Codice Rosso, maggioranza fa solo propaganda

Ennesima occasione spercata per scrivere una buona legge

“Per prevenire e punire le violenze di genere era importante che il testo fosse completo ed efficace. Ma la maggioranza non l’ha reso possibile”. Ha dichiarato il Senatore Pietro Grasso a margine della votazione della legge “Codice Rosso”, che introdice modifihe al codice penale, al codice di procedura penale e altre disposizioni in materia di tutela delle vittime di violenza domestica e di genere”.

“Per settimane come opposizione abbiamo chiesto di collaborare per migliorare il testo. Tutto inutile” – ha sottolineato Grasso che ha aggiunto: “È stata l’ennesima occasione sprecata. Insieme potevamo scrivere una buona legge. È evidente che la maggioranza pensa solo alla propaganda, al punto da rifiutarsi di introdurre il reato di “propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione di genere” e non aver previsto alcun tipo di finanziamento per gli strumenti da mettere in campo”.

Di seguito i discorsi tenuti in Aula durante la discussione generale del disegno di legge e la dichiarazione di voto sul “Codice Rosso”.

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Discorso del Sen Pietro Grasso durante la discussione generale del disegno di legge

Presidente, colleghi,
in attesa di poter parlare in Aula delle interrogazioni su quanto di inquietante sta emergendo con serie, documentate e approfondite indagini – ripeto: indagini – giornalistiche in merito al “Codice Russo”, argomento da cui il Ministro Salvini tenta di scappare da giorni, oggi affrontiamo il “Codice Rosso”, e voglio utilizzare il tempo della Discussione generale per un ragionamento che è sia “di merito” che “di metodo”.

Nel merito, infatti, questo provvedimento vede tutte le parti politiche concordi: in Commissione la discussione è stata svolta al solo scopo di migliorare il testo e renderlo il più completo ed efficace possibile.
Considero la violenza di genere, non da oggi, uno di quei temi che travalicano le appartenenze partitiche, e ritengo che l’impegno di ciascuno dei senatori e delle senatrici, in questo caso, non debba essere rivolto a risultati personali o di parte ma ad un successo comune, dell’intero Parlamento. Solo con un’alleanza di questo tipo possiamo sperare di contribuire a modificare una cultura maschilista e possessiva ancora troppo diffusa nel nostro Paese.

Una dimostrazione plastica di questo spirito trasversale è data dagli emendamenti firmati da tutte le opposizioni: è evidente a tutti quanto profonde siano le distanze che separano i nostri gruppi sulla quasi totalità dei temi, eppure senza nessuna difficoltà abbiamo condiviso lo spirito e il senso di alcune modifiche al testo che stiamo discutendo.
Alcune di queste modifiche, aggiungo, servono semplicemente a correggere errori e dimenticanze del testo originario!
Vado rapidamente a fare degli esempi per chiarire il ragionamento, riservandomi di intervenire in modo più approfondito in sede di illustrazioni degli emendamenti.

Nell’Articolo 1 si riconduce la violenza domestica o di genere – per cui si crea il cosiddetto “codice rosso” – a una serie di reati per i quali la polizia giudiziaria, acquisita la notizia di reato, è tenuta a riferire immediatamente al pubblico ministero, anche in forma orale.
Se prendiamo come modello e come riferimento la convenzione di Istanbul, però, da questo elenco sono lasciate fuori due importanti fattispecie, menzionate invece nella convenzione tra le condotte nelle quali può sostanziarsi la violenza di genere, ovvero le mutilazioni genitali femminili (articolo 583-bis c.p.) e la costrizione o induzione al matrimonio (articolo 558-bis c.p.). Queste due fattispecie, tra l’altro, vengono ignorate praticamente in tutto il provvedimento, e a queste si aggiunge in alcuni articoli il revenge porn (Art. 612 – ter), che si introduce con questo provvedimento nel codice penale.

Siccome sono certo che nelle intenzioni dei ministri che hanno proposto il testo e in quella della maggioranza non c’era alcuna volontà di minimizzare dei reati così gravi, l’unica possibilità che resta è quella dell’errore, della semplice dimenticanza. Mi chiedo e chiedo all’Assemblea: che senso ha non correggere questo errore?
Che senso ha immaginare, come è stato fatto in Commissione, di approvare un testo con questo tipo di lacune e promettere un successivo disegno di legge per correggerlo? Correggiamolo oggi, in quest’Aula, completiamolo e rendiamolo immediatamente efficace nella tutela delle vittime di tutti i reati che possono essere definiti violenza di genere!

Non mi si dica che c’è un problema di tempi: alla Camera dei Deputati l’attuale maggioranza gode di numeri tali da poter disporre del calendario come meglio ritiene. Aggiungo poi, come già evidenziato, che le opposizioni sono unite e concordi nel sostenere, migliorare e votare il provvedimento senza alcun intento ostruzionistico. Non c’è bisogno di sottolineare come spesso l’Aula non venga nemmeno convocata per carenza di materia da discutere, visto che tutte le decisioni vengono prese in altre sedi!
Tra Decreti, questioni di fiducia e chiusure irragionevoli state continuando a svuotare di senso e di ruolo il Parlamento: questo atteggiamento, che voi per primi e con forza avete contrastato in passato, è ugualmente inaccettabile oggi. Ne va della qualità della nostra democrazia.
In Commissione Giustizia tutto ciò è stato completamente ignorato, non con argomentate motivazioni ma con la prepotenza dei numeri. E’ per questo, come forma di protesta e non per sfiducia nei loro confronti, che ci siamo astenuti nel voto per il mandato ai relatori.

Concludo. Tra gli emendamenti c’è la proposta firmata da tutte le opposizioni di introdurre il reato di “propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione di genere”, che punta a punire le condotte di chi minaccia o augura stupri e violenze alle donne e di chi organizza dei veri e propri linciaggi di donne, spesso giovanissime, online. La cronaca e i social network sono pieni di questi casi, che già hanno prodotto gravi conseguenze. Ne sono vittime donne di ogni età, appartenenza politica e ruolo.
Abbiate il coraggio e l’intelligenza di sostenere questa proposta.

Respingiamo con forza quanto affermato dal sen. Pillon, che nel suo intervento ha tenuto a precisare che la violenza di genere non ha genere ma indistinte vittime e delinquenti, con evidente sprezzo del ridicolo. Purtroppo se ogni giorno la cronaca ci restituisce tragedie che vedono le donne come vittime di maschi violenti non è per un caso, nè per uno scherzo statistico. Quando dico che c’è un profondo problema culturale mi riferisco anche a questo, senatore Pillon: negare, minimizzare, colpevolizzare le donne – come fa lei dicendo che i 3 giorni servono a rendere evidenti le false denunce – è parte del problema. E pensare che lei, in quest’Aula, dovrebbe contribuire a trovare soluzioni! Ce n’è ancora tanta di strada da fare…

Avete oggi, colleghi della maggioranza, l’occasione di rimediare a una serie di errori nel merito del testo e nel metodo solo formalmente democratico con cui state portando avanti la Legislatura. Lo voglio ribadire con forza: state indebolendo giorno dopo giorno, il Parlamento, magari prendendo ad esempio Paesi con cui i rapporti si scoprono, inchiesta dopo inchiesta, più stretti di quanto non vogliate ammettere.

Pensateci bene: possiamo dare alle forze dell’ordine e alla magistratura strumenti completi ed efficaci e scrivere insieme, oggi, una bella pagina contro le discriminazioni di genere.

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[su_spoiler title=”DICHIARAZIONE DI VOTO. ENNESIMA OCCASIONE SPRECATA” open=”no” style=”default” icon=”plus” anchor=”” class=””]

Presidente, Colleghi,

ancora una volta la maggioranza è rimasta sorda alle richieste, in alcuni casi alle semplici correzioni, suggerite dalle opposizioni, per una volta unite nonostante le diversità politiche, allo scopo di rendere questo testo più efficace e più completo: un importante passo avanti su un tema doloroso e delicato come le violenze di genere è stato trasformato nell’ennesima occasione sprecata. Peccato.

Peccato perché il tema della violenza sulle donne attraversa quotidianamente le cronache del nostro Paese e non può essere relegato alla sola dimensione del dolore privato di chi subisce una violenza. Esso è infatti intimamente legato all’idea di società che abbiamo in mente per il presente e soprattutto per il futuro.

La violenza nei rapporti di coppia e in famiglia – dinamiche che nulla hanno a che fare con l’amore – non può essere combattuta se non attraverso un’azione collettiva di carattere culturale, prima ancora che sul piano della prevenzione, della repressione e della legislazione.
Bisogna spazzare il campo da qualunque sottovalutazione, è decisivo fare chiarezza sulle parole: ogni comportamento che intende annientare la donna nella sua identità e libertà – non solo nella sua intimità fisica ma anche nella sua dimensione psicologica, sociale e lavorativa – è una violenza di genere. Le cose vanno chiamate con il loro nome, è il primo fondamentale passo sul quale costruire un percorso di civiltà.

Se l’intero Paese – e gli uomini soprattutto – sono chiamati ad un impegno straordinario, sul piano culturale, non è da sottovalutare l’apporto che il Parlamento avrebbe potuto dare migliorando la normativa sulla violenza di genere.

Il provvedimento che ci apprestiamo a licenziare ha una genesi che affonda le sue radici nella Convenzione di Istanbul, che predispose un quadro giuridico completo di protezione contro le violenze domestiche e di genere. Era necessario approfondire la normativa vigente, rafforzarne alcuni profili, armonizzare le previsioni del codice penale e di procedura perché chi è vittima di reati gravissimi sia veramente tutelato. E, senza dubbio, questo testo migliora l’attuale quadro normativo pur con lacune, frutto di sciatteria, supponenza e fretta, tali da costringere il Parlamento, presto, a dover rimettere mano alle norme, cosa che con una maggioranza responsabile e lungimirante si sarebbe facilmente potuta evitare.

Voglio brevemente richiamare alcuni elementi che reputo importantissimi.
In primo luogo viene accelerata la tempistica delle indagini, in particolar modo prevedendo che la polizia giudiziaria, acquisita la notizia di reato, riferisca tempestivamente al pubblico ministero anche in forma orale e che il PM – fatte salve particolari circostanze – assuma informazioni dalla persona offesa entro tre giorni dalla notizia di reato.
Una novità importante, ma non si capisce perchè non estesa anche a reati odiosi come i matrimoni forzati e le mutilazioni genitali femminili: violenze che la maggioranza evidentemente sottovaluta in sede legislativa per poi darne ampio risalto via Twitter come arma di propaganda.

C’è poi l’introduzione di nuove fattispecie di reato. Viene previsto il reato di violazione dei provvedimenti di allontanamento dalla casa familiare e del divieto di avvicinamento ai luoghi frequentati dalla persona offesa, una misura che era stata auspicata nella relazione conclusiva della Commissione di inchiesta sul femminicidio e che in questi giorni è tornata prepotentemente alla nostra attenzione con l’omicidio di Savona; è prevista la partecipazione a spese del condannato a specifici corsi di recupero per ottenere la sospensione condizionale della pena: ma non è un modo per creare una giustizia di classe tra chi può pagare questi corsi e chi no? Quali requisiti devono avere queste associazioni, dato che non c’è alcun tipo di regolamentazione o albo? Ma soprattutto: possiamo essere certi che basti a mettere in sicurezza le vittime? Sono domande a cui non viene data nessuna risposta, e questo influenza negativamente sulla valutazione complessiva del Disegno di Legge.
Vengono finalmente introdotti i nuovi delitti di costrizione o induzione al matrimonio (il cosiddetto matrimonio forzato) e di revenge porn, e questo è un fatto positivo, ma non ricevono adeguata collocazione in tutte le norme che sotto il profilo procedurale agevolano la repressione e la prevenzione delle violenze domestiche e di genere.

Non posso negare l’amarezza per l’atteggiamento incomprensibile che hanno avuto maggioranza e Governo nel dibattito e nella fase emendativa. Ci sono temi sui quali la battaglia politica deve cedere il passo ad una collaborazione totale, ammainando le bandiere di partito. La violenza di genere è uno di questi. Noi di Liberi e Uguali – come altre volte, penso in primo luogo al voto di scambio, allo spazza-corrotti e alla circonvenzione degli anziani – eravamo pronti a farlo. Abbiamo chiesto sin dall’inizio – visto che dal punto di vista dei principi siamo tutti d’accordo – che si lavorasse insieme, senza rivendicazioni di natura politica. Purtroppo i nostri colleghi della maggioranza avevano ancora una volta l’unica consegna di “andare avanti senza concessioni” alle opposizioni, ove per “concessioni” intendiamo tutte le nostre osservazioni tecniche che avrebbero consentito di licenziare un testo più completo e applicabile in maniera più coerente.

Capisco le necessità – imperanti per voi – della propaganda ma trovo comunque incredibile che siate stati sordi a qualunque nostra sollecitazione in Commissione, così come in Aula; potevamo consegnare al Paese una serie di norme che in sede applicativa avrebbero funzionato meglio. E’ infatti solo scrivendo buone leggi che si possono ottenere risultati concreti: ci sono state addirittura proposte di modifica sottoscritte da tutte le opposizioni: tutto inutile. Ancora una volta avete scelto di forzare la mano, di procedere senza cercare alcuna forma di collaborazione tra le forze parlamentari, preziosa come non mai su questi temi. Devo purtroppo constatare che autorevoli figure di questo Governo – penso alla Ministra Bongiorno, impegnata da sempre nel contrasto alla violenza di genere, ma anche al Ministro Bonafede, che si è sempre mostrato sensibile ai diritti delle vittime – non abbiano voluto alzare la voce, indicare ai parlamentari della maggioranza la strada per fare meglio.

Ancora una volta abbiamo chiesto, inutilmente, ai senatori di Lega e 5 Stelle un atteggiamento diverso, che valorizzasse il ruolo del Parlamento che è diventato mero esecutore dei desiderata del Governo.

Per tutti questi motivi, per non aver voluto introdurre il reato di “propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione di genere”, per non aver previsto alcun tipo di finanziamento per gli strumenti che intendete mettere in campo, pur condividendo i principi ispiratori del Disegno di legge annuncio con dispiacere che una legge che avrebbe dovuto essere approvata all’unanimità vedrà, per colpa della maggioranza, la nostra astensione.

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