Cari amici, gentili ospiti,
è per me un piacere ed un onore ospitare nella Sala Koch del Senato la cerimonia di celebrazione dei 115 anni della Federazione impiegati operai metallurgici. Un ringraziamento particolare va al Segretario generale della FIOM, Maurizio Landini, agli autorevoli relatori, a quanti quotidianamente operano a garanzia ed a tutela del lavoro, della salute e della sicurezza delle lavoratrici e dei lavoratori italiani. Pochi giorni fa, in questa stessa Sala, abbiamo ricordato un grande sindacalista e uomo politico, Luciano Lama, che di questo Senato fu Vice Presidente dal 1987 al 1994, a dimostrazione dell’attenzione che questa Istituzione ha e continuerà ad avere per la tematica del lavoro e per i sindacati, organizzazioni fondamentali e irrinunciabili per promuovere condizioni di lavoro e di vita migliori per i lavoratori e le loro famiglie. I costituenti sapientemente hanno sancito il ruolo dei sindacati, all’articolo 39, per dare concretezza a quanto stabilito all’articolo 1, ovvero fare del lavoro una delle espressioni più alte del diritto di cittadinanza.
La nascita della Fiom, con il congresso di Livorno del 1901, segna il riconoscimento di quel protagonismo sindacale degli operai metallurgici che aveva avuto modo di manifestarsi già nello sciopero generale milanese del 28 agosto-6 settembre 1891. Già a fine ottocento infatti, nelle principali città industrializzate si formavano sezioni operaie per chiedere migliori condizioni di vita, dal massimo di 10 ore di lavoro giornaliere al minimo salariale, dall’abolizione del cottimo e del lavoro notturno alla parità retributiva tra uomini e donne. Potremmo dire che già da quell’inizio l’azione sindacale degli operai metallurgici si esprime per mettere al centro della vita sociale e politica del Paese la questione del lavoro. La storia italiana, e non solo italiana, dimostra che per gli operai ogni incremento di salario, ogni miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro, è stato il frutto di lotte e di rivendicazioni e ha rappresentato un momento della crescita e del consolidamento della democrazia.
Di quelle lotte la FIOM è stata grande protagonista e non ha mai mancato, nelle diverse fasi della storia del nostro Paese, di rappresentare il lavoro, di agire per rendere concreto ed effettivo il principio lavorista sancito dalla nostra Costituzione, di ricordare sempre e a tutti che la democrazia repubblicana è fondata sul lavoro. E che il lavoro deve essere libero, dignitoso e sicuro, che non può essere fonte di pericoli per i lavoratori e occasione di angoscia e di lutto per loro e per le loro famiglie. La garanzia di un lavoro che assicuri al lavoratore e ai suoi familiari un’esistenza libera e dignitosa, e che si svolga secondo modalità che non mettano a rischio la vita e la salute del lavoratore, è un pilastro della nostra democrazia ed è compito della politica e delle Istituzioni mantenere questo pilastro integro e vitale.
E’ compito della politica e delle Istituzioni impedire in ogni modo che si formi un vuoto di rappresentanza del lavoro e dei suoi valori, che si interrompa quel dialogo fecondo che ha caratterizzato – con la dinamica democratica del conflitto e del suo superamento – decenni della nostra storia. La Fiom, con la sua presenza, con le sue iniziative, ha concorso nell’intera storia italiana a evitare che questo vuoto si formasse, e credo che anche la cultura politica italiana debba molto alla riflessione che alcuni dirigenti della Fiom hanno saputo sviluppare sui temi della democrazia, delle autonomie, della rappresentanza. Basti pensare, per fare solo due esempi, a due grandi nomi: Vittorio Foa e Bruno Trentin.
La Federazione ha percorso 115 anni di un’epoca storica intensa: gli albori dell’industrializzazione, una dittatura feroce, le grandi guerre, il boom economico degli anni 60. Per i lavoratori, un tempo di lotte operaie, di affermazione della dignità del lavoro, di riconoscimento del diritto di essere cittadini anche all’interno delle manifatture e nei cantieri. Un tempo di battaglie, ma fortunatamente anche di conquiste che hanno rappresentato indelebilmente la cifra del progresso umano e sociale dell’Italia. Oggi, più che mai, il lavoro necessita di tutele per evitare che, complice la crisi economica e la concorrenza esasperata, venga messo ulteriormente a rischio. A tal fine occorre rafforzare il ruolo della prevenzione. Occorre investire sulla formazione continua dei lavoratori, di ogni qualifica ed in ogni settore produttivo. Occorre intervenire con forza per reprimere gli abusi. Occorre impegnarsi affinché “industria”, “ambiente”, “sicurezza” e “benessere” diventino conciliabili, con beneficio per i lavoratori ma anche per le imprese.
Concludo. L’ultima raccolta di scritti di Bruno Trentin si intitola “La libertà viene prima” e questo titolo racchiude sinteticamente non solo l’impegno di una vita, a partire dalla partecipazione da giovanissimo alla Resistenza, per la costruzione di un’Italia più libera e più giusta, ma anche il senso della presenza della Fiom nella vita italiana. La presenza di un soggetto che vuole essere strumento per coniugare libertà e lavoro attraverso la democrazia sindacale e la democrazia di rappresentanza, che non rinuncia a individuare nella qualità e nella dignità del lavoro il perno intorno al quale costruire una società dei diritti e della solidarietà.
“La prospettiva che il sindacato del duemila offre alle nuove generazioni – ha scritto Bruno Trentin – non può essere quella di un lavoro qualunque, ma deve essere un lavoro che metta al centro l’autonomia e l’autorealizzazione della persona”. In queste parole è condensata la sfida che oggi la politica, le Istituzioni, i sindacati si trovano di fronte e che devono affrontare consapevoli della insalfibile validità di quel grande progetto di emncipazione e di liberazione umana che è la Costituzione della Repubblica italiana, Repubblica democratica fondata sul lavoro.
Grazie.