Gentili ospiti,
vi ringrazio per aver voluto partecipare a questa cerimonia, con la quale ricordiamo uno dei massimi esponenti della cultura italiana contemporanea, Mario Luzi, nel decimo anniversario dalla scomparsa. Ringrazio gli illustri relatori che hanno accettato l’invito a contribuire ai lavori di questa giornata. Voglio ricordare che il grande poeta e senatore a vita Mario Luzi è già stato commemorato per due volte nell’Aula del Senato: la prima a due giorni dalla sua scomparsa, la seconda – della quale sono stato io stesso partecipe, avendo presieduto la seduta – in occasione del centenario della nascita. In entrambe le circostanze la partecipazione dei rappresentanti di tutte le componenti politiche è stata davvero sentita, segno di quanto Luzi abbia saputo lasciare una traccia profonda nella cultura e nell’animo degli italiani, senza distinzioni di appartenenza politica.
Mario Luzi ha vissuto i momenti più intensi e decisivi della storia italiana: la fine dello stato liberale e l’instaurazione della dittatura, gli anni drammatici della guerra, la ricostruzione e la ripresa economica, il terrorismo e la sua sconfitta, fino agli inizi del nuovo secolo, così turbolenti e densi di nuovi interrogativi e presagi oscuri. Nelle parole così autentiche e vissute della sua poesia si ritrovano le tensioni e le aspirazioni dell’Italia.
Collaborò fin da giovane alle più importanti riviste del tempo e prese parte alla stagione dell’ermetismo fiorentino. In quel clima, Luzi avviò un intenso itinerario di ricerca, che attraverso la pietas cristiana, generò un profondo rinnovamento dell’espressione e del linguaggio poetico novecentesco. Successivamente, a partire dal dopoguerra, la lirica di Luzi si aprì ad un vivace confronto tra la fede cristiana e gli eventi della storia e della politica italiani e internazionali. In quegli anni, alla produzione poetica, si affianca una vastissima ed incessante elaborazione saggistica sulla poesia. Vi è un’apertura del linguaggio ermetico, verso una poesia più parlata, più colloquiale. Per oltre un ventennio si dispiega anche la sua ampia e diversificata scrittura drammaturgica, senza scissione tra poesia e prosa: delle sue opere teatrali voglio, in particolare, ricordare l’ultima, “Il fiore del dolore”, rappresentato nel 2003 e dedicato alla tragica morte di don Pino Puglisi, ucciso dalla mafia.
Il 14 ottobre 2004, pochi giorni prima del compimento del suo novantesimo compleanno, è nominato senatore a vita dal Presidente Carlo Azeglio Ciampi, per i suoi altissimi meriti nel campo letterario ed artistico. È il riconoscimento di un lungo del lungo percorso civile e culturale di un intellettuale complesso e profondo. In Senato, dove si recò per tre volte dopo la sua nomina, non ebbe il tempo di prendere la parola, ma era sua decisa intenzione, come testimoniato da chi lo incontrò in quel periodo, partecipare attivamente al fine di adempiere con responsabilità e impegno a quelli che vedeva come i suoi “nuovi doveri” di senatore, in particolare nel settore nel quale riteneva di poter meglio contribuire, quello della cultura e dell’arte. Avrebbe voluto pronunciare un intervento in Aula, non ne ebbe il tempo. Ascolteremo più tardi quel testo, le sue parole saranno lette dall’attrice Paola Lambardi.
Lasciatemi soltanto anticipare un passaggio: “La nazione si unisce e ascende a se stessa, la sanzione di quella ascesa è lo Stato, per il quale penso si debbano avere, data la nostra storia, speciali riguardi […] tradirlo e spregiarlo non dovrebbe essere consentito a nessuno”. In pochissime parole il poeta e senatore riesce a scolpire un monito per tutti coloro che sono chiamati a ricoprire incarichi pubblici.
Da quelle parole traspare il suo impegno civile, che caratterizza anche tanta parte della sua produzione poetica. Infatti, Luzi è sempre molto attento alla condizione sociale e civile dell’uomo, che per lui non è mai “individuo puro”: l’uomo è sempre connesso a tutto ciò che lo circonda, in rapporto di causa ed effetto. Non può essere giudicato se non nella societas. Le esigenze degli uomini sono, specularmente, il parametro di giudizio per le leggi che devono regolare la società. “Le leggi disgregano” – sono parole di Luzi – “quando non obbediscono alle esigenze degli uomini, quando non rispettano o non inducono a vivere in armonia sociale, ma sono piuttosto l’effetto della corruzione. Le leggi dovrebbero nascere per armonizzare il rapporto fra gli uomini”.
L’impegno civile di Luzi, protagonista attivo del suo tempo, per tanti anni ha trovato una feconda espressione anche nella sua attività di docente prima di liceo e poi all’università. Per lui l’insegnamento non consisteva soltanto nella didattica, nella trasmissione delle nozioni agli studenti. La sua era una vera testimonianza, attraverso la quale le giovani generazioni scoprivano il sapere, che nella sua visione rappresenta un esercizio di libertà. In particolare dopo la guerra, quando tanti docenti erano stati protagonisti di uno sforzo collettivo per tenere insieme il tessuto civile del Paese, dilaniato dalla dittatura e dall’atroce conflitto. Fu un vero maestro, per tutti costituì un riferimento. Fu un uomo mite e gentile, discreto ed equilibrato, capace di insegnare in molti modi e di percorrere le strade più diverse, tutte con la stessa dedizione e in ciascuna raggiungendo i risultati più elevati.
Prima di lasciarvi voglio concludere con una breve nota personale.
Luzi è riuscito, in una sua poesia intitolata “Palermo, Aprile ’86” che sin dalla prima lettura mi ha colpito nel profondo, a descrivere con poche precise parole la cappa di attesa e insieme di timore e di speranza che la città respirava durante il maxiprocesso. Il silenzio irreale che accompagnò quei giorni, e le oscure trame che, sotterranee, iniziavano a prendere forma.
Voglio citarvi i versi finali:
“Si purga dai suoi mali o altri ne prepara
Palermo in questa oasi
se è un’oasi che si è aperta nel suo ventre, come pare,
e non un’officina di crimini e morte
che così si affina…
Immagino soltanto o subodoro cose che mi daranno orribile certezza?
Interpellati
i miei amici di qua
sono simili ad uomini di mare
per cui nulla è imprevedibile,
sono aperti a ogni segnale
e catafratti a ogni male, sebbene sotto sotto
amari, sebbene non rassegnati al peggio.
Saprò forse domani che questo splendido torpore
era fitto di crude operazioni, ed anche
questo abbaglio
ingannevole ci ammalia… così è Palermo.”
Quanta preveggenza nel cogliere in quell’attesa silente la preparazione delle terribili stragi che nel ’92 e nel ’93 insanguinò il nostro Paese! Ho voluto ricordare principalmente l’impegno civile e politico di Mario Luzi. Credo fosse questo il mio compito principale, oggi. Gli altri qualificati relatori ci parleranno più approfonditamente della poetica del grande intellettuale, e a loro lascio la parola.
Grazie.