Intervento al convegno di “Ossigeno per l’informazione” nella giornata mondiale per la libertà di stampa
Caro Presidente Spampinato, Autorità, gentili ospiti,
consentitemi per prima cosa di rivolgere un pensiero affettuoso alla famiglia di Valentino Parlato, ai suoi amici, a tutta la redazione del giornale che contribuì a fondare e ha guidato come direttore per molti anni: con Parlato si è spenta una voce libera e autorevole della stampa italiana che mancherà non solo ai lettori del Manifesto. Sono contento di essere qui e aprire questo convegno che rinnova l’incontro tra “Ossigeno per l’Informazione” e le Istituzioni, un dialogo che si fa di anno in anno più fecondo e prezioso. Oggi è il “World Press Freedom Day”, il giorno nel quale hanno luogo molte iniziative connesse al fondamentale tema della libertà di stampa: saluto tutti i partecipanti in ogni parte d’Italia. È questa quindi un’utile occasione per riflettere insieme sul grado di libertà e di efficacia del sistema d’informazione nel nostro Paese, oltre che per promuovere azioni in grado di difenderlo da chi vorrebbe mettergli un bavaglio. In questo senso voi di “Ossigeno” fate, giorno dopo giorno e ormai da molto tempo, un lavoro straordinario di documentazione, analisi, sostegno e sensibilizzazione del quale vi siamo tutti grati.
Lo ripeto spesso: un regime democratico non può in alcuna misura rimanere tale se non assicura ai propri cittadini la possibilità di partecipare consapevolmente alla vita e alle scelte della collettività. Per farlo è necessario che ciascun individuo abbia accesso ad un’informazione libera e plurale, lo strumento attraverso il quale si traduce in realtà l’imprescindibile diritto di costruirsi la propria opinione, di capire, di conoscere. Abbiamo bisogno di un giornalismo autorevole e responsabile, che deve attenersi ad una precisa gerarchia di valori. É importante che le notizie siano offerte ai lettori in un quadro di riferimento ampio e complessivo, con un’analisi approfondita dei protagonisti, dei presupposti e delle conseguenze. Chiediamo agli operatori dell’informazione grande rigore deontologico; ci aspettiamo che raccontino la verità senza compromessi quando essa viene celata da interessi personali che inquinano quelli della collettività; che siano il pungolo dei potenti; che, con le loro penne, rompano il muro dell’omertà che mina il pieno funzionamento della nostra democrazia.
Adempiere a questo importantissimo compito, però, espone ad alcuni rischi che molti dei vostri colleghi hanno purtroppo sperimentato sulla propria pelle. Consentitemi di ricordare allora i ventotto giornalisti uccisi proprio perché la loro voce, libera e autorevole, dava fastidio e, per questo, andava silenziata. Nel luglio dello scorso anno mi avete consegnato un pannello con impressi i loro nomi, intitolato: “Cercavano la verità. 28 nomi una sola storia”.
Come sapete prima di “spostarmi in politica” ho per oltre quarant’anni svolto la professione di magistrato. Fu proprio in quella veste che conobbi uno di quei ventotto nomi. Mario Francese veniva spesso in procura, arrivava col suo taccuino, chiedeva sempre novità sulle attività che noi magistrati stavamo svolgendo. Non potevo certo metterlo al corrente degli sviluppi delle nostre indagini ma lo ascoltavo sempre molto volentieri quando mi raccontava delle voci che provenivano dalle strade di Palermo, quelle che instancabilmente batteva, sempre in cerca di nuove storie o conferme alle sue inchieste. Sapeva intercettare l’anima più intima e inconfessabile di Palermo, descriverla in maniera puntuale, rappresentare i movimenti della società e della criminalità organizzata: pagò con la vita quella sua insopprimibile curiosità, il desiderio di essere utile ai cittadini siciliani attraverso i suoi articoli.
Vedo in sala la mamma di Ilaria Alpi. Sono passati ventitré anni da quando Ilaria fu uccisa in Somalia insieme a Miran Hrovatin: sono troppe le domande, troppi i punti oscuri di una vicenda che non abbiamo alcuna intenzione di archiviare o dimenticare. Non ci arrenderemo, continueremo a cercare la verità: non possiamo certamente in questo modo lenire il dolore che lacera i vostri cuori ma abbiamo comunque il dovere morale di insistere perché sia fatta giustizia di quanto è avvenuto e degli anni persi dietro a depistaggi.
L’esempio degli uomini e delle donne che tristemente compongono il pannello che mi avete donato, è un patrimonio che appartiene non solo a chi sceglie questa professione ma a tutto il Paese. Le loro vicende ci aiutano anche a non abbassare la guardia sulle decine, centinaia, di casi in cui i giornalisti, spesso cronisti locali, oggetto di minacce, aggressioni e delegittimazioni. Penso, per esempio, a Federica Angeli la cui vita si è trasformata in un incubo e che, proprio negli ultimi giorni, ha subito un’altra violenta intimidazione. Proprio il Lazio detiene il triste primato del maggior numero di giornalisti minacciati. A lei e a tutti i suoi colleghi che condividono questa difficile situazione dobbiamo essere vicini, tanto idealmente quanto concretamente: il nostro impegno non può limitarsi alla giornata di oggi ma deve essere costante, in ogni circostanza. Ne va della forza della nostra democrazia, della qualità del dibattito pubblico, in breve, del nostro futuro.
Auguri di buon lavoro a tutti i giornalisti, e a voi di Ossigeno.
Grazie.