A trentacinque anni dalla strage di Bologna

Cari amici,

è con profonda commozione che oggi sono qui insieme a voi. Ringrazio il Sindaco, Virginio Merola, per avermi invitato a condividere con voi, su questo palco, questo importante anniversario. Ringrazio Paolo Bolognesi, che nel suo intervento ha richiamato i tanti, troppi nodi irrisolti di questa tragedia. Ringrazio tutti voi e idealmente abbraccio la città di Bologna che, con fierezza, dignità, compostezza e determinazione ogni anno si riunisce nel ricordo di quel 2 agosto di 35 anni fa quando, come oggi, in un caldo sabato d’agosto, ha assistito inerme all’offesa e alla lacerazione di tante vite umane. In un solo secondo, all’interno di una stazione affollata di vacanzieri, pendolari ed operatori ferroviari, piena di vita, l’orologio si è fermato, alle 10.25, per le 85 vittime, per i feriti, per i loro familiari, per l’intero Paese, per tutti coloro che non hanno dimenticato e che oggi più che mai non possono e non vogliono dimenticare.

Quanti miliardi di secondi in 35 anni sono passati da quello fatale: è difficile guardarsi indietro e provare a raccogliere in un unico sguardo il tempo che ci separa dal 2 agosto 1980, da quel giorno che ha cambiato per sempre la vita di centinaia di persone e la storia del nostro Paese.

Osservo i volti di chi, ogni giorno in questi lunghi anni, ha messo al servizio di ciascuno di noi la propria personale sofferenza, per continuare a testimoniare la sua sete di verità e giustizia. Nel nostro incontro c’è molto di più  della “vicinanza istituzionale”: mi sento legato alla compostezza e alla tenacia dei vostri sguardi perché, in essi, lo dico senza ipocrisia, riconosco anche il mio che tante volte nella mia vita si é incrociato con quello dei tanti familiari di vittime, segnati dal peso di quanto accaduto ai propri genitori, figli, amici, parenti, colleghi. Conosco il dolore di chi c’era e di chi è sopravvissuto, il dolore di chi ha tentato invano di aiutare una persona che gli stava accanto e non vi è riuscito, di chi ha prestato subito i soccorsi tra sangue lacrime, urla.

Non è semplice parlarvi da questa piazza, credetemi. Oggi, qui a Bologna, mi interrogo insieme a voi sul significato di quel drammatico momento che continua ancora a suscitare domande e ci impone l’obbligo di dare delle risposte; rifletto sul dolore che da allora è rimasto intatto ed è anzi cresciuto nutrendosi di amarezze e frustrazioni. Lo faccio in primo luogo come uomo, poi da ex-magistrato – che nel suo precedente lavoro si è imbattuto in nomi, episodi, trame legate anche alla strage della stazione di Bologna – infine da Presidente del Senato.

Le mie parole non vi sembrino la sterile retorica di chi è tenuto ad intervenire per dovere istituzionale. Nessuna retorica oggi, in questa piazza, nessuna banalità, non servono frasi di circostanza, ma sono qui invece aggiungere la mia voce al coro unanime di voci che ogni anno si riunisce sotto questo palco per ripetere tutti insieme: “noi non ci stiamo, noi non dimentichiamo, Noi vogliamo giustizia”. La stagione terroristica di quegli anni è finita, ma le cicatrici di quei momenti rimangono indelebili sulla pelle di ciascuno di noi e sulla bandiera del nostro Paese.

La bomba della stazione sembrò confermare, con la più efferata delle stragi civili della nostra storia, i più reconditi timori di una nazione che da anni assisteva alla messa in opera di una strategia della tensione volta a destabilizzare il Paese attraverso la cieca violenza. Sebbene la magistratura, con faticosa e ostinata determinazione, abbia individuato gli esecutori materiali di quel terribile attentato e appurato i disgustosi tentativi di depistaggio, messi in atto da alcuni traditori dello Stato, resta ancora molto da fare, tanto sul piano processuale che su quello della ricostruzione storica, per comprendere meglio le trame che legano l’uno con l’altro alcuni degli episodi più oscuri e cruenti della notte della Repubblica.

Il 1980 fu un anno terribile, iniziato con l’omicidio del Presidente della Regione Siciliana Piersanti Mattarella, che mi impegnò personalmente nelle indagini, proseguito con decine attentati nei confronti di uomini delle forze dell’ordine e della magistratura e culminato, in estate, nelle stragi di Ustica e in questa di Bologna.

Lo slogan di questa giornata ci dice che “non c’è democrazia senza responsabilità”. Sulla responsabilità, sulla mia responsabilità individuale di cittadino, figlio, padre, nonno, di magistrato e uomo delle istituzioni, ho incentrato tutta la mia vita. Prima come magistrato, oggi come Presidente del Senato, ho sempre affermato che la legalità, la giustizia, la democrazia si costruiscono partendo dal senso individuale di responsabilità, dall’etica personale, dal rifiuto per qualsiasi forma di compromesso. La ricerca della verità e della giustizia non può mai essere confinata solo nelle aule giudiziarie, è un percorso collettivo che chiede a ciascuno di noi l’impegno in prima persona.

Ho seguito e apprezzato molto gli interventi che mi hanno preceduto. Ringrazio il Presidente Bolognesi e l’Associazione familiari delle vittime della strage per l’impegno costante, la determinazione e la consapevolezza con la quale continuano a percorrere la strada della verità e della giustizia, senza mai arrendersi.

Presidente, il suo intervento preciso, puntuale, dettagliato, a tratti critico nei confronti delle Istituzioni per la lentezza delle procedure decisionali, ci ricorda che molto è stato fatto ma che tanto ancora rimane in sospeso.Comprendo la sua rabbia. Non si può morire in quel modo atroce senza responsabili, senza verità. Tanti ancora i lati oscuri di questo terribile evento, ma dobbiamo andare avanti. La ricerca della verità è sempre un procedimento faticoso: anche le condanne convivono talora con sentimenti di delusione e sconforto, ma questo non può, non deve farci disperare nel percorso di giustizia. Lo conferma l’importante risultato conseguito lo scorso 22 luglio con la sentenza di condanna pronunciata dalla Corte d’Assise d’appello di Milano nei confronti degli autori della strage di piazza della Loggia di Brescia. Un traguardo, quello registrato a Milano, che, come correttamente osservato da Manlio Milani, Presidente dell’associazione familiari vittime di piazza della Loggia, deve essere interpretato anche come un punto di partenza per ripensare l’intera stagione degli ‘anni di piombo’. Sono passati più di 40 anni, è vero, ma la verità non va mai in prescrizione.

L’ho ripetuto molto spesso nel corso di tutta la mia vita: lo Stato non può temere la verità, per quanto atroce possa essere. Il compito più alto delle Istituzioni e delle parti politiche è quello di pretendere chiarezza al di là di qualsiasi interesse di parte. Questo percorso investe non solo l’amministrazione giudiziaria, ma anche le istituzioni rappresentative, primo fra tutti il Parlamento. La sfida prioritaria da affrontare è senza dubbio la legge sul reato di depistaggio a cui le associazioni di familiari oggi presenti hanno contribuito in prima persona. Per questo ho sollecitato  la Commissione Giustizia del Senato a calendarizzare al più presto l’esame di questo provvedimento, con l’auspicio che su questi temi, che identificano una battaglia collettiva di legalità, non si creino divisioni o fratture. Finalmente il provvedimento, anche grazie alla tenacia di Paolo (Bolognesi) e del senatore Lo Giudice, ha iniziato venerdì il suo percorso in Commissione con la relazione del sen.D’Ascola.

Anche sull’attuazione della legge n. 204 del 2006, in tema di benefici economici alle vittime del terrorismo e ai loro familiari, si pone oggi più che mai l’esigenza di una risposta unitaria da parte delle istituzioni. Al riconoscimento legislativo di questo diritto ha fatto seguito una fase di esecuzione amministrazione estremamente complessa e spesso lacerante anche per i familiari delle vittime. Ho appreso con soddisfazione che proprio questi giorni la situazione si è finalmente sbloccata, superando le criticità applicative e le incongruenze della legislazione. Anche questa è una battaglia di legalità ed è giusto che su questo terreno le istituzioni pubbliche sappiano operare con responsabilità e coerenza.

Voglio concludere, cari amici, ricordando che il cammino compiuto in questi 35 anni ci ha consentito di raggiungere alcuni risultati importanti soprattutto sul terreno della memoria. Come ho ricordato nell’Aula del Senato lo scorso 9 maggio, nel giorno della memoria delle vittime del terrorismo e delle stragi, la sfida più alta è quella di guardare avanti tenendo sempre vivo il ricordo, partendo dal ricordo delle storie delle vittime, quasi in una sorta di debito morale e civile con ciascuno di loro.

Un grande passo avanti su questo terreno è stato fatto con la creazione della “Rete degli archivi per non dimenticare”, opportunamente richiamata anche dal Presidente Bolognesi. Una rete a cui ho manifestato di dare la massima collaborazione attraverso gli archivi del Senato, condividendo la volontà di valorizzare e rendere disponibili tutti i documenti sui temi legati al terrorismo, allo stragismo, alla criminalità organizzata, per creare le basi documentali della memoria collettiva. Per questo è fondamentale che tutte le Istituzioni portino avanti il progetto di declassificazione dei documenti, superando quei paletti che stanno rendendo difficile proseguire velocemente su questa strada.

Cari amici, nei giorni seguenti la strage, come ho ricordato in Senato, la paura e l’odio non prevalsero, vincemmo la follia di pochi con la forza di molti. Eppure le nostre Istituzioni, i nostri simboli e valori furono comunque colpiti nel profondo, nella loro credibilità. Abbiamo rischiato di non essere capaci di mantenere e consegnare intatto ai nostri figli e nipoti il prezioso dono della speranza che, anche dopo molti decenni e attraverso percorsi talvolta tortuosi, sia sempre fatta giustizia. Questo l’ideale che ho custodito per tutta la mia carriera di magistrato e che mi ha dato forza e determinazione per andare avanti, soprattutto nei momenti di maggiore sconforto; questo il pensiero che guida, giorno dopo giorno, la mia attività di Presidente del Senato.

Una democrazia prospera solo quando la fiducia è più forte della rassegnazione, quando l’adesione morale e civica ai valori della Costituzione è piena e ispira ogni cittadino nella sua azione quotidiana. Continuare con forza a cercare la verità, tutta la verità, con ogni mezzo e con la piena collaborazione di tutte le Istituzioni, significa proprio questo: dare vigore e pieno significato agli ideali che animano il nostro vivere insieme.

Ne va della dignità di chi, innocente, è stato ucciso inaspettatamente ; di chi da allora porta i segni tangibili di quella sofferenza; di chi non desiderava essere un martire o un eroe, di chi oggi sceglie di stare dalla parte dei giusti; di chi faticosamente si batte per tenere viva la fiamma della memoria. Memoria che rischia, altrimenti, di essere soffocata dall’indifferenza e dal peso dei miliardi di attimi trascorsi da quello in cui esplose la bomba della stazione di Bologna. Voi cittadini bolognesi, e quanti siete qui, mirabile esempio di questa lotta quotidiana, non mollate, dobbiamo tutti insieme continuare. Grazie

Cerimonia del Ventaglio

Cari giornalisti, cari colleghi,

prima di rispondere alle tante questioni poste voglio cogliere questa prima occasione ufficiale per porgere i miei più sinceri auguri di buon lavoro ai nuovi vertici e a tutti i componenti degli organi statutari dell’Associazione Stampa Parlamentare, certo che proseguirà con voi il rapporto di leale collaborazione che ho avuto con i vostri predecessori.

Le riforme costituzionali sono un tema ricorrente di questi incontri, non solo con me ma anche coi miei predecessori, che si sono trovati nella condizione di commentare percorsi di riforma sempre in itinere e raramente conclusi. E’ il segno evidente che il tempo di una riforma profonda non è più rinviabile.

Tutti concordano sulle linee principali del testo in discussione: il bicameralismo paritario non è più compatibile con l’esigenza di speditezza delle procedure legislative e dell’azione di governo. Ma se si vuole mantenere un sistema bicamerale, come io penso sia necessario, ciascuna Camera deve avere un proprio ruolo definito. Ci stiamo avviando verso una forma di bicameralismo asimmetrico dove alla sola Camera dei Deputati è affidato sia il rapporto di fiducia con il Governo che l’attuazione del suo programma. Per questo penso che l’Italia abbia bisogno di un Senato di garanzia, come avviene in molte altre democrazie. E credo che sarebbe equilibrato attribuire al Senato alcune funzioni esclusive e non concorrenti: funzioni di controllo, di inchiesta, di nomina, di raccordo con le istituzioni dell’Unione europea e di valutazione delle politiche pubbliche. Sulle funzioni esclusive mi auguro quindi sia ripristinato l’equilibrio tra le diverse esigenze che era stato conseguito un anno fa in Senato. Sono pochi, ma essenziali, i punti su cui sarà doveroso intervenire senza per questo che i tempi si allunghino: non servirà infatti, per quante modifiche verranno apportate, aggiungere letture in più di quelle previste già oggi.

In merito all’apertura o meno a possibili modifiche dell’articolo 2 nessuna decisione può essere presa senza un’attenta analisi delle proposte emendative su cui sarò chiamato a pronunciarmi. Prima che questo accada, voglio sottolineare, passeranno ancora parecchie settimane, che spero vivamente possano essere utilizzate in modo proficuo per raggiungere un accordo politico anche sul punto della “composizione” del nuovo Senato, tema senza dubbio delicato e sul quale si è avviato quel “confronto molto serrato tra le forze politiche, all’interno dei singoli gruppi e nella dialettica Parlamento-Governo” cui ha fatto riferimento la presidente Finocchiaro nella sua relazione introduttiva del 7 luglio scorso.

Come si rileva dalla stessa relazione, a seguito di una modifica apportata alla Camera in un comma dell’articolo 2, “si palesa una possibile contraddizione” che va comunque risolta tra i nuovi articoli 57 e 66 della Costituzione e che riguarda la durata del mandato senatoriale dei sindaci che, stando all’attuale formulazione, potrebbero mantenere, per tutto il tempo della consilitatura regionale che li ha eletti, il ruolo di senatori, pur senza più esercitare le funzioni di governo locale.

Affinché questa necessaria riforma sia anche duratura nel tempo è nostro dovere, dovere di tutte le parti politiche, contribuire a rendere questo testo il più condiviso possibile, privilegiando la strada dell’accordo politico alto, dell’intesa sui contenuti, piuttosto che la ricerca dei singoli voti. Spero davvero che il dibattito si concentri su questi pochi punti essenziali di merito e non sulle procedure, per chiudere in breve tutte le letture necessarie e dare avvio, come prevede la Costituzione stessa, al percorso referendario che sancirà la valutazione definitiva dei cittadini italiani sul lavoro del Parlamento.

Il mio auspicio – sono e resto un inguaribile ottimista – è che il referendum non si trasformi in uno scontro politico, ma che veda tutti i partiti coesi per un si pieno a un progetto condiviso e utile al Paese: sarebbe forse il viatico migliore, presidente Amici, per iniziare a ricucire quel “distacco” tra cittadini e istituzioni cui ha fatto riferimento.

Non possiamo infatti non essere preoccupati per il drammatico scollamento tra politica e cittadini, una distanza emersa in maniera inequivocabile nelle recenti tornate elettorali che hanno registrato allarmanti dati sulla partecipazione al voto. L’astensionismo è la più naturale e immediata risposta delle persone quando la politica e le Istituzioni, da quelle del più piccolo Comune a quelle internazionali, sono percepite come incapaci di realizzare ciò che i cittadini si aspettano: risolvere i problemi e, contestualmente, progettare e realizzare il futuro.

Il clima di sfiducia generale, a mio parere, deriva da questa sensazione, nonché dai troppi scandali emersi negli anni, dai troppi e a volte davvero incomprensibili “scontri ideologici” quando basterebbe abbandonare le rendite di posizione, perlopiù mediatiche, in favore di soluzioni concrete. Dall’altro lato rischia di diffondersi l’idea sbagliata che possa esistere una democrazia capace di vivere e prosperare senza la politica, o contro di essa. Bisogna, con coraggio e determinazione, contrastare la diffidenza e l’indifferenza verso le Istituzioni, restituendo loro capacità di agire e piena autorevolezza, a partire dai partiti, che devono garantire la trasparenza dei bilanci e dei finanziamenti, una accorta selezione della classe dirigente ed un efficace controllo sui propri rappresentanti con regole e strumenti interni, che intervengano ancor prima delle inchieste, giornalistiche o giudiziarie.

Come sapete, immagino che voi più di tutti ve ne siate accorti, tenevo molto all’approvazione del ddl anticorruzione che, riguardando anche il falso in bilancio, considero vitale per contrastare alcuni fenomeni criminali che tanto incidono sul nostro tessuto sociale ed economico. Le mie proposte sono state rielaborate alla luce dell’ampio dibattito scaturito nei due rami del Parlamento e dal confronto con il Governo: quello che ho ribattezzato “Godot”, il provvedimento licenziato dalle Camere, da lungo tempo atteso, rappresenta una importante risposta e credo sia opportuno attendere del tempo per poter fare una valutazione davvero obiettiva della sua efficacia.

Presidente Amici, il recente dibattito che lei ha ricordato a proposito dell’impatto delle decisioni giurisdizionali sull’economia e la società riguarda un tema certamente non nuovo, che credo sia opportuno affrontare prescindendo dai casi di cronaca. Da un lato non vi è dubbio che il giudice non possa svolgere il suo dovere astraendosi dalle complessità della società in cui vive e dall’evoluzione del sentire comune, come è avvenuto per i diritti individuali, la tutela dell’ambiente, della salute e del lavoro. Ma è necessario ricordare che il giudice è soggetto soltanto alla legge e il suo primo dovere è dare conto, attraverso la motivazione, delle sue scelte interpretative nell’applicare le norme astratte al caso concreto. Non si può quindi pretendere che il giudice faccia ricorso a valutazioni del tutto estranee al dettato normativo pur di prendere in considerazione diritti costituzionali confliggenti o gli interessi dell’economia. Il giudice deve certo decidere con la massima responsabilità, intesa anche come consapevolezza delle conseguenze dei suoi provvedimenti ma la sua discrezionalità ha un limite invalicabile nella legge. Spetta quindi al legislatore valutare e bilanciare gli interessi collettivi e i valori costituzionali, assumendosi a sua volta la responsabilità politica di scelte chiare e norme ben formulate.

E’ scontato da parte mia ripetere che alla magistratura non può essere richiesto di svolgere un ruolo di “supplenza” del legislatore e della politica, ne’ tantomeno questa può sperare che la magistratura risolva questioni eminentemente politiche. Ciò vale anche per le vicende che hanno scosso profondamente, nelle ultime settimane, la Sicilia, la mia amata terra che a torto, a mio avviso, è stata definita irredimibile. La magistratura  accerti la verità, nel frattempo la politica assuma le sue decisioni nel solo interesse dei siciliani onesti.

Presidente Amici, sulla prescrizione ho avuto modo di ripetere che considero inaccettabile che questo istituto sia utilizzato strumentalmente a fini dilatori e che si traduca nella negazione di giustizia per le vittime e nell’impunità dei responsabili. Il diritto di difesa è un cardine della democrazia. L’ho affermato più volte: tutti hanno diritto a difendersi nel processo, non a difendersi dal processo. Non vi è quindi ragione perché la prescrizione continui a decorrere dopo la richiesta di rinvio a giudizio, o al più tardi dopo la sentenza di primo grado. Al tempo stesso è incivile tenere un cittadino per anni in attesa di conoscere la propria sorte. E’ dunque necessario, come sta avvenendo alla Camera, intervenire sul processo penale in modo da migliorarne l’efficienza e la rapidità, sia con rimedi organizzativi sia con norme processuali, come ad esempio la revisione delle norme sulle notifiche, del sistema delle impugnazioni, del regime delle nullità o, come in  molti altri paesi europei, il superamento del divieto di “reformatio in peius”.

Le intercettazioni, lo dico da sempre, sono un mezzo di indagine irrinunciabile e indispensabile che non va in alcun modo limitato. Quanto alla pubblicazione del contenuto delle intercettazioni, come lei ha sottolineato occorre conciliare diversi principi democratici: la segretezza delle indagini, la riservatezza della vita privata, il diritto all’informazione. In questa materia esistono già diverse norme, evidentemente non sempre rispettate, quindi si potrebbe regolare meglio la gestione delle intercettazioni, ad esempio attraverso un’udienza filtro che mantenga solo quelle utili al processo. Seguo con attenzione anche il dibattito a proposito dell’emendamento sulla registrazione delle conversazioni. In proposito autorevoli esperti hanno ricordato: che le condotte previste dall’emendamento sono già punite da reati previsti dal codice penale; che la registrazione di conversazioni da parte di uno dei presenti è da sempre ritenuta legittima dalla Corte di Cassazione; e che si tratta di strumenti di grande utilità per le indagini su reati molto gravi, come le estorsioni, la corruzione, lo stalking. Infine, ho appreso con piacere che, a seguito delle dichiarazioni del ministro Orlando, sia stato presentato un emendamento per evitare di ledere il diritto di cronaca.

Più in generale, credo che su questo tema sia determinante la deontologia degli operatori professionali che vengono a conoscenza del contenuto delle intercettazioni: magistrati, personale amministrativo, polizia giudiziaria, avvocati, giornalisti. Va sottolineato che in molti casi la diffusione illecita del contenuto di intercettazioni è dovuta alla slealtà di pubblici ufficiali, che devono essere perseguiti con la massima determinazione per rivelazione di segreto d’ufficio.

Caro Presidente,

la mia posizione sul tema della libertà di stampa e della tutela dei giornalisti è ampiamente nota e in molte occasioni ho ribadito la necessità di compiere decisivi passi in campo legislativo per adeguare il nostro impianto normativo a quello europeo. Da una prima ricognizione dell’Associazione “Ossigeno” sulle condanne comminate ai giornalisti per il reato di diffamazione risultano, negli ultimi quattro anni, trenta giornalisti condannati a pene detentive per un totale di 17 anni di carcere. I dati, ancorché parziali, restituiscono con chiarezza l’urgenza alla quale il Parlamento deve immediatamente rispondere, approvando al più presto il disegno di legge sulla diffamazione, la cui gestazione è stata finora troppo lunga e complicata. Il testo è appena tornato in Senato dopo l’approvazione con modifiche della Camera dei Deputati: essendo così atteso credo che anche questo “Godot” arriverà presto, ed è giusto che sia così, pur non soddisfacendo in pieno gli standard della legislazione europea in merito.

Sulla Rai, presidente Amici, il dibattito è in corso in Aula, e il ruolo mi impedisce in una fase così delicata di esprimere qualsiasi giudizio nel merito. Comunque sono e resto un fermo sostenitore e difensore del servizio pubblico radiotelevisivo, e spero che le nuove norme, in corso di definizione, possano rafforzarne, tanto sul piano gestionale che su quello dei contenuti, il ruolo e il pluralismo. In merito alle unioni civili non posso non sottolineare con forza il ritardo accumulato negli anni: la prima sentenza della Corte Costituzionale risale al 2010, e già rilevava la necessità che il Parlamento intervenisse sul tema con urgenza. Credo fermamente che ormai sia giunto il tempo per riconoscere piena cittadinanza ai diritti delle coppie omosessuali, prendendo atto e regolando la realtà sociale del nostro Paese. Allargare il campo dei diritti non tocca in alcun modo chi di quei diritti può già godere, ma cambia la vita a chi li vede riconosciuti. Qualsiasi unione tenuta insieme dall’affetto, dalla solidarietà e dalla condivisione di un progetto comune, merita di essere tutelata.

Presidente Amici, lei ha pienamente ragione a dire che la crisi economica, il terrorismo e le migrazioni sono i tre temi che più chiamano in causa l’Europa. L’Unione Europea, una grande conquista della storia, sembra avere smarrito  lo spirito dei padri fondatori: oggi l’Europa o cambia o non è. Prescindendo dagli aspetti tecnici, a me pare che la crisi greca abbia messo in luce ancora una volta che non possiamo fermarci al necessario rispetto delle regole e della ferrea disciplina di bilancio, ma dobbiamo perseguire con determinazione la crescita, gli investimenti, la competitività, l’occupazione, l’eguaglianza sostanziale, la qualità della vita dei nostri cittadini.L’instabilità, i conflitti e il terrorismo che incendiano la sponda sud del Mediterraneo e il Medio Oriente impongono all’Unione di agire finalmente con autorevolezza e coesione, dando vita anzitutto ad una vera politica per il Mediterraneo, che è il punto più debole della nostra comune politica estera.

Quanto alla capacità di gestire le migrazioni con spirito di solidarietà, visione geopolitica e condivisione fra gli Stati membri, io ritengo che questo sia il terreno su cui l’Unione dimostrerà o meno di credere davvero ai valori che ha posto a suo fondamento. L’Italia deve proseguire con energia la propria azione internazionale e intanto gestire con razionalità il dovere di accoglienza dei rifugiati, un dovere che è morale, giuridico e politico. In questo senso credo che sia giusta la strada intrapresa da quelle regioni che attuano, grazie alla produttiva interazione fra prefetture ed enti locali, l’accoglienza diffusa di piccoli nuclei di profughi, in modo da non determinare disagi e oscure paure nella popolazione.

Presidente Amici,

lo splendido ventaglio di cui mi fate dono, con i suoi tanti colori a macchie e filamenti, restituisce l’idea di una composizione armonica di tante differenze: mi sembra un buon auspicio per una società come la nostra, chiamata anch’essa a comporre insieme, sfidando la complessità del periodo, tutte le particolarità e i contrasti che incontriamo ogni giorno.

I miei più sentiti complimenti a Francesca Kezich e all’Accademia di Belle arti di Firenze, e un ringraziamento sentito a quella di Roma, qui rappresentata dal suo presidente, Roberto Grossi, che promuove il decennale concorso. Ringrazio infine l’Associazione stampa parlamentare, i cui membri quotidianamente “traducono”, con dovizia di particolari, analisi e sfumature, ciò che avviene dentro questi che spesso vengono definiti “Palazzi del Potere” ma che, a mio modo di vedere, devono essere vissuti come Palazzi al servizio dei cittadini.

Grazie quindi a voi, per il vostro lavoro, e all’Ufficio stampa del Senato per il sostegno e il contributo che da sia all’Istituzione che alla stampa.

Buon lavoro e buone vacanze.

Il settore automotive nei principali paesi europei

Autorità, cari colleghi, gentili ospiti,

è con un grande piacere che ho accolto l’invito a partecipare alla presentazione della ricerca sul settore dell’Automotive nei principali Paesi europei, condotta dall’Unioncamere e Prometeia e promossa dalla Commissione Industria, Commercio, Turismo del Senato, presieduta dal collega Massimo Mucchetti, che ringrazio per avermi invitato a prender parte a questo evento.  Sono certo che la discussione che ne seguirà costituirà un prezioso momento di  riflessione tra economisti, imprenditori ed esponenti delle Istituzioni su un settore così strategico per l’industria italiana quale quello automobilistico.

Luigi Einaudi raccomandava di conoscere per poter deliberare. Nell’era digitale la rapidità dei processi decisionali rischia non di rado di farci trascurare quel saggio ammonimento. L’abbondanza delle informazioni, certo, può aiutarci, ma solo a patto di dar loro un ordine e di avere noi intelligenti chiavi di lettura. E’ in questo spirito che la Commissione Industria, Commercio, Turismo del Senato oggi presenta e sottopone a discussione una approfondita ricerca sul settore dell’Automotive in Europa. La Commissione ha scelto questo settore specifico, tra i tanti pur meritevoli di attenzione, perché in esso si concentra un alto tasso di innovazione anche in relazione alla sfida ecologica, un’alta complessità tecnico-organizzativa e una delle più generose fonti di occupazione. Il presidente di Unioncamere, Ivan Lo Bello, ricorda nella sua introduzione che l’intera filiera della automotive dà lavoro a 1,2 milioni di persone, delle quali 500 mila impegnate nelle fasi industriali.

In un’Europa che ha deciso di elevare al 20% del Prodotto interno lordo il contributo delle attività manifatturiere, l’industria dell’auto non può non avere un ruolo centrale. Ciò è ancora più vero in Italia, dove è presente una multinazionale, la Fiat, che dopo aver acquisito Chrysler, è diventata il settimo produttore mondiale. Il nostro Paese inoltre vanta un comparto della componentistica tra i più avanzati del mondo, come ci illustrerà l’ingegner Bombassei.

Il peso che il settore automobilistico ha in Germania dimostra che, puntando sulla qualità, si può sviluppare questa produzione anche nei Paesi con i salari più elevati e la struttura sociale più inclusiva. Contano la sapienza organizzativa, la sensibilità verso i nuovi stili di vita, la disponibilità a investire, la collaborazione tra capitale, lavoro e università per assicurare la costante innovazione tecnologica. A questo proposito va citata come esperienza molto positiva la costituzione e la crescita, negli ultimi 10 anni, della Gm Powertrain a Torino, nel campus del Politecnico. Questa mattina intervengono soprattutto economisti ed esponenti del mondo delle imprese.  saper ascoltare i messaggi che vengono dal mondo della produzione e della distribuzione.

Come ricorda il presidente Mucchetti nella prefazione, questa ricerca è stata avviata nel 2014, quando in Italia la crisi del mercato dell’auto era più profonda, ed è stata conclusa in queste settimane, con un mercato in netta ripresa. La spinta della Fiat, o meglio di FCA, è evidente e positiva. Tuttavia, paragonando l’Italia agli altri grandi Paesi europei con un’industria automobilistica particolarmente sviluppata, gli studiosi che hanno contribuito alla ricerca presentata oggi si chiedono se il futuro di questo settore così importante non possa essere migliore, più solido, con una pluralità di produttori. La risposta, che ci propongono i ricercatori e il senatore Mucchetti, è positiva. Ma come arrivarci? Le modalità nelle quali si sta sviluppando nel mondo la competizione globale tra le grandi case automobilistiche riapre nuove prospettive ad interventi di politica industriale. C’è un ruolo del mercato e un ruolo, di tipo nuovo, degli Stati.

Con l’auspicio che il mercato automobilistico possa continuare a crescere anche attraverso un efficace sistema di sinergie tra Istituzioni, imprese e investimenti, ringrazio il Presidente  Mucchetti per aver reso possibile la realizzazione di questa importante iniziativa, gli illustri relatori e i gentili ospiti, augurando a tutti buon lavoro.

 

Cerimonia del “Ventaglio” 2015

Il  Presidente  del  Senato,  Pietro Grasso, incontrerà i giornalisti della Stampa  Parlamentare martedì 28 luglio alle ore 11.30 a Palazzo Giustiniani per la tradizionale cerimonia del “Ventaglio”. L’incontro  sarà  trasmesso in diretta dal canale satellitare e dalla webtv del Senato.

Nota per le segreterie di redazione:

Le   richieste  di  accredito  vanno  inviate  per  e-mail  all’indirizzo accrediti.stampa@senato.it; per fotografi e operatori radio-tv le richieste devono  contenere  i dati anagrafici completi, gli estremi del documento di identità,  l’indicazione  della  testata  di  riferimento. Le richieste dei giornalisti   non  iscritti  all’Associazione  Stampa  Parlamentare  devono indicare   il  numero  del  tesserino  dell’Ordine.  L’ingresso a Palazzo Giustiniani avverrà da via della Dogana Vecchia 29.

Sì alla Commissione d’inchiesta sul disastro del Moby Prince: “Impegno concreto del Senato nella ricerca della verità”

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“La  ricerca  della  verità  sulle cause del tragico disastro del traghetto Moby  Prince compie un passo importante con l’istituzione della Commissione parlamentare   d’inchiesta,   approvata   oggi  dall’Assemblea  del  Senato all’unanimità”.  Così  il  Presidente  del  Senato,  Pietro  Grasso, in una dichiarazione. “Centoquaranta persone persero la vita il 10 aprile del 1991 nel rogo della nave  passeggeri  in seguito alla collisione con la petroliera Agip Abruzzo nella  rada  di  Livorno.  A  distanza  di 24 anni – aggiunge il Presidente Grasso  –  le  Istituzioni  dimostrano  concretamente  la loro vicinanza ai familiari  delle  vittime,  approvando  un  atto su cui mi ero espresso più volte  in  passato,  nella  convinzione  che il Parlamento debba utilizzare tutti  gli  strumenti a propria disposizione per contribuire a fare luce su un capitolo della nostra storia con troppi punti oscuri. Desidero esprimere la mia soddisfazione per il voto odierno dell’Aula – conclude il Presidente del   Senato   –  insieme  all’auspicio  che  i  lavori  della  Commissione d’inchiesta  riescano  presto  a  portare  quel  contributo di verità che i familiari  delle  vittime,  e  con loro tutto il Paese, hanno il diritto di attendersi”.

Cordoglio per la Scomparsa di Willer Bordon

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“Ho  appreso  con  dolore  la  notizia  della  scomparsa  di Willer Bordon, senatore  per due Legislature, dal 2001 al 2008. Nella sua lunga esperienza politica, ha ricoperto importanti cariche di governo e parlamentari, sempre con   grande  passione e spiccata onestà. Invio ai  familiari  i sentimenti del  più  profondo  cordoglio,  a nome  mio personale e dell’Assemblea del Senato”. Così il Presidente del Senato, Pietro Grasso, in una dichiarazione.

Pensioni, incontro con delegazione Cgil-Cisl-Uil: “Non esiste guerra tra generazioni”

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Il  Presidente del Senato, Pietro Grasso, ha ricevuto oggi a Palazzo Madama una delegazione delle organizzazioni sindacali dei pensionati Spi Cgil, Fnp Cisl e Uilp Uil,  guidata  dai  rispettivi segretari Carla Cantone, Gigi Bonfanti  e Romano Bellissima.

All’incontro era presente la Vice Presidente del Senato Valeria Fedeli. I rappresentanti  dei  sindacati avevano chiesto il colloquio – al termine della  manifestazione  che  si  è svolta in Piazza del Pantheon – per poter illustrare  al  Presidente  Grasso  le  preoccupazioni  in  merito  al decreto-legge  n.  65  (“disposizioni urgenti  in  materia di pensioni, di ammortizzatori   sociali  e  di  garanzie  TFR”)  di  cui  inizia  oggi  la discussione nell’Aula di Palazzo Madama.

Il Presidente  del  Senato  ha  preso  atto  delle critiche espresse dalle organizzazioni  sindacali  e – senza entrare nel merito del provvedimento – ha  manifestato   la  propria  soddisfazione per l’apertura di un tavolo di confronto con il Ministro del Lavoro Poletti. “L’errore  maggiore  che  dobbiamo  scongiurare  in  questo  momento  –  ha dichiarato  al  termine  dell’incontro  il  Presidente  Grasso –  è fornire argomenti, anche  involontariamente, a sostegno dell’idea di una guerra tra giovani e anziani, tra disoccupati e pensionati.

Al contrario, è proprio la solidarietà   tra  generazioni  che  consente  oggi  a  tante  famiglie  di affrontare le difficoltà della vita quotidiana, non solo quelle economiche. Per  questo  motivo,  intendo esprimere la mia soddisfazione per la ripresa del  confronto  tra  Istituzioni e organizzazioni sindacali dei pensionati, con l’augurio che ciò possa portare presto a buoni risultati per tutti”.

Anniversario Srebrenica: “Individuare le responsabilità per superare questa dolorosa pagina”

“Il massacro organizzato di migliaia di civili inermi, che la giustizia internazionale ha qualificato come crimine di genocidio, ha profondamente segnato la coscienza collettiva del popolo italiano come un avvenimento dal fortissimo e drammatico valore simbolico”.

E’ quanto si legge nel messaggio che il Presidente del Senato, Pietro Grasso, ha inviato ai Presidenti della Camera dei Rappresentanti e della Camera dei Popoli della Bosnia Erzegovina, Šefik Džaferovic e Bariš Colak, in occasione del ventesimo anniversario della strage di Srebrenica che ricorre l’11 luglio.

“Auspico che questa dolorosa pagina della nostra storia comune – aggiunge il Presidente Grasso – venga superata attraverso la completa individuazione delle responsabilità penali di ciascuno degli individui che hanno concorso agli eventi criminali, e il riconoscimento delle responsabilità politiche della comunità internazionale che non seppe impedirli”. Nel suo messaggio il Presidente Grasso esprime “con sincera emozione, la solidarietà mia personale e del Senato della Repubblica italiana per le vittime, le famiglie e tutti i cittadini bosniaci che sono stati colpiti da una delle più odiose atrocità della storia europea”.

“L’Italia – scrive il Presidente del Senato – rivolge con speranza e profonda amicizia lo sguardo al futuro della Bosnia Erzegovina con un messaggio universale di pace e dialogo tra culture, etnie e religioni. In questo percorso, le istituzioni rappresentative che abbiamo l’alto compito di presiedere avranno un ruolo determinante per promuovere la cultura della dignità umana, dei diritti e della solidarietà, particolarmente in questo difficile momento in cui il radicalismo, l’odio, il terrorismo e la paura minacciano le nostre civiltà”.

“Sono certo che, anche a questo fine, la Bosnia Erzegovina saprà cogliere le straordinarie opportunità che l’Unione Europea offre con l’Accordo di Stabilizzazione e Associazione entrato in vigore all’inizio del mese di giugno. Con questi sentimenti di amicizia e di affetto – conclude il Presidente Grasso – ci stringiamo con un abbraccio all’intero popolo bosniaco”.

Cordoglio per la scomparsa di Santo Della Volpe

“E’  con  grande  dolore che ho appreso la notizia della scomparsa di Santo Della  Volpe.  Ho  avuto  modo più volte, in passato, partecipando in prima persona  ad  iniziative  da  lui  promosse,  di apprezzarne le doti di uomo libero  e  di  professionista  dell’informazione”.  Così  il Presidente del Senato, Pietro Grasso, in una dichiarazione.

“Con  passione,  coraggio  e grande impegno personale, Santo Della Volpe ha dato  vita  ad  iniziative  importanti,  stabilendo  un  legame  forte, non occasionale, tra la ‘libera informazione’ (come si chiama l’Osservatorio da lui  fondato   e presieduto) e la rete di associazioni e comitati antimafia che si battono per l’affermazione della legalità. Credo – e sono sicuro che Santo  sarebbe d’accordo – che il modo migliore per onorarne la memoria sia proseguire  sulla strada da lui tracciata, con la stessa passione e impegno civile”.

“In  questo  momento  di  dolore – conclude il Presidente del Senato – sono vicino  ai  familiari, ai quali esprimo i sentimenti del mio più profondo e sincero  cordoglio.  La mia solidarietà va alla Federazione Nazionale della Stampa  Italiana,  che  ha  perso  oggi  un  Presidente  di grande valore e riconosciuta autorevolezza”.

 

Proteggere i giornalisti, conoscere le verità scomode

Autorità, gentili ospiti,

è per me un grande piacere accogliere in Senato il convegno “Proteggere i giornalisti, conoscere le verità scomode”, promosso dall’Associazione “Ossigeno per l’informazione” e dal Centro europeo per la Libertà di stampa e dei Media di Lipsia, con l’adesione della Rappresentante della libertà dei Media dell’Osce, delle Associazioni “Libera”, “Giornalisti europei”, “Articolo 21” e dell’Unione Cronisti italiani. Permettetemi di rivolgere un affettuoso saluto al Senatore Sergio Zavoli che mette a disposizione del Senato, e quindi di tutti noi, uno straordinario patrimonio intellettuale fatto di competenza, esperienza e sensibilità: nessuno meglio di un grande giornalista come lui poteva presiedere questo incontro. Caro Don Luigi, a te un caloroso abbraccio di benvenuto: conosciamo tutti la passione che sai trasmettere a migliaia di persone, da tanti anni, e che si traduce in un prezioso impegno civile di cui, credo di poterlo dire a nome di tutti i presenti, ti ringraziamo.

Come sapete il tema della libertà di stampa e della tutela dei giornalisti mi è molto caro, tanto per la mia precedente funzione di magistrato che per quella attuale di presidente del Senato. Queste due esperienze mi hanno infatti dato l’occasione di approfondire questa tematica da punti di vista differenti ma, per molti aspetti, convergenti. Nei tantissimi anni di magistratura ho avuto modo di confrontarmi molto spesso con storie di intimidazioni e violenze a danno di chi fa informazione e di maturare la convinzione che una stampa libera, indipendente e corretta sia un primo, insostituibile e formidabile antidoto all’affermazione della cultura dell’illegalità; d’altro canto, da quando mi sono “spostato” in politica, ho avuto più volte il compito e la possibilità di riflettere sul ruolo vitale che l’informazione ha nella definizione dei temi e nella qualità del dibattito pubblico e, quindi, della democrazia in cui viviamo, coi suoi pregi e difetti, e di quella che desideriamo lasciare in eredità alle generazioni future.

Tra i relatori che prenderanno la parola dopo di me c’è Claudio Fava. Approfitto di questa occasione per prendere ancora una volta a prestito, come tante volte ho fatto soprattutto parlando ai più giovani, alcune significative parole di suo padre, che nel 1981 scrisse: “Un giornalismo fatto di verità impone ai politici il buon governo. Un giornalista incapace della verità si porta sulla coscienza tutti i dolori, le sopraffazioni, le corruzioni, le violenze che non è stato in grado di combattere”.

Se dunque a ciascun giornalista si chiede di essere libero e di assolvere un così alto compito per la vita democratica di un Paese civile si deve, allo stesso tempo, assicurargli in qualunque circostanza la possibilità di poterlo essere completamente. Se ne stiamo parlando oggi, nel 2015, a così tanti anni dai primi giornalisti uccisi dalla criminalità – un elenco lunghissimo di cronisti coraggiosi – è perchè ancora non siamo stati capaci di trovare soluzioni adeguate.

In Italia abbiamo troppo spesso sottovalutato l’entità e la diffusione del fenomeno delle intimidazioni agli operatori dell’informazione. A ben vedere, e di questo non possono che essere grato ad Ossigeno e ai suoi due instancabili animatori – Alberto Spampinato e Peppino Mennella – i numeri, le modalità e le aree in cui questi veri e propri “attentati alla democrazia” si verificano sono davvero preoccupanti: secondo i recenti Rapporti annuali di “Ossigeno” tra il 2006 e il 2014 sono stati registrati 2.300 casi accertati di violenza, con una stima di altri fatti che eleverebbe il numero a circa diciottomila episodi intimidatori.

Questo stato di cose costringe tutti noi non solo a riflettere ma anche ad agire. In questo senso sono particolarmente lieto che siano qui riunite oggi Istituzioni, Associazioni e professionisti che provengono da realtà nazionali e internazionali: mi sembra questa la migliore testimonianza dell’esigenza condivisa di ampliare il dibattito e arricchirlo di orientamente diversi, elevandolo ad argomento centrale e non più marginale del futuro dell’Unione Europea.

Sotto il profilo legislativo il Parlamento italiano sta discutendo un disegno di legge appena tornato in Senato che intende essere un passo, nè il primo ma sicuramente nemmeno l’ultimo, nella elaborazione di norme che sappiano dotare il nostro Paese di strumenti efficaci per rispondere alle sfide contemporanee e future. Non spetta a me, in qualità di Presidente del Senato esprimere un giudizio nel merito, ma so per certo che alcuni aspetti non sono ancora soddisfacenti e immagino che saranno trattati negli interventi successivi; mi auguro però che la giornata di oggi, attraverso la competenza dei relatori che interverranno, sappia offrire spunti che possano essere utili ai colleghi che esamineranno nelle prossime settimane il testo scaturito dalla deliberazione della Camera dei Deputati.

Vi ringrazio per la vostra presenza e auguro a tutti voi buon lavoro.

Grazie.