Autorità, Gentili ospiti, cari amici,
ho accolto con piacere la proposta del Segretario Generale del Global Committee for the Rule of Law Marco Pannella, Matteo Angioli, di ospitare in Senato un convegno sullo “Stato di diritto e diritto alla conoscenza”, promosso con l’Istituto Superiore Internazionale di Scienze Criminali, la Società Italiana per l’Organizzazione Internazionale e il Partito Radicale in continuità con la Conferenza internazionale sugli stessi temi che si è tenuta qui in Senato nel luglio dell’anno scorso. Quell’evento era stato fortemente voluto da Marco Pannella e io vorrei cogliere l’occasione per ricordare, a poco più di sei mesi dalla scomparsa, il grande protagonista della nostra storia politica, sociale e civile che ha dedicato il suo impegno, come egli amava dire, al “diritto alla vita e alla vita del diritto”. Ieri ho avuto modo di consultare il corposo documento informativo del convegno e lascio agli autorevoli relatori l’approfondimento dei temi politici, tecnici e giuridici sottesi all’iniziativa per l’affermazione del diritto alla conoscenza. Io mi limiterò a proporre tre ordini di considerazioni, che spero possano contribuire al dibattito.
La prima riguarda l’espressione Stato di diritto, che credo sia importante intendere correttamente, come premessa ad ogni altro ragionamento. In senso formale, tale locuzione identifica gli ordinamenti in cui i pubblici poteri sono conferiti dalla legge ed esercitati nelle forme e con le procedure da questa previste: società sub legem anziché sub hominem, sottoposte alla supremazia della legge e non all’arbitrio dei governanti come nel diritto premoderno. Ma questo non basta perché persino negli ordinamenti più illiberali e liberticidi i poteri pubblici hanno fonte e forma legale: si può realizzare il paradosso di società formalmente democratiche e fondate sullo Stato di diritto, ma di fatto non libere. La storia ricorda per esempio che il primo governo Hitler che sopprimeva la repubblica di Weimar si era insediato attraverso procedure formalmente democratiche, mentre la IV Repubblica Francese, fondata dal generale De Gaulle con un colpo di stato, era democratica di fatto.
Perché un sistema politico possa essere definito uno Stato di diritto democratico, esso deve fondarsi sulla rappresentanza del popolo in assemblee elettive attraverso elezioni universali; sulla separazione fra i poteri legislativo, esecutivo e giudiziario; sul ricambio e la possibilità di revoca dell’esecutivo; sulla collegialità del governo. In senso sostanziale, Stato di diritto identifica quindi gli ordinamenti nei quali i poteri pubblici sono soggetti alla legge rispetto alla forma ma anche ai contenuti della propria azione: i tre poteri sono vincolati a princìpi sostanziali posti da carte costituzionali rigide fondate sulla separazione dei poteri e la garanzia dei diritti fondamentali rispetto ai poteri pubblici. Lo Stato costituzionale di diritto è il risultato di un’evoluzione culturale che si esprime in un patto sociale a struttura tripartita: la legge limita l’operare dell’esecutivo; la legge prestabilisce cosa è vietato, così escludendo l’arbitrio giudiziario; la legge stessa è vincolata a princìpi sostanziali di giustizia. Realizzare la democrazia sostanziale significa impegnarsi a difendere i diritti sociali primari (istruzione, lavoro, salute, giustizia), i diritti fondamentali, le libertà e i valori universali: eguaglianza, rispetto reciproco, tolleranza, solidarietà, pace, non violenza.
La seconda osservazione riguarda il diritto all’informazione, che è il presupposto per conoscere e formarsi un’opinione consapevole, dunque è condizione essenziale per la democrazia, l’esercizio dei diritti e la partecipazione al processo decisionale. La democrazia, particolarmente nella sbornia informativa che viviamo per causa dell’evoluzione tecnologica, richiede dei mezzi di informazione improntati ad una precisa gerarchia di valori e orientati anzitutto a mettere i cittadini in condizione di concorrere a determinare, orientare e modificare l’indirizzo politico. Come scrisse Joseph Pulitzer “un’opinione pubblica bene informata è la nostra corte suprema… ad essa ci si può sempre appellare contro le pubbliche ingiustizie, la corruzione, l’indifferenza popolare o gli errori del governo”.
L’ultima considerazione riguarda il diritto alla conoscenza, oggetto della campagna che state conducendo. Io sono convinto che esso vada pensato e strutturato negli ordinari circuiti istituzionali democratici, non già come alternativa alla democrazia rappresentativa ma come rafforzamento dei poteri informativi e di partecipazione dei cittadini ai processi politici e al funzionamento delle istituzioni democratiche, e nei limiti che la legge pone legittimamente a protezione della riservatezza dei dati personali e degli interessi pubblici coinvolti in ogni data fattispecie. Se è vero che lo Stato di diritto consiste in un patto sociale del quale i diritti fondamentali sono il fulcro, allora è al funzionamento del sistema che bisogna guardare, garantendo in particolare l’indipendenza della magistratura (ordinaria, amministrativa, contabile e costituzionale) che vigila sull’osservanza delle leggi da parte dell’esecutivo e la rispondenza delle leggi ai diritti, alle libertà e ai principi costituzionali. Il Senato per parte sua è stato fra le prime camere al mondo ad avere reso disponibili in formati aperti e accessibili secondo le migliori pratiche internazionali tutti i documenti e tutti i dati sull’attività di questa Istituzione. Noi siamo convinti di garantire ai cittadini la più ampia e chiara conoscenza del patrimonio normativo e giuridico del Paese e anche delle dinamiche politiche. Un impegno che ha un doppio significato: da una parte, garantisce la cognizione delle norme vigenti da parte di tutti e dall’altra favorisce la trasparenza dell’attività parlamentare, assicurando così la pienezza del processo democratico e consentendo uno sviluppo sociale, economico, civico più partecipato da parte dei cittadini.
Vi ringrazio per l’attenzione e vi auguro dunque un proficuo dibattito. Grazie.