Strage di Bologna: non si fermi mai la ricerca della verità

XXXIV anniversario della strage di Bologna, messaggioal  Presidente  del Comitato di Solidarietà  alle  vittime  delle  stragi 

Esprimo, anche a nome del Senato  la  commossa  vicinanza e il profondo cordoglio ai familiari delle vittime  e  alla  città  di Bologna per quella pagina buia della storia del nostro Paese.

Nonostante  il  passaggio  inesorabile  del tempo  costituisce un nostro preciso imperativo morale mantenere vivo il ricordo  di questo giorno, non solo per rendere omaggio a persone innocenti che, per mano di una violenza cieca ed insensata, sono state strappate alla vita  e  agli  affetti, ma, soprattutto,  per alimentare la memoria della nostra storia  specialmente tra le nuove generazioni, per ribadire quanto sia  necessario l’impegno costante di tutti, nella lotta contro ogni forma destabilizzante le basi democratiche e rappresentative del nostro essere uno Stato di diritto.

Con  la  speranza  e l’impegno che non ci si fermi mai nella ricerca della verità  e che simili e terrificanti eventi non abbiano più   a  verificarsi,  esprimo  a  tutti  i  partecipanti  la  mia  sentita partecipazione alla cerimonia commemorativa.

100 anni Prima Guerra mondiale

0

Il  Presidente del Senato, Pietro Grasso, parteciperà in rappresentanza del Presidente  della  Repubblica  alla  cerimonia  in  occasione del centesimo anniversario  dello  scoppio della Prima Guerra mondiale, che avrà luogo il prossimo 4 agosto a Liegi. La cerimonia ricorda l’invasione del Belgio da parte dell’esercito tedesco, avvenuta  il 4 agosto 2014, senza una preventiva dichiarazione di guerra ed in  violazione  della  neutralità  dichiarata  dal  paese.

In  Vallonia si verificò  allora  il primo grande eccidio del XX secolo, con il massacro di oltre 5.500 civili. L’evento, promosso da Re Filippo I dei Belgi, prevede la partecipazione dei tre  Paesi  che  hanno  combattuto sul suolo belga (Inghilterra, Germania e Francia)    e  degli   altri  Paesi   coinvolti  nel  conflitto  mondiale, rappresentati   dai   rispettivi   Capi  di  Stato o esponenti del Governo. Il  Presidente  Grasso  renderà  omaggio alle vittime italiane della Grande Guerra al monumento degli Interalleati a Cointe.

Stampa. Incontro con Ossigeno per l’informazione

0

Il  presidente  del  Senato,  Pietro Grasso, ha incontrato oggi, al termine della  cerimonia  del Ventaglio, i responsabili dell’osservatorio “Ossigeno per  l’informazione”.  Il  presidente  e  il  segretario dell’osservatorio, Alberto  Spampinato  e  Giuseppe  Federico  Mennella,  hanno  illustrato al presidente  Grasso  il volume curato dall’associazione dal titolo “Le nuove lenti  contro la censura. Istruzioni per applicare il ‘Metodo Ossigeno’ che in  Italia  ha  rivelato  duemila  intimidazioni invisibili a occhio nudo”, nelle librerie in questi giorni.

All’incontro erano presenti il presidente dell’Ordine dei Giornalisti, Enzo Iacopino,  la  presidente  dell’Ordine  dei  giornalisti  del  Lazio, Paola Spadari, e il segretario dell’Associazione Stampa Romana, Paolo Butturini.

 

Stampa. Cerimonia del ventaglio 2014

Cari giornalisti, cari colleghi,

voglio porgere innanzitutto il mio personale benvenuto alla presidente  Alessandra Sardoni, ai componenti dell’Associazione Stampa Parlamentare e a tutti i presenti.

Devo dire che apprezzo particolarmente in queste giornate così calde – e non mi riferisco certo al clima atmosferico – il dono dello splendido ventaglio realizzato da una giovane ragazza della mia Palermo, Eleonora Trapani, cui rivolgo il mio sincero ringraziamento. Accolgo con grande piacere la metafora di una folla che aspira all’unità e alla solidarietà: potrebbe essere utile portarlo in Aula alla ripresa della discussione sulle riforme.

Il Senato della Repubblica come ho auspicato sin dall’inizio, continuerà a chiamarsi così anche in futuro. Il Senato è stato investito del compito di riformare profondamente se stesso e ha risposto nella fase dei lavori in Commissione con grande senso di responsabilità e con grande serietà. Queste riforme sono attese da decenni, largamente condivise soprattutto nelle loro linee essenziali: superamento del bicameralismo paritario, nuovo equilibrio tra i due rami del parlamento, snellimento del processo legislativo e riduzione del numero dei parlamentari. Partendo dal disegno di legge costituzionale del governo la Commissione ha concordato a maggioranza un testo che prevede un taglio di oltre due terzi dei senatori, un cambiamento radicale nella loro selezione, una revisione della funzione legislativa a favore di una preminenza dei temi concernenti le realtà territoriali e il rapporto con l’Unione Europea. Io ho espresso la mia opinione costruttiva durante i giorni in cui il progetto iniziale è stato aperto a qualsiasi contributo e prima che questo venisse depositato in Senato. Ho ritenuto mio dovere in quel momento segnalare i punti di forza e di debolezza della proposta del governo, specificando che da presidente del Senato, una volta iniziato l’iter parlamentare, non sarei più intervenuto, come del resto ho fatto. Il testo oggi in esame è profondamente diverso da quella bozza: il dibattito in Commissione Affari Costituzionali e il lavoro dei relatori Calderoli e Finocchiaro lo ha profondamente arricchito, definendo meglio ruolo e funzione del prossimo Senato e declinando con maggior precisione il nuovo assetto delle autonomie territoriali nella parte riguardante il Titolo V.

In merito ai contrappesi e al bilanciamento dei poteri, che è uno degli aspetti più delicati quando si affronta una modifica sostanziale della Costituzione, mi associo all’auspicio espresso pochi giorni fa in occasione della cerimonia del ventaglio al Quirinale. Il presidente Napolitano ha chiesto una messa a punto “con adeguata visione d’insieme, con coerenza e rigore” del sistema delle garanzie costituzionali: credo che proprio nella visione d’insieme stia il punto dirimente. L’equilibrio costituzionale è per sua natura delicato e ad ogni modifica in un senso ne deve corrispondere una in senso opposto per garantire, nell’esercizio del potere, il maggior grado di controllo, di rappresentanza e di tutela dei diritti dei cittadini.

Tengo in modo particolare a rispondere nel merito alla sua domanda sui criteri che mi hanno ispirato nella scelta di concedere il voto segreto su ben specifici emendamenti, e la risposta è molto semplice. Su questo punto infatti il regolamento non lascia alcun margine di interpretazione prevedendo che, su richiesta di 20 senatori, sono “effettuate a scrutinio segreto le deliberazioni relative alle norme sulle minoranze linguistiche di cui all’articolo 6 della Costituzione”. La ratio di questa norma, chiarissima nella sua espressione, è dare corpo ad un articolo della prima parte della nostra Costituzione, quella sui principi fondamentali, che sono ritenuti immodificabili. Contestualmente alla mia decisione ho informato l’Aula anche di una innovazione rispetto alla prassi precedente: vista la mole abnorme di richieste ho previsto la possibilità di adottare la regola del c.d. “canguro” che, in parole semplici, permetterà di votare le parti comuni degli emendamenti una sola volta, riducendo drasticamente il numero delle deliberazioni con voto segreto. Ho anche chiarito che, se richiesto dai gruppi, sarà possibile votare tali emendamenti per parti separate: questo darà modo di votare a scrutinio segreto solo la parte relativa alle minoranze linguistiche e non quelle relative ad altri temi, quali ad esempio il numero di deputati e senatori o la composizione del futuro Senato. In tal modo penso di aver raggiunto un equilibrio tra il rispetto della norma e l’eventuale intenzione di un uso strumentale del voto segreto, e respingo con forza qualsiasi illazione o sospetto su questa decisione.

Come presidente ho ben chiaro il mio ruolo di garante sia della maggioranza che delle opposizioni, e continuerò ad operare in tale senso. So bene, per esperienza, che il ruolo del giudice imparziale è tra i più esposti a critiche ma questo non ha mai intaccato in nessun modo la mia terzietà prima e non lo farà neanche ora.

A proposito dei tempi, dell’ostruzionismo e del contingentamento voglio dire innanzitutto che lo spettacolo offerto dal duro scontro politico di questi giorni mi ha molto addolorato e, in alcuni momenti, indignato. Non è questa l’immagine che la politica, e questa istituzione in particolare, deve dare al Paese. La rappresentazione plastica del muro contro muro, dell’indisponibilità a sentire le ragioni dell’altra parte, le accuse, le iperboli e le provocazioni devono lasciare il posto al confronto e alla ricerca di soluzioni condivise. In una parola: al ritorno alla politica. In occasione delle conferenze dei capigruppo degli ultimi giorni ho rivolto ripetuti appelli per convincere le parti ad aprire un tavolo di mediazione, soprattutto su quei punti che potrebbero essere oggetto di una riscrittura da parte dei relatori. Questo darebbe modo di poter trattare in maniera approfondita in Aula soltanto quegli emendamenti che affrontano i temi di interesse, lasciando cadere quelle migliaia “di contorno”. Lo stallo è evidente e, per usare le famose parole di don Milani, “sortirne tutti insieme è politica”.

Credo infatti che l’importanza di questa riforma non sfugga a nessuno, e che sia dovere di tutti far si che il confronto sia serio e approfondito ma sui contenuti: non vorrei che si continuassero a sprecare ore e giorni, soprattutto ora che la conferenza dei capigruppo ha deciso a maggioranza un contingentamento dei tempi. Per chiarezza voglio aggiungere che nella ripartizione dei tempi, proprio come accaduto dieci anni fa per la discussione della riforma costituzionale del 2004, è stato tenuto conto della possibilità effettiva di votare tutti gli emendamenti e non utilizzare quindi la c.d. “tagliola”, a torto richiamata anche nel nostro caso avendo previsto ben 80 ore esclusivamente per le votazioni sulle 115 disponibili.

Per chiudere la parte relativa all’istituzione che ho l’onore di presiedere sono lieto di annunciare che stamattina il Consiglio di presidenza ha approvato il rendiconto dell’anno in corso e il bilancio del 2015, che saranno portati nei prossimi giorni alla discussione dell’Aula. Tra il 2013 e il 2014 per il funzionamento del Senato lo Stato ha speso 75 milioni e mezzo in meno. Di questi 43 milioni e 200 mila euro sono di minori richieste, mentre 32 milioni e 300 mila euro sono stati restituiti allo Stato. Confermando il trend decrescente degli ultimi anni nel 2014, il costo del Senato ha inciso per lo 0,066% sul totale della spesa statale. Sono numeri  che evidenziano il contributo che il Senato, nella sua autonomia, ha inteso dare alla spending review e che proseguirà attraverso l’istituzione dello status unico del parlamentare, che determinerà un ulteriore risparmio per il bilancio del Senato di circa 4 milioni di euro l’anno, e nell’avvio di una trattativa con i sindacati per la revisione degli stipendi dei dipendenti.

Presidente Sardoni,

la riforma istituzionale, lo sostengo da molto tempo, è un tassello ineludibile di un percorso più ampio e più complesso che le forze politiche devono affrontare insieme, con senso di responsabilità. La profonda crisi che l’Italia affronta, non solo economica e politica ma anche etica, in un quadro di gravissime e diffuse tensioni geopolitiche e difficoltà dell’Unione Europea, rischia di marginalizzare il Paese nel mondo. Dobbiamo reagire pensando strategicamente, programmare interventi meditati, pacati e seri, funzionali ad obiettivi precisi. Il primo obiettivo deve essere la crescita economica. I dati sullo stallo del PIL, che oggi è più basso di quando l’euro è entrato in vigore nel 1999 e che la Banca d’Italia stima in crescita di un modesto 0,2% nel 2014; la limitata ripresa dei consumi e della produzione industriale; il drammatico aumento della povertà e della disoccupazione, giovanile in particolare; la mole del debito pubblico, delineano una situazione che richiede interventi di diverso genere: liberalizzazioni, privatizzazioni, riforma del mercato del lavoro, revisione della spesa pubblica, modernizzazione della pubblica amministrazione. Ma vedo in questa chiave anche la riforma della giustizia e la lotta alla corruzione.

Sulla riforma della giustizia, in molte occasioni ho avuto modo di sottolineare che il Paese ha bisogno non di interventi slegati, tantomeno di misure dettate da situazioni contingenti o legate a vicende specifiche, ma piuttosto di una revisione complessiva del “sistema giustizia” che si attende da decenni. Ho accolto quindi con interesse l’iniziativa strategica che il Governo ha articolato in 12 punti. Per rispondere alla sua domanda, Presidente Sardoni: ritengo una seria riforma della giustizia non solo politicamente possibile ma doverosa. Deve trattarsi di una vera rinascita del sistema, attraverso misure legislative ed organizzative, alcune già in corso: la completa digitalizzazione del processo, la rimodulazione del sistema delle impugnazioni, la revisione della disciplina della prescrizione, la riduzione del contenzioso attraverso misure deflattive e forme di soluzione extra-giudiziale delle controversie. E soprattutto l’accelerazione della durata dei processi.

La riforma della giustizia civile è ormai ineludibile. I dati sono molto eloquenti. Secondo l’Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico (OCSE) la durata media dei processi civili in Italia è di quasi 3000 giorni, circa 8 anni: oltre tre volte la media degli altri Paesi OCSE. Una giustizia ritardata equivale a giustizia negata e la lentezza della giustizia civile è una delle ragioni dello stallo della nostra economia. La grave difficoltà, spesso la sostanziale impossibilità di ottenere giudizialmente in tempi ragionevoli l’adempimento dei crediti insoluti, la tutela dei diritti e degli interessi si traduce in un ostacolo agli investimenti dall’estero e non a caso la percentuale del nostro PIL dovuta agli investimenti diretti dall’estero è la più bassa fra i grandi paesi europei. Ed è un vero peccato perché il Paese potrebbe altrimenti esprimere una forte capacità di attrazione per le straordinarie professionalità di manodopera, innovazione e creatività che sono ammirate nel mondo.

Come sa, dottoressa Sardoni, l’ho ripetuto tante volte, nel mio primo giorno da senatore ho presentato un disegno di legge proprio in materia di criminalità economica, di corruzione, riciclaggio, falso in bilancio. L’uso criminale o distorto di risorse pubbliche, le alterazioni alla competitività ed al buon funzionamento dei mercati dovute all’economia illegale, alla corruzione, all’evasione fiscale, al lavoro nero sono un grave freno alla crescita. Non posso entrare nel merito di questioni che sono già in parte all’esame del Senato e sulle quali attendiamo le iniziative preannunciate dal Governo ma credo che sia possibile raggiungere con i necessari accorgimenti tecnici un punto di equilibrio fra i diversi interessi in gioco: proteggere l’integrità del sistema economico e finanziario, tutelare gli investitori, prevenire e reprimere la corruzione e ogni forma di abuso di risorse pubbliche. Tenendo al tempo stesso in conto le comprensibili preoccupazioni di Confindustria, che questi interventi non si trasformino in un peso eccessivo per le imprese.

Ma l’azione contro la corruzione deve anche comprendere misure per restituire alla politica la sua profonda dimensione etica. Proprio stamattina ho proposto in Consiglio di Presidenza di prevedere nei regolamenti del Senato sui vitalizi e le pensioni dei senatori la cessazione di qualsiasi erogazione nei confronti degli ex senatori condannati in via definitiva per fatti di mafia, di corruzione e per altri gravi reati. Si è deciso a questo proposito un coordinamento con la Camera dei Deputati nel quadro dell’unificazione già in corso dello status del parlamentare.

Sui temi europei, condivido in pieno il Programma che il Presidente Renzi ha illustrato al Parlamento europeo nell’assumere la Presidenza del Consiglio, per affrontare le sfide epocali che abbiamo davanti: la crisi economico-finanziaria, le migrazioni, il crimine organizzato, l’instabilità geopolitica alle nostre porte. Serve un forte salto di qualità nel governo economico dell’Unione: le misure di contenimento della spesa pubblica devono essere adeguatamente bilanciate da azioni per stimolare gli investimenti, la competitività e la crescita e si impone un allentamento dei vincoli di bilancio attraverso una maggiore flessibilità del patto di stabilità. Ma serve ancora di più rafforzare la dimensione politica delle istituzioni europee e dare voce più autorevole all’Unione Europea nel mondo per governare e non solo subire i cambiamenti degli equilibri globali. Infine dobbiamo riavvicinare la gente alle istituzioni e agli ideali europei, perseguendo efficienza e democraticità dei processi decisionali, e restituendo al disegno europeo un’identità condivisa, una vera e profonda anima comune.

Presidente Sardoni,

la chiusura o il serio rischio di chiusura di testate giornalistiche suscitano preoccupazione oltre che tristezza. L’informazione è il presupposto della conoscenza e della formazione di un’opinione e, dunque, una condizione essenziale per vivere in democrazia. Ho sempre sostenuto che la democrazia richieda un giornalismo responsabile, che soddisfi il diritto del cittadino a sapere e conoscere, senza trascurare i diritti con esso eventualmente confliggenti e avendo cura dei soggetti deboli coinvolti ed esposti dall’informazione. Le nuove tecnologie impongono una revisione del nostro regolamento e un rinnovato impegno da parte delle Istituzioni alla trasparenza, a garantire le risposte, l’accesso ai dati e agli open data, a fornire tutti gli strumenti per un’informazione corretta e accurata.

Il Disegno di legge sulla diffamazione attualmente in Commissione giustizia ha alcuni importanti elementi di novità, primo fra tutti l’abolizione del carcere per i giornalisti, ma ha certamente bisogno di un approfondimento in aula soprattutto sui temi delle querele temerarie: ho già espresso la mia opinione sottolineando come si debba prevedere a mio avviso una sanzione pecuniaria proporzionale alla richiesta di risarcimento se infondata. Altro tema da approfondire è certamente quello della revisione del diritto di rettifica in modo da  contemperare i rispettivi interessi dell’evidenza della smentita da un lato e della possibilità per il giornalista di un ulteriore chiarimento del giornalista dall’altro. Sarà mia cura prestare la massima attenzione a questo disegno di legge alla ripresa dei lavori.

In conclusione voglio ringraziare ancora una volta l’Associazione stampa parlamentare per il difficile lavoro che svolge, fatto soprattutto di dettagli e sfumature, di analisi e ricostruzioni, di presenza costante ed attenta, ed unirmi ai suoi ringraziamenti per l’Ufficio stampa del Senato, sottoposto come tutti noi in questi giorni a un particolare sforzo.

Grazie.

Cerimonia del “Ventaglio” 2014

Il  Presidente del Senato, Pietro Grasso, incontrerà i giornalisti della Stampa Parlamentare venerdì 25 luglio alle  ore  12,30, a Palazzo Giustiniani, per la tradizionale cerimonia del “Ventaglio”.

Nota per le segreterie di redazione

Le  richieste  di  accredito  di  giornalisti non iscritti all’Associazione Stampa   Parlamentare   devono   essere  inviate  al  fax  06.6706.3494,  o all’indirizzo  e-mail  accrediti.stampa@senato.it,  e  devono contenere gli estremi   del  tesserino  dell’Ordine  dei  Giornalisti.  Le  richieste  di accredito  di fotografi e operatori televisivi devono essere inviate al fax 06.6706.2947  o all’indirizzo e-mail accrediti.stampa@senato.it, con i dati anagrafici  completi,  gli estremi del documento di identità, l’indicazione della  testata  di  riferimento  e  un  numero  telefonico  o di cellulare. L’ingresso a Palazzo Giustiniani avverrà da via della Dogana Vecchia 29.

Affari comunitari, incontro della Cosac

Gentili ospiti, Cari colleghi,

Con vero piacere vi auguro il benvenuto nell’aula del Senato della Repubblica italiana. Come è ormai tradizione, la Conferenza dei Presidenti degli organi parlamentari specializzati negli affari dell’Unione inaugura i lavori connessi alla dimensione parlamentare del semestre di presidenza; e la riunione plenaria ne segna la chiusura. Un modo, insieme simbolico e concreto, di sottolineare la centralità della COSAC, unico organismo di cooperazione interparlamentare che sia espressamente previsto dai Trattati, che festeggia quest’anno i venticinque anni dalla sua istituzione.

Il semestre italiano di Presidenza interviene in un momento delicato e, direi, definitorio nella storia dell’Unione Europea. Ci troviamo a confrontarci con temi epocali: la crisi economica, le migrazioni, i conflitti e l’instabilità geopolitica alle nostre porte. Dalla consapevolezza con cui affronteremo queste sfide dipende il futuro della nostra Unione e dei nostri cittadini. Dopo la crisi economica e finanziaria più drammatica dal secondo dopoguerra sono stati adottati diversi strumenti comuni di governance, preventivi e correttivi. Misure per “spegnere l’incendio”. Ma come ha bene ricordato il Presidente Juncker, “il percorso non è stato privo di errori. È mancata l’equità sociale. La legittimità democratica è stata messa alla prova”. Ora dobbiamo guardare avanti, rilanciare la crescita con la massima determinazione possibile e rafforzare la fiducia dei cittadini nel meraviglioso progetto europeo attraverso democraticità ed efficienza.

A questo fine dobbiamo concentrare l’azione dell’Unione su quegli obiettivi che solo l’azione comune può consentire di ottenere. Fra questi la gestione solidale e condivisa dei flussi migratori e la lotta alla criminalità transnazionale e al terrorismo che dobbiamo considerare responsabilità comuni e collettive. Voglio dirlo a quei colleghi che non condividono l’iniziativa di una Procura Europea per proteggere gli interessi finanziari dell’Unione: contrapporre sovranità ad azioni comuni è un errore quando si tratta di questioni transnazionali che trascendono del tutto dal controllo dei singoli Stati. Che ci piaccia o no siamo vincolati ad un destino comune e solo insieme possiamo governarlo invece che subirlo. Ma come ha ricordato il Presidente del Consiglio Renzi nel suo intervento al Parlamento europeo, “la vera, grande sfida che ha di fronte a sé il nostro continente è ritrovare l’anima dell’Europa”. Un’anima che pulsa in un nucleo di valori condivisi, declinato nella nostra Carta dei Diritti Fondamentali e ben presente nelle coscienze dei cittadini. La storia dell’Europa unita, ancorché inizialmente spinta da logiche e obiettivi di tipo economico, è anzitutto storia della dignità della persona, della democrazia e dello Stato di diritto.

Per riguadagnare la fiducia dei nostri cittadini nel progetto europeo, dobbiamo rafforzare la legittimità democratica delle istituzioni comuni e le interazioni fra il Parlamento europeo e i Parlamenti nazionali, che sono attori complementari e non concorrenti. Ai parlamenti nazionali il Trattato attribuisce il compito di contribuire attivamente al buon funzionamento dell’Unione, tramite il controllo di sussidiarietà, la partecipazione ai meccanismi di valutazione delle politiche nell’ambito dello spazio di libertà, sicurezza e giustizia, le procedure di revisione dei trattati e la cooperazione interparlamentare. Il nostro Parlamento ha lavorato con grande convinzione in questa direzione, sia nelle procedure di vigilanza sul rispetto della sussidiarietà sia nel dialogo politico con le istituzioni europee, in particolare la Commissione.

La COSAC è da sempre un foro privilegiato di dibattito e confronto sui temi di interesse europeo ed ha il mandato di promuovere “lo scambio di informazioni e buone prassi tra i parlamenti nazionali e il Parlamento europeo, e tra le loro commissioni specializzate”. La Conferenza nel tempo ha così saputo rafforzare il proprio ruolo, dotandosi di un segretariato permanente e confrontandosi con l’attuazione delle novità dei trattati e le grandi politiche dell’Unione. Insieme ai rappresentanti del Governo italiano e della Commissione europea vi apprestate a dibattere due temi di rilievo cruciale come le prospettive dell’Unione europea dopo le elezioni e le potenzialità insite nei fondi strutturali e di investimento, elemento portante del bilancio dell’Unione per il periodo 2014-2020. Vi auguro dunque una proficua giornata di lavoro, certo che saprete fornire indicazioni preziose per il rilancio e il rafforzamento della nostra Unione, nel segno della crescita e di una rinnovata unità di intenti e di valori.

Grazie.

Replica. Nessun incontro con Napolitano il 9 luglio

“Nella  giornata  di mercoledì 9 luglio non c’è stato alcun incontro tra il Capo  dello  Stato,  Giorgio Napolitano, e il Presidente del Senato, Pietro Grasso. Non corrisponde dunque alla realtà dei fatti quanto riportato nelle ultime   righe   dell’articolo   ‘Berlusconi   ci   riprova’,  a  pagina  9 dell’edizione  di  giovedì  10  luglio”.

E’ quanto scrive il portavoce del Presidente  Grasso,  Alessio  Pasquini,  in  una  lettera  inviata  oggi al quotidiano “La Repubblica”.

Lo ripeto per i distratti: dimezzati emolumento e spese di staff del Presidente

Non  so  quante  volte  abbia  ripetuto  le  cifre in discorsi, comunicati stampa,  infografiche  on-line,  tweet e post di Facebook, a partire dal 21 marzo scorso. A un certo punto ho smesso per paura di annoiare.

Comunque le ripeto  senza alcun problema, a fronte della distrazione di Laura Bottici e Riccardo  Fraccaro.  Ho  tagliato  del  50% il mio emolumento, passando dai 18.600  euro netti previsti a circa 9.000 euro netti al mese. Su base annua questo  significa  un  risparmio  complessivo di euro 111.960 su 223.169,76 euro.

Inoltre  riguardo il costo complessivo lordo  del Gabinetto del Presidente e del fondo consulenza, che ammontava a quasi  un  milione e mezzo di euro l’anno, ho applicato anche qui un taglio del  50%,  con  un  risparmio  annuo  di  circa 750 mila euro. Il risparmio complessivo  è quindi di circa 861.960 euro l’anno. Tutto questo è  frutto  di  una  mia  scelta  personale;  il prossimo Presidente deciderà in piena autonomia sul suo emolumento.

Tra terra e cielo: credenti e non credenti nella società globale

Presentazione del volume di Vannino Chiti

Cari colleghi, gentili ospiti,

è un grande onore ospitare in Senato, nella bellissima Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, la presentazione del libro “Tra terra e Cielo – Credenti e non credenti nella società globale” del Presidente della Commissione Politiche dell’Unione europea, Vannino Chiti.

Le riflessioni raccolte in questo saggio mettono al centro l’esigenza di costruire un dialogo necessario e coraggioso tra credenti e non credenti, dove il terreno d’incontro è costituito dalla centralità della persona, verso un nuovo umanesimo, allo scopo di costruire un’etica condivisa in grado di abbracciare l’intera umanità. Un confronto serio e rigoroso che sappia affrontare le grandi sfide della società globale e quindi valorizzare le diversità, praticare la comprensione reciproca sulla base dei valori umani. Sono profondamente d’accordo con l’autore quando sostiene che le religioni possono e devono svolgere un ruolo prezioso nella tutela della dignità della persona e dei diritti dei popoli e realizzare il bene comune, attraverso quella politica della collaborazione tra credenti e non credenti. Partendo dalla straordinaria novità dell’elezione di Papa Francesco, le analisi contenute in questo libro tracciano un quadro degli sconvolgimenti in corso nel mondo islamico, individuano gli scenari con cui le sinistre europee sono chiamate a misurarsi e costituiscono un richiamo al valore del dialogo per costruire società improntate ai valori della democrazia, della civiltà e della solidarietà. Largamente condivisibili sono le affermazioni del Presidente Chiti quando afferma che proprio il dialogo, il confronto, l’ascolto e la condivisione sono i cardini di un nuovo modo di realizzare la fratellanza e la giustizia sociale, di incoraggiare l’evoluzione pacifica delle società arabe.

Un confronto necessario e coraggioso tra credenti e non credenti come avviene, ad esempio, nelle iniziative note come “Cortile dei Gentili”, ideate dal Cardinale Gianfranco Ravasi, Presidente del Pontificio consiglio della Cultura, a talune delle quali ho avuto il piacere di partecipare sia come Procuratore nazionale antimafia che come presidente del Senato. Papa Francesco ha parlato di questo confronto innumerevoli volte, ma in modo particolare nella straordinaria intervista concessa a Scalfari e pubblicata su La Repubblica l’ottobre scorso. Straordinaria per i contenuti espressi e sviluppati; per la riaffermazione continua ed insistente della centralità umana, dell’amore e della carità; per il coinvolgimento contagioso con il quale il pontefice vuole capire e farsi capire dall’altro; per la volontà commovente di stabilire un dialogo. Voglio offrire alla riflessione la risposta di Papa Francesco alla battuta con la quale Scalfari gli chiede se abbia intenzione di convertirlo: “Il proselitismo è una solenne sciocchezza, non ha senso. Bisogna conoscersi, ascoltarsi e far crescere la conoscenza del mondo che ci circonda. A me capita che dopo un incontro ho voglia di farne un altro perché nascono nuove idee e si scoprono nuovi bisogni. Questo è importante: conoscersi, ascoltarsi, ampliare la cerchia dei pensieri. Il mondo è percorso da strade che riavvicinano e allontanano, ma l’importante è che portino verso il Bene”.

In quell’intervista Papa Francesco spiega anche quale sia la sua idea della politica, spiegando che il suo appello all’impegno in politica non era rivolto solo ai cattolici ma a tutti gli uomini di buona volontà. Dice testualtmente “Ho detto che la politica è la prima delle attività civili ed ha un proprio campo d’azione che non è quello della religione. Le istituzioni politiche sono laiche per definizione e operano in sfere indipendenti”. In questo senso “Papa Francesco – riflette Chiti nel suo libro – ha fatto vedere concretamente come vi sia un’alternativa tra il rimanere passivi di fronte alle grandi questioni che riguardano l’uomo, accettando la tradizionale impostazione del liberalismo europeo, per cui la fede vive nel segreto dei cuori, o lo scendere in campo secondo una logica di sostegno a questa o a quella forza politica”.

Politica e religione a volte lavorano fianco a fianco, spesso si fronteggiano, ma sempre sono chiamate a confrontarsi sulle sorti del mondo. A tale fine, come sostiene l’autore, i non credenti sono chiamati a rendere effettivo il pluralismo di fedi e culture e a ripensare, senza pregiudizi, i rapporti tra fede e laicità. In questo quadro è fondamentale anche il ruolo dell’Europa, che deve riconquistare protagonismo e rimettere al centro delle sue politiche la difesa dei diritti umani e della dignità della persona, la crescita economica e l’uguaglianza sociale, la tolleranza religiosa, intraprendendo la strada che conduce a una democrazia sovranazionale. Particolarmente interessanti le pagine che riguardano l’epilogo di quella che forse troppo presto e troppo retoricamente abbiamo voluto considerare una “primavera araba” ma che ha presto esaurito la sua fase ascendente. Io sono convinto che dobbiamo guardare con un approccio diverso e alla sponda sud del Mediterraneo. Il Grande Mediterraneo è scosso da anni da un violento tsunami che propaga instabilità in tutto il mondo. Profonde fratture geopolitiche si aprono fra Oriente e Occidente e fra Levante e Golfo, lungo linee di faglia vecchie e nuove. La principale è fra Oceano Indiano e Mediterraneo orientale: snodo geologico (competizione per gli idrocarburi), geoenergetico (competizione per le infrastrutture), georeligioso (sunniti contro sciiti), etnico (arabi contro persiani) e geopolitico (Iran contro Arabia Saudita). Poi le minacce del jihad globale che in Afghanistan, Yemen, Mali, Sudan, Mauritania, Iraq, Somalia, Siria sperimenta disegni georeligiosi di totale abbattimento dell’Occidente e dei governi islamici moderati attraverso i metodi del terrorismo, dell’instabilità, dell’offesa alla dignità umana. Non vanno sottovalutati infine gli effetti della collisione fra le obsolete strutture sociopolitiche dei regimi e le giovani energie che hanno innescato le rivoluzioni.

Non posso poi non citare la città tre volte santa, Gerusalemme, dalla quale sono tornato pochi giorni fa. Un luogo in cui la dimensione spirituale e quella politica sono gordianamente intrecciate tra loro, una regione dove si soffre da ogni parte e nessuna popolazione è sicura. Ma io non sono disposto a chiudere le porte alla speranza di una soluzione per quella terra, di un dialogo vero e aperto, improntato alla fiducia, al riconoscimento e a qualche rinuncia da tutte le parti in causa, perché come ha ricordato proprio Papa Francesco in occasione della preghiera multi religiosa di poche settimane fa, anche se gli eventi successivi ci hanno molto allontanato da quello spirito, ci vuole più coraggio per fare la pace che per fare la guerra. Desidero chiudere il mio  intervento condividendo con voi la possibilità di trovare non un minimo  ma un massimo comune denominatore in un forte richiamo all’etica universale come base di questo dialogo necessario. Il bisogno di libertà, di giustizia, la possibilità di cercare liberamente la verità sono bisogni innati che fanno parte dell’essenza dell’essere umano. L’uomo, se rinuncia a questi valori rinuncia alla parte migliore di se stesso. Sono certo che ciascuno di noi, anche nelle nostre realtà quotidiane, potrà riprendere e proseguire questo dialogo: un confronto che non è riservato agli esperti, perché riguarda la vita. E ciascuno di noi è un esperto della vita.

L’incontro di oggi costituirà un momento prezioso di riflessione su temi così fondamentali e ringrazio il collega Chiti per averci offerto questa straordinaria possibilità.

Grazie.

Visite gratuite al Senato

Sabato 5 luglio 2014 Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica, sarà aperto al pubblico dalle 10 alle 18. L’ingresso è in Piazza Madama. Le  visite,  gratuite  e  della  durata  di circa 40 minuti, sono curate da personale del Senato. Durante il percorso sarà possibile conoscere non solo la  storia  del  Palazzo  risalente alla fine del XV secolo, ma soprattutto apprezzare   il   suo   valore  storico-artistico  e  comprenderne  le  sue trasformazioni.  Per  i  diversamente  abili  sarà  disponibile un apposito servizio  di accompagnamento.

Per  poter  accedere  a  Palazzo  Madama  è necessario  ritirare  il  biglietto  presentandosi  all’ingresso  il giorno stesso  dell’apertura  al  pubblico, dalle ore 8.30 in poi (non è possibile riservare  i  biglietti anticipatamente). Ciascun visitatore può richiedere al  massimo  quattro  biglietti  se  adulto  e  un  biglietto se minorenne, scegliendo  un  orario  compreso  tra le 10 e le 18 con intervalli di venti minuti. Superata la soglia dell’ingresso principale di Palazzo Madama, i visitatori raggiungono la Sala Caduti di Nassirya. In questo spazio, prima dell’inizio della  visita,  verrà  proiettato  un  filmato  che  illustra composizione, articolazione  e  compiti del Senato della Repubblica nella sua funzione di Assemblea legislativa.