Incontro con il nuovo Capo della Polizia, Franco Gabrielli

Il Presidente del Senato, Pietro Grasso, ha ricevuto nel pomeriggio a Palazzo Madama il nuovo Capo della Polizia, Prefetto Franco Gabrielli.

In ricordo di Luciano Lama

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Il Presidente del Senato, Pietro Grasso, aprirà il convegno “Ricordando Luciano Lama a vent’anni dalla scomparsa” che avrà luogo domani, martedì 31 maggio, alle ore 10.30, alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella. L’ex Vice Presidente del Senato e Segretario generale della Cgil sarà ricordato nella Sala Koch di Palazzo Madama dal Presidente emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, dalla Segretaria generale della Cgil Susanna Camusso, dall’ex Presidente e Amministratore delegato della Fiat Cesare Romiti e dal professor Edmondo Montali. L’incontro sarà moderato dalla Vice Presidente del Senato Valeria Fedeli e sarà trasmesso in diretta dal canale YouTube di Palazzo Madama.

Incontro con il comandante della Guardia di Finanza

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Il Presidente del Senato, Pietro Grasso, ha ricevuto nel pomeriggio a Palazzo Madama il nuovo Comandante Generale della Guardia di Finanza, Generale di Corpo d’Armata Giorgio Toschi.

Al via la presidenza italiana dell’assemblea Euromeditterranea

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Con il passaggio di consegne tra il Marocco e l’Italia si è chiuso il III vertice dei Presidenti e e la XII sessione plenaria dei Parlamenti dell’Assemblea Parlamentare dell’Unione per il Mediterraneo a Tangeri. Il turno di Presidenza italiana dell’Assemblea, che inizia ufficialmente oggi e dura un anno, vedrà il Senato della Repubblica e la Camera dei Deputati impegnati nell’organizzazione di riunioni del Bureau e di una sessione plenaria, che comprende il vertice dei Presidenti, la riunione dell’assemblea plenaria e le riunioni delle Commissioni permanenti. I presidenti Pietro Grasso e Laura Boldrini hanno individuato quattro temi prioritari: Flussi migratori; Sicurezza, stabilità, prevenzione e contrasto al terrorismo; Crescita e occupazione nella regione mediterranea; Turismo sostenibile e l’energia. I temi individuati saranno trattati attraverso un approccio trasversale che punti l’attenzione sulla dimensione territoriale dei temi euro-mediterranei. Particolare attenzione verrà dedicata ai diritti umani, alla questione della donna nell’area e al funzionamento stesso dell’Assemblea.

Assemblea Parlamentare dell’Unione per il Mediterraneo. Insieme per un futuro comune dell’Euro-Mediterraneo

Care colleghe e cari colleghi,

A nome mio personale e della Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini, desidero per prima cosa ringraziare di cuore il Regno del Marocco, in particolare il Presidente della Camera dei Rappresentanti Rachid Talbi El Alami e il Presidente della Camera dei Consiglieri Hakim Benchamach, per l’organizzazione di questo Vertice e per la calorosa accoglienza in questo meraviglioso Paese. Per me è un grandissimo piacere potere tornare a Tangeri, una città che è ponte fisico e ideale fra le sponde sud e nord del mare che ci unisce e incarna simbolicamente lo spirito di cooperazione e contaminazione reciproca di questo nostro foro di dialogo, con una storia millenaria e affascinante di civiltà, di lingue, religioni e culture. Fenici, cartaginesi, romani, bizantini, arabi, francesi, portoghesi, britannici; musulmani, cristiani, ebrei; e ancora scrittori e artisti di ogni provenienza e cultura hanno nei secoli prodotto quella pluralità ed eterogeneità che in questo luogo straordinario trovano sintesi perfetta.

Vorrei aprire il mio intervento con un pensiero per le tante vittime, sono centinaia, e centinaia, dei naufragi dei giorni scorsi nelle acque del Canale di Sicilia. Io non riuscirò mai ad abituarmi alla lugubre contabilità che riduce vite umane a numeri e continuo a pensare alle storie, ai sogni, alle speranze e ai vuoti dolorosissimi che ognuna di quelle persone lascia dietro di sé. Per questo ricordo con vero orgoglio le centinaia di migliaia di persone salvate e accolte dagli italiani, 4000 solo giovedì. Io credo, cari amici, che il dovere morale, politico e giuridico che grava su ciascuno di noi e su tutti collettivamente imponga di onorare le vite inghiottite dal mare e il dolore di chi è rimasto facendo seguire al turbamento delle coscienze e ai sentimenti di umana pietà concrete azioni politiche perché questo non accada mai più. Con il suo permesso, Signor Presidente, vorrei proporre al Vertice un minuto di silenzio per ricordare coloro che hanno perso la vita per cercare un’esistenza dignitosa e chi in qualsiasi parte del mondo è vittima di atrocità e privazioni dei diritti.

La Presidenza marocchina ha voluto significativamente dedicare gli incontri di questi giorni al lavoro collettivo per edificare un futuro comune dell’area euro-mediterranea, con il proposito di costruire sulla comune eredità interculturale la pace, la sicurezza, lo sviluppo economico sostenibile nel rispetto dell’ambiente. Io condivido questo approccio e sono fermamente convinto che i fenomeni con i quali dobbiamo confrontarci, la grave crisi economica, i flussi di rifugiati, il terrorismo, la tutela dell’ambiente, richiedano in modo urgente e imperativo un nuovo corso nella grande Regione che rappresentiamo. In questo momento storico assistiamo a preoccupanti fenomeni di frammentazione: in alcuni paesi si disgregano istituzioni e meccanismi politici; le alleanze politiche internazionali e sovranazionali perdono forza ed efficacia; si aprono in Europa, nel Mediterraneo, nel Medio Oriente linee di faglia geopolitiche, religiose ed economiche che mettono in pericolo la stabilità del pianeta e il futuro delle nostre società. Ma io penso che sia un gravissimo errore drammatizzare il pericolo come ineluttabile e irrisolvibile e cadere nella tentazione di isolarsi erigendo muri politici, fisici e ideali. Martedì a Lussemburgo ho avuto modo di dire ai colleghi presidenti dei parlamenti dell’Unione europea che si illude chi pensa di potere fare da solo, si illude chi pensa di essere al sicuro. La nostra storia comune e la nostra interdipendenza geografica e geopolitica ci vincolano ad un destino comune, che inevitabilmente sarà favorevole per tutti o per nessuno. Dobbiamo opporre all’entropia la forza dell’unione, della fiducia e dell’impegno quotidiano comune. Il Parlamento italiano (parlo anche a nome della Presidente Boldrini) crede fermamente in questo foro di cooperazione e vuole proporre una seria e realistica riflessione sul contributo che le nostre assemblee rappresentative possono offrire alla costruzione di uno spazio di pace, prosperità e benessere.

Vorrei essere franco sul punto. Nonostante il grande impegno delle presidenze che si sono via via succedute (e colgo l’occasione per ringraziare gli amici marocchini per il lavoro di quest’anno) le modalità di funzionamento di questa Assemblea non hanno soddisfatto appieno le attese iniziali. Il lavoro, sia nelle commissioni, sia in plenaria, non ha finora consentito di attivare quella sinergia su azioni e progetti concreti che tutti avevamo in piena sincerità auspicato. Alle raccomandazioni non sono sempre seguite risposte coerenti dalle istituzioni governative ai diversi livelli competenti. Ma il momento storico che viviamo ci chiama ad una responsabilità non più rinviabile e noi dobbiamo sentire forte il dovere di realizzare i bisogni dei cittadini che rappresentiamo nelle assemblee legislative. Dobbiamo quindi saper guardare alle criticità con lucidità e con spirito costruttivo per trasformare ognuna delle debolezze odierne in elementi di forza futuri. In questi anni mi sono reso conto di quanto la cooperazione inter-parlamentare possa essere una fruttuosa camera di composizione di interessi e istanze diverse, un’incubatrice delle decisioni e azioni intergovernative. Il Mediterraneo ha straordinariamente bisogno del dialogo fra parlamenti. Il metodo di conciliazione e la capacità di coniugare unità e pluralismo che è la prerogativa dei Parlamenti può aiutare a superare gli orgogli nazionalistici e a sviluppare un lavoro più pragmatico e settoriale. Personalmente nel mio ruolo di Presidente del Senato ho cercato di portare gli ideali ma anche la concretezza del lavoro operativo che ho già praticato nei miei 43 anni da giudice e da procuratore antimafia. Io vorrei proporre a voi tutti una svolta di concretezza di questo nostro importante foro di dialogo. Non basta confrontarsi sui macro-assetti geopolitici della regione, che pure continueranno ad accompagnare il confronto. Dobbiamo misurarci su linee di sviluppo settoriali ed azioni puntuali, su quei piccoli e grandi progetti che possono contribuire ad offrire ai cittadini soluzioni concrete ai problemi quotidiani. Questa Assemblea può divenire un laboratorio progettuale che parte dalle migliori pratiche nazionali per sviluppare sinergie possibili, proporre modelli di cooperazione settoriali e poi controllare l’andamento dei progetti. Penso a orientare in modo deciso l’attività dell’Assemblea e delle diverse commissioni su progetti finanziati dall’Unione per il Mediterraneo attraverso i fondi europei. Penso a metodi di lavoro innovativi che, anche attraverso l’uso di strumenti informatici, consentano di sviluppare singole iniziative. Penso ad esempio a progetti di micro-credito per sostenere le start up e le piccolissime imprese, al rafforzamento del ruolo delle piccole e medie imprese, alla formazione dei giovani delle due sponde su materie tecniche, alla promozione del lavoro, allo sviluppo congiunto delle aree più disagiate dei nostri Paesi, alla diffusione anche in contesti familiari e di piccole imprese delle fonti di energie rinnovabili, alle colture biologiche e sostenibili. Penso a progetti culturali, allo studio dell’Islam, del cristianesimo e dell’ebraismo come antidoto a intolleranze e discriminazioni. Penso all’approfondimento della storia del Mediterraneo che rivela fertili contaminazioni reciproche.

Sono convinto, care colleghe e cari colleghi, che la storia si costruisce granello dopo granello, attraverso le piccole esperienze concrete di lavoro, di conoscenza e di vita quotidiana delle persone che sono i mattoni più solidi su cui edificare assetti geopolitici, pace e sicurezza. Con questo spirito dobbiamo programmare il lavoro di questa assemblea indirizzando i governi verso i bisogni dei cittadini che noi, da parlamentari, abbiamo il compito di rappresentare e proteggere, valendoci di ogni opportunità di incontro di identità e civiltà come elementi preziosi per costruire il futuro attorno alla nostra comune ed emozionante umanità mediterranea. Grazie.

 

 

 

Ricordo in Aula di Marco Pannella

Onorevoli Colleghi,

giovedì 19 maggio è scomparso Marco Pannella, uno dei più grandi protagonisti della storia politica, sociale e civile del nostro Paese.  Leader storico del movimento radicale, Giacinto Pannella, detto Marco, nasce a Teramo il 2 Maggio 1930. La sua figura, complessa e vivace, è quella di un uomo autodefinitosi “radicale, socialista, liberale, federalista europeo, anticlericale, antimilitarista, non violento e gandhiano“. E’ stato tutto questo e anche molto altro, ha rappresentato una voce critica, spesso in anticipo sui tempi, e un pungolo costante per le istituzioni. Nel 1955 è tra i fondatori – insieme a Ernesto Rossi, Leo Valiani ed Eugenio Scalfari – del Partito radicale dei Democratici e dei Liberali. Più volte parlamentare nazionale ed europeo, ha ricoperto anche la carica di consigliere comunale a Trieste, Catania, Napoli, Teramo, Roma e L’Aquila nonché di consigliere regionale del Lazio e dell’Abruzzo. Segretario del Partito radicale, Presidente del Partito radicale transnazionale e della lista Marco Pannella, nel 1977 fonda Radio Radicale, modello di servizio pubblico nella trasmissione dei lavori parlamentari e dei dibattiti politici. L’azione di Pannella si caratterizza per il costante ricorso ai metodi della lotta non violenta, modellati sull’insegnamento di Gandhi, al fine di affermare la legalità ossia – secondo le sue parole – “il diritto alla vita e la vita del diritto“. E’ possibile richiamare soltanto alcuni tratti di una vita politica così intensa, dedicata costantemente alla bandiera dei diritti civili e del garantismo. Pannella è uno dei principali promotori e protagonisti della campagna per l’introduzione del divorzio, culminata con la netta vittoria nel referendum abrogativo del maggio 1974. Due anni prima, anche grazie ad uno sciopero della fame, aveva contribuito ad ottenere la legalizzazione dell’obiezione di coscienza al servizio militare. A partire dalla fine degli anni Settanta promuove le iniziative del Partito radicale per l’abolizione del finanziamento pubblico dei partiti, l’introduzione della disciplina sull’interruzione volontaria della gravidanza e la legalizzazione delle droghe leggere. All’inizio degli anni Ottanta, il suo impegno nella lotta contro la fame nel mondo risulta decisivo per l’approvazione della “legge Piccoli”, sui programmi di intervento nelle aree afflitte da emergenza endemica e alti tassi di mortalità. Dopo aver organizzato, insieme ad altre forze politiche, i referendum anti-caccia e anti-nucleari, Pannella, anche a seguito del clamore suscitato dalla vicenda dell’arresto e della condanna di Enzo Tortora, promuove, nell’ambito delle battaglie per la “giustizia giusta”, il vittorioso referendum sulla responsabilità civile dei magistrati. Alla fine degli anni Ottanta è artefice della trasformazione del Partito radicale in movimento “transnazionale” e “transpartito”, concentrato sugli obiettivi degli Stati Uniti d’Europa, della moratoria della pena di morte nel mondo, e dell’affermazione universale dei diritti umani. Dal 2002, con la fondazione dell’Associazione Luca Coscioni, l’impegno si concentra sulla libertà di ricerca scientifica, la libertà di cura, la legalizzazione dell’eutanasia e del testamento biologico, il rifiuto dell’accanimento terapeutico. Tra le battaglie degli ultimi anni ricordiamo quella per il miglioramento delle condizioni di vita nelle carceri italiane e per risolvere il problema del sovraffollamento degli istituti di pena. A tal fine, nel 2011, Pannella conduce con coraggio e determinazione il suo più lungo sciopero della fame, durato circa tre mesi.

E’ di quel periodo il Convegno ” Giustizia! In nome della legge e del popolo sovrano”, svoltosi il 28 e 29 luglio 2011 presso la Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, fortemente voluto dalla Vice Presidente del Senato Emma Bonino, con la partecipazione di Marco Pannella. A testimonianza dell’impegno disinteressato per la legalità e la democrazia, mi piace ricordare una sua affermazione, particolarmente significativa anche del tratto umano e dell’amore profondo e sincero per l’Italia: “Qualcuno mi ha chiesto quale sarebbe il primo provvedimento che prenderei se fossi eletto democraticamente Presidente. Ebbene il primo provvedimento che prenderei sarebbe quello di dimettermi, perché se il Paese mi eleggesse democraticamente, vorrebbe dire che non ha più bisogno di me“. Gli attestati d’affetto di migliaia di cittadini in questi giorni hanno dimostrato il profondo legame che nella sua lunga vita ha saputo instaurare con il Paese, e anche chi non ha condiviso le sue battaglie e le sue posizioni politiche non ha mancato di riconoscere il sentimento di stima per un avversario che ha sempre fatto politica ma non ha mai cercato il potere. Nel rappresentare la commossa partecipazione del Senato della Repubblica al dolore dei compagni e della comunità politica radicale, invito l’Assemblea ad osservare un minuto di raccoglimento.

Unione europea. Assicurare la sicurezza dei Cittadini nel rispetto delle libertà fondamentali

Cari colleghi, cari amici,

per prima cosa vorrei sinceramente ringraziare il Presidente Di Bartolomeo per l’organizzazione di questa Conferenza e l’accoglienza calorosa nel Granducato di Lussemburgo. Sono molto onorato di intervenire in questa IV sessione dedicata al rapporto fra sicurezza e diritti fondamentali. Un tema che mi è davvero caro, se mi è permessa una nota personale, perché vi ho dedicato 43 anni, da giudice e procuratore. Proprio ieri a Palermo abbiamo ricordato le stragi in cui persero la vita i magistrati e cari amici Giovanni Falcone e Paolo Borsellino e le altre vittime della mafia in Italia. Abbiamo anche rievocato il trentesimo anniversario del primo dei nostri formidabili successi contro la mafia: il maxiprocesso (tuttora il più grande processo penale della storia) contro 475 imputati, che si concluse con la condanna a 19 ergastoli e 2665 anni di detenzione. Io mi trovai a essere giudice di quel processo e a scrivere le 7000 pagine della sentenza. Anche per questa ragione oggi il mio primo pensiero è per i cittadini inermi vittime della cinica follia terrorista e mafiosa, a Parigi, in Belgio e ovunque nel mondo. Dietro ognuna di quelle persone ci sono storie, sogni, speranze, sedie vuote a cena in molte famiglie. Penso anche a chiunque, in qualsiasi parte del mondo, viene privato della dignità e dei diritti e sogna l’Europa, che il Papa a Lesbo ha definito “la patria dei diritti e chiunque vi metta piede.. dovrebbe poterlo sperimentare”.

La nostra Europa si trova ad affrontare un momento di crisi senza precedenti, si deve confrontare con fenomeni epocali. Una parte della politica e dell’opinione pubblica europea sembra reagire coltivando tre tentazioni: assolutizzare e drammatizzare il pericolo; azzerare quello che faticosamente e a caro prezzo abbiamo costruito in questi decenni; erigere fra noi nuovi muri politici, fisici e ideali. Ma si illude, cari amici, chi oggi pensa di potere fare da solo, chi pensa di essere al sicuro. Noi stiamo insieme e insieme viviamo, o cadiamo. Il tema di questa sessione è forse quello più emblematico in questo senso. Da una parte, i nostri cittadini si sono abituati in questi anni all’idea di un’Europa garante di sicurezza e diritti. Sicurezza rispetto alla guerra, al crimine ma anche rispetto alla qualità e salubrità di ambiente, beni e alimenti. Dall’altra parte, il Trattato di Lisbona riconosce sicurezza e diritti come due facce della stessa medaglia. Lo spazio di libertà, sicurezza e giustizia e la Carta dei diritti fondamentali di Nizza sono ideali profondamente radicati nelle coscienze.

Gli attacchi terroristici degli ultimi mesi hanno messo drammaticamente in luce la nostra comune incapacità di prevenire e di reagire efficacemente agli eventi. Colpa dell’insufficienza e inefficienza della cooperazione giudiziaria, informativa e di polizia, e della sottovalutazione della marginalità e delle diseguaglianze che rendono le nostre società più vulnerabili al crimine, all’illegalità e al radicalismo. Io sono convinto che questa consapevolezza imponga di rivedere le posizioni, legittime ma poco lungimiranti, di chi vuole far prevalere gli interessi nazionali su quelli comuni. Noi dobbiamo pensare strategicamente e ambiziosamente a dare piena e sincera esecuzione agli strumenti di cooperazione già esistenti, affermando una cultura della cooperazione che si costruisce attraverso il lavoro congiunto che genera fiducia reciproca. Servono soluzioni legislative innovative, ben oltre il mutuo riconoscimento, tenendo però a mente che nessun asserito stato di emergenza può giustificare compressioni immotivate di diritti e libertà.

In questa prospettiva, è prioritario anche il rafforzamento della cooperazione istituzionale giudiziaria e di polizia. Credo sia un successo il consenso raggiunto fra il Parlamento e il Consiglio su Europol, che diventerà un’Agenzia dell’Unione europea per la cooperazione di polizia. Avremmo potuto essere più ambiziosi, è vero, ma adesso è importante attuare il risultato conseguito, anche utilizzando il lavoro del gruppo di controllo parlamentare. Sono consapevole delle istanze di riservatezza che la materia comporta, ma penso che la strategia di sicurezza europea debba riconoscere ai Parlamenti adeguati spazi di verifica dell’operato dei governi e partecipazione alla definizione degli indirizzi politici, per garantire la corretta rappresentazione degli interessi dei nostri cittadini. A noi spetterà interpretare con il giusto livello di ambizione e di responsabilità questo nuovo strumento di cooperazione interparlamentare.

La cooperazione giudiziaria presenta ancora troppe incognite. Un primo obiettivo riguarda la proposta di direttiva ora all’esame del legislatore europeo in materia di lotta al terrorismo. A questo proposito, io penso che non sia utile né possibile dilatare oltremisura l’area delle incriminazioni penali a tutela anticipata, mentre è determinante rafforzare gli strumenti di cooperazione giuridica e operativa. Il fenomeno terroristico che ci troviamo ad affrontare ha caratteri diversi da quelli cui eravamo abituati e richiede un complesso di interventi: militari per ridurre la capacità di attacco simmetrica dell’ISIS in Medio oriente; finanziari per colpire le risorse economiche dell’organizzazione; giudiziari, informativi e investigativi per reprimere e prevenire gli attentati asimmetrici in Europa; politici per preparare nuovi assetti istituzionali nell’area idonei a garantire equilibrata tutela a tutti gli interessi etnici, sociali e confessionali. Il secondo obiettivo è la riforma di Eurojust e l’istituzione della Procura europea, su cui non si sono registrati significativi progressi. Vorrei ricordare, rispetto ad Eurojust, che le possibilità offerte dall’art. 85 del Trattato sul funzionamento dell’Unione consentono di andare ben oltre il testo di oltre un anno fa. Quanto alla Procura europea, penso che il testo attualmente in discussione sia troppo lontano dall’organo comune di investigazione e di accusa ipotizzato dall’articolo 86 del Trattato, che è vitale per proteggere gli interessi finanziari dell’Unione. So che sul tema ci sono fra di noi diverse sensibilità, espresse tra l’altro nelle opinioni motivate che hanno sollevato un secondo “cartellino giallo”. So anche che spesso la cultura della cooperazione fa fatica ad attecchire. Quando in Italia istituimmo quella Procura nazionale antimafia con compiti di coordinamento sulle indagini (ora anche di terrorismo) che concepì Falcone, ci furono resistenze: ognuno pensava di potere fare bene da solo. Ma i risultati ci hanno dato ragione e oggi il nostro sistema di cooperazione istituzionale fra la magistratura, le forze di polizia e le agenzie di informazione, è un modello che credo potrebbe conseguire utili risultati anche in altri Paesi.

Concludendo, sono profondamente convinto, cari colleghi, che noi tutti sentiamo il dovere e la responsabilità di interpretare i bisogni dei cittadini, proteggerne la vita e la serenità, i diritti fondamentali e le speranze per il futuro, difendendo i valori di civiltà e solidarietà nei quali consiste la nostra identità più profonda.

Grazie.

 

“Europa, Politica e Passione” : il volume di Giorgio Napolitano

Signor Presidente della Repubblica, Presidente Emerito, Autorità, Signore e Signori,

Ho accolto davvero con piacere l’opportunità di ospitare in Senato la presentazione del volume “Europa, Politica e Passione” nel quale il Presidente Napolitano ha raccolto le sue più recenti riflessioni sul presente e il futuro dell’Europa, arricchendole con un’introduzione storico-biografica ricca e appassionata. Gli interventi racchiusi nel volume offrono una ricostruzione ragionata dei problemi e dei fenomeni che i Paesi europei si trovano davanti, e sono caratterizzati dalla ferma convinzione che la via dell’unione sia l’unica credibile ed efficace soluzione.

Nel libro il Presidente Napolitano, di fronte alla “tentazione di far tabula rasa” rispetto a quel che è stato costruito e alla “tentazione del catastrofismo”, pone come unica alternativa l’impegno di un’Europa capace di rinnovarsi restando se stessa e analizza puntualmente le prospettive che si aprono per restituire vigore all’Unione. Il libro ricorda a più riprese che le nazioni sovrane del passato non rappresentano più il quadro entro il quale possono risolversi i problemi del presente, dunque per sfuggire alla marginalità geopolitica in un mondo che ribolle attorno a noi, non c’è alternativa a un’Europa sempre più unita. Ricorda ancora l’Autore che l’Europa del diritto e dei diritti è figlia dell’incontro di civiltà e popoli e deve giocoforza raccogliere la sfida della solidarietà, nel segno della sua migliore storia, con un “nuovo umanesimo europeo” che dia respiro ad un’ambizione politica da rafforzarsi “su basi più ricche di democrazia partecipata”.

Sulle migrazioni il Presidente Napolitano ricorda che sulla nostra comune capacità di affrontare un fenomeno di lungo periodo attraverso risposte strutturali, si gioca non solo l’essenza e il futuro del progetto europeo ma anche la credibilità dell’Europa e il suo ruolo nel mondo. Riflettendo sui tragici eventi di Parigi chiude una delle sue lezioni chiedendo: “Europa, se non ora quando?”. E qui risuona netto il suo richiamo al ruolo storicamente svolto dall’Italia “portatrice delle istanze più avanzate per il progresso dell’integrazione e dell’unità europea” (sono sue parole) e la sua convinzione che spetti al nostro Paese un compito propositivo, indirizzato a costruire soluzioni realistiche nel segno della condivisione e della responsabilità.

Sono fermamente convinto che il nostro Paese debba tenere in Europa una tale posizione di avanguardia e vedo con favore le iniziative già adottate dal Governo, che il Parlamento ha condiviso, come quella sulla governance economica e quella sulle politiche migratorie, che sono ora al centro del dibattito europeo.

Fra pochi giorni parteciperò in Lussemburgo all’annuale Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti dell’Unione e sulla linea delle riflessioni del Presidente Napolitano avrò modo di ribadire che la mancanza di un pensiero strategico condiviso, di comuni prospettive di lungo respiro basate sulla consapevolezza della nostra storia, della nostra identità, e delle nostre responsabilità nei confronti dei cittadini europei e della comunità internazionale ha danneggiato la proiezione geopolitica dell’Europa e la nostra immagine nel mondo e ha fatto venir meno la fiducia delle persone, specie dei più giovani, nella bellezza di un sogno che ha accompagnato molte generazioni di europei. Insisterò sul dovere di accoglienza dei rifugiati, vittime di atrocità che noi non abbiamo saputo prevenire, secondo principi di solidarietà e di efficienza; e sulla necessità di affrontare le diverse minacce che incombono sull’Europa, terrorismo, criminalità organizzata, economia illegale, attraverso una cooperazione più sincera e completa, ma sempre solo con gli strumenti del diritto e dello Stato di diritto. Asseriti stati di emergenza non devono mai essere la scusa per comprimere immotivatamente diritti e libertà fondamentali.

Ringrazio dunque il Presidente Napolitano per avere dato alle stampe questo bel volume e per il contributo di riflessione e passione che quotidianamente offre ai lavori del Senato, in particolare nei dibattiti di politica europea e politica estera.

Concludo con le parole autorevoli del Presidente Mattarella che nel suo intervento al Parlamento europeo a Strasburgo ha voluto sottolineare che “sessant’anni di progressiva integrazione nel rispetto delle differenze, specificità e tradizioni hanno creato un demos europeo: una crescente fusione delle nostre società”. Ebbene, io credo fermamente che sia dovere primario della politica affrontare quest’epoca di dissoluzioni e di frammentazioni seguendo la via della fiducia e dell’impegno che ci ha mostrato Altiero Spinelli, edificando progetti per il futuro attorno a quell’idem sentire europeo che è tanto profondamente radicato nelle coscienze individuali, quanto spesso drammaticamente assente in politiche governative divisive, egoiste e dimentiche del passato. Grazie.

 

 

 

 

Informazione. Necessario garantire pluralismo

Egregio presidente Panizza, Magnifici Rettori, autorità, care studentesse e cari studenti,

ringrazio l‘Università la Sapienza per avermi invitato a questa giornata conclusiva dei “Dialoghi sulla sostenibilità” voluti dal Comitato Regionale di Coordinamento delle Università del Lazio in occasione del Giubileo della misericordia: una bella iniziativa che ha avuto il grande merito di mobilitare saperi, di far confrontare tra loro idee e metodi diversi, di favorire e promuovere una maggiore collaborazione tra le università laziali. Il titolo di questo incontro, “una cultura per la società dell’informazione”, apre ad un’ampia serie di temi che per altro saranno discussi in maniera approfondita e da relatori di altissimo livello nel corso della giornata di oggi. E’ doppia la sfida posta nella premessa di questo incontro. Da un lato l’analisi del rapporto tra cultura, comunicazione e reti, dall’altro l’identificazione di una strategia condivisa per un ritorno alla qualità dei contenuti, di cui abbiamo vitale bisogno, nei contesti culturali e comunicativi oltre che politici e accademici. L’epoca contemporanea, con tutti i suoi innumerevoli pregi, impone un supplemento di riflessione, un confronto serio e lungimirante per tenere il passo con i repentini cambiamenti che il progresso tecnologico ha avviato nelle relazioni sociali, nei meccanismi di partecipazione, nella diffusione e nella fruizione dell’informazione e della cultura.

 “Diffida dell’uomo di un solo libro”

Nel breve spazio di questo intervento, vorrei proporre solo alcuni spunti a partire da alcune parole attribuite a Tommaso D’Aquino: “timeo hominem unius libri”, diffida dell’uomo di un solo libro. Come sapete sono varie le interpretazioni relative a questa espressione: quella sulla quale vorrei ragionare è la più letterale. La storia, e aggiungerei l’attualità, ci insegnano a temere chi costruisce la propria idea del mondo sulla base di un solo libro, che sia religioso o politico, o comunque di un pensiero unico e totalizzante. I recenti attentati che hanno scosso il nostro continente indicano che siamo esposti a fenomeni complessi da controllare e gestire. Abbiamo il dovere di calibrare attentamente le reazioni e gli interventi, evitando di agire emotivamente come alcuni, sbagliando, vorrebbero. Gli attentati in Francia e Belgio hanno svelato la nostra vulnerabilità in termini di sicurezza ma soprattutto la fragilità della nostra cultura. Lo stesso si potrebbe dire per le difficoltà che stiamo riscontrando nel far fronte all’emergenza umanitaria che si consuma al largo delle nostre coste.

Più in generale, e meno drammaticamente, stiamo assistendo ad un paradosso che impone una riflessione profonda e che deve indurci a reagire: in troppi casi il progresso tecnologico che ha cambiato radicalmente il nostro modo di comunicare con gli altri e ha aperto infinite strade alla conoscenza, ha poi nei fatti ridotto i nostri orizzonti culturali. E’ un processo noto da anni agli studiosi, che ha assunto nell’ultimo decennio evidenza plastica con i social network: mi riferisco a quella che è stata chiamata l’omofilia delle reti sociali. Semplificando: pur avendo a disposizione innumerevoli fonti e punti di vista, tendiamo tutti a selezionare esclusivamente ciò che è affine al nostro modo di pensare, convincendoci progressivamente sempre più delle nostre supposizioni e finendo talvolta per esasperarle grazie ad un effetto di rinforzo costante e conferma reciproca. In questa spirale ci scopriamo meno inclini al confronto con l’altro, al dialogo, e più sensibili ad argomentazioni estreme e semplificatorie. Rischiamo di diffidare di soluzioni complesse a problemi che non percepiamo come stratificati, che invece necessitano di essere affrontati con un pensiero lungo e strategico, inevitabilmente meno accattivante e meno funzionale alla logica dello slogan. La polarizzazione emotiva dell’opinione pubblica si riflette negativamente sulla qualità del dibattito: tendiamo a premiare, anche in termini di consenso elettorale, le opinioni più intransigenti e approssimative a discapito di chi usa argomentazioni meno facili e meno polarizzate. Il rischio è quello di ritirarsi nelle proprie convinzioni, rifiutare il dialogo e radicalizzare ulteriormente opinioni e comportamenti, con effetti anche nelle scelte politiche di importanti leader europei: penso a chi, per cavalcare la paura, propone di innalzare muri e barriere invece di riflettere su come, concretamente, sia possibile coniugare rispetto dei valori di solidarietà e accoglienza, sicurezza dei cittadini, buone pratiche territoriali, gestione oculata della spesa e su tutto la salvaguardia delle vite umane. L’unilateralismo di questo tipo di azioni, che prende il posto dell’unità di intenti e di percorsi comuni, non è la soluzione.

“Diffida dell’uomo di una sola fonte di informazione”

Parafrasando le parole di Tommaso D’Aquino si potrebbe aggiungere: “diffida dell’uomo di una sola fonte di informazione”. Tante volte, sia da magistrato che da presidente del Senato, mi sono confrontato con il tema della libertà di stampa e del pluralismo. Un’informazione libera, autorevole e indipendente è uno dei prerequisiti essenziali in un sistema democratico maturo e anche il più efficace antidoto ai rischi che accennavo precedentemente. Essa infatti gioca un ruolo fondamentale nella definizione dei temi e della qualità del dibattito pubblico: va da sé che il grado di democrazia di un Paese sia direttamente connesso alla capacità del sistema dell’informazione di svolgere liberamente il suo compito. E’ noto che in queste settimane si stiano giocando partite molto delicate negli assetti societari di importanti gruppi del mondo dell’editoria e dell’informazione. Senza entrare nel merito delle scelte, va ribadito che alle istituzioni di garanzia spetta un dovere di vigilanza e controllo che tuteli, in prospettiva, il bene fondamentale del pluralismo. Oltre che a livello editoriale però, occorre educare allo sforzo e alla fatica del confronto anche i cittadini, a partire dai più giovani. Non basta un solo giornale né un solo sito, non basta seguire i link che gli amici pubblicano su Facebook o scorrere i tweet dei profili che seguiamo, non basta un programma televisivo o qualche breve video su YouTube per capire la complessità del nostro Paese e del nostro mondo. Serve tutto questo, e molto di più. La capacità di assegnare a ciascuna fonte il suo peso, la conoscenza di chi sia l’editore della testata che leggiamo e di quali altri interessi economici o politici rappresenti, l’intelligenza di saper unire i puntini e infine la capacità di sintetizzare il tutto in una opinione, finalmente, davvero informata.

“Diffida dell’informazione che ha una sola fonte”

Mi avvio alla conclusione proponendo un’ultima considerazione, intimamente connessa con le precedenti. Parafrasando ancora San Tommaso: “diffida dell’informazione che ha una sola fonte”. Se è fondamentale valorizzare la pluralità di idee e di luoghi di conoscenza è altrettanto vitale tenere alta l’attenzione sull’etica e la deontologia degli operatori dell’informazione. Anni fa Umberto Eco diede questa definizione dell’uomo di cultura: “essere colti non significa ricordare tutte le nozioni, ma sapere dove andare a cercarle”. Nell’epoca dei motori di ricerca il problema non è certo trovare un’informazione ma, come abbiamo visto, saperne dare una lettura consapevole. In questo senso ha una grande responsabilità chi opera nei settori della stampa, dell’editoria, dell’informazione e della cultura in generale. Due sono i rischi principali: da un lato l’abbassamento degli standard deontologici, dall’altro la dipendenza economica o normativa dal potere. Non è un mistero che negli ultimi anni questi siano stati settori fortemente penalizzati dalla crisi economica e, per rispondere a queste difficoltà, si sia fatto ricorso a modelli di business che puntano più alla quantità dei click che alla qualità dei contenuti. Nel lungo periodo credo che questo atteggiamento sia controproducente: gli utenti non sono semplicemente alla ricerca di una curiosità o di uno slogan ma di una notizia o di una visione originale e approfondita della realtà. Per fare un esempio: qualche settimana fa Anna Masera, la prima “public editor” di un quotidiano nazionale, in questo caso la Stampa, ha scritto una rubrica contro la tendenza al “clickbaiting”, ovvero l’esasperazione dei contenuti e dei titoli degli articoli utilizzati come esche per attirare click. Scrive: “non vale la pena promettere ai lettori ciò che non si è in grado di mantenere perché magari cliccano, ma poi si irritano e non tornano. Dai giornali ci si aspetta la ricerca della verità, scritta bene. Ed è chiaro che il clickbait nel giornalismo non sia deontologicamente accettabile.” Ma questo non è un problema solo dei siti internet. Io stesso potrei raccontarvi moltissime esperienze di titoli virgolettati che mi attribuivano frasi mai pronunciate, utili però ad esasperare i concetti e favorire una polemica che avrebbe potuto riempire altre pagine nei giorni seguenti.  L’ultimo avviso riguarda appunto l’informazione che utilizza una sola fonte: è evidente che non si tratta di informazione ma di pubblicità mascherata, quando riguarda beni o servizi, propaganda quando si occupa di politica, proselitismo quando tratta di teorie fantasiose o complotti.

Concludo. Nella società dell’informazione siamo tutti immersi in un flusso costante, caotico e ridondante di stimoli. Per quanto possa sembrare paradossale la prima competenza da avere e da insegnare è quella di saper filtrare, capire velocemente cosa ignorare, quindi scegliere cosa interessa sapere e a quali fonti ragionevolmente affidarsi. La seconda è quella di sfruttare al meglio le infinite possibilità che le reti e le connessioni ci offrono, non fermarci al recinto dei simili ma spaziare tra le conoscenze e i saperi, accettando di sfidare i nostri pregiudizi e preconcetti, con curiosità e spirito critico. La terza è di non fermarsi alla lettura e all’approfondimento, ma impegnarsi nella produzione di contenuti originali, ciascuno per i propri ambiti di competenza e di interesse. La facilità nella condivisione, il confronto costruttivo, la possibilità di migliorare grazie alle risposte degli altri è un’opportunità che è passata dai ristretti ambiti accademici o professionali alle diffuse reti sociali e telematiche. E’ faticoso, ma è la più grande possibilità di cambiamento e miglioramento che offre il nostro tempo.

Nel difendere e valorizzare chi diffonde cultura viene garantita alle giovani generazioni la possibilità di sviluppare talenti, realizzare sogni, infrangere barriere. Le università possono e debbono essere al centro di uno sforzo di riappropriazione degli spazi di confronto e dialogo. In questa sala c’è una parte della futura classe dirigente, alla quale dobbiamo fornire il maggior numero di strumenti utili per poter essere all’altezza delle difficoltà che il domani ci presenterà. Da parte vostra, ragazzi, dovete mettercela tutta: non limitatevi ad affrontare questi anni con l’unico obiettivo di laurearvi. Abbiate il coraggio di mettervi alla prova e di impegnarvi tanto sotto il profilo accademico quanto su quello della cittadinanza attiva. Siate protagonisti e non comparse: abbiamo bisogno della vostra forza ideale e critica per poter difendere e accrescere il pluralismo e la profondità dei contenuti che rappresentano le vere sfide della contemporaneità. Altrimenti restano solo le fotogallery dei divi e i video di gattini. Grazie.

La consultazione pubblica del Senato sul pacchetto “Economia circolare”

Autorità, cari colleghi, gentili ospiti,

è con vivo piacere che rivolgo un indirizzo di saluto ai partecipanti alla presentazione dei risultati della consultazione pubblica sul pacchetto Economia circolare, promossa dalla Commissione ambiente del Senato.

Autorevoli rappresentanti delle Istituzioni europee e nazionali, incluse quelle regionali, sono riuniti oggi, insieme alle rappresentanze di importanti realtà associative e produttive del Paese, per fare il punto su un momento significativo di partecipazione democratica. Il fine della consultazione pubblica, i cui risultati vengono oggi discussi, è quello di rappresentare gli interessi nazionali nell’ambito del dialogo politico e nel processo decisionale europeo, con particolare riferimento al tema dell’economia circolare, che mira a sviluppare un modello produttivo nel quale le risorse vengono utilizzate da imprese e consumatori in modo più sostenibile, mantenendo quanto più a lungo possibile il valore dei prodotti, dei materiali e delle risorse e riducendo al minimo la produzione dei rifiuti. La Commissione ambiente del Senato ha inteso rappresentare la posizione nazionale all’interno dell’iter legislativo europeo, svolgendo un approfondito lavoro istruttorio articolato in un percorso di audizioni e in una consultazione pubblica. I cittadini, le autorità pubbliche, le imprese, le Università, i centri di ricerca e tutti gli altri soggetti interessati sono stati invitati a trasmettere le proprie osservazioni in risposta ad un questionario sul contenuto e sull’impatto del pacchetto di proposte della Commissione europea.

I contributi pervenuti saranno esaminati ai fini della risoluzione, che sarà trasmessa alla Commissione europea nel quadro del dialogo politico e costituirà atto di indirizzo al Governo per i negoziati in sede di Consiglio. Su questo tema così delicato, quello italiano è sinora l’unico Parlamento nazionale di uno Stato dell’Unione europea ad aver promosso, grazie all’impegno della Commissione ambiente del Senato, un’iniziativa di partecipazione democratica. La trattazione del dossier dell’economia circolare ha inoltre costituito l’occasione per la sperimentazione di nuove procedure volte a dare consistenza alle previsioni della riforma costituzionale che assegna al Senato un ruolo di raccordo tra le istanze locali e regionali e le istituzioni europee, ma che rappresenta, qualsiasi sarà il risultato del referendum di ottobre, una buona prassi per le Istituzioni italiane. Si tratta di un metodo di lavoro che è importante sviluppare a livello nazionale: a seguito del Trattato di Lisbona, infatti, i Parlamenti nazionali sono entrati a pieno titolo nel processo legislativo europeo, potendo adottare pareri su progetti di atti legislativi dell’Unione. La partecipazione tempestiva e coesa al processo di formazione delle decisioni dell’Unione è una priorità ineludibile per il nostro Paese.

Del resto, partecipare alle decisioni europee è anche il presupposto per garantire una migliore attuazione degli obblighi che ne conseguono. Nel merito dei contenuti occorre sottolineare che il contributo nazionale all’insieme di misure contenute nel pacchetto dell’economia circolare, consentirà all’Italia di esprimere contenuti qualificati – per conoscenze tecnologiche e sensibilità ambientale – in grado di promuovere la transizione verso modelli di sviluppo sostenibile. La complessa revisione delle direttive incide su una pluralità di norme nazionali in materia di rifiuti. La ridefinizione degli obiettivi per la gestione dei rifiuti dovrà essere attentamente recepita nell’ordinamento interno ai diversi livelli di Governo ed essere integrata nei sistemi nazionali di gestione dei rifiuti, con un impatto positivo sui territori.

Credo che in un contesto così difficile spetti proprio alle assemblee elettive recuperare il significato dell’integrazione. La fiducia dell’opinione pubblica nell’Unione europea si nutre di risultati concreti, che sappiano colmare il divario tra le aspettative e la realtà per assicurare risposte efficaci ai problemi dei cittadini.

(Immagine di repertorio)