Ministro, Autorità, Signore e Signori,
è con grande piacere che ho accolto l’invito a partecipare all’inaugurazione, oggi, della sede di questo ambizioso progetto chiamato “Foqus”, e per molte ragioni.
La prima è perché il progetto mi è sembrato subito ambizioso, un laboratorio di collaborazione tra pubblico e privato in linea con le sperimentazioni europee più avanzate e che potrà costituire una buona pratica da replicare in altre zone del Paese. La seconda è perché ritengo che Napoli meriti una considerazione diversa e migliore nel racconto che se ne fa in televisione e sui giornali, e su questo ritornerò più avanti. La terza è perché, in un momento difficile sia a livello economico che sociale e culturale inaugurare uno spazio come questo significa dare dimostrazione di impegno e di speranza, le due cose di cui abbiamo davvero più bisogno. Per uscire da questa crisi occorre una visione di medio-lungo periodo, alla quale noi non siamo più abituati e che qui invece mi sembra abbia guidato la progettazione di Foqus. L’altro ieri ho avuto un lungo colloquio con il senatore Renzo Piano, che mi ha spiegato, insieme ai giovani architetti che ha coinvolto nel suo progetto versando loro l’indennità che percepisce da senatore, la sua idea di “rammendo delle periferie”. Lo so che è improprio definire periferia i Quartieri spagnoli, ma in questo mi rifaccio a quelle che Papa Francesco ha chiamato “periferie esistenziali”, ma i dati sono paragonabili a quelli delle periferie del nostro Paese: quasi il 20% di popolazione straniera, risiede qui il 10% di tutti i minorenni napoletani, un alto tasso di rischio devianza e due tristi primati: il più alto tasso di evasione scolastica e di disoccupazione della città.
Per questo è giusto che un intervento concreto di riqualificazione parta da qui, dove la sfida è più ardua, dove la comunità è fiaccata e frustrata da una situazione difficile e dal racconto che ne viene fatto. Il progetto è fortemente e indubbiamente innovativo, perché questa volta lo stimolo, l’impulso e quindi l’impegno alla trasformazione e rinascita sociale di un ambiente degradato viene da un gruppo di imprese private, in accordo con le istituzioni locali e quelle europee. Fa da guida a quest’opera di rilancio, l’impresa sociale “Dalla parte dei bambini”, che, come ho potuto vedere questa mattina, ha già formato nel corso dell’anno passato più di 100 giovani inoccupati e ha sostenuto le spese per la ristrutturazione dell’Istituto del Montecalvario.
Sono già stati creati asili, scuole, e luoghi di studio delle arti, come una sezione distaccata dell’Istituto di Belle Arti, ma anche luoghi di svago e di recupero psico-fisico delle persone e dei giovani in particolare. Inoltre ho saputo che verranno create delle botteghe di mestiere che formeranno specialisti e riavvicineranno i giovani ai mestieri tradizionali in un’ottica di innovazione e di stimolo all’imprenditoria. In definitiva stiamo assistendo ad un innovativo esempio di svolgimento di un’attività pubblica da parte di soggetti privati. Gli obiettivi e i risultati che comunemente sono l’espressione dello Stato sociale, qui sono dunque perseguiti da un network di imprese private.
Non si tratta solo o semplicemente di dare lavoro a molti giovani disoccupati o inoccupati, ma proprio di avviare gli stessi al lavoro, creando nuove professionalità e nuovi imprenditori. Si tratta di dare spazi ai bambini e sottrarre alla strada tanti giovani. Si risponde così all’esigenza di rimettere al centro la scuola, l’educazione e la cultura e di risanare un’area depressa dando ai giovani la spinta e i mezzi per credere nel rilancio e in un mondo migliore.
Questa esigenza trova riscontro anche nel Rapporto OCSE 2014 sull’istruzione, che ha evidenziato l’aumento dal 2008 al 2012 del 5% dei giovani senza attività lavorativa usciti dal sistema di istruzione, e la diminuzione delle motivazioni dei giovani italiani nei confronti dell’istruzione, proprio a causa delle sempre maggiori difficoltà riscontrate nella ricerca di un lavoro. Tutto questo a fronte di una diminuzione della spesa pubblica nel campo dell’istruzione come ci diranno i dati OCSE che saranno presentati tra poco. Con progetti come Foqus trova allora applicazione, anche per quanto riguarda il tema dello Stato sociale, il principio di sussidiarietà sancito dal quarto comma dell’articolo 118 della Costituzione, poiché l’autonoma iniziativa dei privati cittadini, qui in forma associata, viene a svolgere un’attività di interesse generale, offrendo la possibilità concreta di concorrere al progresso materiale e morale della società, ai sensi degli articoli 3 e 4 della Costituzione con la collaborazione dello Stato e degli enti locali. È importante che i nostri giovani siano educati, come lo sono state le generazioni passate, all’etica del lavoro quale mezzo di promozione sociale e di sviluppo collettivo. Lavoro che vuol dire spirito di sacrificio, impegno, assunzione di responsabilità, fatica fisica e intellettuale. Ma vuol dire anche soddisfazione per ciò che si è contribuito a realizzare, partecipazione al raggiungimento di un comune obiettivo, creazione di prospettive per l’avvenire e possibilità di programmare il proprio percorso di vita. Tutto questo si può ottenere anche attraverso il ricorso ai capitali e agli investimenti privati.
Lasciatemi aprire una parentesi sulla rappresentazione di Napoli che è stata data dopo i fatti di Traiano: non ho apprezzato il dibattito dei giorni successivi e l’immagine che si è voluta dare di un quartiere intero, di una città quasi, contro lo Stato e a favore della camorra. Non è cosi. Gli abitanti di quel quartiere, come dei tanti quartieri periferici di molte città del sud, sono le prime vittime della camorra. Se stanno manifestando oggi per il dolore della morte di un loro parente, amico, vicino di casa, hanno manifestato ieri dopo gli omicidi di camorra della piccola Annalisa Durante e del giovane Pasquale Romano (ucciso per errore mentre era con la fidanzata).
Queste manifestazioni contro la camorra hanno avuto meno risonanza, ma comunque ci sono state. Si preferisce un racconto stereotipato: gli abitanti dei rioni attaccano lo Stato e proteggono la camorra. Questa facile rappresentazione non restituisce la complessità di un territorio, di tanti territori. D’altra parte non si può accettare il cinismo del “se l’è andata a cercare” o il razzismo verso chi sta peggio. Se ad esempio Scampia è cambiata, ed è cambiata, è perché i suoi abitanti hanno reagito, è perché lo Stato ha arrestato decine di persone ma anche perché ci sono presidi e professori che vanno a prendere i propri studenti a casa tutte le mattine, ci sono associazioni che lavorano bene e sportivi che si dedicano ai giovani come il judoka Pino Maddaloni. I problemi di quei quartieri sono i problemi del Paese ma elevati all’ennesima potenza: disoccupazione, precarietà, dispersione scolastica, assenza di servizi. Le proteste io le interpreto come una richiesta di aiuto e d’attenzione. Lo stato deve presidiare questi territori ma non solo manu militari: per ogni caserma ci devono essere dieci scuole, tre centri giovanili, due centri per l’impiego, cinque associazioni e sei palestre.
Non possiamo ancora accettare che il luogo di provenienza influenzi tutta la vita: nascere qui, alla periferia di Rosarno o allo Zen di Palermo non deve segnare il destino di intere generazioni. Nei miei tanti incontri, soprattutto nelle scuole, arriva sempre una domanda fatidica: “Ma quando avrò finito il mio percorso di studi, chi mi aiuterà a trovare un impiego?” Il politico, attraverso le raccomandazioni, o il criminale, con la sua opera di intermediazione o con l’autonoma capacità di dare lavoro sia legale, nelle sue attività imprenditoriali, sia illecito, in quelle prettamente criminali? Questa domanda è il segno di un fallimento da cui dobbiamo affrancarci.
Finché, però, si cercherà il consenso dei cittadini con un sottile gioco di soggezione e di ricatti, di clientelismo e di interessi, non si potrà mai intravedere una speranza di cambiamento. Finché si continueranno ad intrecciare relazioni e rapporti tra criminalità, istituzioni, burocrazia, politica, imprenditoria, per appropriarsi di fondi pubblici, per entrare in partecipazione in lucrosi affari, per trasferire i capitali e le attività produttive all’estero, guardando solo al proprio vantaggio e trascurando l’interesse pubblico, non vi potrà essere alcuno sviluppo, né manovra economica o di stabilità che tenga.
Bisogna ricostruire la democrazia e, ben oltre l’abito esteriore delle regole e delle auspicate riforme, trasmettere nuova energia alle istituzioni con la cultura della partecipazione, della trasparenza e della responsabilità. Occorre diffondere una cultura basata sui valori della democrazia e del bene comune, un’educazione civica nel senso più alto del termine. L’educazione alla cittadinanza è l’investimento più vantaggioso per un Paese, un investimento che produce diritti, opportunità, benessere e coesione sociale. Essere cittadini richiede un impegno intenso e costante, azioni responsabili di ciascuno di noi nella vita quotidiana.
Io confido molto nei giovani e nel futuro del nostro Paese, per questo apprezzo un progetto come questo che punta proprio su di loro, su conoscenza, sapere e formazione. È un nuovo modo di fare welfare, basato sulla cooperazione, l’imprenditorialità civica e la responsabilità sociale, di cui il progetto Foqus è una felice espressione. Ad esso auguro personalmente ogni successo così come mi auguro che altri imprenditori, appoggiati da illuminati amministratori locali, seguano questo esempio e facciano rinascere e risplendere altre “periferie esistenziali” del nostro bel Paese.