Il libro e il mercato editoriale: nuove forme e nuove strategie

Gentili ospiti e colleghi,

sono lieto di aprire il convegno “Il libro e il mercato editoriale: nuove forme e nuove strategie”: si tratta del primo di tre seminari dedicati al libro e al futuro del mercato editoriale organizzati dalla Biblioteca del Senato. Il secondo tratterà del rapporto tra libro, televisione e giornali, mentre il terzo del “libro digitale”. Faccio i miei più vivi complimenti al Presidente della Commissione per la Biblioteca e l’Archivio storico, senatore Sergio Zavoli, per questa utile e interessante iniziativa.

Il Rapporto sullo stato dell’editoria in Italia 2015, curato dall’Ufficio Studi dell”Associazione italiana Editori, ci offre un aggiornato spaccato sulla situazione del settore nel 2014 e nel primo semestre del 2015, una base di dati e informazioni da cui partire per cercare di individuare nuove strade per la promozione della lettura, per allargare il mercato e per far fronte alle sfide che si presentano agli editori italiani: uno scenario internazionale in continua evoluzione, l’impatto del digitale, una ridotta disponibilità di spesa delle famiglie e, in generale, una propensione alla lettura in costante calo, considerato che, rispetto al 2013, la quota di lettori di libri – che, lo vorrei sottolineare, rimangono sempre in prevalenza donne – è scesa dal 43% al 41,4%.

Il Rapporto ci consegna alcuni dati positivi: una crescita nell’editoria per ragazzi, crescita del mercato digitale, ed e-book in particolare, crescita dell’export. Non mancano, però, per il 2014, anche percentuali negative: una riduzione nel numero dei lettori pari al 3,4%, una contrazione del mercato del 3,6%, una diminuzione del 3,5% del numero di titoli pubblicati.

Una diminuzione è rilevabile anche nel numero delle copie cartacee vendute, pari al 6,4%, ma ciò non va letto in una luce necessariamente pessimistica, poiché rispecchia i cambiamenti in atto nel comportamento dei consumatori, dei quali non è quantificabile il numero download di e-book effettuati poiché il dato non è reso disponibile dal principale fornitore questo tipo di servizio. È un fatto però che nel corso dell’anno corrente, il 10% dell’intero mercato italiano sarà costituito da e-book. È certo, inoltre, che questa tendenza verso il digitale, al momento ancora limitata nelle cifre, è irreversibile e destinata a crescere esponenzialmente, obbligando gli operatori del settore a nuove politiche editoriali, a scelte strategiche innovative, alla diversificazione degli investimenti, all’introduzione di adeguate competenze e professionalità, fino ad una diversa organizzazione del personale.

Un dato interessante che ci dà la misura di quanto le case editrici siano sensibili alla necessità di fare un primo passo per andare incontro al lettore in questi tempi di ridotta disponibilità finanziaria è la nuova politica dei prezzi, iniziata nel 2011 e progressivamente accentuatasi, con una riduzione dei prezzi di copertina del 6,4% per i libri di carta e del 6,1% per gli e-book. Questi ultimi, per essere visualizzati, richiedono PC, e-reader, tablet o anche smartphone, sempre più sofisticati ma al contempo facili da usare. Quindi il cambiamento principale del mercato riguarderà non solo i contenuti ma anche i dispositivi, ed è probabile che il previsto abbattimento dei costi per i lettori elettronici determinerà un ulteriore ampliamento del mercato.

L’editoria ha la necessità di capire come stanno cambiando i gusti e i comportamenti dei lettori, di sapersi adeguare alle nuove tecnologie – anche per evitare una disintermediazione totale con il pericolo che venga distrutta la storia e la tradizione delle case editrici e che siano messe a rischio molte professionalità – e per educare il nuovo mercato digitale che si sta affermando alla cultura della legalità, per ridurre la pirateria digitale come sembra essere riuscita a fare, dopo un primo approccio sbagliato, l’industria musicale. Questi e molti altri sono gli aspetti che approfondirete in questa sede e nei due prossimi incontri. Mi auguro che, con gli interventi da parte degli autorevoli esperti del settore che si susseguiranno, possiate contribuire a trovare le nuove forme e strategie che, con la vera e propria rivoluzione tecnologica e dei comportamenti dei fruitori del bene libro che è attualmente in atto, l’evoluzione del mercato editoriale oggi impone.

Non posso però, prima di salutarvi, non fare un passaggio sentito sul prodotto in se, ovvero sui libri aldilà del loro supporto. Le case editrici, anche le piccole e medie stanno resistendo con tenacia agli anni di crisi economica credendo soprattutto in veri e propri progetti culturali che ne caratterizzano l’identità: penso alle pubblicazioni di nicchia, alla continua ricerca di nuovi talenti, alla diffusione di letterature meno note o forme artistiche meno commerciali. E’ dalla diversità dell’offerta, più che dai numeri e dalle percentuali, che possiamo farci un’idea sul tipo di società che siamo e che vogliamo diventare.

Buon lavoro.

 

Cinema. 80 anni del Centro Sperimentale

Cari amici,

sono particolarmente lieto di poter essere oggi presente per celebrare con voi gli 80 anni del Centro Sperimentale di Cinematografia in questa suggestiva cornice. Nel 1935 nasceva, per iniziativa del regista Blasetti – alla cui memoria è intitolato questo Teatro di posa – quella che è, insieme alla scuola di San Pietroburgo, la più antica scuola di cinema del mondo. E da allora il Centro è rimasto la più importante istituzione italiana di insegnamento, ricerca e sperimentazione nel campo della cinematografia; punto di riferimento di professionisti, autori e studiosi; centro propulsivo del cinema italiano.

Queste mura parlano della nostra storia, di noi tutti, dei nostri costumi, delle nostre abitudini, delle nostre passioni. Non è un caso se tra le fila delle decine e decine di personaggi che qui hanno studiato, possiamo annoverare Pietro Ingrao. Qui in questa scuola, nei primissimi anni della sua istituzione, seguendo il suo sogno di diventare regista, ha potuto incontrare Alicata, Lizzani, Visconti e De Santis, e coltivare con loro una fede politica che poi lo ha portato a diventare un simbolo per noi tutti. Per la generazione di quel tempo il cinema era uno strumento che poteva avere un’enorme influenza sulla società, era il linguaggio per parlare con le masse, dove far confluire le riflessioni sulla necessità e la volontà di rinnovamento sociale. Ancora oggi il cinema rimane un faro che può illuminare l’attenzione del pubblico, uno strumento unico e straordinario per dire quel qualcosa che hai in mente, come si è espresso “sinteticamente” Ettore Scola qualche giorno fa alla Festa del cinema di Roma.

La qualità dei risultati che questa Scuola ha prodotto è testimoniata dall’interesse e dall’apprezzamento che circonda dovunque il nostro cinema, spesso purtroppo più all’estero che nel nostro paese. Una qualità che nasce dalla passione nell’inventare, nel rappresentare vicende collettive e individuali, emozioni e sentimenti.

L’incredibile vitalità che il cinema italiano sta dimostrando in questo momento si coniuga in maniera straordinaria con un’interazione generazionale, un legame che si è creato e che è ben visibile nel linguaggio cinematografico dei giovani registi, che lavorano in Italia e all’estero, dove è possibile scorgere chiari riferimenti e citazioni che rendono omaggio ai grandi maestri del dopoguerra.

Indicatore di questa vitalità è la costante attenzione che la Scuola pone nei riguardi della ricerca e della sperimentazione di metodi e tecnologie innovative nel campo degli audiovisivi e della cinematografia in genere. In questo senso è apprezzabile l’attenzione rivolta ai nuovi linguaggi e ai cambiamenti nell’industria audiovisiva, che portano ad ampliare gli strumenti comunicativi insegnati nelle scuole diffuse in tutta Italia, non solo a Roma, ma anche a  Milano, Torino, L’Aquila e Palermo.

Le linee guida del centro possiamo quindi riassumerle così: sperimentazione e attenzione al nuovo, al futuro che corre sempre più veloce; apertura all’estero, per portare fuori l’eccellenza di un’arte che tutto il mondo ci invidia; attenzione e rispetto per il passato. Di grande rilevanza è,infatti, l’attività svolta dalla Cineteca Nazionale, che conserva e valorizza da oltre 60 anni il patrimonio cinematografico italiano, retaggio della nostra creatività. Meritevole è, inoltre, l’instancabile opera di restauro delle opere significative dei grandi Maestri del cinema italiano, che tra queste mura hanno insegnato e coltivato le capacità artistiche delle nuove generazioni. Come la pellicola di Ettore Scola, La Terrazza, che oggi viene presentata in occasione della Festa del cinema di Roma.

Certo, c’è molto da fare ancora per riprendere quella centralità nell’immaginario cinematografico mondiale che abbiamo avuto decenni fa, e molto dipenderà dal tipo di politiche culturali che si adotteranno nei prossimi anni per sostenere il cinema italiano sia in Italia che all’estero, sia nella fase produttiva che in quella distributiva. Proprio in questi giorni è iniziata la discussione di una Legge quadro in materia nella VII commissione del Senato con le audizioni dei rappresentanti e degli esperti del settore.

Per concludere vorrei ringraziare quanti sono qui oggi e tutti coloro che in questi 80 anni hanno contribuito con il loro lavoro e la loro passione alla crescita di una scuola che, attraverso i decenni, ha saputo interpretare, dare voce all’espressione artistica e ai mutamenti sociali della nostra società. Le idee, i talenti, le storie non mancano nel nostro Paese: l’augurio più bello che posso farvi è di continuare a raccontarle ancora a lungo, e state certi che a nessuno verrà mai meno la voglia di guardarle.

Grazie.

 

 

 

 

L’impegno politico e civile di Mario Luzi, a dieci anni dalla scomparsa

Gentili ospiti,

vi ringrazio per aver voluto partecipare a questa cerimonia, con la quale ricordiamo uno dei massimi esponenti della cultura italiana contemporanea, Mario Luzi, nel decimo anniversario dalla scomparsa. Ringrazio gli illustri relatori che hanno accettato l’invito a contribuire ai lavori di questa giornata. Voglio ricordare che il grande poeta e senatore a vita Mario Luzi è già stato commemorato per due volte nell’Aula del Senato: la prima a due giorni dalla sua scomparsa, la seconda –  della quale sono stato io stesso partecipe, avendo presieduto la seduta – in occasione del centenario della nascita. In entrambe le circostanze la partecipazione dei rappresentanti di tutte le componenti politiche è stata davvero sentita, segno di quanto Luzi abbia saputo lasciare una traccia profonda nella cultura e nell’animo degli italiani, senza distinzioni di appartenenza politica.

Mario Luzi ha vissuto i momenti più intensi e decisivi della storia italiana: la fine dello stato liberale e l’instaurazione della dittatura, gli anni drammatici della guerra, la ricostruzione e la ripresa economica, il terrorismo e la sua sconfitta, fino agli inizi del nuovo secolo, così turbolenti e densi di nuovi interrogativi e presagi oscuri. Nelle parole così autentiche e vissute della sua poesia si ritrovano le tensioni e le aspirazioni dell’Italia.

Collaborò fin da giovane alle più importanti riviste del tempo e prese parte alla stagione dell’ermetismo fiorentino. In quel clima, Luzi avviò un intenso itinerario di ricerca, che attraverso la pietas cristiana, generò un profondo rinnovamento dell’espressione e del linguaggio poetico novecentesco. Successivamente, a partire dal dopoguerra, la lirica di Luzi si aprì ad un vivace confronto tra la fede cristiana e gli eventi della storia e della politica italiani e internazionali. In quegli anni, alla produzione poetica, si affianca una vastissima ed incessante elaborazione saggistica sulla poesia. Vi è un’apertura del linguaggio ermetico, verso una poesia più parlata, più colloquiale. Per oltre un ventennio si dispiega anche la sua ampia e diversificata scrittura drammaturgica, senza scissione tra poesia e prosa: delle sue opere teatrali voglio, in particolare, ricordare l’ultima, “Il fiore del dolore”, rappresentato nel 2003 e dedicato alla tragica morte di don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia.

Il 14 ottobre 2004, pochi giorni prima del compimento del suo novantesimo compleanno, è nominato senatore a vita dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi, per i suoi altissimi meriti nel campo letterario ed artistico. È il riconoscimento di un lungo del lungo percorso civile e culturale di un intellettuale complesso e profondo. In Senato, dove si recò per tre volte dopo la sua nomina, non ebbe il tempo di prendere la parola, ma era sua decisa intenzione, come testimoniato da chi lo incontrò in quel periodo, partecipare attivamente al fine di adempiere con responsabilità e impegno a quelli che vedeva come i suoi “nuovi doveri” di senatore, in particolare nel settore nel quale riteneva di poter meglio contribuire, quello della cultura e dell’arte. Avrebbe voluto pronunciare un intervento in Aula, non ne ebbe il tempo. Ascolteremo più tardi quel testo, le sue parole saranno lette dall’attrice Paola Lambardi.

Lasciatemi soltanto anticipare un passaggio: “La nazione si unisce e ascende a se stessa, la sanzione di quella ascesa è lo Stato, per il quale penso si debbano avere, data la nostra storia, speciali riguardi […] tradirlo e spregiarlo non dovrebbe essere consentito a nessuno”. In pochissime parole il poeta e senatore riesce a scolpire un monito per tutti coloro che sono chiamati a ricoprire incarichi pubblici.

Da quelle parole traspare il suo impegno civile, che caratterizza anche tanta parte della sua produzione poetica. Infatti, Luzi è sempre molto attento alla condizione sociale e civile dell’uomo, che per lui non è mai “individuo puro”: l’uomo è sempre connesso a tutto ciò che lo circonda, in rapporto di causa ed effetto. Non può essere giudicato se non nella societas. Le esigenze degli uomini sono, specularmente, il parametro di giudizio per le leggi che devono regolare la società. “Le leggi disgregano” – sono parole di Luzi – “quando non obbediscono alle esigenze degli uomini, quando non rispettano o non inducono a vivere in armonia sociale, ma sono piuttosto l’effetto della corruzione. Le leggi dovrebbero nascere per armonizzare il rapporto fra gli uomini”.

L’impegno civile di Luzi, protagonista attivo del suo tempo, per tanti anni ha trovato una feconda espressione anche nella sua attività di docente  prima di liceo e poi all’università. Per lui l’insegnamento non consisteva soltanto nella didattica, nella trasmissione delle nozioni agli studenti. La sua era una vera testimonianza, attraverso la quale le giovani generazioni scoprivano il sapere, che nella sua visione rappresenta un esercizio di libertà. In particolare dopo la guerra, quando tanti docenti erano stati protagonisti di uno sforzo collettivo per tenere insieme il tessuto civile del Paese, dilaniato dalla dittatura e dall’atroce conflitto. Fu un vero maestro, per tutti costituì un riferimento. Fu un uomo mite e gentile, discreto ed equilibrato, capace di insegnare in molti modi e di percorrere le strade più diverse, tutte con la stessa dedizione e in ciascuna raggiungendo i risultati più elevati.

Prima di lasciarvi voglio concludere con una breve nota personale.

Luzi è riuscito, in una sua poesia intitolata “Palermo, Aprile ’86” che sin dalla prima lettura mi ha colpito nel profondo, a descrivere con poche precise parole la cappa di attesa e insieme di timore e di speranza che la città respirava durante il maxiprocesso. Il silenzio irreale che accompagnò quei giorni, e le oscure trame che, sotterranee, iniziavano a prendere forma.

Voglio citarvi i versi finali:

“Si purga dai suoi mali o altri ne prepara

Palermo in questa oasi

se è un’oasi che si è aperta nel suo ventre, come pare,

e non un’officina di crimini e morte

che così si affina…

Immagino soltanto o subodoro cose che mi daranno orribile certezza?

Interpellati

i miei amici di qua

sono simili ad uomini di mare

per cui nulla è imprevedibile,

sono aperti a ogni segnale

e catafratti a ogni male, sebbene sotto sotto

amari, sebbene non rassegnati al peggio.

Saprò forse domani che questo splendido torpore

era fitto di crude operazioni, ed anche

questo abbaglio

ingannevole ci ammalia… così è Palermo.”

Quanta preveggenza nel cogliere in quell’attesa silente la preparazione delle terribili stragi che nel ’92 e nel ’93 insanguinò il nostro Paese! Ho voluto ricordare principalmente l’impegno civile e politico di Mario Luzi. Credo fosse questo il mio compito principale, oggi. Gli altri qualificati relatori ci parleranno più approfonditamente della poetica del grande intellettuale, e a loro lascio la parola.

Grazie.

Libro e mercato editoriale: venerdì 23 convegno alla Biblioteca del Senato

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L’intervento  del  Presidente del Senato, Pietro Grasso, aprirà il convegno “Il  libro  e  il  mercato  editoriale:  nuove forme e nuove strategie”, in programma  venerdì  23  ottobre,  alle  ore  9,  presso  la sala degli Atti parlamentari della Biblioteca del Senato “Giovanni Spadolini”. Dopo  il  Presidente  Grasso, interverranno il Presidente della Commissione per  la  Biblioteca  e  l’Archivio  storico del Senato, Sergio Zavoli, e il professore  di  Biblioteconomia Giovanni Solimine. Il senatore Lucio Romano coordinerà l’incontro. Nel  dibattito  prenderanno  la parola esponenti di case editrici italiane. Sono  previsti  gli  interventi  di  Nino  Adragno (Casa editrice Adragno), Walter  Barberis  (Giulio  Einaudi  editore),  Ginevra  Bompiani  (Edizioni Nottetempo),  Daniele  di Gennaro (Minimum fax), Carmine Donzelli (Donzelli editore), Gian Arturo Ferrari (Arnoldo Mondadori editore), Giuseppe Laterza (Edizioni  Laterza), Stefano Passigli (Passigli editore), Elisabetta Sgarbi (Bompiani editore),  Giuseppe Strazzeri (Casa editrice Longanesi). L’appuntamento di venerdì è il primo di tre seminari dedicati al libro e al futuro  del mercato editoriale, organizzati dalla Biblioteca del Senato, su iniziativa  del Presidente della Commissione per la Biblioteca e l’Archivio storico, senatore Sergio Zavoli. Gli altri due incontri avranno luogo il 27 novembre:  il  primo,  di  mattina,  approfondirà  il tema del rapporto tra libro,  televisione  e  giornali; nel secondo, di pomeriggio, si parlerà di “libro digitale”. Per  il  prossimo  anno,  sono in programma due nuovi cicli di incontri: il primo  dedicato  al  rapporto tra giovani, scuola e lettura, il secondo sul tema  della  lingua  e  della  sua  evoluzione,  che  si interrogherà sulle conseguenze della crisi del libro e della lettura.

Sicurezza in Italia. Riflessioni in ricordo di Luigi De Sena

Autorità, Cari colleghi, Signore e Signori,

 Ho accolto subito la bella proposta di Enzo Bianco di tenere nella prestigiosa Sala Zuccari del Senato questo seminario in ricordo di Luigi De Sena sulla sicurezza, un tema al quale egli ha dedicato un’intera vita al servizio del Paese. Una carriera da “mobiliere” come si dice nel gergo di polizia: da investigatore di razza, intelligente e ostinato. Entrato nella Polizia di Stato nel 1968, diviene dirigente della Squadra Mobile di Treviso, quindi approda nella Capitale come dirigente del Primo Distretto della Questura, quindi della Squadra Mobile. Sono anni difficilissimi a Roma quelli: con pochi mezzi tecnologici e indagini artigianali bisogna affrontare una quantità di fenomeni di cui pochi come lui comprendono gli intrecci inquietanti: la criminalità comune, violenta, pervasiva, capillarmente diffusa; il male oscuro dell’eversione; i germi malati della criminalità mafiosa, che vanno consolidandosi anche grazie alle coperture politiche e sottovalutazioni di cui ancora oggi paghiamo le conseguenze. Dal 1985 al 1992 affina ulteriormente la sua capacità di visione e valutazione al Sisde, da direttore dell’Unità Centrale Informativa. Rientra in ruolo per approdare alla Criminalpol dove cura anche la sicurezza per il Giubileo del 2000, e infine nel 2003 è nominato Vice Capo della Polizia e direttore della Polizia Criminale.

Conobbi De Sena nel 2005 quando all’indomani del delitto di Francesco Fortugno (di cui ricorre proprio in questi giorni il decimo anniversario) fu nominato Prefetto di Reggio Calabria e coordinatore del programma di contrasto alla ‘ndrangheta e di intervento straordinario in Calabria. Allora io ero Procuratore Nazionale Antimafia ed ebbi modo di lavorare a stretto contatto con lui, imparando ad apprezzarne la lucidità di pensiero, l’impegno e la visione strategica. Possedeva un’intelligenza fine e ironica, e affrontava ogni questione con una logica serena e serrata al tempo stesso. Dopo la sua scomparsa, ho avuto modo di parlare di lui con alcuni suoi ex collaboratori e tutti ricordano che dietro il rigore e la serietà con cui affrontava il lavoro, nascondeva genuine doti di umanità. Da tutti pretendeva il massimo impegno e la lealtà assoluta, e in cambio offriva la totale disponibilità ad ascoltare, sostenere, confortare e motivare chi ne aveva bisogno. Una dote questa da grande leader.

Eletto in Senato come capolista del Partito Democratico in Calabria ha portato la sua competenza e la sua passione civile in politica. In Senato ha fatto parte della Commissione Affari Costituzionali, del Comitato parlamentare Schengen, Europol e immigrazione e della Commissione parlamentare antimafia, come Vice presidente. A quei tempi, essendo Procuratore Nazionale Antimafia, in diverse occasioni venivo chiamato in audizione per riferire su questioni di criminalità o giustizia davanti alla Commissione Antimafia e in Senato, alla Commissione Affari Costituzionali. Ebbene ricordo nitidamente con quanta attenzione ascoltava e con quale garbo interveniva e poneva domande: sempre appropriate, significative, approfondite.

Concludo e lascio la parola agli esperti che si occuperanno da diverse angolature di sicurezza, la materia che in Italia tanto deve alla passione e alla competenza di De Sena. In questi tempi bui ci ritroviamo spesso a commentare con dolore i casi che la cronaca rimanda di persone che hanno tradito, venduto, infangato le istituzioni e i propri doveri di politici, amministratori, funzionari dello Stato. Per questo oggi sono felice di potere ricordare la vita limpida, priva di clamore e protagonismi, di un uomo che ha dedicato le sue energie ai diritti dei più deboli, alla democrazia e alla giustizia. Finché nelle nostre istituzioni ci saranno uomini come Luigi De Sena io sarò orgoglioso di servire questo Paese, che profondamente amo.

Grazie

 

60° anniversario dell’ingresso dell’Italia nell’ONU

Signor Presidente della Repubblica,

Signor Segretario Generale delle Nazioni Unite,

Signora Presidente della Camera dei Deputati,

Signor Presidente del Consiglio dei Ministri,

Autorità, Cari colleghi, Signore e Signori,

La celebrazione, di fronte alle Camere riunite del Parlamento, del sessantesimo anniversario dell’ingresso dell’Italia alle Nazioni Unite assume un significato profondo e so di interpretare i sentimenti di tutti i Parlamentari affermando che viviamo questa giornata con emozione e con orgoglio. Questo è il luogo dove si esprime e vive il principio supremo della nostra democrazia: la sovranità popolare, il portato di un patto costituente che affida sempre al popolo la prima e l’ultima parola. Questo è il luogo della dignità umana, dei diritti, dei principi sui quali abbiamo edificato la nostra civiltà. Questo è il luogo nel quale si vigila sull’operato dei nostri governi nell’ambito della comunità internazionale, per l’attuazione delle agende comuni e la promozione dei valori fondanti delle Nazioni Unite.

Viviamo una realtà profondamente diversa da quella del 1955, un mondo in rapido movimento che rende il ruolo dell’Organizzazione sempre più difficile e sempre più vitale. Anche nei Paesi più ricchi crescono le diseguaglianze, che determinano esclusione ed emarginazioni, mettono in pericolo la coesione sociale e vulnerano la libertà e i diritti fondamentali dei cittadini. Le politiche dissennate di crescita economica hanno accentuato i cambiamenti climatici e prodotto gravissimi danni all’ambiente e alla salute pubblica. Gli equilibri geopolitici sono resi sempre più incerti e instabili dai conflitti in corso, soprattutto nel Mediterraneo e nel Medio Oriente, dal terrorismo, dalla criminalità transnazionale, dall’economia illegale e dalla pericolosa combinazione di crisi di sicurezza, finanziarie, politiche e sociali. Abbiamo quindi bisogno di guardare alle Nazioni Unite con rinnovata fiducia e con sincero impegno per promuovere un nuovo patto che affronti le sfide del nostro tempo con la mente rivolta alle generazioni future, con strumenti di sicurezza, ma soprattutto promuovendo istituzioni e luoghi della politica, sostenendo attivamente il progresso sociale, culturale ed economico dei territori, come premessa per la pace e per la stabilità. Come ha detto il Presidente Mattarella, il dialogo e la cooperazione possono battere il fanatismo e la sopraffazione.

L’Italia ha sempre considerato l’Organizzazione un punto di riferimento essenziale della propria politica estera e da sessanta anni, con le sue iniziative, contribuisce a rafforzare i tre pilastri fondanti delle Nazioni Unite: il mantenimento della pace e della sicurezza; lo sviluppo; e infine la promozione di diritti e libertà fondamentali.

Oggi ci presentiamo all’appuntamento elettorale del giugno 2016 con fiducia e con la sicura consapevolezza di essere un Paese cardine dell’Organizzazione: un Paese che crede profondamente nel multilateralismo, nel dialogo e nella solidarietà; forte di una società civile creativa, attenta e matura, di istituzioni democratiche capaci di rinnovarsi e rafforzarsi, di una diplomazia intelligente e stimata, di forze armate inclini all’ascolto, alla mediazione e alla comprensione degli scenari e dei popoli in difficoltà. L’Italia affronta il futuro con la coscienza della propria storia millenaria di crocevia di civiltà e di culla del diritto e dei diritti, e sente forte la responsabilità di essere ponte fra il Medio Oriente, l’Africa, l’Europa e l’Occidente e punto di sintesi insostituibile delle complessità del Mediterraneo nel quale è immersa, fisicamente, politicamente e culturalmente.

Con quest’animo l’Italia si prepara ad affrontare i suoi doveri in seno alle Nazioni Unite per i decenni a venire, e con sentimenti di sincera amicizia e di riconoscenza per quanto lei ha fatto per le nazioni e i popoli del mondo la accogliamo, Signor Segretario Generale, al Parlamento italiano. Grazie

 

 

 

Giornata delle Eccellenze 2015

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Sarà il Presidente del Senato, Pietro Grasso, a salutare i giovani studenti che parteciperanno alla ‘Giornata delle Eccellenze 2015’. L’iniziativa  organizzata dal Miur  che si terrà domani, alle ore 11, nella Sala Koch di Palazzo Madama, desidera premiare il merito dei ragazzi che si sono distinti nelle Olimpiadi delle Discipline, nazionali ed internazionali e delle gare degli Istituti Tecnici e professionali. Oltre  al  saluto  del  Presidente  Grasso,   interverranno   anche  Andrea Marcucci,   Presidente    della   Commissione   Istruzione   del   Senato, rappresentanti  del  Miur,  del  mondo  della  cultura, dello sport e delle scienze.

Primo Forum parlamentare Italia, America Latina e Caraibi

Cari amici dei Paesi di America Latina e Caraibi,

Voglio per prima cosa augurarvi un caloroso benvenuto e ringraziarvi per la vostra presenza, una manifestazione di amicizia e considerazione per il Parlamento e per il popolo italiano, che noi tutti sinceramente ricambiamo. Questo primo Forum parlamentare è una sfida in cui la Camera dei deputati e il Senato della Repubblica italiani hanno creduto fermamente, nella consapevolezza che il solido patrimonio di relazioni e cooperazione fra l’Italia, l’America Latina e i Caraibi non si ferma al livello degli scambi economici e commerciali, né investe solo la dimensione governativa, ma si spinge ad abbracciare la parte più intima, sensibile e profonda delle nostre democrazie, quella che trova voce ed espressione nelle istituzioni parlamentari.

A governi forti devono corrispondere Parlamenti forti. Ho avuto modo di osservarlo lo scorso giugno a Milano, in occasione della VII Conferenza intergovernativa che ha segnato un successo senza precedenti, per il quale mi congratulo ancora con il Ministro Gentiloni. Ma la nostra precisa, matura consapevolezza del ruolo dei Parlamenti deve essere, io credo, il punto di partenza e il cuore del nostro incontro. Viviamo un momento complesso e difficile del rapporto fra cittadini e istituzioni. La politica odierna è lacerata da spinte contrapposte: da una parte l’esigenza di efficienza e speditezza dell’azione di governo; dall’altra la necessità di ricostruire e rafforzare i meccanismi democratici di rappresentanza dei bisogni dei cittadini. Noi dobbiamo essere gli interpreti di tali bisogni, anche in chiave di cooperazione internazionale. Al dialogo multilaterale fra i governi spetta delineare le macro-strategie politiche e individuare le corrispondenti azioni di governo. La diplomazia parlamentare invece per sua natura può dedicarsi, con la profondità e la serenità che i ritmi e le rigidità dei contesti governativi non sempre consentono, alle grandi scelte valoriali e geopolitiche, che precedono la definizione delle strategie politiche, sulle quali poi i parlamenti intervengono attraverso il controllo democratico.

Nostro obiettivo prioritario è, pertanto, elevare la qualità della democrazia, restituendo centralità ai parlamenti quali sedi della sovranità popolare, della produzione legislativa e controllo sull’operato dei governi. Negli ultimi anni, in tanti paesi del mondo occidentale abbiamo assistito a una tendenza allo squilibrio del rapporto tra funzione legislativa e potere esecutivo che non aiuta a sviluppare meccanismi di partecipazione al processo decisionale e allontana il cittadino dalle istituzioni e dalla politica. Questo è avvenuto in Unione Europea. L’America latina e i Caraibi hanno invece tradizionalmente conosciuto forme di governo presidenziali contraddistinte da una marcata separazione tra potere legislativo ed esecutivo. La sfida della cooperazione interparlamentare è quindi trovare formule per rafforzare il ruolo delle assemblee rappresentative partendo da temi concreti, dalle istanze di tutela dei diritti fondamentali, dalle aspettative di vita e affermazione personale, soprattutto dei giovani e dalle aspirazioni di crescita economica che ogni giorno i nostri cittadini ci chiamano a soddisfare, con uno sguardo rivolto anche alle future generazioni.

Nessuno di noi è in grado di affrontare questi temi chiuso in una mera dimensione nazionale. Eppure, non dobbiamo cedere a una visione della globalizzazione come relativismo dei modelli di vita e di sviluppo economico, e come uniformazione delle risposte ai bisogni comuni. La nostra storia comune, l’intenso livello degli scambi commerciali, la storica presenza di comunità italiane in America Latina e Caraibi, e delle vostre comunità in Italia, sono testimonianza di un modello di cooperazione che riconosce e rispetta le specificità di ciascun territorio, in una prospettiva che io definisco di “concorrenza solidale”.

I titoli delle tre sessioni che strutturano i nostri lavori testimoniano lo spirito con cui abbiamo pensato a questo Forum, che non può limitarsi solo ad un momento di confronto e dialogo su temi politici di comune interesse, ma intende prospettare, con spirito fattuale e propositivo, diverse aree di integrazione, promuovendo un impegno concreto dei nostri parlamenti a sostegno di una pluralità di iniziative: collaborazione nel settore delle opere pubbliche e delle infrastrutture, nel quale l’Italia può vantare un’importante esperienza e capacità; collaborazione scientifica e tecnologica in settore strategici quali lo spazio, le biotecnologie, l’alimentazione e lo sviluppo sostenibili; scambi fra i sistemi accademici, anche per rafforzare la reciproca mobilità studentesca; valorizzazione dei beni culturali e dei rispettivi patrimoni linguistico-culturali.

Sul piano della collaborazione economica, merita particolare attenzione il modello produttivo italiano delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali, che da tempo suscita un grande interesse nei paesi latinoamericani e caraibici. Durante il primo Forum italo-latinoamericano delle PMI svoltosi nello scorso dicembre è stata messa in risalto la potenzialità di sviluppo del settore, con particolare riferimento all’innovazione, al trasferimento di tecnologia e alle collaborazioni aziendali.

Quello italo-latinoamericano non è solo uno spazio comune di democrazia e valori, ma anche un’area geopolitica di stabilità e sicurezza. Mentre le aree di instabilità si allargano e i conflitti regionali hanno sempre più un carattere di interdipendenza, è importantissimo rafforzare la concertazione tra i nostri Paesi rispetto alle sfide della sicurezza globale, in particolare nelle sedi multilaterali come le Nazioni Unite. Fra queste emergenze comuni, vorrei riflettere sulla legalità. Mi piace ripetere che finora, alla globalizzazione del crimine e del terrorismo non abbiamo finora saputo opporre la globalizzazione della legalità. Su questo terreno, nella mia precedente esperienza di magistrato e di Procuratore nazionale antimafia ho sperimentato personalmente l’importanza di attivare circuiti sovranazionali di contrasto al crimine, alla corruzione, all’economia illegale, fondati sulla condivisione di norme e di strumenti operativi, la realizzazione di programmi comuni di formazione e lo scambio di informazioni e elementi di indagine.

Il nostro Forum cade durante l’Anno dell’Italia in America Latina, un’esperienza innovativa di partnership strategica tra l’Italia e il Continente Latino-americano che prevede una serie di iniziative per rappresentare la complessità e la vitalità delle realtà culturali, sociali, economiche, scientifiche, tecnologiche dell’Italia contemporanea. Protagonista del rilancio di queste relazioni è l’Istituto Italo-Latino Americano il quale ha anche contributo in modo fondamentale all’organizzazione di questo Forum e che ringrazio per il lavoro svolto con Senato, Camera e Ministero degli Affari esteri e della cooperazione.

Concludo augurando a tutti voi di saper trarre il meglio da questo Forum, il cui successo dipenderà interamente dalla determinazione di ciascuno di noi, oltre che dalla nostra fiducia reciproca. Sono certo che, insieme, sapremo coniugare quella visione lungimirante e aperta dei problemi politici che rappresenta il tratto saliente della rappresentanza parlamentare con uno spirito pragmatico e propositivo tale da individuare percorsi condivisi ai problemi e ai bisogni dei cittadini. Grazie.

Cordoglio per la scomparsa di Pietro Ingrao

 “Con la scomparsa di Pietro Ingrao il nostro Paese perde oggi un grande protagonista della vita democratica. Voglio ricordarlo citando una sua frase: ‘Il dubbio è l’unica cosa che rivendico in pieno della mia vita’”. Così il Presidente del Senato, Pietro Grasso, in una dichiarazione. “Ci mancherà la sua libertà di pensiero, sempre accompagnata da profondo rispetto per le Istituzioni e in particolare del Parlamento, dove si svolse gran parte della sua attività politica. Ci lascia un grande esempio di competenza, passione civile ed equilibrio. A nome dell’Assemblea del Senato – conclude il Presidente Grasso – invio ai familiari i sentimenti del più profondo cordoglio”.

 

Le costituzioni italiane: 1796-1848

Autorità, gentili ospiti, cari amici,

sono particolarmente lieto di ospitare in Senato la presentazione di questo bel volume dedicato alle Costituzioni italiane dal 1796 al 1948, curato da Enzo Fimiani e Massimo Togna. Un lavoro che affronta in chiave scientifica un tema di primario interesse per il mondo politico ed istituzionale (lo confermano le presenze oggi in questa Sala) ma prima ancora per tutti i cittadini, soprattutto i giovani. Uno dei principali meriti di questa iniziativa editoriale è proprio la sua capacità di considerare il dato storico-costituzionale, troppo spesso affrontato come materia riservata ai tecnici, per la sua valenza sociale e il suo apporto “educativo”.

La democrazia contemporanea, i diritti che l’ordinamento italiano riconosce a ciascun individuo sono il frutto di un percorso segnato dalle battaglie morali e dal sacrificio personale di tanti italiani che, dal XVIII al XX secolo, hanno combattuto per ideali di libertà, giustizia, eguaglianza. Sulla conoscenza e sulla comprensione di questo percorso deve fondarsi la costruzione di una rinnovata cultura civica e politica nel senso più alto del termine, capace di superare gli ostacoli oggi frapposti dalla crisi dei partiti e dal crescere dell’anti-politica. A questo intento risponde la scelta operata dai curatori del Volume di utilizzare l’aggettivo italiane per definire anche le Costituzioni pre-unitarie. Oggi viviamo una fase storica contraddistinta da forti lacerazioni del senso di appartenenza alla nazione. Una crisi, economica e politica ma soprattutto etica e identitaria, cui il Paese deve rispondere con idee, strategie unitarie e progetti per il futuro. Ebbene, credo che studiare l’origine storica della nostra evoluzione costituzionale possa aiutare a riscoprire quel sentimento di identità collettiva, forte, consapevole e orgoglioso, che è collante e fondamento di ogni nazione; e possa far ricordare quell’idea di sacrificio per ideali e interessi condivisi, che noi in altra epoca abbiamo vissuto e che oggi è troppo spesso smarrita nelle morse dell’individualismo e della rassegnazione.

Lo spirito per così dire “educativo” della pubblicazione mi induce a soffermarmi su alcuni passaggi della sintesi storica di Enzo Fimiani e della guida alla lettura di Massimo Togna, che si rivolgono proprio a noi che operiamo nelle istituzioni e in certi momenti ci interroghiamo sul significato profondo della Costituzione, della democrazia e dei diritti.

Il primo elemento di riflessione è legato al nostro rapporto con la storia, che è spesso utilizzata e distorta non per conoscere e capire, ma per giustificare il presente o posizioni politiche attuali. Una tentazione ben presente non solo nella storiografia, ma anche nella politica contemporanea, cui si deve opporre la riscoperta dell’etica del “fare” la storia: concorrere alla storia facendo vera politica, cioè servendo l’interesse generale. Mi ha molto colpito ritrovare nel volume le parole di Nicola Fiorentino che nel rivolgersi ai giovani studiosi della Repubblica napoletana del 1799 si scaglia contro l’egoismo che egli chiama il “terribile mostro divoratore delle Repubbliche”: “Tutto lo studio vostro, tutta la vostra applicazione deve consistere in anteporre il vantaggio della Repubblica al vostro.. perché non vi è una vera Repubblica quando ognuno è avvezzo ad anteporre l’utile proprio a quello dello stato”.

Il secondo elemento di riflessione riguarda il significato stesso di Costituzione, che nasce con valore di garanzia, di limite al potere fissato nelle norme e dalle norme: un’accezione contrapposta all’idea della sovranità assoluta concentrata in un’unica figura. Più tardi, dopo la rivoluzione francese, l’idea di Costituzione ha poi acquisito anche la distinta valenza di patto politico e sociale funzionale all’affermazione di una nuova forma di sovranità: la sovranità popolare. Queste due dimensioni della carta costituzionale – limite al potere e patto attraverso il quale si esercita la sovranità popolare – si rivelano oggi più che mai attuali. Se è vero che la Costituzione è un organismo vivente, che si trasforma e modifica seguendo i cambiamenti della società e della politica, vi sono limiti invalicabili che nessuna revisione può superare. Paradossalmente, anche una riforma della Costituzione può rivelarsi incostituzionale se viola quei valori immodificabili e supremi su cui la carta stessa si fonda: vale a dire se cessa di essere, come deve in ogni momento e situazione, argine agli abusi del potere e garanzia del patto costituente che affida sempre al popolo la prima e l’ultima parola.

Concludo tornando all’attualità. In questi giorni si discute con toni anche molto accesi della revisione costituzionale, che riguarda il ruolo e la composizione del Senato, e la posizione delle Regioni nell’ordinamento, e dunque inciderà sulla forma di stato e sull’equilibrio dei poteri della Repubblica. Richiamo ancora una volta le parti politiche a non trattare la materia costituzionale come strumento di bassa politica, e invito ad anteporre l’interesse generale a quelli particolari e personali. Le regole della democrazia qualificano la libertà di ciascuno di noi e vanno maneggiate con cura e cautela, misurando le parole e pensando alle future generazioni. Le regole, cari amici, non servono a garantire qualcuno oggi ma a proteggere tutti dagli abusi che potrebbero venire domani. Per questo guardo con ottimismo ai positivi segnali di dialogo che si registrano nelle ultime ore, auspicando un consenso ampio che produca una riforma coerente e funzionale all’efficienza del sistema e al rafforzamento delle garanzie democratiche.

Ringrazio dunque i curatori del volume per questa bella occasione di riflessione e nel lasciare la parola agli illustri relatori che seguiranno, auguro a tutti una proficua prosecuzione dei lavori.