Mentre qualcuno pensa alla “flat tax” e a come regalare soldi ai più ricchi, c’è una tassa odiosa che paghiamo tutti senza accorgercene e che succhia come un vampiro i soldi dei cittadini: è la Mafia TAX.
La Mafia TAX è quella rendita parassitaria, quel profitto e quelle risorse che la mafia e la criminalità organizzata rubano ai cittadini attraverso la corruzione, i comitati d’affari, gli appalti con le tangenti e le attività di estorsione.
La Mafia TAX è quella che pagano alcuni imprenditori per vincere un appalto o per acquisire delle forniture, risparmiando poi magari sulla qualità dei materiali o sfruttando il lavoro nero.
La Mafia TAX è quella che paghiamo quando amministratori corrotti si appropriano dei finanziamenti pubblici, gonfiando i costi.
La Mafia TAX è quella che pagano gli imprenditori quando gli viene estorto del denaro. La Mafia TAX è quella che pagano con i danni alla salute i cittadini che vivono nei territori inquinati dal traffico di rifiuti tossici.
Noi di “Liberi e Uguali” vogliamo abolire la Mafia TAX una volta per tutte!
Perché è un freno allo sviluppo, uccide la concorrenza e colpisce chi fa bene e onestamente il proprio lavoro. Non c’è giustizia sociale quando crescono sfruttamento, illegalità e criminalità. E quella per la giustizia sociale è una battaglia che ho combattuto per tutta una vita e continuerò a combattere in “Liberi E Uguali”.
Lo so bene: il denaro è la ragion d’essere della mafia. Ricercarlo è la soluzione, trovarlo è il problema. Gli espedienti per nasconderlo sono noti: paradisi bancari, trust, società fiduciarie, sovra e sotto fatturazioni, operazioni finanziarie strutturate e così via. Così come i mezzi di contrasto: limiti all’utilizzo del contante, tracciabilità delle transazioni, monitoraggio delle operazioni sospette, nazionali e transfrontaliere di contanti.
Certa politica dovrebbe smettere di nascondere il problema sotto al tappeto. Noi di “Liberi e Uguali” sappiamo da che parte stare e vogliamo portare nel Paese un cambiamento fatto di moralità e rispetto delle regole. La parola “legalità” non va urlata nelle piazze, va realizzata ogni giorno con i comportamenti e le azioni. Finché sarà più conveniente fare finta che va bene così, che qualcosa è meglio di niente, che è meglio un lavoro nero e magari contiguo “al sistema” piuttosto che non avere niente da portare a casa la sera, non sarà possibile vincere pienamente questa battaglia. E bisogna cominciare dai piani alti, perché, quando lo Stato retrocede, i deboli sono quelli che ci rimettono per primi.
Quello che vogliamo non è solo uno Stato che reprima il crimine e che magari arriva solo dopo che il peggio è successo, ma una comunità che previene alla radice le condizioni su cui prospera quel malaffare che sottrae al bene comune le risorse di tutti.