Autorità, gentili ospiti, cari amici,
sono particolarmente lieto di ospitare in Senato la presentazione di questo bel volume dedicato alle Costituzioni italiane dal 1796 al 1948, curato da Enzo Fimiani e Massimo Togna. Un lavoro che affronta in chiave scientifica un tema di primario interesse per il mondo politico ed istituzionale (lo confermano le presenze oggi in questa Sala) ma prima ancora per tutti i cittadini, soprattutto i giovani. Uno dei principali meriti di questa iniziativa editoriale è proprio la sua capacità di considerare il dato storico-costituzionale, troppo spesso affrontato come materia riservata ai tecnici, per la sua valenza sociale e il suo apporto “educativo”.
La democrazia contemporanea, i diritti che l’ordinamento italiano riconosce a ciascun individuo sono il frutto di un percorso segnato dalle battaglie morali e dal sacrificio personale di tanti italiani che, dal XVIII al XX secolo, hanno combattuto per ideali di libertà, giustizia, eguaglianza. Sulla conoscenza e sulla comprensione di questo percorso deve fondarsi la costruzione di una rinnovata cultura civica e politica nel senso più alto del termine, capace di superare gli ostacoli oggi frapposti dalla crisi dei partiti e dal crescere dell’anti-politica. A questo intento risponde la scelta operata dai curatori del Volume di utilizzare l’aggettivo italiane per definire anche le Costituzioni pre-unitarie. Oggi viviamo una fase storica contraddistinta da forti lacerazioni del senso di appartenenza alla nazione. Una crisi, economica e politica ma soprattutto etica e identitaria, cui il Paese deve rispondere con idee, strategie unitarie e progetti per il futuro. Ebbene, credo che studiare l’origine storica della nostra evoluzione costituzionale possa aiutare a riscoprire quel sentimento di identità collettiva, forte, consapevole e orgoglioso, che è collante e fondamento di ogni nazione; e possa far ricordare quell’idea di sacrificio per ideali e interessi condivisi, che noi in altra epoca abbiamo vissuto e che oggi è troppo spesso smarrita nelle morse dell’individualismo e della rassegnazione.
Lo spirito per così dire “educativo” della pubblicazione mi induce a soffermarmi su alcuni passaggi della sintesi storica di Enzo Fimiani e della guida alla lettura di Massimo Togna, che si rivolgono proprio a noi che operiamo nelle istituzioni e in certi momenti ci interroghiamo sul significato profondo della Costituzione, della democrazia e dei diritti.
Il primo elemento di riflessione è legato al nostro rapporto con la storia, che è spesso utilizzata e distorta non per conoscere e capire, ma per giustificare il presente o posizioni politiche attuali. Una tentazione ben presente non solo nella storiografia, ma anche nella politica contemporanea, cui si deve opporre la riscoperta dell’etica del “fare” la storia: concorrere alla storia facendo vera politica, cioè servendo l’interesse generale. Mi ha molto colpito ritrovare nel volume le parole di Nicola Fiorentino che nel rivolgersi ai giovani studiosi della Repubblica napoletana del 1799 si scaglia contro l’egoismo che egli chiama il “terribile mostro divoratore delle Repubbliche”: “Tutto lo studio vostro, tutta la vostra applicazione deve consistere in anteporre il vantaggio della Repubblica al vostro.. perché non vi è una vera Repubblica quando ognuno è avvezzo ad anteporre l’utile proprio a quello dello stato”.
Il secondo elemento di riflessione riguarda il significato stesso di Costituzione, che nasce con valore di garanzia, di limite al potere fissato nelle norme e dalle norme: un’accezione contrapposta all’idea della sovranità assoluta concentrata in un’unica figura. Più tardi, dopo la rivoluzione francese, l’idea di Costituzione ha poi acquisito anche la distinta valenza di patto politico e sociale funzionale all’affermazione di una nuova forma di sovranità: la sovranità popolare. Queste due dimensioni della carta costituzionale – limite al potere e patto attraverso il quale si esercita la sovranità popolare – si rivelano oggi più che mai attuali. Se è vero che la Costituzione è un organismo vivente, che si trasforma e modifica seguendo i cambiamenti della società e della politica, vi sono limiti invalicabili che nessuna revisione può superare. Paradossalmente, anche una riforma della Costituzione può rivelarsi incostituzionale se viola quei valori immodificabili e supremi su cui la carta stessa si fonda: vale a dire se cessa di essere, come deve in ogni momento e situazione, argine agli abusi del potere e garanzia del patto costituente che affida sempre al popolo la prima e l’ultima parola.
Concludo tornando all’attualità. In questi giorni si discute con toni anche molto accesi della revisione costituzionale, che riguarda il ruolo e la composizione del Senato, e la posizione delle Regioni nell’ordinamento, e dunque inciderà sulla forma di stato e sull’equilibrio dei poteri della Repubblica. Richiamo ancora una volta le parti politiche a non trattare la materia costituzionale come strumento di bassa politica, e invito ad anteporre l’interesse generale a quelli particolari e personali. Le regole della democrazia qualificano la libertà di ciascuno di noi e vanno maneggiate con cura e cautela, misurando le parole e pensando alle future generazioni. Le regole, cari amici, non servono a garantire qualcuno oggi ma a proteggere tutti dagli abusi che potrebbero venire domani. Per questo guardo con ottimismo ai positivi segnali di dialogo che si registrano nelle ultime ore, auspicando un consenso ampio che produca una riforma coerente e funzionale all’efficienza del sistema e al rafforzamento delle garanzie democratiche.
Ringrazio dunque i curatori del volume per questa bella occasione di riflessione e nel lasciare la parola agli illustri relatori che seguiranno, auguro a tutti una proficua prosecuzione dei lavori.