Presidente Zavoli, Presidente Marini, senatrice Fasiolo, gentili ospiti,
sono particolarmente lieto di poter ospitare in Senato questa significativa mostra fotografica intitolata “Il secolo lungo. Un itinerario fotografico nel Novecento goriziano”. Si tratta di un titolo evocativo, quanto mai appropriato – un po’ in antitesi alla ormai celebre qualificazione di “secolo breve” che una parte della storiografia ha attribuito al XX secolo – per descrivere quel Novecento goriziano così denso di eventi, così sofferto, ma anche così intensamente vissuto. La mostra ripercorre cento anni di storia cercando di darne – credo con successo – una lettura senza pregiudizi, con equilibrio tra le diverse sensibilità che in passato si sono contrapposte animatamente, spesso violentemente. Gorizia e Nova Gorica, una in Italia e l’altra in Slovenia, con il loro territorio circostante, sono così pregne di storia da costituire un unicum per i due Paesi e per la stessa Europa. Le immagini qui esposte ci mostrano l’inizio del secolo, l’Imperatore Francesco Giuseppe nel 1900 in Piazza Grande, scene di vita quotidiana, le fiere, i commerci, una città fiorente. Ci sono poi le immagini terribili della prima guerra mondiale, le macerie, le rovine lasciate dal passaggio dei contrapposti eserciti, i prigionieri italiani dopo Caporetto e l’ingresso dei bersaglieri in bicicletta alla fine delle ostilità.
Dopo l’annessione al Regno d’Italia si progetta la ricostruzione di una città distrutta. Seguono gli anni del fascismo, dell’italianizzazione forzata della comunità slovena e poi, di nuovo, la catastrofe della seconda guerra mondiale con nuovi orrori e distruzioni. Nell’inverno del 1943 l’intera comunità ebraica goriziana è deportata ad Auschwitz. Poi, nel maggio del 1945 vi è l’occupazione dell’esercito jugoslavo e inizia il tragico periodo delle foibe. Le immagini della mostra ci ricordano quegli orrori. A tal proposito, voglio ricordare – come ho fatto spesso in passato e come continuerò a fare in futuro – che è nostro dovere come Istituzioni, ma prima ancora come cittadini e come uomini, quello di coltivare la memoria per capire il presente, per costruire il futuro, un futuro senza violenza, razzismo, odio, intolleranza. È quel che chiamo “il dovere della memoria”: un lavoro quotidiano che non dobbiamo mai tralasciare. Spesso è faticoso, richiede pazienza e dedizione, ma è doveroso nei confronti di chi ci ha preceduto ed essenziale per il futuro delle nuove generazioni.
Ci sono poi le fotografie degli anni più recenti: la divisione della città, la costruzione di Nova Gorica, le manifestazioni in piazza e la partecipazione alla vita politica. Seguiranno gli accordi di Udine del 1955 e di Osimo del 1975. Gorizia assumerà l’importante ruolo di apripista nel dialogo transfrontaliero e di città-ponte per superare le barriere del confine. La storia degli ultimi decenni ha senz’altro contribuito, con l’avanzare del processo di integrazione europea, a ricucire le ferite e a spegnere gli odi nazionali, anche nel quadrante orientale. La Slovenia e la Croazia sono entrate a far parte dell’Unione europea e le nuove generazioni slovene, croate e italiane si riconoscono in una comune appartenenza che arricchisce le rispettive identità nazionali.
L’augurio è che l’Europa unita, libera dalle contrapposizioni etniche e ideologiche, possa essere la patria dove tutti possano riconoscersi come parte di un’unica comunità, condividendo con serenità storia e cultura e respingendo con decisione e convinzione il male del proprio passato, per costruire una memoria condivisa e un futuro per i nostri giovani, nel quale regni il rispetto assoluto della dignità umana e dove la violenza e l’odio siano solo un doloroso ricordo.
Grazie.