Autorità, Presidente emerito, cari amici,
ho accolto con piacere la proposta che mi ha rivolto l‘Istituto per gli Studi di Politica Internazionale di ospitare in Senato la cerimonia di conferimento del Premio ISPI 2017 ad Emma Bonino. Un piacere che è dovuto alla profonda considerazione che nutro per la destinataria del Premio e per l’Istituto.
Emma Bonino, nel suo lungo impegno di pensatrice, di politica e di donna delle istituzioni, ha contribuito con passione a autorevolezza alla proiezione del Paese all’estero e allo sviluppo delle relazioni internazionali, particolarmente in materia di diritti fondamentali e democrazia. Con l’Istituto in questi anni abbiamo sviluppato una bella consuetudine di dialogo e collaborazione: proprio in questa sala celebrammo tre anni fa il vostro ottantesimo compleanno, insieme a quello di Limes, e ho anche avuto il piacere di fare visita alla vostra sede a Milano.
In tutti questi anni l’Istituto è stato un interprete attento delle tendenze geopolitiche dei nostri tempi, coniugando elevata qualità dei prodotti scientifici, multidisciplinarità, pluralismo e capacità di parlare a un pubblico sempre più ampio di esperti, di imprenditori, di studenti e di appassionati. Il Paese, in questo momento di crisi, economica, politica, etica e identitaria, ha davvero bisogno di riflessioni, strategie e approfondimenti. Vorrei quindi ringraziare i collaboratori e ricercatori dell’Istituto coordinati dal Direttore Paolo Magri, e augurare di cuore buon lavoro al Presidente Massolo che ha assunto la posizione a gennaio e certamente con la sua visione e la sua lungimiranza farà ulteriormente crescere l’Istituto. In questo avete il grande vantaggio di potervi avvalere dello straordinario sostegno del Presidente Emerito della Repubblica Giorgio Napolitano, che dell’ISPI è Presidente Onorario.
A proposito del rapporto dell’Italia e degli italiani con la geopolitica e con la politica estera, ho avuto spesso modo di rilevare che da noi, a differenza di quasi tutti gli altri grandi Paesi, la politica internazionale sembra ancora incapace di sollevare in modo adeguato l’interesse della pubblica opinione, dei media e delle istituzioni in Italia, di generare spinte ideali soprattutto nei giovani e ispirare progetti strategici per il futuro del Paese. In Italia si continua a pensare poco in termini geopolitici e si fatica a definire l’interesse nazionale e individuare gli strumenti per soddisfarlo: manca una coscienza geopolitica, una realistica visione della nostra identità dentro un sistema mondiale in fortissimo cambiamento.
Si tratta al tempo stesso di un habitus culturale ancora immaturo sul piano geopolitico, e di carenze strategiche della politica, finora incapace di guardare oltre la singola crisi e pensare al medio e al lungo periodo come normale dimensione temporale della politica estera. Non è un ragionamento nuovo, ma a me sembra che nel frattempo siano cambiate le condizioni generali e che al Paese in questo momento siano offerte opportunità geopolitiche che non possiamo lasciare cadere.
La crisi europea, l’uscita del Regno Unito dall’Unione, i flussi migratori, il terrorismo, le turbolenze del Mediterraneo e del Medio oriente, il rapporto dell’Unione e dell’Alleanza Atlantica con la Russia sono in ordine sparso i colori della tavolozza geopolitica sulla quale siamo chiamati a tracciare il disegno strategico italiano. Pena la marginalizzazione. In geopolitica alle opportunità quasi sempre si accompagnano altrettante responsabilità e per noi credo che questo sia particolarmente vero nei nostri due principali orizzonti geopolitici di riferimento: l’Unione europea e il Mediterraneo. Il nostro credo nel multilateralismo, nella diplomazia, nella solidarietà e nel dialogo cristallizzato nell’art. 11 della nostra Carta costituzionale oggi ci chiama ad una politica estera più forte e coraggiosa.
L’Unione europea è stata indebolita da una serie di importanti fenomeni sistemici (la crisi economica e dell’occupazione, le migrazioni e le tensioni geopolitiche alle frontiere meridionali e orientali) che hanno avuto un impatto molto eterogeno sui diversi Paesi europei, e hanno generato in molti casi risposte politiche divisive e sentimenti di sfiducia dei cittadini, nel concorrere di un pericoloso riemergere nel mondo dei nazionalismi. Poi c’è il tema della Brexit.
L’Italia è stata e deve restare un Paese imprescindibile di avanguardia in Europa e sarà un attore fondamentale nell’opera lunga e paziente di ricostruzione di un clima di fiducia politica insieme a Germania, Francia, Spagna e a tutti i Paesi che avranno l’ambizione di costruire più Europa in certe aree fondamentali della cooperazione, senza lasciare solo nessuno ma anche senza arrestare il cammino dell’integrazione che ha bisogno del coraggio degli utopisti per portare progresso, democrazia e libertà a tutti.
Nel Mediterraneo, l’Italia si trova ad esercitare responsabilità ancora superiori. Non lo dobbiamo solo alle eredità di un passato millenario, ma anche all’intensità dei rapporti economici, sociali e politici con i Paesi della sponda meridionale, alla lunga assenza politica dell’Unione come tale nella Regione e all’urgenza di affrontare le gravi crisi in corso, politiche, umanitarie, di sicurezza, economiche e sociali. Il Governo Gentiloni e la Farnesina stanno lavorando bene, a Bruxelles, New York e nei diversi teatri di conflitto: stanno espletando un’azione costante e intelligente per stabilizzare le crisi, a partire dalla Libia; sostenere i Paesi africani in maggiore difficoltà economica; e per favorire soluzioni politico-istituzionali idonee a garantire nei territori più inquieti la rappresentanza di tutte le componenti etniche, religiose e sociali.
La nostra sfida interna è lavorare sulle aree di fragilità e di vulnerabilità e rafforzare gli strumenti, processi e valori che il Paese può mettere in campo sullo scenario internazionale. A questo fine serve una politica più autorevole, generata da partiti più forti, più vicini ai cittadini e più democratici. Una politica capace di unirsi nella comune identità nazionale, una politica che sappia scegliere e prendere posizione nella comunità internazionale. Emma Bonino è una straordinaria interprete di questi temi, dunque mi congratulo ancora con lei per questo riconoscimento e ringrazio tutti voi per la competenza e la passione con cui vi occupate del nostro Paese e del mondo.
Grazie.
Foto: Carmine Flamminio / Senato della Repubblica