25 aprile 2017. Celebrazione della Festa della Liberazione

Sindaco Sala, Presidente Smuraglia, Autorità, partigiane e partigiani, cittadini e cittadine di Milano,

sono davvero orgoglioso di festeggiare con tutti voi la Festa della Liberazione. Farlo qui, a Milano, città Medaglia d’Oro della Resistenza, ha un grande valore simbolico. I milanesi hanno infatti dato un contributo eccezionale al movimento che ha restituito al nostro Paese ciò che è più prezioso: la libertà.

L’Italia attraversò anni difficili fatti di violenza, di guerra, di negazione dell’umanità. Fu grazie agli uomini e alle donne della Resistenza – capaci di compiere scelte radicali e dolorose ma coerenti con un insopprimibile desiderio di libertà e giustizia sociale – che riuscimmo ad affrancarci dall’oppressione nazi-fascista e iniziare un nuovo cammino.

Abbiamo il dovere di conoscere il loro travaglio umano e morale, le vicissitudini che affrontarono, gli insegnamenti che ci hanno lasciato: non solamente per ricordarne le gesta ma anche e soprattutto per comprendere meglio con quale forza dobbiamo affrontare le sfide che il presente e il futuro ci pongono. Per farlo dobbiamo tenere presenti le grandi figure della Resistenza, persone straordinarie come Sandro Pertini, Ferruccio Parri, Luigi Longo, ma anche le piccole storie – meno note ma egualmente importanti – di centinaia di nostri concittadini che nascosero i ricercati, aiutarono i partigiani, fecero le staffette o combatterono mettendosi al servizio di un ideale comune. Uomini e donne, spesso giovanissimi, che scelsero, ognuno secondo le proprie possibilità, di fare la propria parte per ritrovare l’umanità tradita dai soprusi della dittatura. La storia della Liberazione poggia, in fin dei conti, su questi due pilastri: il riscatto della dignità perduta e l’assunzione di responsabilità in prima persona.

Le madri e i padri della Resistenza ci hanno affidato un compito che non può certamente considerarsi esaurito in una seppur bella manifestazione. Non si deve affatto considerare questo giorno come una semplice celebrazione, ma come l’occasione nella quale riscopriamo le nostre radici – ciò che ci ha unito e che continua a unirci dopo 72 anni – e nella quale rinnoviamo la nostra responsabilità verso la nazione alla quale orgogliosamente apparteniamo.

A poche centinaia di metri da questa splendida piazza c’è uno dei luoghi simbolo della violenza fascista, il bel palazzo al civico 2 di via Rovelli, dove furono condotte decine di partigiani, antifascisti, ebrei: lì furono interrogati, torturati e uccisi dalla furia degli uomini della Legione Ettore Muti. Nel 1947 Giorgio Strehler, Paolo Grassi e Nina Vinchi vollero dare una nuova vita a quella che un tempo era stata dimora di terrore, fondando il primo Teatro stabile italiano: dove avevano albergato i più crudeli istinti dell’umanità nacque un luogo di cultura e di bellezza. C’era ancora il sangue dei partigiani sulle pareti quando nacque quello che ancora oggi è un punto di riferimento per il teatro internazionale. In questa piccola ma significativa vicenda io trovo il segno più forte di come, all’indomani della fine della dittatura, l’anima più nobile di questa città e del nostro Paese sentisse un’inderogabile esigenza morale di risorgere, di riappropriarsi di se stessa.

Il nostro farci nazione non è stato semplice, ha richiesto e continua a richiedere un impegno quotidiano e diffuso. Alle spalle avevamo il dolore, la morte, la violenza; le nostre città erano ferite tanto nella loro concretezza – con palazzi, strade e piazze ridotte in macerie – quanto nello spirito, messo a dura prova da anni di paure e sofferenze. Eppure trovammo il coraggio di scommettere in un futuro diverso, in un futuro migliore. Gli uomini e le donne della Resistenza sognarono ad occhi aperti un’Italia libera e democratica, nella quale a ciascun essere umano sarebbero stati riconosciuti i suoi diritti universali e inalienabili. Dopo la Liberazione, seppur provenienti da prospettive, culture e storie diverse, essi si unirono nel comune obiettivo di dare alla neonata Repubblica un complesso di regole capaci di tradurre in realtà quel sogno: la Costituzione. Ci riuscirono, consegnandoci il compito di amarla e difenderla dai rigurgiti di un vergognoso passato, quello che prova anche oggi con manifestazioni inopportune a insinuarsi nella nostra comunità, e verso il quale non dobbiamo mai abbassare la guardia. La legge vieta e punisce qualunque forma di apologia del fascismo, ma è soprattutto con la cultura e l’impegno di chi, come noi, colora Piazza Duomo con gioia e con la volontà di costruire insieme un domani migliore, che dobbiamo contrastare il fascismo e la xenofobia striscianti nel nostro Paese. Ogni anno si sollevano molte controversie intorno al 25 aprile e molti sono stati – e continuano – i tentativi di strumentalizzare questa giornata o di ridurla ad una festa rappresentativa di una sola parte del nostro Paese. Non è così.

Penso ad esempio alle polemiche che puntualmente accompagnano la partecipazione della Brigata Ebraica – una formazione militare composta da uomini provenienti da molte nazioni e inquadrata nell’esercito inglese – che ha combattuto al fianco dei partigiani. Vi siamo grati per quello che avete fatto per l’Italia, al pari di tutte le realtà che contribuirono alla liberazione: per questa ragione siete e sarete sempre a casa vostra in una piazza come questa. Come hanno sottolineato i rappresentanti dell’Anpi e il Sindaco Sala, chi contesta la vostra presenza nega la storia della Resistenza e il suo più intimo significato.

Il 25 aprile è di tutti perché tutti noi godiamo dei frutti delle conquiste di settantadue anni fa.

Nella prima parte della Carta Costituzionale sono sanciti principi che sono ancora una straordinaria e pura fonte di ispirazione: lavoro, giustizia, uguaglianza, libertà, rispetto. Sono principi che contengono una bellezza e una forza alla quale dobbiamo sempre riferirci, alla quale dobbiamo tornare tutte le volte che dobbiamo compiere delle scelte. Tra i principi fondamentali della nostra Costituzione c’è scritto che chi nel suo Paese non gode delle libertà democratiche ha diritto di asilo in Italia. L’amore per la libertà che avevano i Costituenti, avendo provato cosa significava vivere sotto una dittatura, e il riconoscimento dell’importanza della dignità umana li spinse a prendere un impegno per tutti noi: quello di accogliere chi fugge da guerre e dittature. Su questi principi non esistono confini. E’ una lezione che dobbiamo tenere a mente soprattutto nei momenti difficili, come quello attuale, in cui siamo chiamati ad onorare quell’impegno.

Non possiamo negare di aver vissuto momenti di grande sconforto, momenti nei quali era forse legittimo dubitare della nostra capacità di tener fede alle speranze e alle ambizioni iscritte nella Costituzione. Nel corso dei decenni il popolo italiano ha dimostrato di saperla amare e difendere. Abbiamo continuato a camminare. Lo abbiamo fatto insieme, anche quando sembrava molto difficile, anche quando, almeno ad uno sguardo superficiale, le ragioni che ci dividevano sembravano più forti di quelle che ci tennero uniti: ogni volta che la nostra comunità è stata minacciata nel profondo abbiamo saputo riscoprire le nostre radici, ben salde nei valori e nei principi che hanno ispirato la Resistenza. La nostra Costituzione è una realtà, ma in parte è ancora un programma, un ideale, una speranza, un impegno da completare.

Quanto lavoro ancora avranno da compiere le istituzioni! Quanto lavoro dovremo compiere tutti, tutti noi. E bisogna metterci dentro l’etica, l’impegno, la responsabilità, la volontà di realizzare questi programmi, questi ideali. Per questo una delle maggiori offese che si può fare oggi, in una ricorrenza come questa, è l’antipolitica, o ancora peggio l’indifferenza alla politica. Fa male sentire dire soprattutto a tanti giovani: “La politica è una brutta cosa“, “che me ne importa della politicaè così bello, è così comodo: la libertà c’è.” Attenzione, però, la libertà è come l’aria: ci si accorge di quanto vale quando comincia a mancare, quando si sente quel senso di soffocamento, di angoscia, di dolore, che le precedenti generazioni hanno sentito per vent’anni, e che io auguro a tutti di non sentire mai più. Ma bisogna contribuire a creare le condizioni perché ciò non avvenga, ricordando che sulla libertà bisogna vigilare ogni giorno, dando il proprio contributo alla vita politica, attraverso la partecipazione e la solidarietà. Stiamo tutti insieme sulla stessa barca, se affonda affondiamo tutti.

Anche oggi ci sono tanti problemi: il lavoro, la corruzione, l’illegalità diffusa, l’impossibilità per molti dei nostri ragazzi di realizzare qui i propri sogni.

Il partigiano Carlo Azeglio Ciampi amava ripetere ai giovani che “l’Italia sarà ciò che voi saprete essere. Sta a voi far diventare questa nostra Patria più forte e più bella, quella Patria per la quale tanti dei miei compagni di gioventù hanno dato la vita. Nutrite speranze e progetti. Date libera espressione a quanto di nobile, di generoso, anima le vostre menti, i vostri cuori. Soprattutto, abbiate sempre dignità di voi stessi”. Mi sembrano le migliori parole per poter augurare a tutti noi di trovare sempre il coraggio di fare le scelte giuste.

Ma quanto sangue e quanto dolore per arrivare alla liberazione dal nazifascismo, a questa Repubblica democratica! Voliamo indietro col pensiero: Quanti partigiani caduti nelle montagne combattendo, quanti di loro e quanti civili imprigionati nelle carceri, fucilati, impiccati, torturati, morti di fame nei campi di concentramento, morti per le strade di Milano, lo ricordo ancora, città medaglia d’oro della Resistenza. Ricordatelo, sempre, ciascuno di loro ha sofferto e sacrificato la vita affinché noi oggi potessimo godere della libertà e dei diritti riconosciuti, conquistati con la Costituzione, che si erge a testimone di tante sofferenze di vivi e della memoria di centinaia di migliaia di morti.

Viva Milano, Viva i partigiani, Viva l’Italia!