A 70 anni dalla Dichiarazione Schuman, l’Europa o è unita o, semplicemente, non è. Una mia riflessione nel giorno del suo compleanno
Oggi è la festa dell’Europa. Un compleanno diverso, che arriva mentre il Covid, le migliaia di morti e la durissima recessione incrinano come mai in passato l’ideale che ci ha unito 70 anni fa. Non dobbiamo nasconderci: la pandemia ha mostrato crudamente tutti i limiti dell’Unione.
Siamo ad un bivio storico: l’Europa o è unita o, semplicemente, non è. L’Eurogruppo ha fatto importantissimi passi in avanti per rispondere alla crisi che colpisce i cittadini europei, e forse ancora più duramente proprio noi italiani. E’ chiaro a tutti che gli sforzi fin ora compiuti, seppur fondamentali e apprezzabili, non sono sufficienti.
Se l’Europa unita non sarà il cuore e le gambe della rinascita dopo la pandemia, il futuro di italiani, belgi, francesi, tedeschi, olandesi, lussemburghesi, danesi, irlandesi, greci, portoghesi, spagnoli, austriaci, finlandesi, svedesi, ciprioti, estoni, lettoni, lituani, maltesi, polacchi, cechi, slovacchi, sloveni, ungheresi, bulgari, rumeni e croati è già scritto. Per questo in molti – dentro e fuori il continente – scommettono sulla deflagrazione della nostra unione. Nessuno si illuda che il sovranismo sia la soluzione: nel mondo globale dominato da grandissime potenze come Cina e Stati Uniti non ci si salva da soli; si rischia invece di distruggere le faticose conquiste di civiltà che abbiamo conseguito.
Nei suoi primi 70 anni l’Europa unita ci ha regalato pace, benessere, diritti. Visti da fuori noi europei siamo una speranza, un progetto ambizioso e straordinario. Oggi il mio regalo all’Europa è quello di crederci ancora, nonostante la miopia di alcuni, le difficoltà, gli errori commessi.
Questo è il nostro tempo; questo è il tempo dell’Europa. Coraggio!