Intervento alla Conferenza Interparlamentare per la Politica Estera e di Sicurezza Comune e la Politica di Sicurezza e Difesa Comune
Autorità, Gentili ospiti, Cari colleghi,
buongiorno. Con vero piacere vi auguro un cordiale benvenuto al Senato della Repubblica, anche a nome della Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini, per questa riunione della Conferenza interparlamentare per la Politica estera e di sicurezza comune e per la Politica di sicurezza e di difesa comune. Istituita dalla Conferenza dei Presidenti dei Parlamenti UE di Varsavia poco più di due anni fa, e giunta al quinto appuntamento, questa Conferenza ha acquisito un ruolo centrale nel quadro della cooperazione interparlamentare e della dimensione parlamentare dei semestri di Presidenza del Consiglio dell’Unione.
Il mandato di questa riunione e il rapporto sempre più stretto, di dialogo, confronto e verifica, con l’Alto Rappresentante per la PESC e la PSDC, il Servizio europeo di azione esterna e gli altri soggetti cui è demandata l’attuazione della politica estera e di difesa dell’Unione, ne fanno un importante attore nel nuovo quadro istituzionale che è andato delineandosi con sempre maggiore chiarezza dopo l’entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
Viviamo un momento cruciale per la vita dei nostri cittadini e per il futuro del grande progetto europeo e delle nostre stesse civiltà. L’Unione è stretta, da una parte, fra profondissime fratture geopolitiche nel Grande Mediterraneo e ai nostri confini orientali; e dall’altra da una crisi economica in aggravamento. E vive un pericoloso accendersi di scetticismi, nazionalismi e disaffezione per gli ideali e i valori che ci uniscono e hanno segnato questi appassionanti decenni di vita europea. Io, da convinto europeista, credo fermamente che a queste sfide dobbiamo rispondere conformandoci a quel senso di estrema urgenza e di profonda responsabilità cui siamo chiamati a gran voce – Parlamenti, Governi, politici, dai nostri cittadini e dalle circostanze.
E proprio a noi parlamentari, che incarniamo nella nostra opera quotidiana i più alti valori dello Stato di diritto e della democrazia rappresentativa, spetti oggi più che mai una responsabilità speciale: interpretare il desiderio di sicurezza, di progresso e benessere delle persone che ci hanno affidato i loro destini, con un impegno costante di sprone e controllo democratico dell’operare dei nostri governi. Dobbiamo rispondere alla crisi del progetto europeo rilanciando con determinazione il rinnovamento interno delle istituzioni e rafforzando il peso dell’Unione all’esterno in modo da governare i mutamenti geopolitici che si stanno verificando alle nostre porte, invece di subirli.
Non possiamo nasconderci che l’Unione non ha espresso fin qui quello straordinario potenziale politico, umano ed economico che deriva dalle nostre dimensioni, dalla nostra storia e dai nostri doveri nei confronti della comunità internazionale. Conosciamo gli scenari problematici, che toccano entrambe le aree della politica di vicinato. Il Grande Mediterraneo è scosso da conflitti ed instabilità che propagano effetti nell’intero sistema globale. I vuoti geopolitici che si sono prodotti negli ultimi mesi ai nostri confini non hanno precedenti storici. Libia, Siria, Iraq, Yemen, Mauritania, Somalia e molti altri territori oggi subiscono la spinta devastante dell’estremismo e del terrorismo, di ideologie distruttive riunite dal desiderio di abbattere le democrazie, le libertà, i diritti, la dignità umana nella regione e nell’Occidente. Ne risultano ondate migratorie di difficile sostenibilità per il mio Paese e per l’Unione Europea; degrado, povertà, morti e sofferenze indicibili per milioni di esseri umani.
Dobbiamo rispondere con un processo politico strategico di medio e lungo termine, finalizzato non solo a promuovere la sicurezza territoriale, attraverso strumenti militari, ma ancora di più a determinare l’emersione ed il consolidamento delle istituzioni, l’inclusione politica e il mutuo riconoscimento degli attori statuali, lo sviluppo economico, lo scambio culturale, la pacifica convivenza dei credi religiosi e delle identità.
Processi lunghi, faticosi e costosi che richiederanno una chiara visione ed una forte costanza del proposito. Non meno preoccupante la situazione ai confini orientali dell’Unione, per la crisi ucraina che sta mettendo a dura prova non solo la sicurezza e la stabilità dei Paesi membri più esposti ma anche la tenuta economica dell’intera Unione, con il serio rischio che le nostre imprese perdano per sempre quote di mercato e approvvigionamenti energetici vitali in questa difficile congiuntura economica.
Oggi possiamo nutrire una speranza, a partire dalla firma dell’accordo di Minsk, che sia percorsa la via del dialogo fra Ucraina e Russia per una rapida stabilizzazione della tregua.
In questo quadro credo che sia necessario superare per sempre l’epoca dell’attendismo e conferire forza e sostegno all’azione politica della nuova Alta Rappresentante, che saluto con particolare orgoglio non già perché italiana ma perché impersona nel migliore dei modi la vocazione convintamente europeista che deve unirci.
A questo fine sarà determinante rafforzare il Servizio europeo di azione esterna; adottare una nuova Strategia europea di sicurezza, basata sui mutati equilibri geopolitici globali; dare puntuale seguito alle conclusioni del Consiglio europeo del dicembre 2013, che fra luci e ombre ha approvato una tabella di marcia per una politica di difesa europea più integrata e sostenibile; proseguire nelle politiche di allargamento e vicinato, e nell’aiuto allo sviluppo; investire nella politica commerciale comune, perseguendo con determinazione accordi bilaterali con gli Stati Uniti, con i partner asiatici e i paesi del Mercosur.
Sono convinto che il dibattito franco e serrato che seguirà contribuirà ad approfondire le questioni e dare il via a quel salto di qualità che dobbiamo ai nostri cittadini, alla nostra storia e ai nostri valori. A tutti voi, i miei migliori auguri di buon lavoro.
Grazie.