Autorità, gentili ospiti,
con emozione il Senato torna ad ospitare un Convegno dedicato al professor Marco Biagi in occasione del prossimo anniversario della sua morte. Come l’anno scorso, desidero innanzitutto ringraziare l’Associazione per gli Studi Internazionali e Comparati sul Diritto del Lavoro e sulle Relazioni Industriali, fondata nel 2000 da Biagi, l’Associazione Amici di Marco e il Ministero del Lavoro e delle Politiche sociali, promotori di questa iniziativa, e tutti i relatori presenti. E’ di estrema attualità il tema del lavoro come questione cruciale della fase che il Paese sta attraversando. La crisi economica influenza la crisi di un diritto: il diritto al lavoro. Lavoro inteso come realizzazione, crescita, emancipazione, sicurezza ma anche dignità per la persona e per la sua libertà nel senso più ampio, dato che senza una concreta libertà economica non ci potrà essere una vera libertà politica.
Il lavoro quindi è costitutivo di democrazia sostanziale e di eguaglianza, ma anche di integrazione sociale di sempre più larghe fasce sociali. La attuale carenza di lavoro soprattutto giovanile al contrario innesca drammaticamente un meccanismo inverso, quello della esclusione sociale, con fasce di generazione che, rimanendo fuori dal sistema produttivo privato o pubblico, finiscono ai margini della società. Marco Biagi fu vittima di una ripresa del terrorismo negli anni a cavallo tra il secolo soccorso e l’attuale, nel corso della quale, prima di lui, era caduto un altro giuslavorista: il professor Massimo D’Antona. Marco Biagi fu ucciso a colpi di pistola la serata del 19 marzo 2002, a Bologna, mentre si accingeva a rientrare a casa dopo avere svolto la sua attività didattica presso l’Università di Modena. I suoi assassini appartenevano all’organizzazione eversiva recante la sigla BR – Partito comunista combattente, che rivendicò il delitto. I responsabili furono identificati, arrestati e condannati. Il gruppo armato fu debellato a partire dal 2003, anno in cui il 2 marzo, a bordo di un treno, si verificò l’ultimo episodio funesto di quella stagione: una sparatoria tra il personale della Polizia Ferroviaria e i terroristi, durante la quale persero la vita il sovrintendente di PS Emanuele Petri ed il brigatista Mario Galesi, mentre rimase ferito un agente della Polfer, Bruno Fortunato. Nella circostanza fu arrestata una terrorista che viaggiava con Galesi, Nadia Desdemona Lioce, e dal materiale informatico in possesso della donna trassero rilevantissimo impulso le indagini sull’omicidio Biagi. La tragica morte di un professore impegnato a migliorare il proprio Paese resta un esempio e un monito da trasmettere anche alle generazioni più giovani.
Il nome del professor Biagi è legato alla riforma oggi all’attenzione di questo vostro Convegno, riforma che nasceva dalla considerazione che lo sviluppo dell’economia richiedesse una nuova definizione, anche a livello giuridico, delle varie forme di lavoro e intese procedere, da un lato, alla rimodulazione delle varie tipologie contrattuali di lavoro ed all’introduzione di nuove, come il “lavoro a chiamata” e il “lavoro accessorio” e, dall’altro, alla definizione di una disciplina dei rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, al fine di garantire le tutele fondamentali a presidio della dignità e della sicurezza dei lavoratori. Prendeva così concretezza un sistema cosiddetto di cerchi concentrici, conforme alle tendenze già in atto negli altri Paesi europei. Possiamo dire che la recente revisione della disciplina dei contratti di lavoro, operata con il decreto legislativo n. 81 del 2015, si muove nell’ambito del solco tracciato dalla riforma Biagi. Infatti, il decreto conferma le tipologie di contratti istituite da quest’ultima, pur prevedendo varie modifiche alle relative discipline, ed opera una restrizione dell’ambito possibile dei rapporti di collaborazione – con conseguente ampliamento della sfera dei rapporti di lavoro dipendente – sviluppando in tal senso, a distanza di quasi quindici anni, il criterio di conciliazione tra flessibilità e tutela del lavoro a cui si ispirava la riforma Biagi. Segno questo della perdurante utilità dell’insegnamento e del pensiero del professor Biagi che continua ad essere – come la sua figura umana di intellettuale impegnato nel progresso civile del Paese – un riferimento essenziale nella nostra vita istituzionale e la sua tragica morte resta un monito e un esempio da trasmettere anche alle generazioni più giovani.