Autorità, gentili ospiti,
è per me motivo di grande orgoglio accogliere, nella splendida cornice della Sala Zuccari di Palazzo Giustiniani, questo convegno dal titolo “Dialogo sulla libertà di informazione”, promosso dalle Associazioni “Ossigeno per l’informazione”, “Open media coalition” e “Altroconsumo”, che ringrazio per l’iniziativa di cui si sono fatti portavoce. Nel salutare la Presidente Boldrini e i relatori che hanno accettato di partecipare a questo confronto, vorrei rivolgere il mio più caloroso benvenuto a Frank La Rue, Relatore speciale delle Nazioni Unite per la promozione e tutela della libertà di opinione e di espressione, che ci onora oggi della sua presenza.
Già nel maggio scorso, nel corso delle polemiche nate a seguito di alcune mie dichiarazioni che si prestavano a essere fraintese, ho intrattenuto un dialogo a distanza con alcuni dei relatori qui presenti, penso ad esempio a Guido Scorza con il quale ci siamo “scritti” on line e che per primo aveva auspicato un confronto di questo tipo, e ho citato proprio un passaggio di La Rue che poi riprenderò.
Sono temi delicati, quelli di cui parleremo oggi, e che meritano grande attenzione perché hanno a che fare, tutti, con il tipo di società e di democrazia nella quale viviamo e ancor più vivremo nei prossimi decenni.
Intimidire un giornalista, e in Italia sono tanti i giornalisti minacciati, è un vulnus per la libertà d’informazione e per il diritto dei cittadini di essere informati. Nei giorni scorsi, appena ho saputo delle nuove e pesanti minacce per Lirio Abbate, che conosco e stimo sin dagli anni in cui era un giovane cronista dell’Ansa a Palermo, l’ho chiamato per esprimergli tutta la mia vicinanza e solidarietà.
Seguo da sempre le attività, i report e i dossier che “Ossigeno per l’informazione” pubblica gratuitamente sul sito sui giornalisti minacciati, sotto scorta e sulle notizie oscurate con la violenza, e il 22 luglio scorso proprio di questo abbiamo parlato con Spampinato, Mennella, Centore, Nerazzini, Rossi e Iacopino quando mi hanno consegnato simbolicamente “Taci o sparo”.
Abbiamo affrontato anche i temi dell’utilizzo a scopo intimidatorio delle querele, dell’importanza della corretta applicazione delle norme sulla rettifica, della salvaguardia dei cronisti a rischio, soprattutto quelli con meno garanzie e che scrivono per piccole testate locali o su internet, della necessità della trasparenza sull’assetto proprietario delle testate.
Lo scorso 17 ottobre la Camera dei Deputati ha approvato il disegno di legge che modifica la legge dell’8 febbraio 1948, n. 47, al codice penale e al codice di procedura penale in materia di diffamazione a mezzo stampa o altro mezzo di diffusione, di ingiuria e di condanna del querelante. Il DDL mi è stato trasmesso dalla collega Boldrini ed è assegnato alla Commissione Giustizia, dove a breve inizierà l’esame.
Alcuni elementi di novità introdotti, primo fra tutti l’abolizione del carcere per i giornalisti, possono essere salutati con grande soddisfazione dalla comunità internazionale e nazionale. Altri potranno essere introdotti qui in Senato, con particolare attenzione al tema delle querele che vengono usate come arma di dissuasione a proseguire nel lavoro di indagine e di approfondimento giornalistico. Credo, ma è solo una posizione personale, che si possa ragionare meglio su una sanzione pecuniaria proporzionale alla richiesta risarcitoria infondata per tutte le azioni temerarie. Contemporaneamente occorrerà riflettere bene anche su un completo diritto di rettifica. Sono certo che il dibattito in Commissione e in Assemblea consentirà di trovare il giusto equilibrio tra diritti e doveri di lealtà e correttezza.
La riforma della disciplina sulla diffamazione, le nuove regole per la tutela del diritto d’autore on line e i recenti orientamenti in materia di diritto all’oblio sono solo alcuni dei temi che stanno rivoluzionando il mondo dell’informazione e che animeranno il dibattito odierno. L’incontro di oggi ci aiuterà a comprendere meglio se i cambiamenti in atto sono idonei a garantire maggiore libertà d’informazione e anche a promuovere questo diritto fondamentale nella rete, con la consapevolezza che all’universo di Internet non è auspicabile applicare tout court le stesse norme che regolano la carta stampata se non alle testate registrate, come opportunamente prevede il DDL: il mondo della Rete è infatti molto più variegato e complesso di quello editoriale.
La libertà d’informazione costituisce il nucleo delle libertà civili, il presupposto per l’esercizio di ogni altra libertà costituzionalmente riconosciuta. Come è noto, l’ordinamento italiano trova nell’articolo 21 della Costituzione il punto centrale del sistema normativo sulla comunicazione sociale mediante l’affermazione, di ordine generale, per cui “tutti hanno diritto di manifestare liberamente il proprio pensiero con la parola, lo scritto, ed ogni altro mezzo di diffusione”. Secondo quanto riconosciuto dalla Dichiarazione Universale e dalla Convenzione Europea per i diritti dell’uomo, la libertà d’informare significa ricercare liberamente, liberamente diffondere idee e opinioni, liberamente criticare, ma anche assumersi le responsabilità della comunicazione, riconoscere gli effetti di quanto si comunica, rispettare le persone che mediante la comunicazione si raggiungono e si coinvolgono.
La libertà di informazione, come tutti i diritti, non può mai essere considerata assoluta. Deve essere ponderata, contestualizzata e bilanciata con gli altri valori costituzionali. Penso in particolare al diritto alla riservatezza, alla reputazione e all’oblio. Fino a che punto è possibile narrare o divulgare fatti concernenti un determinato individuo, chiunque esso sia? Esiste un limite all’interesse della collettività a conoscere certi eventi? C’è un confine tra diritto di cronaca e vita privata? Sono questi gli interrogativi su cui quotidianamente siamo tutti chiamati a confrontarci, ciascuno per il proprio ruolo nella società. In Rete inoltre il controllo delle informazioni diventa enormemente più difficoltoso in termini di capacità di controllare la qualità e l’attendibilità dei dati pubblicati e crescono esponenzialmente i rischi di diffamazione. Capisco e condivido la preoccupazione di chi vede nelle “regole da mettere alla Rete” la paura che tali vincoli siano usati per limitare la libertà di espressione e di opinione politica, ma questo non deve impedire ad uno Stato di difendere i propri cittadini dall’insulto, dalla diffamazione, dal razzismo o dalle minacce.
Un possibile punto di equilibrio tra questi diversi valori e interessi è stato indicato proprio da Frank La Rue: “le leggi per combattere espressioni di violenza, odio ed intolleranza (il cosiddetto hate speech) devono essere attentamente analizzate ed applicate da parte della magistratura, così come deve essere evitata l’eccessiva limitazione di modi di espressione legittimi”. Questo è quanto ci dice Frank La Rue, il quale prosegue: “Allo stesso tempo, mentre le leggi sono certamente necessarie e rappresentano una componente importante per affrontare la violenza verbale, queste dovrebbero essere integrate da misure politiche il più ampie possibili per ottenere cambiamenti reali nella mentalità, nella percezione e nelle argomentazioni delle persone” (fine della citazione).
Come ho avuto già modo di dire alla tutela della libertà dobbiamo affiancare anche un dibattito approfondito e sereno sulla responsabilità di ciascuno attraverso l’informazione e l’educazione. Per contrastare questa triste deriva serve promuovere una nuova cultura dell’informazione che sappia diffondere anche sulla rete quel self restraint che necessariamente deve accompagnare la libertà di manifestazione del pensiero. Serve però anche una revisione della legislazione in essere, capace di adeguare le garanzie costituzionali che accompagnano la libertà di informazione alle nuove tecnologie della comunicazione, una legislazione specifica insomma – non “speciale” – non per gli strumenti di tutela utilizzati ma perché rivolta ad un settore specifico della comunicazione, quello della Rete. Siamo sempre cittadini e ci rivolgiamo ad altri cittadini anche quando pubblichiamo un post, un commento, un tweet. Vista l’importanza che tutti riconosciamo alla rete credo che possiamo concordare sul fatto che della rete si faccia un uso pienamente consapevole.
Tra i valori da tutelare, crescente rilievo assume nella società contemporanea quel profilo particolare del diritto alla vita privata costituito dal “diritto all’oblio”. E’ chiaro che esiste una discrasia tra la tutela della privacy e quella del diritto all’oblio. Mentre la riservatezza può venir tutelata con una certa efficacia, intervenendo ad esempio sulla diffusione dei dati sensibili e la pubblicità loro attribuita, è arduo che il diritto all’oblio riceva altrettanta garanzia nell’epoca moderna. I motivi sono insiti nelle caratteristiche della rete globale: l’accesso di un numero indefinito di utenti, la memorizzazione e diffusione dei dati incontrollata, l’impossibilità di un provvedimento di qualsivoglia genere utile a rimuovere da tutti i canali le informazioni scorrette o superate. Per quanto io possa smentire efficacemente una notizia, nel momento in cui a distanza di tempo farò una semplice ricerca sarà la notizia ad emergere e non la smentita. Oggi ci sono possibilità tecnologiche da sfruttare in questo senso, ed è giusto iniziare a farlo.
Di fronte ad un fenomeno così complesso e per sua natura “globale”, soluzioni di livello nazionale e persino di livello europeo rischiano tuttavia di rivelarsi incomplete ed insufficienti. Per queste ragioni, non possiamo prescindere dalla ricerca di soluzioni su base internazionale. Mentre in Europa, ad esempio, sussiste un diritto alla riservatezza e all’oblio, negli Stati Uniti permane invece il contrapposto “diritto alla memoria”, con conseguente liceità della raccolta di dati anche se superati. Occorre quindi individuare una normativa mondiale condivisa che eviti incertezze interpretative o soluzioni differenziate tra singole nazioni o singoli continenti, ovvero a sostegno di tutte quelle situazioni di pericolo ai diritti della persona.
Senza confonderlo con il piano della libertà di espressione, e a questa differenziazione tengo molto, non posso non fare un breve cenno a tutti gli altri reati che vengono commessi anche grazie alle possibilità offerte da Internet. Nella mia esperienza passata da Procuratore nazionale antimafia ho più volte provato la frustrazione di veder bloccate indagini importanti e ribadito quanto sia necessario procedere con accordi internazionali per facilitare, in caso di reati acclarati, l’individuazione dei responsabili. Deve valere per internet quanto vale, ad esempio, per il mondo finanziario: come siamo chiamati a contrastare i “paradisi fiscali” e il segreto bancario, in caso di reati economici, dobbiamo contrastare i “paradisi virtuali” dove risiedono server che non consentono, o rendono estremamente difficile, la rintracciabilità di chi ha commesso crimini perseguibili dal nostro ordinamento.
Sulle caratteristiche del modello più adatto a governare il Web il dibattito è ancora aperto, ma il mio auspicio è che tale dibattito sia foriero di soluzioni in grado di garantire al più presto un’efficace ed appropriata tutela dei diritti fondamentali, capaci di assicurare, alla luce di tutte le evoluzioni della Rete, una promozione opportuna dello sviluppo della persona sotto ogni aspetto della sua esistenza, nell’ambito di un più ampio strumento giuridico universale, idoneo a sostenere i fondamentali principi di libertà nell’uso della Rete. Conosco l’obiezione di fondo: spesso in passato tentativi di affrontare l’argomento sono stati affossati da, per usare un linguaggio informatico, trojan legislativi inseriti ad arte per imbavagliare la rete. Dobbiamo stare attenti, vigilare che non accada, ma non abbandonare per questa paura l’idea di fare dei passi avanti, e mai indietro, per sfruttare al meglio le potenzialità della Rete prevenendone i rischi peggiori.
Sono certo che l’incontro odierno saprà offrire un contributo prezioso a queste problematiche aperte. Auspicando quindi un dibattito il più possibile franco e vivace, a tutti voi rivolgo i miei migliori auguri di buon lavoro.