InDifesa. Per la protezione delle bambine

Gentili ospiti,

ho accolto con piacere l’invito di Donatella Vergari, Segretario generale di Terre des Hommes, che desidero ringraziare pubblicamente per aver organizzato questo incontro e per il forte impegno della sua organizzazione in aiuto ai minori maltrattati, sfruttati, abbandonati di tutto il mondo.

Il lavoro di “Terre des Hommes” è straordinario, con interventi che incidono su molti e diversi aspetti: protezione dagli abusi, da ogni tipo di violenza e sfruttamento sia economico che sessuale; progetti di promozione dell’istruzione e formazione professionale; tutela della salute; sostegno ai bambini disabili e alle donne in gravidanza; campagne per l’accesso all’acqua.

Consentitemi quindi di porgere a nome mio e del Senato della Repubblica il più sentito ringraziamento a tutte le persone che collaborano quotidianamente alle attività della Fondazione, ormai da molti decenni un punto di riferimento nella tutela dei diritti dei minori tanto in Italia quanto a livello europeo ed internazionale. Permettetemi inoltre di porgere un caloroso saluto al Direttore dell’Autorità Garante per l’Infanzia e l’adolescenza, Vincenzo Spadafora, il cui contributo è davvero prezioso e con il quale mi auguro il Senato possa sviluppare nel prossimo futuro un rapporto di collaborazione ancora più stretto e proficuo.

Questa mattinata di lavoro è dedicata ad una in particolare delle campagne dell’associazione, “InDifesa – Per la protezione delle bambine” un progetto di ampio respiro che merita davvero attenzione e apprezzamento. Proprio tra due giorni celebreremo la Giornata Mondiale delle Bambine, promossa dalle Nazioni Unite. Mi sembra un’ottima occasione per riflettere sullo stato della promozione e della tutela dei diritti dei minori: in questo senso il terzo Dossier “InDifesa” si conferma essere un essenziale strumento di conoscenza e di comprensione sui temi dello sfruttamento e della violenza.

Un fenomeno che non ci stancheremo mai di denunciare all’interno della nostra società “avanzata” è quello delle donne vittime di violenze di genere, minacce, molestie, discriminazioni. Quando parliamo di condizione della donna nei paesi in cui Terre des Hommes opera, però, bisogna fare i conti con realtà in cui, per quanto imperfetta la nostra possa essere, rientrano nella normalità e si perpetrano quotidianamente crimini – perché altrimenti non si possono definire – che la nostra società non conosce, come aborti selettivi o selezione dopo la nascita (che, nella pratica, significa soppressione), denutrizione delle figlie femmine, mutilazioni genitali, matrimoni forzati.

Sono orrori che la nostra coscienza non può tollerare: le società democratiche, che comunque ripeto sono luogo di forti discriminazioni, devono farsi promotrici della costruzione di un nuovo paradigma culturale a livello internazionale che ponga la tutela dei bambini al centro dell’azione di qualunque governo. In questo mondo così profondamente interdipendente non si possono considerare queste azioni come lontane dalla nostra realtà: primo perché è un dovere morale intervenire, secondo perché proprio di questi tempi ci rendiamo conto, drammaticamente, di come l’arretratezza culturale e la mancanza di democrazia in un luogo del mondo apparentemente remoto possa avere ripercussioni anche sulla nostra società. E non possiamo immaginare l’evoluzione di una società verso la democrazia che non contempli anche l’evoluzione della considerazione che si ha della donna e del suo ruolo, a partire dal momento stesso in cui viene al mondo.

Sono molteplici le azioni che devono essere compiute ma la più urgente, a mio parere, riguarda l’accesso all’istruzione. L’educazione è infatti il prerequisito fondamentale per poter assicurare ad ogni individuo un futuro migliore. Le conseguenze di una mancata protezione e promozione del benessere infantile sono pesantissime e si ripercuotono nelle fasi successive della vita di un bambino e, quindi, di una società. Ora, se esistesse un solo dovere per una democrazia evoluta, questo consisterebbe nel saper offrire a ciascun suo figlio uguali opportunità di crescere, studiare, migliorarsi.

Il Dossier restituisce un dato dirimente: tra il 2000 e il 2011 il numero dei bambini che non potevano andare a scuola è passato da 102 milioni a 57 milioni. Sono stati ottenuti risultati fondamentali ma ancora molto c’è da fare e non solo nei paesi in via di sviluppo: gli “Obiettivi del Millennio” sono ancora lontani dall’essere realizzati ma siamo sulla buona strada. Bisogna poter guardare in viso i nostri figli, e i figli dei nostri figli, senza mai avere la sensazione di doverci rimproverare qualcosa.  Colmare il gap tra i sessi e permettere a milioni di bambine di studiare  meglio e più a lungo significa, in prospettiva, costruire un mondo più sicuro, più giusto e soprattutto più equo. Ogni bambino strappato alla povertà, al degrado, alla prostituzione o alla violenza è una speranza per tutti noi. Le bambine di oggi saranno le mamme e le donne di domani: dal tipo di esistenza che saremo loro in grado di assicurare dipende il nostro futuro.

Non dobbiamo dimenticarlo mai.

Grazie.

Prometeo è davvero liberato? Scienza, Tecnologie e Società nel Terzo Millennio

Cari colleghi, gentili ospiti,

è per me un grande piacere e un onore ospitare nella Sala Zuccari del Senato questo momento di confronto su un tema di grande interesse per tutti i cittadini: il rapporto tra scienza, tecnologia e società. Vorrei ringraziare ancora una volta la collega Elena Cattaneo per il suo contributo all’incontro di oggi e per il costante e intenso impegno che ha dedicato e continua a dedicare all’approfondimento del rapporto tra istituzioni e ricerca scientifica, un rapporto complesso e spesso conflittuale perché basato su presupposti diversi. Voglio fare una breve riflessione sul titolo di questo incontro, sul Prometeo Liberato, che Shelley scrisse ispirandosi a Eschilo a pochi passi da qui, nei pressi delle Terme di Caracalla, cambiandone completamente il finale: nella sua versione Prometeo, che ricordiamo nella mitologia è colui che plasma l’uomo e che gli dona il fuoco, viene liberato da Ercole, simbolo della Forza, e sposa Asia, simbolo della Natura.

Possiamo dire che già in questa visione romantica abbiamo un tracciato di quello che rappresenta la seria ricerca scientifica: una sfida a superare i limiti della conoscenza attuale, svolta con passione, tenacia e forza, con serietà e fatica, basata sul rispetto dei principi etici, al servizio dell’uomo e della tutela della vita umana e dei diritti fondamentali, in primis il diritto alla salute. Ma allo stesso tempo la società e la tutela dei diritti non possono non tener conto delle nuove acquisizioni scientifiche. E al legislatore spetta il compito di adeguare, contemperando costi e benefici, la normativa vigente alle novità della scienza, e di disciplinare il mondo scientifico evitando, come invece purtroppo a volte avviene, ritardi, contraddizioni e confusioni nelle norme.

Posso solo immaginare lo stato di salute del vostro fegato, per tornare al mito di Prometeo, ogni volta che in queste aule o nella comunicazione viene dato credito a facili imbonitori, a guaritori che, sfruttando il dolore e la speranza, guadagnano il loro momento di celebrità sulla vita e sulla malattia di persone e famiglie disperate.

Scienza e tecnologia sono al servizio dell’uomo, della vitalità economica e degli interessi della società, alla ricerca di soluzioni per i problemi della nostra società come l’inquinamento, la ricerca di nuove fonti energetiche, l’esplosione demografica, nuove cure e nuovi strumenti di diagnosi.

Alla politica, che pure è e deve essere al servizio dei beni sociali e della qualità della vita, e che deve utilizzare per questo anche le risorse del metodo scientifico, spetta invece il compito di sostenere e alimentare significativamente la ricerca scientifica e quella tecnologica, risorse e ricchezze della nostra società. La politica deve perciò guardare al progresso e ai grandi temi del Paese scevra dagli interessi di parte e dal facile consenso del momento.

Come ho già avuto modo di dire la ricerca scientifica è un valore, non un costo, nasce e si fonda sull’intelligenza e sulla conoscenza, alimenta il patrimonio culturale e fa crescere e progredire il paese. Vanno dunque assicurate alla ricerca ed alla tecnologia risorse trasparenti ed adeguate affinché si sviluppi una cultura scientifica dell’innovazione rapida e ai più alti livelli, attraverso una battaglia che coinvolga scuola, formazione e comunicazione.

Con questo spirito, nel mio ruolo di uomo delle istituzioni, farò quanto possibile affinché scienza e innovazione tecnologica ottengano linfa vitale dalla politica così da poter essere sempre pronte a venire incontro ai bisogni della società e far crescere e valorizzare quel capitale umano di cui il nostro Paese è così ricco ma di cui non fa sufficientemente tesoro.

Buon lavoro.

 

8° Asia-Europe Parliamentary Partnership Meeting

Autorità, Gentili ospiti, Cari colleghi,

Con molto piacere porgo il saluto mio personale e del Senato della Repubblica alle numerose delegazioni nazionali dei Parlamenti dei paesi asiatici ed europei. Una risposta di partecipazione così importante credo scolpisca plasticamente il rilievo che noi tutti attribuiamo a questo foro di cooperazione fra i nostri Paesi e fra le nostre assemblee rappresentative. Un processo politico quello di ASEM e ASEP tanto più vitale e rilevante quanto più profonde sono le esigenze di reciproca conoscenza, di comprensione e dialogo in questo difficile momento. I diversi formati di incontro fra Europa e Asia hanno finora garantito una sede informale ma profondamente significativa per avanzare il dialogo politico sui temi della sicurezza, dell’economia, dell’istruzione e della cultura. Questo foro di dialogo e diplomazia parlamentare che inauguriamo questa mattina, apporta  poi uno specifico valore aggiunto al dibattito euroasiatico, unendo legislatori appartenenti a sensibilità e a famiglie politiche diverse: un formato che amplia gli orizzonti delle idee e che può, anzi deve preparare nel migliore dei modi la cooperazione intergovernativa.

Oggi il continente euro-asiatico è scosso da profonde fratture geopolitiche che si aprono lungo linee di faglia vecchie e nuove che propagano instabilità, crisi e insicurezza in ciascuno dei nostri Paesi: linee di faglia geologiche, energetiche, religiose, etniche, geopolitiche, territoriali, anche nazionalistiche. Noi abbiamo il dovere di ricomporle, ripartendo dalla storia antichissima che unisce le nostre civiltà. Le relazioni fra Europa ed Asia sono alle origini della civiltà moderna: fu il dialogo fra le nostre millenarie culture, che scorreva lungo le grandi vie del commercio, a incidere in profondità nel corso della Storia mondiale e disegnare le forme essenziali dell’odierna società della conoscenza.

Auspico quindi che il dibattito che si svolgerà quest’oggi, sui temi così cruciali per i nostri cittadini e per le nostre civiltà – governance economico-finanziaria, crescita sostenibile e sicurezza alimentare – possa svilupparsi sulla base di queste così antiche comuni origini, per costruire insieme il futuro di un continente che ospita oltre il sessanta per cento della popolazione mondiale e che pesa per più del sessanta per cento del commercio internazionale. A questo fine, io credo, sarà necessario costruire ponti, non solo ideali ma anche fisici, immateriali e materiali: reti di comunicazione e reti infrastrutturali, energetiche, stradali, marittime, ferroviarie. Connettere in positivo i sistemi produttivi, investendo e producendo gli uni nei territori degli altri. Programmare nuovi flussi migratori virtuosi, di professionisti, di scienziati, di pensatori, di innovatori.

Ripartendo dalla storia, io sono convinto, sapremo ricostruire insieme l’unità nella diversità di questo straordinario continente, l’Eurasia. E credo che l’Italia sia il luogo simbolicamente più idoneo a questa rinascita: il Paese dove aveva termine la via della seta, che con uomini come Marco Polo, Matteo Ricci e molti altri ha incarnato il desiderio di conoscere, ampliare gli orizzonti e di dialogare per conquistare nuove conoscenze e nuove frontiere di pace e di progresso.

Auguro a tutti buon lavoro e successo. Grazie

Serve accelerata su legge autoriciclaggio

Intervista rilasciata il 3 ottobre 2014 a Il Fatto Quotidiano

Partorito ieri un nuovo testo sull’autoriciclaggio, dopo mesi di rinvii e contrapposizioni. Si sono messi attorno a un tavolo il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, quello dell’Economia, Pier Carlo Padoan, e quello delle Riforme, Maria Elena Boschi. Il nodo da sciogliere era quello della soglia: secondo il testo proposto una settimana fa dal ministro della Giustizia, l’autoriciclaggio sarebbe perseguito soltanto quando il reato presupposto (quello che ha prodotto i soldi sporchi da ripulire) è punibile con una pena superiore a 5 anni. Contrario alla soglia era invece il ministro Padoan, che vorrebbe veder punito per autoriciclaggio anche chi reimpiega fondi neri ottenuti con reati economici e fiscali. Il compromesso raggiunto ieri diversifica le pene: da 2 a 8 anni sopra quella soglia, da 1 a 4 sotto. Ma nel testo che circola, al comma 3, si dice che non c’è il reato “quando il denaro, i beni o le altre utilità vengono destinate alla utilizzazione o al godimento personale”. E per cos’altro dovrebbero essere impiegati? Questo comma finisce per azzerare del tutto l’autoriciclaggio. Pietro Grasso, ex procuratore nazionale antimafia, aveva proposto misure anticorruzione, tra cui l’autoriciclaggio, appena entrato in Parlamento, un anno e mezzo fa. Per il suo ruolo attuale di presidente del Senato non commenta un testo ancora non definitivo. Ma, più in generale, denuncia ritardi e insufficienze negli interventi sulla giustizia.

Al festival del Diritto di Piacenza, qualche giorno fa, lei si era fatto una domanda: “Mi chiedo quali interessi blocchino la mia legge sulla corruzione”. È riuscito a darsi una risposta?

Non mi piacciono le dietrologie, registro i fatti: dal 15 marzo 2013 la mia proposta è ancora in commissione Giustizia in Senato. Ce n’è una alla Camera che affronta alcuni degli stessi temi. Il ministro ne ha promesse altre. Eppure non si va avanti.

È evidente che ci sono diversità di vedute su come introdurre il reato di autoriciclaggio. C’è chi, per la propria esperienza, è più sensibile alla lotta antimafia e chi preferirebbe introdurre il nuovo reato per contrastare la criminalità economica.  Poi c’è qualcuno che proprio non lo vuole…

Ci sono proposte diverse, ma sulla mia ultimamente si è fatta un po’ di confusione. Quella che lei ieri ha definito “linea Grasso” è in realtà quella del testo unico in discussione in commissione, redatto dal relatore D’Ascola sulla base del mio e di numerosi altri disegni di legge. Naturalmente la dizione è “Grasso e altri”, ma è ben lontana dal mio testo originale che, al contrario di quanto da lei scritto, colpiva sia i reati economici della mafia che quelli dei colletti bianchi, insomma qualsiasi reato che genera profitto. Solo così si può garantire l’integrità del sistema economico e finanziario, e recuperare miliardi di euro alle casse dello Stato.

È accettabile la soluzione di compromesso, che sotto i 5 anni, prevedendo pene minori, non dà la possibilità di intercettare?

Nella mia proposta originaria avevo previsto una pena da 1 a 6 anni, anche per consentire l’utilizzo delle intercettazioni, così come avevo previsto l’attenuante speciale per chi collabora con la giustizia e le aggravanti per professionisti, pubblici ufficiali e intermediari finanziari. Lunedì scorso, a Milano, avevo proposto io stesso una soluzione di compromesso, ovvero aggiungere che nei casi di lieve entità sia prevista solo la pena pecuniaria e non il carcere, mantendo però tutte le pene accessorie: confisca, decadenza e revoca delle concessioni e delle autorizzazioni, divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, interdizione dai pubblici uffici e così via.

Chi frena sull’autoriciclaggio obietta che la stessa persona rischia di essere punita più volte per lo stesso comportamento.

Sono reati diversi che tutelano interessi diversi: il patrimonio, l’integrità dell’economia, l’interesse della pubblica amministrazione e via dicendo. Nel nostro codice l’ipotesi è già regolamentata dal “reato continuato”: non si sommano le pene. Nel caso di più reati, si applica la pena del reato più grave con solo un aumento per gli altri.

Oltre all’autoriciclaggio, quali sono le misure più urgenti che dovrebbero essere introdotte per combattere la corruzione?

L’introduzione della figura del collaboratore di giustizia. L’eliminazione della punibilità del privato vittima di abusi nella corruzione per induzione. L’aumento della pena nel traffico di influenze illecite. La revisione della corruzione tra privati. Il ripristino della punibilità del falso in bilancio. La revisione dei reati societari. Tutto questo sotto il profilo della repressione, poi occorre intervenire anche sulla prevenzione. Ma il problema più grande resta quello etico e culturale.

Non è necessario intervenire anche sulla prescrizione?

Ho sempre detto che la cosa migliore sarebbe intervenire in senso generale, per tutti i reati, sospendendone il decorso dopo il rinvio a giudizio.

Immagine: Il Fatto Quotidiano

 

 

 

Senato aperto al pubblico

Sabato  4  ottobre  2014  Palazzo Madama, sede del Senato della Repubblica, sarà aperto al pubblico dalle 10 alle 18. L’ingresso è in Piazza Madama.

Le  visite,  gratuite  e  della  durata  di circa 40 minuti, sono curate da personale del Senato. Durante il percorso sarà possibile conoscere non solo la  storia  del  Palazzo  risalente alla fine del XV secolo, ma soprattutto apprezzare il suo valore storico-artistico  e  comprenderne  le  sue trasformazioni.  Per i diversamente  abili  sarà  disponibile un apposito servizio  di  accompagnamento.  Per poter accedere a Palazzo Madama  è necessario  ritirare  il  biglietto  presentandosi  all’ingresso  il giorno stesso  dell’apertura  al  pubblico, dalle ore 8.30 in poi (non è possibile riservare  i  biglietti anticipatamente). Ciascun visitatore può richiedere al  massimo  quattro  biglietti  se  adulto  e  un  biglietto se minorenne, scegliendo  un  orario  compreso  tra le 10 e le 18 con intervalli di venti minuti. Superata la soglia dell’ingresso principale di Palazzo Madama, i visitatori raggiungono la Sala Caduti di Nassirya. In questo spazio, prima dell’inizio della  visita,  verrà  proiettato  un  filmato  che  illustra composizione, articolazione  e  compiti del Senato della Repubblica nella sua funzione di Assemblea legislativa.

Solidarietà e responsabilità per afforntare le fratture geopolitiche del Mediterraneo

Intervento al Seminario del Gruppo Speciale sul Mediterraneo e il Medio Oriente dell’Assemblea parlamentare della Nato

Autorità, Gentili ospiti, Cari colleghi,

Ho accolto davvero con grande piacere l’invito ad introdurre questo seminario del Gruppo Speciale Mediterraneo e Medio Oriente e della Sottocommissione sulla Governance Democratica dell’Assemblea Parlamentare della NATO. Voglio quindi ringraziare il Presidente della Delegazione italiana Andrea Manciulli per avermi voluto qui oggi ed il Sindaco di Catania Enzo Bianco per l’accoglienza in questa bella città della mia” Sicilia, una terra che del Mediterraneo è fulcro ed anima.

Questa riunione non potrebbe essere più attuale e tempestiva. La sponda sud del Mediterraneo e più in genere il Grande Mediterraneo sono scossi da alcuni anni da un violento tsunami che propaga instabilità in tutto il mondo. Profonde fratture geopolitiche si aprono fra Oriente e Occidente e fra Levante e Golfo, lungo linee di faglia vecchie e nuove. La principale è fra Oceano Indiano e Mediterraneo orientale: snodo geologico (competizione per gli idrocarburi), geoenergetico (competizione per le infrastrutture), georeligioso (sunniti contro sciiti), etnico (arabi contro persiani) e geopolitico (Iran contro Arabia Saudita). Poi le minacce del jihad globale che in Afghanistan, Yemen, Mali, Sudan, Mauritania, Iraq, Siria, Somalia sperimenta disegni georeligiosi di abbattimento dell’Occidente e dei governi islamici moderati attraverso i metodi brutali del terrorismo, dell’instabilità, dell’offesa alla dignità umana. E ancora, gli effetti della collisione fra le obsolete strutture sociopolitiche dei regimi e le giovani energie che hanno innescato le rivoluzioni.

Ma quella che troppo retoricamente e troppo presto abbiamo voluto considerare una “primavera” ha esaurito la sua fase ascendente. Le conseguenze sono complesse, e drammatiche. L’instabilità danneggiando l’economia aggrava la povertà endemica dei paesi della regione, ma anche quella delle nazioni occidentali, già colpite da una crisi economica senza precedenti; i conflitti producono movimenti di profughi e di migranti. La debolezza delle frontiere, l’anarchia istituzionale, le disgregazioni sociali aprono nuovi corridoi per i traffici di droga, di persone, di armi, di cui l’Italia è sovente il primo terminale, determinando poi una pressione migratoria sulle coste del nostro Paese che è difficile contenere. Noi tutti abbiamo memoria indelebile di un’immagine che si è replicata centinaia, forse migliaia di volte, alla quale però non possiamo abituarci. Da barconi stipati e malandati vengono fatti scendere donne, bambini, uomini tremanti e dal passo malfermo, salvati dai militari italiani che pattugliano il Canale di Sicilia e dai generosi cittadini di questa terra che non esitano a rischiare la propria vita per aiutare chi ha bisogno. Hanno negli occhi il buio del terrore, e la luce della speranza di un futuro migliore, o comunque di un futuro per sé e per i propri figli.

Le possibili risposte a queste drammatiche sfide emergenti sono racchiuse in due parole chiave: solidarietà e responsabilità. L’Alleanza Atlantica, l’Europa, e i paesi più solidi della sponda sud hanno il dovere di dare vita insieme ad un processo politico strategico di medio e lungo termine finalizzato non soltanto a promuovere la sicurezza in senso territoriale, attraverso strumenti militari, ma ancora di più a determinare l’emersione ed il consolidamento delle istituzioni, l’inclusione politica e il mutuo riconoscimento degli attori statuali, lo sviluppo economico, lo scambio culturale, la pacifica convivenza di credi religiosi e delle identità tribali. Lo dico con chiarezza. Nessuno, ripeto nessuno può considerarsi al sicuro ed autosufficiente rispetto a questioni epocali che ci minacciano tutti, che entrano in ogni casa, scavalcano qualsiasi confine: ogni approccio egoistico di carattere nazionale è destinato a fallire inevitabilmente. Dobbiamo muoverci dentro due direttrici intimamente collegate. La prima. Sostenere in concreto i processi istituzionali, lavorare per unire, per sanare le disgregazioni politiche e sociali, per promuovere la statalizzazione dei territori che oggi sono in balia del caos. Senza la pretesa di esportare semplicisticamente i modelli politici che noi abbiamo conquistato in decenni, in secoli di evoluzione del pensiero. Sostenere il rispetto dei diritti, la coesione sociale e la stabilità ma secondo i modelli auto-determinati dai popoli, puntando sull’evoluzione culturale progressiva piuttosto che su discutibili operazioni di trapianto che la storia recente dimostra essere condannate al rigetto. La seconda. Guardare a questa grande area territoriale nel suo complesso. La soluzione delle crisi siriana e libica, il contenimento del nuovo e vecchio jihadismo impongono ineludibilmente accordi che coinvolgano tutte le grandi potenze della regione, per comporre conflitti superficiali e latenti e per conciliare interessi divergenti. Escluderne qualcuna, l’Iran ad esempio, io credo pregiudicherà le prospettive di soluzioni stabili.

La diplomazia parlamentare ha in questo un ruolo vitale e crescente. Noi come rappresentanti dei cittadini siamo l’incarnazione e la manifestazione profonda della democrazia e dobbiamo farci interpreti della necessità di un cambiamento profondo delle nostre politiche comuni.

Chiudo con un grande studioso dell’età moderna, Fernand Braudel, che in una sua celebre opera per un verso notava l’eterogeneità del Mediterraneo: “Mille cose insieme. Non un paesaggio ma innumerevoli paesaggi. Non un mare ma un susseguirsi di mari. Non una civiltà, ma una serie di civiltà.. è trovare il mondo romano in Libano, la preistoria in Sardegna, le città greche in Sicilia, la presenza araba in Spagna e l’Islam turco nei Balcani…”. E dall’altro segnalava che quel grande crocevia politico e culturale “si presenta al nostro ricordo come un’immagine coerente, un sistema in cui tutto si fonde e si ricompone in un’unità originale”. Ecco, ripartire dalla considerazione attenta della storia dove si trovano le origini di ogni fatto presente è la strada per riconquistare quella grande unitarietà nella diversità. Attendo quindi di ascoltare gli illustri relatori che seguiranno, nella profonda convinzione che dialogare ed agire sia il nostro collettivo dovere di donne e di uomini delle istituzioni.

Grazie.

Parlamentari NATO. Seminario sul Mediterraneo e il Medio Oriente

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Sarà  il  Presidente  del  Senato,  Pietro  Grasso,  ad aprire i lavori del Seminario  organizzato  dal  Gruppo  speciale  sul  Mediterraneo e il Medio Oriente dell’Assemblea parlamentare della NATO. L’incontro si terrà a Catania, domani giovedì 2 ottobre, nella Sala Bellini del Palazzo degli Elefanti, in Piazza Duomo 3. I  lavori,  articolati  in  quattro  sessioni,  si apriranno alle 9, con il saluto del Presidente Grasso.

I  discorsi   di  apertura  saranno  tenuti  da  Hugh  Bayley,  Presidente dell’Assemblea  parlamentare  della  NATO;  Andrea  Manciulli,  Capo  della Delegazione  italiana presso l’Assemblea parlamentare della NATO; Ali’ Riza Alabyun, Presidente del Gruppo speciale sul Mediterraneo e Medio Oriente. Alle   9.30  seguirà  la  relazione  del  Ministro  degli  Esteri  Federica Mogherini. La  prima  sessione  dei lavori inizierà alle 10.30. Interverranno sul tema “Il  consolidamento  dello  Stato  libico”,  Arturo  Varvelli dell’Istituto italiano  di  studi  politici  e  internazionali  e Florence Gaub, analista dell’Istituto dell’Unione europea per gli studi sulla sicurezza. Alle 12 si aprirà la seconda sessione dove verrà trattato e approfondito il tema dell'”Evoluzione del Movimento Jihadista nella Regione Mena”. Saranno  relatori  Marco Minniti, Sottosegretario di Stato per la sicurezza nazionale, e Riccardo Radaelli, docente dell’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano.

Nel  pomeriggio,  alle 15, riprenderanno i lavori della terza sessione, “La sfida delle migrazioni trans mediterranee: la prospettiva italiana”. Interverranno  Laura  Boldrini,  Presidente  della  Camera  dei  deputati, Angelino Alfano, Ministro dell’Interno, e Giuseppe De Giorgi, Capo di Stato Maggiore della Marina militare italiana.

Alle  16,30  inizierà  la  quarta  ed ultima sessione di lavori della prima giornata:  “La  sfida  delle  migrazioni  trans  mediterranee”.  I relatori saranno:   Philippe   Fargues,  Direttore  del  Centro  di  politica  delle migrazioni  di  Parigi  e  Maria Assuncao Altrade Esteves, Presidente della Repubblica   del   Portogallo   e  Presidente  dell’Assemblea  parlamentare dell’Unione per il Mediterraneo.

Giovanni Spadolini: l’eredità a vent’anni dalla scomparsa

Ho aderito con piacere alla proposta della Fondazione Spadolini di organizzare in Senato un convegno che, a vent’anni dalla sua scomparsa, desse l’occasione di tornare a riflettere sulla straordinaria e poliedrica figura di Giovanni Spadolini.  Lo facciamo in questa Sala Zuccari che proprio lui, da Presidente del Senato, volle aprire al confronto tra politica e cultura.

Politica e cultura, due parole, due dimensioni dell’esperienza umana, che in Spadolini trovarono una sintesi davvero rara sulla scia di un altro grande intellettuale che onorò l’Aula del Senato: Norberto Bobbio. A Palazzo Madama Spadolini da Senatore entrò a 47 anni, ma già frequentava da anni le sale della nostra Biblioteca come giovane studioso, la stessa Biblioteca che da Presidente del Senato volle aperta al pubblico e che porta oggi il suo nome. Come professore poi, era stato nominato membro di commissione di concorso per la selezione dei nostri funzionari.

In Senato svolse la sua intera carriera politica, dal 1991 come senatore a vita, sino alla morte. Venne eletto infatti Senatore a Milano nel 1972nelle fila del Partito Repubblicano, senza alcuna militanza di partito alle spalle, ma con una già lunga carriera accademica e giornalistica. Ancora giovanissimo e apprezzato collaboratore del Messaggero di Missiroli e del Mondo di Pannunzio, vinse il primo concorso a cattedra di Storia contemporanea. Sarà chiamato poi alla guida di testate prestigiose: “Il Resto del Carlino” e quindi il “Corriere della Sera” che guidò in anni cruciali e difficili. Fu Ugo La Malfa a offrirgli il seggio da Senatore subito dopo la sua uscita dal Corriere.

Se il giornalismo fu per lui una grande passione, Spadolini fu e restò sempre innanzitutto un intellettuale, un uomo di profonda cultura; sino alla sua morte fu anche Presidente dell’Università Bocconi, dove a novembre sarà commemorato dal presidente Giorgio Napolitano, e Direttore della Nuova Antologia.

Non stupisce dunque che a Palazzo Madama diventasse subito Presidente della Commissione Istruzione di Palazzo Madama essendo poi protagonista della battaglia culturale e politica che porterà alla istituzione del Ministero per il Beni Culturali e Ambientali; un dicastero di cui fu il primo titolare.  Inizia così una nuova esperienza per Spadolini, quella di uomo di governo. Anche questa segnata dalla sua passione civile e dalla sua cultura.

Forte della sua conoscenza profonda, maturata nei suoi studi, della storia politica dell’Italia contemporanea, come responsabile della cosa pubblica Spadolini comprese con lungimiranza che la stagione della Repubblica dei partiti, di cui fu pure protagonista indiscusso e autorevole da segretario e leader del Partito Repubblicano, si stava chiudendo. Centrale fu per lui l’esigenza di una profonda riforma dei meccanismi istituzionali del nostro Paese nel quadro di un rinnovamento morale della vita politica nazionale.

Chiamato da Sandro Pertini nel 1981 alla guida del Governo volle marcare con forza l’autonomia dell’istituzione Governo e in particolare della Presidenza del Consiglio.

Come ebbe modo di dire proprio nell’Aula del Senato “Per chi come noi muove da un’idea della centralità del Parlamento nel sistema costituzionale, non c’è dubbio alcuno che le istituzioni parlamentari sono istituzioni di Governo e che viceversa il Governo – il Governo in Parlamento – sia un’istituzione parlamentare. A un Governo istituzionalmente forte – continuava Spadolini – corrisponde un Parlamento forte, a un Governo debole corrisponde un Parlamento debole”.

In quello stesso discorso dell’agosto del 1982, con cui presentava alle Camere il suo secondo Governo, affrontò il tema di un generale aggiornamento del quadro istituzionale e anche della nostra Carta Costituzionale, una Carta che, ricordava Spadolini, “Non è calata dal cielo e non è stata il frutto dell’elaborazione di un gruppo di esperti dietro una scrivania, ma ha rappresentato la conquista di tutto il popolo italiano nella lotta per la libertà”.

Secondo Spadolini “Ogni aggiornamento di quelle norme – e cioè ogni revisione della Costituzione – presuppone il coinvolgimento di tutti i partiti che la elaborarono, senza escludere l’apporto di nuove forze affacciatesi sulla scena politica italiana e senza pretendere un impossibile unanimismo che, del resto su vari punti importanti, non si realizzò neanche alla Costituente”.

Sono parole queste che mi sembrano oggi attuali più che mai.

Uscito da Palazzo Chigi fu, nella legislatura successiva, Ministro della Difesa. Nel luglio del 1987 Spadolini coronò quindi la sua carriera di uomo delle istituzioni alla Presidenza del Senato che ricoprì nella X e XI legislatura.Qui ebbe modo di riprendere il filo di quel percorso riformatore che aveva con tanta lungimiranza avviato nel 1982.

Ne sono il frutto la incisiva revisione del  Regolamento del Senato del 1988 che proprio Spadolini, da Presidente, promosse, in particolare per quanto riguarda la disciplina del voto segreto, e anche quel dibattito sulla riforma del bicameralismo che si concluse con un testo approvato dal Senato nel 1990. Un testo che tuttavia non riuscì a concludere il suo iter nell’altro ramo del Parlamento.

Credo sia utile per tutti oggi tornare a consultare gli atti di quel dibattito che proprio Spadolini volle pubblicati in un volume. Anche allora le posizioni dei partiti che si confrontarono presso la Commissione Affari Costituzionali sotto la presidenza di Leopoldo Elia erano assai distanti. Anche allora non tutte le divisioni furono appianate e il testo non esprimeva una posizione di ampia unanimità. Si dovette operare comunque una scelta fra le varie ipotesi avanzate.

Come ebbe modo di dire allora Spadolini “La soluzione prevalsa, dopo un dibattito sereno e approfondito, è stata quella del cosiddetto bicameralismo procedurale… Camera e Senato restano componenti eguali di un Parlamento concepito – come nella volontà dei costituenti – in modo unitario. Con identici poteri e con identica dignità, eliminando però quelle duplicazioni, quei ritardi procedurali, quelle ripetizioni ormai incomprensibili e ingiustificabili”. Così si esprimeva Spadolini che non mancò di sottolineare come questa scelta rappresentasse comunque una svolta fondamentale: “La prima forma di autogiudizio e di autocorrezione – sono queste le parole di Spadolini – che il Parlamento ha dato di se stesso in oltre 40 anni”.

“Quella data dal Senato – proseguiva Spadolini – è una risposta a tutti coloro che, da più parti, irridono alla capacità del Parlamento di saper modificare un quadro normativo istituzionale che senza dubbio ha bisogno di cambiamenti anche profondi”.

Oggi che siamo nuovamente impegnati in una profonda revisione della seconda parte della nostra Costituzione, ed in particolare del nostro bicameralismo, ricordare queste parole e quella esperienza mi sembra il modo migliore per onorare qui, in Senato, la figura di Giovanni Spadolini.

Buon lavoro.

Elezione di Legnini a Vice Presidente del CSM: gli auguri del Presidente Grasso

“Ho appreso con grande soddisfazione la notizia dell’elezione, avvenuta con un ampio consenso, di Giovanni Legnini come nuovo Vice Presidente del Consiglio Superiore della Magistratura”. Così il Presidente del Senato Pietro Grasso, che ha poi così concluso: “desidero inviargli i miei migliori auguri di buon lavoro, certo che saprà, con competenza e autorevolezza, dare un importante contributo alle attività che l’organo di autogoverno della Magistratura è chiamato a svolgere.

A 20 anni dalla scomparsa di Giovanni Spadolini

Il presidente del Senato, Pietro Grasso, interverrà martedì 30 settembre al convegno  “L’eredità  di  un  italiano.  Giovanni Spadolini a 20 anni dalla scomparsa”,  in  programma  alle  ore  17 presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani.

Le  idee  di  Giovanni  Spadolini, la sua attività politica, giornalistica  e  di  storico  saranno  ricordati da Giuliano Amato, Cosimo Ceccuti,  Stefano  Folli  e  Andrea Manzella. L’incontro sarà coordinato da Giorgio Giovannetti.