Basta carcere per giornalisti

Cari giornalisti, cari colleghi, gentili ospiti, desidero innanzitutto dare il benvenuto a Sergio Amici e a tutti i componenti dell’Associazione Stampa Parlamentare. La lunga tradizione della cerimonia del Ventaglio ci permette di tracciare insieme un bilancio sui principali temi parlamentari, politici e internazionali da lei evidenziati nell’articolato intervento introduttivo. Presidente Amici, credo sia molto importante riflettere sul percorso che ci porterà al prossimo referendum confermativo della riforma costituzionale.

In un colloquio di gennaio scorso con Ugo Magri de La Stampa avevo auspicato per tempo – intravedendo nei precoci segnali della campagna referendaria un’impostazione azzardata – un dibattito fortemente legato ai contenuti: la mia intenzione era mettere in guardia gli attori politici dai pericoli a cui si sarebbe andati incontro trasformando il momento referendario in, cito, “un plebiscito pro o contro qualcuno”. Avevo invitato poi le parti politiche a “evitare la barbarie dello scontro esasperato e personalizzato” perché il rischio sarebbe stato “delegittimare le Istituzioni a prescindere dal risultato”.

L’opinione di allora si è rafforzata negli ultimi mesi, nei quali vi è stata una forte polarizzazione intorno al referendum, che rischia a questo punto di celebrarsi in un clima troppo conflittuale ed emotivo. Lei ha citato le consultazioni sull’uscita della Gran Bretagna dall’Unione Europea, ma nella recente esperienza questo strumento di democrazia diretta ha segnato anche decisioni difficili e controverse di altri Stati. Penso al referendum del 2013 in Irlanda, che ha respinto la proposta di abolizione del Senato; alla consultazione sulla secessione della Scozia dal Regno Unito nel 2014; al referendum greco del luglio 2015 sul programma di supporto finanziario, sino a quello programmato in Ungheria sulle “quote” dei migranti. Scenari molto diversi ma accomunati dal ricorso al giudizio “ultimativo” del popolo per risolvere questioni divisive rispetto alle quali la politica ha scelto di non assumere le proprie responsabilità, attribuendo all’istituto referendario significati e funzioni improprie, scaricando sugli elettori scelte politiche che spettano ai partiti e alle istituzioni. Torniamo all’Italia. Il referendum costituzionale sulla riforma del bicameralismo paritario ha carattere profondamente diverso, perché è parte di un procedimento formalmente disciplinato dalla nostra Costituzione, proprio a garanzia della rigidità della carta fondamentale e della sua revisione.

A prescindere dal risultato finale, credo sia necessario soffermarsi sul clima in cui il Paese arriverà a questo importante momento. Sono convinto che questi mesi saranno un formidabile banco di prova per valutare lo stato di salute della nostra cultura politica e la qualità della nostra democrazia. L’esercizio del voto è l’atto finale di un percorso, l’espressione di un’idea di appartenenza a una comunità della quale si vuole progettare il futuro. Dunque è necessaria una decisione consapevole, che potrà avvenire solo se il dibattito si concentrerà sui contenuti della riforma, evidenziandone pregi e difetti. Proprio l’esperienza della Brexit insegna che spaventare gli elettori, prefigurando conseguenze catastrofiche, non fa ottenere i risultati sperati.

La rappresentazione del prossimo referendum come il giudizio universale è inopportuna, irrealistica e fuorviante, tanto quando si vuole dimostrare che questa riforma sarà la panacea di tutti i mali, così come quando si prospetta la fine della democrazia se la riforma verrà approvata o la catastrofe se verrà respinta. Compito della politica e dell’informazione è garantire la “qualità” dei meccanismi democratici. Pur non essendo stata fissata la data del voto, si deve prendere atto che la campagna referendaria è già da tempo entrata nel vivo, ed è necessario assicurare che i mezzi di comunicazione diano spazio adeguato ed equilibrato a tutte le ragioni di merito in eguale misura. Presidente Amici, come lei ha ricordato il Senato disegnato dalla riforma costituzionale è concepito come lo snodo centrale del regionalismo italiano. Perché questo si realizzi è però necessario che il Parlamento, in caso di esito favorevole del referendum confermativo, si faccia carico entro la fine della legislatura dell’attuazione di alcune previsioni fondamentali della riforma, destinate ad incidere sostanzialmente sul ruolo del futuro Senato. Le modalità di elezione dei futuri senatori ha infiammato il dibattito per lunghe settimane esattamente un anno fa. Sul tema sono stati già presentati disegni di legge, che dovranno essere assegnati alla competente Commissione all’indomani di una vittoria del Si.

Altrettanto rapidamente ci si dovrà occupare dei regolamenti parlamentari, in particolare della configurazione dei gruppi, che incideranno sostanzialmente sull’effettiva vocazione territoriale della nuova Camera alta. A prescindere dall’esito referendario, l’amministrazione del Senato ha intrapreso da tempo una approfondita attività di aggiornamento e qualificazione del personale sui temi delle politiche europee, degli affari regionali e dell’analisi di impatto socio-economico delle leggi. Competenze utilissime già oggi e che potranno garantire una rapida transizione di questa Istituzione in caso di approvazione della riforma. Di questo voglio ringraziare il Segretario Generale e i vertici dell’Amministrazione. Presidente Amici, come lei sottolinea il bicameralismo paritario è ancora in vigore, e ha permesso in questi anni di migliorare i provvedimenti presi in esame dal Parlamento.

Su molti Disegni di legge si lamenta un ritardo indiscutibile, che però non va imputato esclusivamente al sistema bicamerale: nella maggior parte dei casi a rallentare l’iter legislativo è la mancanza degli accordi politici necessari per poter approvare le leggi. Ad esempio, esattamente come un anno fa anche in questa edizione del “Ventaglio” ci troviamo ad affrontare i temi della prescrizione e delle intercettazioni, negli stessi termini e senza novità legislative, purtroppo. E’ un dato di fatto che se ne parli da moltissimi anni senza arrivare a decisioni definitive, andando molto oltre la ragionevole durata, in questo caso, del procedimento legislativo. Non ho cambiato idea sulla necessità e urgenza di questi interventi: la prescrizione, una volta iniziato l’iter processuale, lascia senza verità tanto le vittime quanto gli accusati. Allo stesso tempo all’interno del Disegno di legge sul processo penale, ci sono soluzioni utili a velocizzare i tempi della giustizia. Per questo considererei una colpa grave della politica non riuscire a chiudere in Senato entro la pausa estiva i lavori sul testo. Riguardo alle intercettazioni, mezzo di indagine indispensabile, già l’anno scorso mettevo in risalto che, per conciliare i principi di segretezza delle indagini, riservatezza della vita privata e diritto all’informazione, esistono già norme che spesso non vengono rispettate, e mi appellavo alla deontologia di tutti coloro – magistrati, personale amministrativo, polizia giudiziaria, avvocati, giornalisti – che vengono a conoscenza del contenuto delle intercettazioni. Ho rilevato positivamente che molte procure hanno già dato indicazioni stringenti in questo senso, che dovranno essere prese in considerazione dal legislatore nella redazione  delle norme.

Anche sulla diffamazione, presidente Amici, rischio di ripetermi: la mia posizione fortemente contraria alla pena detentiva per i giornalisti è nota, ed ho più volte sostenuto la necessità di prevedere una sanzione pecuniaria proporzionale alle richieste di risarcimento infondate in caso di querele temerarie, spesso usate come forma di ricatto nei confronti di piccole testate e di giovani giornalisti non adeguatamente garantiti. Né può essere trascurato il tema delle troppe violenze e  intimidazioni nei confronti dei giornalisti. Condivido, Presidente, le sue riflessioni sui delicati temi dell’Editoria e della Concorrenza, entrambi oggetto di Disegni di legge in trattazione nelle commissioni competenti e già calendarizzati più volte in Aula. Sono provvedimenti certamente urgenti.

Quello sull’editoria per rilanciare un settore economico fondamentale nel sistema democratico, ma fortemente colpito dalla crisi; quello sulla concorrenza per creare, come auspicato da anni, un sistema-paese più competitivo e più aperto. Una scommessa culturale che deve portarci a superare i particolarismi che finora hanno spinto ogni categoria a difendere egoisticamente i propri privilegi e le proprie prerogative a scapito dell’interesse generale. Presidente Amici, lei ha citato le tre grandi sfide che l’Unione Europea ha davanti: la crisi economica, i flussi migratori e il terrorismo internazionale. Ad esse si deve aggiungere la prossima uscita del Regno Unito dalla compagine europea. A quest’ultimo proposito io penso, in primo luogo, che la relativa procedura si debba espletare con la massima rapidità, per evitare che l’incertezza propaghi instabilità finanziaria e politica in Europa, senza rinunciare a uno stretto rapporto con il Regno Unito nei settori strategici. Fra questi la cooperazione giudiziaria, di polizia e di intelligence, la lotta contro la criminalità organizzata, il terrorismo e il riciclaggio. In secondo luogo, credo che i tanti Paesi europei che con noi condividono le ragioni imprescindibili dell’unione debbano cogliere questo difficile momento come un’occasione preziosa per costruire un’alleanza più strutturata, più forte, più coesa e più solidale.

Ho già avuto modo di ripetere che è sbagliato accostare terrorismo e migrazioni e mi sembra che i fatti recenti lo dimostrino perché nessuno dei terroristi che ha colpito l’Europa vi era giunto seguendo le rotte migratorie: erano tutti cittadini europei. Migrazioni e terrorismo sono accomunati solo dall’essere fenomeni di lunga durata, che dobbiamo imparare ad affrontare in modo strutturale. Il che non significa affatto considerarli ineluttabili, al contrario: comprenderne le radici profonde e complesse aiuta a pensare in modo lucido e strategico, non emergenziale e improvvisato. Riguardo al terrorismo, il primo sentimento è il dolore per le vittime e tutti coloro che, ovunque nel mondo, soffrono per la ferocia disumana di chi colpisce chiunque si trovi in un certo luogo in un dato momento: bambini e persone inermi trasformati in obiettivi per finalità immonde. Di fronte allo sgomento che comprensibilmente colpisce i cittadini, dobbiamo avversare le forze politiche e i media che irresponsabilmente strumentalizzano la paura.

Le nostre società non soccomberanno al terrorismo: né il sedicente Stato islamico, né altri potranno mai sovvertire le nostre istituzioni e mettere in discussione i nostri principi. Il nostro compito è rafforzare la coesione politica interna al Paese e all’Unione europea per predisporre una strategia condivisa che affronti ognuno dei complessi risvolti del fenomeno: il ridimensionamento militare della minaccia simmetrica; il rafforzamento della cooperazione fra magistrature, forze di polizia e agenzie di informazione; la definizione di una vera politica europea nel Mediterraneo e di un futuro assetto politico nelle aree più tormentate; un’integrazione piena degli immigrati e una maggiore attenzione alle aree di vulnerabilità delle nostre società, dove alligna la marginalità, il radicalismo e l’illegalità; infine la prevenzione del proselitismo in tutte le sue forme, compreso il web.

Per quanto riguarda l’Italia, non direi affatto che siamo impreparati: disponiamo di un eccellente sistema che si basa sulla stretta cooperazione fra le Istituzioni deputate alla sicurezza, cui altri paesi europei guardano come un modello. Bisogna però essere consapevoli che la minaccia asimmetrica con cui ci confrontiamo è caratterizzata da un forte grado di imprevedibilità. Sulle migrazioni, la parola lungimiranza che lei ha usato è proprio il termine chiave per descrivere quanto dobbiamo fare. Il governo sta agendo bene. Da una parte, assicurando il soccorso in mare e l’accoglienza con una professionalità, un’umanità e una competenza che ho potuto osservare personalmente in una recente visita a Lampedusa. Dall’altra parte, stimolando le istituzioni europee ad agire per rivedere le regole di Dublino all’insegna di solidarietà ed efficienza e per sostenere in modo diretto lo sviluppo dei Paesi africani da cui si originano molti dei flussi.

A proposito dei rapporti fra Unione Europea e Turchia, esprimo la mia profonda preoccupazione per le notizie riportate dalla stampa internazionale sulle reazioni del governo turco al tentativo di colpo di Stato. Dieci giorni fa abbiamo tenuto in Senato un’importante riunione dell’Assemblea Parlamentare dell’Unione per il Mediterraneo, nella quale lavoriamo insieme anche al Parlamento turco: abbiamo osservato un minuto di silenzio in ricordo delle vittime dell’attentato all’aeroporto di Istanbul e discusso di come lavorare insieme per prevenire queste disumanità e ricostruire gli equilibri geopolitici nell’euro-mediterraneo.

Dico dunque, con quella chiarezza che impone l’amicizia per il popolo turco e il rispetto per le sue istituzioni democratiche, che le regole dello stato di diritto non sono derogabili nemmeno per i reati più gravi e che non sono mai ammissibili trattamenti degradanti e disumani vietati dal diritto internazionale. Arresti e procedimenti penali contro gli asseriti eversori si devono svolgere rigorosamente secondo le regole della legge e dei principi internazionali e nel pieno rispetto del diritto di difesa. Le prerogative di indipendenza della magistratura devono essere rispettate perché le rimozioni e gli arresti ingiustificati di giudici ledono la democrazia e i diritti dei cittadini. Preoccupano molto le massicce epurazioni che stanno colpendo anche il mondo della scuola, delle università e dell’informazione.

Sulla pena di morte, sui diritti e le libertà fondamentali, sul diritto di difesa qualsiasi passo indietro è contro la storia. Prima di concludere lasciatemi aggiungere alcuni dati sul bilancio del Senato approvato ieri in Aula. Per la prima volta le spese sono scese sotto i 500 milioni di euro; in questa legislatura abbiamo risparmiato 152 milioni di euro; l’incidenza del costo del Senato sul totale della spesa statale è scesa allo 0,06% del totale; il numero delle dipendenti donne ha superato quello degli uomini; una grandissima attenzione è stata posta sul risparmio energetico. In vista di un’ulteriore razionalizzazione delle strutture e dei costi, prosegue il percorso iniziato nel 2013 di unificazione dei ruoli dei dipendenti e dei servizi di Senato e Camera, e auspico che questo processo si concluda al più presto.

Sono tutti segni di un’Istituzione, che mi onoro di presiedere, in grado di ridurre i costi, rinnovarsi, e di aprirsi ai cittadini attraverso una serie di iniziative istituzionali e culturali. Voglio in conclusione fare i miei più sentiti complimenti a Cristina Bortune per lo splendido ventaglio realizzato, e ringraziare il presidente Mario Alì e la direttrice Tiziana D’Achille dell’Accademia di Belle Arti di Roma che organizzano insieme all’Asp questo più che decennale concorso.

Sono molto grato a tutti i componenti dell’Associazione Stampa Parlamentare, che esercitano il delicatissimo compito di raccontare ai cittadini quanto avviene quotidianamente in Senato, per la leale collaborazione con questa Istituzione e tutti i suoi componenti, nell’ambito di un rapporto fortemente dialettico. Un ultimo e sentito ringraziamento al nuovo capo Ufficio stampa del Senato, dottor Toniato, e a tutto il personale impegnato a garantire un’informazione puntuale e trasparente.

Buon lavoro e buone vacanze!