfondimento e nel confronto su temi centrali e controversi, soprattutto in materia di diritti, dando accoglienza ai saperi del mondo culturale, scientifico e sociale in funzione delle successive deliberazioni del Parlamento.

E’ vero, dottoressa Sardoni, che le ultime settimane hanno visto un acuirsi delle proteste in tutto il Paese. Sono il segnale di un malessere economico, sociale, di vita che ben conosciamo e che non può essere ignorato. Il Governo ha già mostrato di voler accogliere e ascoltare le istanze di chi sta legittimamente manifestando per la propria sopravvivenza e per il proprio futuro. La richiesta più pressante, naturalmente, riguarda la difesa del diritto al lavoro e all’impresa, e proprio su questo punto si giocherà la partita più importante di questa legislatura.

Altro discorso riguarda chi cerca di cavalcare queste proteste, per tornaconto politico o per strumentalizzazioni di altra natura. E’ un gioco pericoloso, che sfrutta il malessere sociale per le proprie finalità, che non rispetta il disagio reale di una parte importante dei nostri concittadini e che rischia di far esplodere una situazione già critica. Trovo pericoloso l’atteggiamento di chiunque cerchi di portare alle estreme conseguenze queste tensioni, e richiamo a condurre la protesta nei limiti rigorosi della legge, che garantisce il diritto di manifestare nel rispetto degli altri diritti.

La demagogia, il populismo, lo “sfascismo” del “Tutti a casa, tutti illegittimi” – Parlamento, Governo, Corte Costituzionale – sono slogan che per loro stessa natura non entrano nel merito degli argomenti che affrontano. Entrare nel merito è però il compito di chi ricopre cariche istituzionali e di chi, come voi, è chiamato a dare, anzi a fare, informazione.

Sul tema del costo della politica il vero nodo, il più difficile da risolvere, riguarda proprio il ruolo e l’atteggiamento dei partiti. La rabbia, la disillusione, il distacco che quasi la metà della popolazione denuncia nei confronti della politica è il risultato di anni di scandali grandi e piccoli, nazionali e locali, tangenti, corruzione diffusa, appalti pilotati, e – è cronaca di questi ultimi mesi – una facilità nei rimborsi dei Consigli regionali che fanno scalpore non per le cifre ma per l’arroganza. “Così muore uno Stato. Il sottrarre ad altri per sé e per la propria fazione è più contrario alla salute dello Stato che la guerra e la carestia”, tuonava Cicerone contro Verre.

L’esasperazione dello spreco ha portato all’esasperazione della rabbia, gonfiata anche da campagne mediatiche, ammettiamolo, talvolta strumentali. Ormai, se in questo momento annunciassi di aver deciso la demolizione del Senato, il dibattito si focalizzerebbe scandalizzato sul costo delle ruspe. E’ una spirale che non ci deve però distogliere da un dibattito serio.

La politica deve riconoscere di essere all’origine e al centro della crisi, economica e di fiducia, che il Paese sta attraversando, anche per l’oggettiva difficoltà di governare un rigore ormai ineludibile e processi economici ormai globalizzati. Molte però sono le soluzioni possibili per risollevarsi da questa situazione di stallo, dalla revisione della legge elettorale, di cui abbiamo appena accennato, alla modifica di tutte le regole che disciplinano la vita interna dei partiti, la costituzione e il funzionamento dei gruppi parlamentari e il loro finanziamento.

Occorre ridurre drasticamente e da subito il costo, diretto e indiretto, della politica sul bilancio dello Stato, adeguandolo a quello degli altri paesi europei. Se occorre dare maggiore trasparenza ai bilanci, ancor prima occorre una seria legge sulle “lobby”, una regolamentazione ferrea e trasparente per non consegnare le politiche pubbliche agli interessi dei privati. A questo si deve aggiungere anche un intervento volto a dare piena attuazione all’art. 49 della Costituzione, affinché tutti i partiti assicurino, con un nuovo slancio e con metodo democratico la partecipazione dei cittadini alla loro vita interna, recuperando così il ruolo di rappresentanza diretta fra il cittadino e le istituzioni.

Lasciatemi però chiudere con alcuni segnali di speranza: c’è una parte importante del nostro Paese che crede ancora nella politica, che chiede di partecipare, di prendere parte alle decisioni. Quando i partiti si aprono alla società la società risponde, e le primarie che nelle scorse settimane si sono svolte per l’elezione dei leader di diversi partiti ne sono una prova.

Le sfide che ci aspettano il prossimo anno sono tante, e spero in un colpo di reni delle forze politiche, in uno sforzo comune per dare risposte concrete e lungimiranti su lavoro, crescita, istruzione, ricerca, cultura, ambiente, un nuovo slancio in tema di diritti, la prevenzione della violenza in ogni sua forma.

L’Italia è fatta di tante realtà positive e solidali cui va dato spazio e visibilità, perché una nazione rinasce solo se riesce ad abbandonare la sfiducia e far crescere la speranza. Per questo credo che l’immagine dei ragazzi e dei bambini che domenica hanno suonato insieme nell’Aula del Senato, superando situazioni di disagio e disabilità, possa dare davvero, ad ognuno di noi, l’energia e il coraggio di lavorare, di più e meglio, per il futuro del nostro Paese.

Voi giornalisti dovete sentire, insieme a noi, una parte di responsabilità in questo cammino. Un’informazione corretta e ponderata consente ai cittadini di acquisire il ruolo e la forza di opinione pubblica, mettendoli in condizione di concorrere a determinare, orientare e modificare l’indirizzo politico. L’informazione arricchisce la democrazia. Vi ringrazio per il lavoro che fate.

Concludo con i miei più sinceri e sentiti auguri di Buona Natale e Felice Anno Nuovo a tutti voi e auguri di buon compleanno a Papa Francesco.

2013, un anno complesso. Ci attendono nuove sfide politiche e istituzionali

Signor Presidente della Repubblica,

per me è davvero un onore e un piacere formularLe, in occasione delle feste del Santo Natale e di fine anno, gli auguri più sinceri anche a nome della Presidente della Camera, del Presidente del Consiglio dei Ministri, del Presidente della Corte Costituzionale, delle Autorità civili e militari della Repubblica e di tutti i presenti.

Quello che sta per concludersi è stato un anno molto complesso a livello istituzionale e politico. Il corso degli eventi successivi alle elezioni ha portato Lei, signor Presidente, a sentire il dovere di accogliere la richiesta, formulata dai leader di un ampio arco di forze parlamentari, di farsi di nuovo carico della gravosa responsabilità del ruolo di Capo dello Stato. Di questo Le siamo tutti profondamente e sinceramente grati.

Signor Presidente, Lei da tempo giustamente richiama le forze politiche a trovare una soluzione condivisa per la riforma della legge elettorale, che è divenuta ineludibile soprattutto dopo che la Corte Costituzionale ha preannunciato l’accoglimento di motivi di censura. La scorsa settimana con la Presidente della Camera dei Deputati si è raggiunta un’intesa che sancisce il passaggio della materia elettorale alla Camera e l’esigenza che il Senato tratti con priorità le riforme costituzionali, in modo che il lavoro delle due Commissioni si possa svolgere in sintonia per garantire un percorso spedito e proficuo dell’impegno riformatore. Ciò presuppone, naturalmente, una netta e decisiva assunzione di responsabilità da parte delle forze politiche.

Come ha più volte ricordato, Signor Presidente, è urgente rivedere il nostro sistema di bicameralismo perfetto. Il Parlamento è chiamato a trovare, nei prossimi mesi, un nuovo e più appropriato equilibrio istituzionale tra Camera e Senato. Inoltre, appare non più rinviabile una revisione organica e coordinata dei regolamenti delle due Camere, che possa assicurare, anche a Costituzione vigente, significativi recuperi di funzionalità in termini di tempo, efficienza ed efficacia.

I Suoi obiettivi, Signor Presidente, sono anche i nostri: per usare le sue parole occorre dare finalmente risposta a quelle “esigenze fondate e domande pressanti di riforma delle istituzioni e di rinnovamento della politica e dei partiti, che si sono intrecciate con un’acuta crisi finanziaria, con una pesante recessione, con un crescente malessere sociale”. Finora invece, sono sempre parole Sue, “hanno finito per prevalere contrapposizioni, lentezze, esitazioni circa le scelte da compiere, calcoli di convenienza, tatticismi e strumentalismi.” Faremo di tutto – sento di potermi impegnare anche a nome di tutti i presenti – affinché tutto ciò non si ripeta.

Lei è da sempre l’interprete più autorevole di una vocazione europea che è profondamente radicata nella nostra storia perché, come ha ricordato, “l’animo italiano fa tutt’uno con l’animo europeo”. Oggi più che mai la costruzione europea è a un punto di svolta. Deve fronteggiare questioni epocali come la crisi economica e finanziaria, e le migrazioni generate da conflitti, instabilità e povertà. Il futuro dell’Unione Europea è minacciato da nazionalismi, populismi e sentimenti di disaffezione e di sfiducia nei confronti di un progetto a volte percepito come lontano dagli ideali iniziali ed incapace di garantire benessere ai cittadini. Al contrario, noi tutti con Lei, anche in vista delle prossime elezioni europee, crediamo fermamente che serva più Europa, più “unione”, una vera e propria “controffensiva europeista”.

Con questi sentimenti il Paese si prepara alla Presidenza italiana del Consiglio dell’Unione europea, nel secondo semestre del prossimo anno. Sarà una presidenza cruciale perché segnerà l’avvio della nuova legislatura europea e l’adozione di un’agenda per i successivi cinque anni che, ci auguriamo, sarà finalmente incentrata sulla crescita economica e sul pieno sviluppo di un’identità comune.

A nome di tutti i presenti, rivolgo un augurio particolare ed esprimo la nostra gratitudine ai militari italiani impegnati nelle missioni internazionali di pace che apportano uno straordinario contributo di professionalità e di umanità alla stabilità geopolitica e alla realizzazione dei diritti fondamentali nelle aree più tormentate del globo.
Auspico che nei prossimi mesi le forze politiche abbiano finalmente quello scatto d’orgoglio cui Lei ha più volte autorevolmente richiamato, per mettere davvero al centro del nostro impegno il lavoro, la crescita, l’istruzione, la ricerca, la cultura, l’ambiente; un nuovo slancio in tema di diritti e la prevenzione della violenza in ogni sua forma. Occorre restituire all’Italia il ruolo che le spetta nel panorama internazionale quale Paese fondatore dell’Unione Europea, cerniera del Mediterraneo e portatore di valori di democrazia, pace e libertà.

La nostra speranza, e sono certo di esprimere il parere di tutti i presenti, è che il clima di sfiducia, di contrapposizione e talvolta di scontro, che si respira forte nel Paese, possa cedere il passo al confronto e al dialogo. La politica deve riaffermare il suo primato attraverso il perseguimento dei suoi doveri principali: la proposta di soluzioni, la ricerca di punti d’incontro, l’impegno alla costruzione del bene comune, la capacità di decisioni lungimiranti e condivise per dare al Paese strumenti e risorse in grado di far avanzare la nostra democrazia e la nostra società.

Con questi sentimenti di speranza e di gratitudine, Signor Presidente, Le rinnovo, a nome di tutti, gli auguri più sinceri.

La musica riesce a far superare qualsiasi differenza

Signor Presidente della Repubblica, Autorità, Gentili ospiti,

ancora una volta, il Senato della Repubblica apre le porte alla cultura in occasione del tradizionale Concerto di Natale. Un momento prezioso e indimenticabile di incontro e di solidarietà, fatto di musica, canto e, quest’anno, anche di gesti.
Oggi ascoltiamo i giovanissimi talenti che fanno parte del progetto sociale e musicale chiamato “Sistema delle Orchestre e dei Cori Giovanili e Infantili in Italia”, di cui il Maestro e senatore Claudio Abbado, a cui auguriamo di tornare presto in salute, è Presidente onorario. Musicisti provenienti da diverse regioni italiane per la prima volta, proprio in quest’Aula, aperta a tutti i cittadini, si esibiscono con un’unica Orchestra nazionale. Insieme a loro il Coro delle Voci Bianche e il Coro delle Mani bianche, composto, quest’ultimo, da bambini e adolescenti che, pur non potendo ascoltare i suoni, interpretano la musica attraverso il linguaggio gestuale. I due cori, come abbiamo visto, si esprimono insieme, contemporaneamente. La musica riesce a far superare qualsiasi differenza.

Questo progetto delle Orchestre e dei Cori giovanili, nato in Italia nel 2010, si ispira a quello ideato 38 anni fa in Venezuela da Josè Antonio Abreu per aiutare i bambini delle favelas a superare l’emarginazione, fornendo loro strumenti musicali e inserendoli in vere e proprie orchestre. In questi anni, con questo metodo, sono stati coinvolti migliaia di bambini, in tutta Italia e soprattutto nei quartieri più disagiati.

Il ricavato della vendita dei biglietti sarà destinato all’acquisto di strumenti musicali per dare ad altri bambini la possibilità di partecipare a questo importante progetto musicale, formativo e sociale.

Care ragazze e cari ragazzi, siete qui oggi perché noi crediamo in voi, nel vostro talento, nella vostra passione, nel vostro impegno, ed è dovere delle Istituzioni fornire ad ognuno di voi l’opportunità di realizzare le proprie aspirazioni, dare concretezza ai diritti, superare egoismi e indifferenza, coltivare fiducia e speranza.

Con questo spirito, sono certo che ci emozioneremo ad ascoltarvi e guardarvi, diretti da uno straordinario Maestro, Nicola Piovani, ambasciatore della creatività musicale italiana nel mondo, che ha accettato con grande entusiasmo il nostro invito e che ha condiviso le finalità benefiche di questa iniziativa, fino al punto di comporre un brano dal titolo “Allegro del Sistema” proprio per questa occasione.

Oggi nel suo villaggio natale di Qunu si stanno celebrando le esequie di Nelson Mandela. Vogliamo salutare questo grande uomo non con un minuto di silenzio, ma con la potenza evocativa e il linguaggio universale della musica, ascoltando ora, per pochi minuti, le note di un brano di Nicola Piovani, non previsto nel programma, il “Requiem” tratto da “Kaos” dei fratelli Taviani, eseguito dal Maestro nel 2003 a Palermo davanti all’albero Falcone. Un brano simbolo della lotta contro odio, ingiustizia e discriminazione, e che rievoca quel “lungo cammino verso la libertà” fatto di determinazione, non violenza e perdono.

Ragazzi, Mandela ci ha insegnato che “un vincitore è semplicemente un sognatore che non si è mai arreso”, e voi non dovete arrendervi mai, credete nei vostri sogni e nella possibilità di realizzarli.

Ringrazio la RAI, il maestro Piovani, tutti i musicisti e i coristi, e gli ospiti che con il loro benefico contributo hanno reso possibile questa iniziativa. A voi tutti, al Presidente della Repubblica, fedele interprete dell’Unità nazionale, agli ascoltatori che ci stanno seguendo in diretta, ma anche a tutti coloro che non ci stanno seguendo, porgo, a nome del Senato della Repubblica, gli auguri più sinceri di Buon Natale e di un Felice Anno Nuovo.

Piazza Fontana. Vigilare e difendere i valori della nostra Repubblica

“Ricorre oggi il 44mo anniversario della strage di Piazza Fontana. In questo giorno desidero esprimere tutta la mia vicinanza ai familiari delle vittime di quel tragico episodio della nostra storia ed esprimere loro la mia gratitudine poiché continuano a lottare per tenere viva la memoria di quegli anni così difficili per il nostro Paese”. Così il Presidente del Senato, Pietro Grasso, in una dichiarazione.

“Ricordare quanto accaduto e tutti gli altri sanguinosi attentati terroristici – aggiunge il Presidente Grasso – è fondamentale perché ognuno di noi, e soprattutto le nuove generazioni, continui a vigilare e a difendere con coraggio i valori della nostra Repubblica”.

Legge elettorale: comunicato congiunto dei Presidenti delle Camere

Si è svolto oggi a Montecitorio l’incontro tra il Presidente del Senato Pietro Grasso e la Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini, in merito alle intese sulla legge elettorale.

La Presidente Boldrini aveva avviato ieri la procedura di intese per stabilire la priorità nella definizione del testo di riforma elettorale, a seguito della richiesta emersa nella Conferenza dei Capigruppo della Camera del 5 dicembre scorso e della successiva iscrizione all’ordine del giorno della Commissione affari costituzionali della materia elettorale, già in corso di esame presso l’omologa Commissione del Senato. Questa mattina la Presidente della Commissione affari costituzionali del Senato, Anna Finocchiaro, ha informato il Presidente dell’Assemblea di Palazzo Madama dell’orientamento favorevole dei Gruppi PD, Movimento 5 Stelle e Misto-SEL al trasferimento alla Camera della legge elettorale; contrari i Gruppi Forza Italia-PdL, Nuovo Centro Destra, Lega Nord, GAL, Autonomie, Per l’Italia e Scelta civica.

I Presidenti dei due rami del Parlamento hanno preso atto della sussistenza di una maggioranza numerica di senatori e deputati (alla Camera anche il Gruppo Fratelli d’Italia) favorevoli al superamento del principio della priorità temporale, in forza del quale l’itersarebbe dovuto proseguire al Senato. Su tale presupposto i Presidenti Grasso e Boldrini, nel definire l’intesa sul passaggio della materia elettorale alla Camera dei deputati, hanno allo stesso tempo convenuto sull’esigenza, anche ai fini di un’equilibrata condivisione dell’impegno riformatore, che il Senato abbia la priorità nell’esame dei progetti di legge di riforma costituzionale già presentati e preannunciati, in particolare quelli concernenti il superamento del bicameralismo paritario e per l’avvio di un più moderno ed efficiente bicameralismo differenziato.

Tale percorso richiede evidentemente una conseguente e chiara assunzione di responsabilità da parte dei gruppi politici di entrambi i rami del Parlamento.

I Presidenti delle Camere si sono infine impegnati a vigilare affinché le due Commissioni affari costituzionali procedano parallelamente con costante e reciproca attenzione sui rispettivi lavori, al fine di assicurare un più spedito e proficuo svolgimento dell’iter delle riforme che interesserà il prosieguo della legislatura.

VI Conferenza Italia – America Latina e Caraibi

Cara Ministro, Caro Presidente del Consiglio, carissimi ospiti,

è un onore e un piacere essere oggi con voi per questo ricevimento in occasione della VI Conferenza Italia – America Latina e Caraibi. Ho avuto modo di partecipare come relatore alla V Conferenza due anni fa e subito dopo di contribuire a un importante programma di cooperazione in tema di criminalità organizzata in America Centrale coordinato dal Ministero degli Esteri, culminato in un evento di alto profilo presso le Nazioni Unite. Ma il mio interesse per la regione qui così autorevolmente rappresentata viene da molto lontano.Nei 43 anni che ho dedicato alla professione di magistrato ho avuto spesso modo di cooperare fruttuosamente con molti dei vostri Paesi.

L’appuntamento biennale della Conferenza costituisce un’occasione importante di incontro e confronto che rinsalda un’amicizia di lunga data, un rapporto costruito nel corso dei secoli ed oggi più che mai vivo. I dieci anni trascorsi dalla prima Conferenza consentono un bilancio sui risultati raggiunti e sugli obiettivi futuri. Molte sono le sfide che nei prossimi anni insieme dovremo affrontare e io guardo con interesse anche alla VII Conferenza che significativamente sarà organizzata a Milano, in coincidenza con l’Expo 2015.

Mi piace pensare al legame che unisce il nostro Paese all’America Latina e ai Caraibi come ad una relazione familiare, fondata su una comunanza di radici, di storia, cultura, tradizioni, valori, oltre che su rapporti economici e commerciali. Molti Stati dell’area vantano comunità di italiani profondamente radicate nel territorio, che con la loro opera contribuiscono al benessere di quei Paesi e che restano straordinariamente capaci di mantenere vive e diffondere la lingua, le abitudini, le tradizioni del nostro Paese. Credo che queste “Italie” fuori dall’Italia rappresentino una risorsa preziosissima per il nostro sistema di relazioni e che occorra valorizzarle appieno.

Le trasformazioni che la regione dell’America latina e dei Caraibi ha conosciuto negli ultimi decenni, sul piano economico così come su quello sociale e politico, sono straordinarie e fanno di quest’area un vero e proprio laboratorio di idee e progetti cui dobbiamo guardare con interesse, contribuendo con le nostre abilità e i nostri approcci. Le nostre imprese trovano in questa regione un’area privilegiata dove offrire la propria esperienza, investire in ricerca e sviluppo, saldare canali commerciali per beni e servizi. Io sono un assertore della necessità di una crescente integrazione economica che dovrà essere accompagnata da programmi di crescita comuni per creare opportunità formative e professionali di reciproco interesse. Serve una “diplomazia della crescita comune”, che sono certo che il nostro Ministero degli Esteri saprà perseguire con determinazione.

In questi mesi da Presidente del Senato ho anche avuto l’occasione di apprezzare il valore della diplomazia parlamentare, accanto alla diplomazia tradizionale. Il dialogo fra le istituzioni rappresentative, che nella vostra regione stanno acquistando crescente importanza, permette sinergie istituzionali e contribuisce al coordinamento delle azioni politiche.

Le aree di cooperazione fra i nostri Paesi sono molteplici. Penso a quella in materia di sicurezza e di contrasto al crimine organizzato che è vitale, perché attiene non tanto all’ordine pubblico quanto alla effettività della democrazia, alla realizzazione dei diritti individuali, allo sviluppo, alla stabilità, alla pace. Penso ancora al recupero del patrimonio culturale che trova in Italia esperienze di eccellenza, o alle sinergie nel settore della protezione civile.

Cari amici,
le nostre comuni radici sono anche il nostro comune destino e sono convinto che insieme dovremo saperci confrontare con i grandi temi dell’umanità, la crescita sostenibile, la distribuzione della ricchezza, la realizzazione dei diritti, la stabilità geopolitica, la pace. Dobbiamo imparare ad agire assieme, ogni giorno di più. Per questo credo che ogni occasione di dialogo come quella odierna, sia molto preziosa. A tutti voi quindi auguro una piacevole serata, pregandovi di portare alle istituzioni rappresentative dei vostri Paesi il mio invito a visitare al più presto il Senato della Repubblica italiana.

Cerimonia conclusiva del XXV corso della Scuola di scienza e tecnica della legislazione dell’ISLE

Cari ragazzi,

è per me veramente un piacere potervi accogliere oggi in Senato in occasione della cerimonia conclusiva del XXV corso della Scuola di Scienza e Tecnica della Legislazione dell’Istituto per la Documentazione e gli Studi Legislativi (ISLE). So che molti di voi lavorano attivamente presso i due rami del Parlamento, come collaboratori di senatori o gruppi parlamentari, e che quindi a vario titolo avete modo di conoscere dall’interno la vita delle istituzioni rappresentative. I momenti istituzionali come quello odierno, che ormai rappresenta una tradizione nella storia dell’ISLE, segnano un momento importante di chiusura di un percorso di studi e di approfondimento e forse di avvio di un nuovo cammino professionale.

La scelta che avete intrapreso di lavorare a diretto contatto con le assemblee rappresentative non è scontata nell’attuale contesto politico ed istituzionale. Le assemblee rappresentative sembrano oggi sperimentare una fase di difficile transizione che rischia di mettere in discussione il loro ruolo istituzionale. Negli ultimi decenni, la ricerca di garanzie di governabilità e tempestività dell’azione politica, a livello nazionale così come europeo, tendono infatti a spostare il baricentro della decisione dai Parlamenti ai Governi. Se il Parlamento, infatti, rappresenta il tradizionale luogo della ricerca del compromesso politico, i Governi identificano la sede della concreta definizione ed attuazione degli indirizzi programmatici, funzione questa che si rivela di strategica importanza nei momenti di crisi economica.

A questo primo fattore di trasformazione del ruolo delle assemblee rappresentative se ne affianca un secondo, legato alla progressiva disaffezione dell’opinione pubblica rispetto al mondo della politica e dei partiti. Lo scenario politico italiano sta sperimentando un processo di profonda ridefinizione dell’equilibrio bipolare che, seppure con alcune incertezze, ci ha accompagnati dal 1993 ad oggi, e questo inevitabilmente condiziona l’organizzazione e il funzionamento interno delle Camere.
Alcuni hanno persino espresso dubbi sulla legittimità del Parlamento a seguito del breve comunicato stampa con cui la Corte Costituzionale ha reso noto di avere accolto due censure nei confronti della legge elettorale del 2005, chiarendo che la decorrenza degli effetti giuridici avverrà con la rituale pubblicazione della sentenza e ricordando che il Parlamento può sempre approvare una nuova legge nel rispetto dei principi costituzionali. Io non voglio entrare nel dibattito sugli effetti che avrà la sentenza sul sistema elettorale perché mi sembra necessario, oltre che doveroso, leggere le motivazioni della Corte per valutare le implicazioni della sentenza. Ma non mi pare dubbio che essa avrà effetto dalla data del deposito mentre non avrà alcuna incidenza sulle applicazioni passate delle norme elettorali, anche in virtù del principio generale di continuità delle istituzioni.

Personalmente ho avuto modo spesso di richiamare l’attenzione sulla necessità di una riforma elettorale, già da molti mesi, ed auspico adesso che il monito della Corte Costituzionale sproni le parti politiche a raggiungere un’intesa su un testo condiviso nel tempo più breve e ben prima che la Corte depositi le motivazioni della decisione.
Il nostro Paese attraversa un tempo di crisi profonda: economica, politica, culturale, etica, identitaria e ha bisogno più che mai di momenti di confronto democratico, di condivisione delle politiche, di ricerca di mediazioni tra posizioni contrapposte improntate alla cura dell’interesse generale e dei diritti individuali. Credo che questa fase di crisi possa, debba rappresentare l’opportunità strategica per rilanciare il compito affidato alla rappresentanza quale necessario momento di intermediazione tra i cittadini titolari della sovranità popolare e l’esercizio delle funzioni pubbliche. La stessa Unione europea, a partire in particolare dal Trattato di Lisbona, ha offerto alcune aperture fondamentali a favore dei Parlamenti nazionali, investendoli del controllo sul rispetto dei principi di sussidiarietà e proporzionalità e coinvolgendoli nella cooperazione interparlamentare secondo quanto previsto dall’art. 13 del Fiscal Compact.

Voglio in conclusione rivolgere a tutti voi un incoraggiamento alla prosecuzione del vostro percorso professionale e di studio nel settore parlamentare. Le assemblee rappresentative hanno più che mai bisogno di giovani di talento che sappiano accompagnare il Parlamento in questo difficile passaggio storico. Dobbiamo sapere sviluppare nuovi metodi di lavoro, che sappiano favorire la capacità delle assemblee rappresentative di essere fedeli interpreti degli interessi degli elettori e di fornire risposte tempestive alle domande provenienti dal contesto sociale di riferimento. In questo cammino, il Parlamento deve anche imparare ad utilizzare al meglio gli strumenti di conoscenza che il progresso scientifico mette a disposizione. Penso all’importanza delle nuove tecnologie, di cui proprio voi giovani siete i migliori fruitori, quale strumento capace di avvicinare il Parlamento al popolo e alle piazze, creando nuovi canali di comunicazione ed interazione tra eletti ed elettori.
In questa prospettiva, ritengo di fondamentale importanza l’approccio che da sempre contraddistingue i corsi della Scuola di scienza e tecnica dell’ISLE, fondato sulla combinazione tra percorsi teorici di studio ed approfondimento ed esperienze di laboratorio finalizzate all’elaborazione di proposte legislative. I progetti elaborati negli ultimi anni hanno saputo cogliere alcuni temi cardine del diritto e dell’esperienza parlamentare, evidenziando come le assemblee rappresentative si trovino oggi ad operare in un contesto decisionale multilivello e in processi di regolazione complessi. Lo conferma anche la proposta che avete elaborato e che oggi sarà presentata dalla prof.ssa Manetti e dalla dott.ssa Pirozzoli, riguardante il riordino del servizio pubblico generale radiotelevisivo.

Nel rinnovare le mie più sentite congratulazioni per la qualità dei risultati raggiunti, vorrei ringraziare il prof. Augusto Barbera, il prof. Silvio Traversa e tutti i docenti della Scuola per l’impegno e la dedizione che li accompagna in questo percorso formativo. La missione della Scuola di formare giovani esperti in discipline parlamentari capaci di scrivere un emendamento, di elaborare una proposta di legge, di redigere un atto di indirizzo e controllo rappresenta un servizio di primaria importanza per consentire alle istituzioni rappresentative di funzionare in maniera sempre più rispondente alla propria missione costituzionale. Mi auguro che per voi ragazzi questa importante tappa del vostro cammino formativo possa essere propedeutica ad un brillante percorso professionale al servizio delle istituzioni.

Scienza, innovazione e salute priorità nell’agenda di governo

Signor Presidente della Repubblica,
cari colleghi,
gentili ospiti,

è per me un grande piacere e un onore ospitare nella Sala Koch del Senato questo momento di confronto, che richiama l’attenzione di tutti noi su untema estremamente importante e delicato sia sul piano istituzionale che – soprattutto – su quello sociale, il rapporto tra scienza, innovazione e salute, l’una componente essenziale dell’altra.

Un particolare ringraziamento alla collega senatrice Elena Cattaneo per aver voluto l’incontro di oggi ma soprattutto per l’impegno intenso e costante che ha dedicato e continua a dedicare alla ricerca scientifica.
Vorrei ringraziare la Presidente Emilia Grazia De Biasi, tutti i componenti della Commissione igiene e sanità e gli autorevoli relatori, per aver reso possibile questa giornata di riflessione e di confronto.

Sono felice di ospitare questo incontro perché ritengo che uno dei compiti del Senato, attuale e soprattutto futuro, sia proprio l’approfondimento e il confronto su temi centrali e controversi, dando accoglienza ai saperi più importanti del mondo culturale, scientifico e sociale prima che il Parlamento sia chiamato a deliberare.

Il primo dovere della politica, della buona politica, in particolare in tempi di crisi, è quello di coltivare il pensiero strategico: deve saper guardare ai grandi temi del Paese con una visione prospettica, slegata dalla quotidianità, dagli interessi di parte e dai limiti temporali dei mandati elettivi per creare il sostrato strutturale per il progresso e superare così la grave crisi etica e di fiducia che tende a delegittimare la politica non solo nel nostro Paese.

La politica, come la scienza, deve essere una dimensione al servizio dei bisogni sociali, che trova il proprio obiettivo ultimo nella difesa del bene comune e della qualità della vita. E’ priorità della politica avvicinare la comunità scientifica all’esercizio del potere pubblico per costruire insieme le politiche del futuro. Contemporaneamente la politica deve imparare a raccogliere le migliori risorse in campo e utilizzarle con il rigore del metodo scientifico, svincolata da pregiudizi e conflitti d’interessi. Una scienza trasparente al servizio di una decisione libera. Questa è la sfida che siamo chiamati ad affrontare.
Vi è poi il problema della ricerca delle soluzioni normative, ancora oggi troppo spesso dipendente da interessi di parte, soprattutto economici. Offrire risposte concrete a queste domande significa innanzitutto considerare prioritaria la questione etica nell’esercizio del potere e promuovere una produzione normativa fondata sulla valutazione costi-benefici e sull’analisi dell’impatto della regolamentazione, che consenta di individuare le alternative più efficaci ed efficienti.

Il successo di questa sfida dipende anche dalla capacità di considerare la scienza e la conoscenza come una priorità nell’agenda di governo. Nei momenti di crisi più che mai la politica deve investire nella ricerca. Bisogna intraprendere una battaglia culturale che coinvolga la scuola, la formazione e la comunicazione a sostegno della cultura scientifica. I numeri ci dicono che sono ancora pochi, in percentuale, gli studenti che, soprattutto in Italia, si dedicano alle materie scientifiche, e molti tra questi hanno poche possibilità di crescita e di accesso a laboratori e centri di alta specializzazione: mobilità degli studenti, dei ricercatori e dei docenti, internazionalizzazione delle università e degli istituti di ricerca, cooperazione culturale e scientifica tra enti e imprese. Sono questi gli obiettivi strumentali di medio termine, destinati a creare fra i nostri giovani una coscienza comune basata sui valori scientifici indispensabili ad affrontare le problematiche attuali e a gestire quelle future con determinazione e tempestività.

Perché la ricerca scientifica possa essere una risorsa, una ricchezza, un sostegno significativo deve provenire proprio dalla politica e dalle istituzioni. La ricerca scientifica non è un costo ma un valore, un fattore di crescita che punta su conoscenza e intelligenza, coniugando la tradizione culturale e scientifica con la produzione industriale. Un modo etico di investire e di far crescere il Paese. Bisogna incentivare lo sviluppo di una cultura scientifica altamente innovativa per rendere competitivo il nostro sistema, destinando specifiche risorse alla ricerca e assicurando trasparenza e adeguatezza nell’attribuzione e nell’uso delle stesse.

Più la scienza e la ricerca andranno avanti, più l’innovazione sarà veloce, più la tutela della salute sarà ampia.
La tutela della salute è un imperativo di civiltà che non deve conoscere cedimenti perché il bene protetto è la vita. Si deve fare di più, e meglio, perché sul capitolo della tutela dei diritti fondamentali degli individui la meta è ancora da raggiungere.
Penso ad esempio al sostegno della ricerca sulle “malattie rare”: uno Stato che voglia dirsi “sociale” non può accettare criteri di convenienza negli investimenti anzi, deve porsi in prima linea per dare una risposta a ciascuno dei pazienti affetti da queste malattie.
Penso al penoso fenomeno del “turismo sanitario” che costringe pazienti e familiari, soprattutto del Mezzogiorno, a recarsi al Nord per curarsi e per eseguire esami diagnostici.

Penso alla qualità dell’informazione sulle rete sanitaria, oggi affidata alle reti amicali o a qualche rivista specializzata; essa, invece, dovrebbe essere assunta dallo Stato in modo da misurare la qualità delle strutture, in ragione di parametri oggettivi e validati, alimentando anche una concorrenza sana tra le stesse a tutto beneficio dei pazienti.
Penso al superamento dei criteri baronali e scarsamente trasparenti nell’assegnazione delle risorse alla ricerca medica che, al contrario, dovrebbe essere governata dalle regole accreditate presso la comunità scientifica internazionale, in grado di coltivare l’ingegno dei giovani ricercatori ed evitare le fughe all’estero subito dopo il conseguimento della laurea.

Tutto questo significherebbe innovare, avere il coraggio di cambiare, di andare oltre, perché la tutela della salute, diritto riconosciuto dall’articolo 32 della nostra Costituzione quale diritto fondamentale dell’individuo, sia garantito a tutti, nello stesso modo, con criteri efficienti da parte di personale medico sempre più preparato e motivato.

Tornando per un attimo ai ricercatori: a me piace l’idea di una generazione con il cervello all’estero e il cuore in Italia, una generazione Erasmus che si senta pienamente cittadina d’Europa, che possa studiare e collaborare con studentesse e studenti di ogni nazione, in un contesto cosmopolita e stimolante, ma credo che sia giusto lavorare affinché possano rientrare e veder valorizzato il proprio talento, affinché restare all’estero possa essere una scelta e non una necessità, e ritornare in Italia un’ambizione e non un sacrificio.

Voglio fare mie le parole di Enrico Fermi sulla professione del ricercatore, che “deve tornare alla sua tradizione di ricerca per l’amore di scoprire nuove verità. Poiché in tutte le direzioni siamo circondati dall’ignoto e la vocazione dell’uomo di scienza è di spostare in avanti le frontiere della nostra conoscenza in tutte le direzioni, non solo in quelle che promettono più immediati compensi o applausi”. Così come mi piace estendere tali parole alla professione del politico, che deve allo stesso modo spostare in avanti le frontiere delle proprie idee e delle proprie convinzioni, cercando non solo immediati consensi, ma anche, e soprattutto, soluzioni valide e visioni lungimiranti.

Con questo spirito, nel mio ruolo di Presidente del Senato, mi impegnerò a far si che la scienza e l’innovazione possano rappresentare fattori di crescita e di valorizzazione del capitale umano che sono la vera ricchezza di un Paese.
Grazie.