Decreto giustizia aiuta a risolvere problemi legati alla pandemia

Pietro Grasso | Foto di repertorio

Dichiarazione di voto del 17 giugno 2020, approvazione decreto-legge su intercettazioni, ordinamento penitenziario, giustizia civile, amministrativa e contabile, e misure urgenti per l’introduzione del sistema di allerta Covid-19

Signor Presidente, colleghi, sottosegretario Giorgis,

dopo lunghi e drammatici mesi il nostro Paese, sconvolto da un’emergenza sanitaria senza precedenti, sta gradualmente tornando alla normalità.

Piangiamo migliaia di morti e siamo consapevoli che il lockdown – il blocco totale – ha prodotto enormi danni all’economia del nostro Paese. Non c’è tempo da perdere; occorrono e sono in discussione misure immediate a sostegno dei lavoratori, delle famiglie, delle persone più deboli e delle imprese. Allo stesso tempo, però, è fondamentale mettere in campo una strategia che non si limiti a ricostruire l’Italia pre-Covid (anche perché sarebbe illusorio pensare di poterlo fare), ma che disegni il futuro del nostro Paese, cambiandolo nelle fondamenta. È una grande opportunità.

Nelle diverse fasi sono stati creati numerosi tavoli, coinvolti decine di esperti e auditi i rappresentanti di molte categorie. Siamo fiduciosi che si possano presto tirare le fila e trasformare le tante idee politiche e fattuali in politiche concrete, attuabili e verificabili.

Dopo mesi difficilissimi in cui, grazie all’impegno di tutti i cittadini, siamo riusciti a contenere il più possibile il virus, si apre davanti a noi una fase nuova.

A questo proposito, voglio congratularmi con il ministro Roberto Speranza per aver firmato un importante protocollo d’intesa sulla ricerca e produzione del vaccino e testimoniargli la mia vicinanza per le minacce e gli insulti ricevuti in questi giorni.

Ora è di vitale importanza consolidare i dati incoraggianti sulla diffusione e implementare tutte le misure necessarie a evitare nuovi focolai e intervenire con tempestività in maniera da circoscriverli.

Abbiamo segnalato ai Ministeri competenti le nostre osservazioni su alcuni aspetti non secondari del funzionamento e dello sviluppo dell’app Immuni. Ci aspettiamo che nelle prossime settimane il Governo faccia quanto necessario per assicurare i più elevati standard di sicurezza dei dati e il massimo dell’efficacia per questo strumento di prevenzione, a mio avviso utile.

Matteo Salvini, che ha recentemente dimostrato pubblicamente di non osservare le basilari regole di distanziamento sociale e dell’uso della mascherina, ha orgogliosamente dichiarato che non scaricherà Immuni, essendo noti la sua riservatezza, il suo riserbo e la sua strenua e costante difesa della privacy.

Se c’è da dare un cattivo esempio, devo dire che non si tira mai indietro. Io l’ho già scaricata la app Immuni e invito tutti a fare altrettanto.

Anche il comparto giustizia ha sofferto e soffre le conseguenze della pandemia, una situazione difficilissima, una stasi che per evidenti ragioni non può più durare e che non può più essere sanata solo con un decreto d’urgenza, non bisogna dimenticarlo. Un Paese in cui la certezza del diritto non è garantita e nel quale la giustizia, penale e civile, non funziona come dovrebbe è un Paese ancora lento, tanto che fa scarcerare persone che dovrebbero stare in carcere e ciò avviene per la lentezza della giustizia; è un Paese che rimane ancora esposto a numerosi problemi di natura sociale, economica e politica. Negli anni l’Italia ha accumulato un gravissimo ritardo in termini di risorse destinate alla giustizia, di incapacità di proporre e realizzare un’ampia e radicale revisione dei codici, di poter anche risolvere una drammatica carenza di strutture e di personale, oltre che di tecnologie innovative.

Ebbene, il decreto-legge in esame deve pertanto considerarsi come un primo e necessario passo per affrontare l’immediatezza della crisi. Io mi auguro che seguirà un più ampio e approfondito lavoro di riforma ormai non più procrastinabile. Mi viene in mente, ad esempio, l’articolo 4-bis dell’ordinamento penitenziario, che la Corte costituzionale, facendo proprio l’orientamento della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo sul cosiddetto ergastolo ostativo, ha dichiarato parzialmente incostituzionale.

Ricordo molto bene le ragioni che portarono Giovanni Falcone a ideare il doppio binario per i reati di mafia. Lo ricordo bene perché allora ero al Ministero e si ritenne che i benefici dovessero essere accordati solo a chi dimostrava di aver troncato i legami con la mafia in maniera certa, collaborando con la giustizia. Accetto che a trent’anni da quella stagione vi sia una sensibilità giuridica differente, sostenuta da argomentazioni dotte e sottili. In Commissione antimafia abbiamo lavorato ad una relazione che indica la strada di una riforma complessiva, ma è il momento di passare dalle parole ai fatti.

Con il decreto-legge in esame, al netto della difficile gestazione in sede di Commissione giustizia, credo che la maggioranza abbia conseguito un buon risultato. Abbiamo necessariamente dovuto prorogare al 1° settembre l’entrata in vigore di una parte della disciplina sulle intercettazioni introdotta con la riforma Orlando.

Le intercettazioni – lo ribadisco – rimangono uno strumento di indagine formidabile soprattutto per alcune tipologie di reati, come quelli corruttivi. Tuttavia il cuore del provvedimento riguarda senza dubbio l’ambito dell’ordinamento penitenziario, dell’esecuzione della pena e di come si debba contemperare il diritto alla salute di ciascun detenuto, senza ledere il principio della certezza della pena e tenendo conto delle esigenze di sicurezza sociale. Il diritto alla dignità e alla salute dei detenuti vale certamente quanto quello di tutti gli altri cittadini, qualunque cosa abbiano commesso e, come tutti noi sappiamo, in questo momento nelle carceri del nostro Paese la realtà è ben diversa da questa affermazione di principio.

Non nascondiamoci dietro un dito. L’emergenza Covid ha generato un corto circuito che mina l’immagine dello Stato. È passata l’idea di istituzioni fragili, arrendevoli, incapaci di essere all’altezza della lotta alla criminalità organizzata.

Ci sono responsabilità diffuse che in queste settimane abbiamo approfondito e che stiamo ancora approfondendo ed è soprattutto qui che questo provvedimento interviene, introducendo l’obbligo per il giudice di sorveglianza di valutare in maniera più stringente la concessione sia degli arresti domiciliari per motivi di salute, sia l’effettiva permanenza di quei motivi, venuti meno i quali va ricostituita la detenzione in carcere. Si prevede dunque che la magistratura di sorveglianza debba richiedere, in caso di condannati per reati di stampo mafioso e terroristico, il parere obbligatorio del procuratore distrettuale o, per chi è sottoposto al regime detentivo speciale dell’articolo 41-bis dell’ordinamento penitenziario, il parere del procuratore nazionale antimafia e antiterrorismo.

Questo al fine di acquisire e dare alla magistratura di sorveglianza quelle informazioni sulla attualità dei collegamenti con la criminalità organizzata e sulla pericolosità del soggetto, che possano ripristinare l’equilibrio tra salute e sicurezza sociale e, in taluni casi, far rivedere il giudizio emanato nell’emergenza per far ritornare nella cura e nell’assistenza i detenuti e i condannati, nell’ambito sempre di un regime di detenzione carceraria. La speranza è che in questo modo siano attenuate le drammatiche conseguenze connesse al rientro nei territori di provenienza di detenuti considerati pericolosi e che io attribuisco ad una sorta di annebbiamento generale di tutte le autorità coinvolte.

Per questi motivi, annuncio il voto favorevole di Liberi e Uguali.