Dichiarazione di voto sulle mozioni per Radio Radicale
Presidente, Colleghi,
come spesso accade con questa maggioranza ci troviamo a discutere di un tema su cui all’interno del Governo e tra i deputati e senatori abbiamo sentito dire tutto e il suo contrario. Lo stato delle cose però è innegabile: al momento la convenzione con Radio Radicale non è in essere. Si legge sui quotidiani – con sollievo – l’intenzione del Governo di trovare una soluzione ponte per il 2019, ma questa intenzione non si è ancora tradotta in nessun atto concreto.
Il servizio pubblico che Radio Radicale ha effettuato in questi decenni è un fatto, i numeri sono lì a dimostrarlo: 3.300 giornate parlamentari, 23.500 udienze, e ancora congressi, seminari, comizi, manifestazioni culturali e politiche. Tutto disponibile liberamente con pochi clic.
Un’opera che travalica l’appartenenza politica e addirittura quella partitica. È indubbio che abbia alimentato un dibattito proficuo, contribuito ad un’informazione diretta, libera, pluralistica, promosso la conoscenza consapevole su tante problematiche aiutando qualsiasi cittadino a formarsi una propria opinione, lontano dai cliché partigiani a cui il mondo dei social ci sta abituando.
Quanti di noi hanno potuto seguire eventi politici e istituzionali tramite la programmazione di Radio Radicale? E quanti l’hanno “usata” come testimone a futura memoria di proprie iniziative pubbliche? Cos’è questo se non un servizio pubblico?
Spegnere Radio Radicale significa impoverire la nostra società, ferirne la sua democrazia. Solo per questo il problema del rinnovo della convenzione non dovrebbe nemmeno porsi. Un Governo che abbia a cuore l’informazione consapevole dei cittadini dovrebbe addirittura ringraziare.
Ma quello che più mi preoccupa è l’atteggiamento politico che questo atto nasconde. Perché sono i mezzi ad indicare i fini, e non si può non vedere che l’eventualità sciagurata della chiusura di Radio Radicale è un tassello della politica della maggioranza che mira a colpire chi la pensa diversamente. E penso anche ai contributi per l’editoria. Quante voci, di parte certamente, possono essere colpite da questo modo barbaro di ragionare? E nel caso di Radio Radicale nemmeno può essere portato questo argomento: ha davvero ospitato, ci ha ospitato proprio tutti!
A ben vedere si tratta quasi un contronsenso. Una emittente legata a un partito politico, ma mai faziosa; una radio privata, ma che fa davvero servizio pubblico: senza pubblicità, solo parole, tutta informazione. Come dicono loro «dentro, ma fuori dal Palazzo».
Credo sia superfluo ribadire a quest’Aula l’importanza – storica, politica, giornalistica – dell’immenso archivio e del quotidiano lavoro dell’emittente, a partire dalla trasparenza dei lavori parlamentari. Stupisce – anche se fino a un certo punto – che proprio i fautori della trasparenza stiano facendo di tutto per limitare la possibilità dei cittadini di seguire quanto avviene in Senato e alla Camera. Non mi si dica che le sedute sono in diretta streaming: sappiamo bene che le due cose non sono paragonabili, anche solo per la diffusione del segnale e per i costi d’accesso ai due diversi strumenti.
E’ evidente a tutti che questo servizio, essenziale per la vita democratica del Paese, non possa essere sostenuto con interventi privati, sia per ragioni di mercato che di opportunità: chi non avrebbe il sospetto che un’azienda possa investire nella Radio per evitare che questa trasmetta, ad esempio, un processo a suo carico?
Il fatto che negli ultimi decenni si sia proceduto con rinnovi e non con bandi e gare non è in nessun modo imputabile all’emittente, ma all’inerzia della politica, e non è accettabile che questo comportamento diventi un’aggravante nella discussione che stiamo svolgendo oggi e che vi dovrà vedere impegnati nella ricerca di una soluzione.
L’intento di prevedere, con un provvedimento legislativo, una riforma generale del sistema delle comunicazioni è senza dubbio encomiabile, e degno – da parte delle opposizioni – della massima attenzione e della massima collaborazione. Ma è evidente che nel tempo che intercorre tra una dichiarazione alla stampa e la pubblicazione in Gazzetta ufficiale di una riforma condivisa e votata dal Parlamento, è vostro dovere impedire l’interruzione di un servizio per tutti i cittadini e la messa in sicurezza di un Archivio senza pari nel panorama nazionale e forse internazionale.
C’è un pezzo di storia da salvaguardare, ci sono professionisti che ogni giorno inseriscono nel dibattito pubblico elementi di riflessione – penso al tema delle carceri, ad esempio – di cui nessuno altrimenti parlerebbe.
Consentitemi una nota personale: per anni sono stato un fedele ascoltatore della rassegna stampa mattutina di un grande giornalista recentemente scomparso, Massimo Bordin, capace di offrire ai propri ascoltatori una analisi mai banale dei fenomeni sociali e politici del nostro Paese. Visti i difficili tempi che corriamo avremmo quanto mai bisogno di difendere i luoghi che coltivano il pensiero critico, che alimentano il dibattito, che arricchiscono con contenuti di qualità la nostra comunità.
Concludo. Abbiamo più volte richiamato l’attenzione del Governo e della maggioranza sul ruolo che Radio Radicale ha svolto negli ultimi decenni e siamo costretti – ancora una volta – a farci promotori di una iniziativa che impedisca la chiusura di una voce autorevole e importante del sistema dell’informazione del nostro Paese. L’atteggiamento sprezzante della maggioranza restituisce senza alcun dubbio l’immagine di due forze politiche – Lega e 5 Stelle – che non solo hanno un pessimo rapporto con il pluralismo delle idee ma anche con il dovere di garantirlo. Ne abbiamo esempi quotidiani riguardo la Rai, con Ministri che discettano di palinsesti, autori, programmi e compensi, che stilano liste di proscrizione, commentano le scalette e la scelta degli ospiti!
«La stampa serve chi è governato, non chi governa» (Corte Suprema degli Stati Uniti, 1971). È un principio cardine di uno stato di diritto che voglia definirsi tale. Se le istituzioni non faranno nulla, proprio come è accaduto in questi ultimi mesi, Radio Radicale chiuderà per sempre e con lei tutto il patrimonio di sapere e di cultura che ha prodotto in questi decenni. È per questa ragione che è fondamentale reperire le risorse necessarie per il periodo ponte e lavorare sin da ora a soluzioni a lungo termine per garantire la prosecuzione del servizio. Annuncio quindi il voto favorevole di Liberi e Uguali alla mozione e anche a quelle degli Gruppi che sono sostanzialmente identiche.
Il voto sarà di astensione nei confronti della mozione di maggioranza, con l’auspicio che il nostro invito e il corrispondente impegno che abbiamo sentito da parte del sottosegretario Crimi porti ad una ulteriore apertura e soluzione concreta che possa formare oggetto al più presto di un provvedimento e che, nel frattempo, si possa però mantenere lo status quo di Radio Radicale e di tutti quelli che vi lavorano.