Col mare in tempesta servono manovre audaci e coraggiose: estendere il reddito di cittadinanza e patrimoniale sulle grandi ricchezze
Un famoso detto popolare del sud ci ricorda che col mare calmo chiunque può sentirsi un marinaio provetto. In questi giorni invece, per usare le parole di Papa Francesco, il mare è in tempesta. Ciò che fino a poche settimane fa ci sarebbe sembrato impossibile è diventata la nostra realtà quotidiana, perché la salute dei più fragili dipende dai comportamenti di tutti i cittadini: libertà personali compresse, limiti di spostamento sempre più stringenti, distanza sociale imposta per decreto, multe salate a chi esce senza motivo, persone in giro con la mascherina come nei film di fantascienza. Una nuova normalità, che di normale non ha nulla: sappiamo che è necessario, ma non sappiamo quanto durerà e come sarà il mondo quando tutto questo sarà finito.
L’emergenza sanitaria ha già innescato una pericolosa crisi economica e dobbiamo intervenire prima che si trasformi in una crisi sociale. Vale per tutto il Paese. Il nord è stato colpito prima e più duramente, il sud è entrato ora nella fase più difficile: speriamo non arrivi il collasso di un sistema sanitario storicamente più fragile. Evitare questo collasso dipende anche da quanto rispetteremo le regole che ha suggerito la comunità scientifica, per il tempo necessario: serve uno straordinario sforzo di solidarietà collettiva, come in larga parte sta già avvenendo.
Gli interventi emergenziali decisi dal Governo e ora all’attenzione del Parlamento vanno nella direzione giusta, individuando bene i problemi e le fasce di maggior sofferenza. Bisogna tentare di tamponare, col massimo delle risorse attualmente disponibili, i primi problemi di liquidità. E’ evidente come questo non basti, ed è altrettanto chiaro a tutti che c’è la volontà e l’impegno di fare di più, già dai prossimi provvedimenti. Il Governo avrà tutto il sostegno necessario, e il Parlamento continuerà a fare il proprio dovere come è normale che sia, senza immaginare fantasiosi e complicati traslochi, e con l’utile e necessario contributo non solo della maggioranza ma anche delle opposizioni.
In attesa di diversi e più efficaci sistemi di contenimento del contagio, sui quali sono certo l’Italia farà scuola come è stato finora sul resto, è stato necessario imporre la chiusura della gran parte delle attività produttive: una misura drammatica sotto ogni punto di vista. Dopo poche settimane di serrata il Sud mostra segni di cedimento preoccupanti: i disordini in alcuni supermercati a Napoli e Palermo o davanti alle banche a Bari, sono solo il primo segnale di un disagio molto più esteso e profondo. Sta saltando un equilibrio socio-economico già fragilissimo, in cui purtroppo prosperano micro criminalità e mafie, e basato per un pezzo di popolazione su lavoretti saltuari e in nero.
Non dimentichiamolo: se non interviene con forza lo Stato a sostenere migliaia di famiglie, il potere di infiltrazione sociale della criminalità tornerà ad essere ai livelli degli anni ottanta e novanta. Se lo Stato arretra, le mafie avanzano. Ne conosciamo bene la forza e i metodi: lucrano consenso, complicità e omertà in cambio di poche briciole di sussistenza, rubando futuro e sviluppo. Rischiamo una caduta rovinosa indietro nel tempo, vanificando anni di sforzi, impegno e sacrifici.
Sono cadute certezze e garanzie, ora è il momento di avere ancora più coraggio, ripensare tutto il nostro modello economico e sociale, entrare in una nuova fase. Per farlo, il primo passo è abbattere due tabù che fanno ancora paura a molti esponenti politici, anche della maggioranza. Bisogna innanzitutto estendere il reddito di cittadinanza e farlo diventare un reddito universale, almeno per i mesi che serviranno a ripartire, con meno limiti e complicazioni dell’attuale meccanismo. C’è poi l’urgenza di ripensare la fiscalità per renderla davvero progressiva e in grado di sostenere i ceti più deboli. Potremmo chiamare in molti modi l’intervento per invertire la rotta e investire quanto drammaticamente è apparso in questi giorni necessario nel welfare, nella sanità e nell’istruzione, da contributo di mutuo soccorso a redistribuzione solidale, ma un nome chiaro lo ha già e lo conoscono tutti: si chiama “patrimoniale sulle grandi ricchezze”.
Col mare in tempesta servono manovre audaci e coraggiose, occorre rompere le onde per non finire in acqua. Perché se la barca affonda non si salverà nessuno, e non è questo il momento di difendere piccoli spazi di privilegio.