Contromafie: Stati Generali dell’Antimafia

Contromafie: stati generali dell'Antimafia

Care ragazze, cari ragazzi, Autorità, carissimo Luigi,

ho partecipato a tutte le edizioni di Contromafie, ma questa per me è comunque una prima volta: sono qui nella veste di presidente del Senato ma con gli stessi valori e obiettivi di sempre, caro Luigi, quelli che condividiamo di giustizia, legalità, ricerca della verità.

Ho sempre ritenuto importante questo appuntamento perché riunisce insieme e mette a confronto, per qualche giorno, centinaia di persone provenienti da settori diversi, a discutere ed approfondire tutti gli ambiti della lotta alla criminalità organizzata. Io credo che proprio in questo momento di grave crisi, non solo economica e politica ma soprattutto etica e culturale del Paese, noi abbiamo bisogno di idee, riflessioni e approfondimenti da opporre all’autoreferenzialismo, all’approssimazione, al vuoto di strategie, alle risposte dettate dall’emergenza. Abbiamo bisogno di una visione, di una prospettiva di cambiamento. E sappiamo bene che quando si affrontano i temi della corruzione, del riciclaggio, dello strapotere economico delle mafie, dell’utilizzo sociale dei beni confiscati, delle intimidazioni ai giornalisti locali o di piccole testate, di formazione, di cultura, di solidarietà e di sviluppo economico, stiamo parlando non solo di sicurezza e di giustizia ma anche, e nel modo più alto, di politica, di libertà, di democrazia. Perchè la corruzione, l’illegalità diffusa, l’abuso della funzione e dei fondi pubblici, l’infiltrazione della politica e delle istituzioni da parte di associazioni criminali, l’inquinamento dell’economia da parte di capitali illeciti, sono catene da cui dobbiamo liberare la nostra democrazia.

Il ritardo nel contrasto all’economia criminale ha un costo altissimo: quella mafiosa è un’economia che distorce i mercati e impedisce lo sviluppo di una società, ma la sua perversa efficienza produce consenso – specialmente in tempi di crisi, quando lavoro, reddito e credito si fanno ancora più scarsi. Così la mafia si fa cultura. Se vogliamo sconfiggere la cultura mafiosa, dobbiamo rendere la mafia superflua. Ma ciò implica rimpiazzarla con lo Stato, implica che la politica si faccia coraggio e si riappropi dei tanti territori lasciati indietro, ricostruisca un rapporto di fiducia e legittimazione, risponda ai bisogni, curi l’interesse collettivo.

Spostandomi in politica dopo 43 anni di magistratura avevo ben chiare in mente quali fossero le urgenze: sono stato senatore solo un giorno, e quel giorno ho presentato un disegno di legge proprio sulla corruzione, il riciclaggio, l’autoriciclaggio, il falso in bilancio e l’evasione fiscale. E’ passato più di un anno e mezzo e ancora ne stiamo parlando. La notizia che finalmente si è iniziati ad intervenire sulla giustizia, partendo da quella civile, è una buona notizia. Così come lo è la volontà del ministro Orlando di proseguire ed affrontare i delicati punti della riforma della giustizia penale. Nei mesi passati lo scontro tra le diverse posizioni politiche ha impedito di giungere ad un risultato soprattutto in materia di auto-riciclaggio e di falso in bilancio: è davvero urgente invece trovare al più presto soluzioni che siano certamente condivise, ma soprattutto efficaci per spezzare il nesso devastante fra mafie, economia sommersa, evasione fiscale, ineguaglianze sociali, lavoro nero, inefficienza, corruzione, deriva etica della vita pubblica.

E’ una partita difficile quella che abbiamo di fronte ma voi, lo dico con affetto e con sincera ammirazione, voi che siete qui sapete come giocarla. Perché siete tanti, e andate tutti nella stessa direzione: nessuno da solo può cambiare le cose, io stesso ho provato più volte in questi mesi momenti di frustrazione soprattutto per non aver potuto, in ragione del ruolo istituzionale, incidere direttamente su alcuni provvedimenti. Il successo delle campagne di Libera, la consapevolezza che ha portato nella società, il lavoro continuo con migliaia di scuole, l’esempio delle cooperative sulle terre confiscate, sono tutte azioni di cambiamento, sono tutti inviti alla responsabilità.

Dobbiamo quindi seguire il consiglio di don Luigi, che ci invita a mettere al centro questo concetto: la responsabilità. Perché essere responsabili significa tante cose: adempiere ai propri doveri, difendere i propri diritti, coltivare e trasmettere insieme la memoria del passato e la speranza del futuro, avere un percorso di vita coerente con i propri principi e avere come bussola i valori della Costituzione.

Gustavo Zagrebelsky, con un’immagine fascinosa, ha raffigurato la democrazia come un compito mai finito, un processo in continuo svolgimento: la più democratica delle costituzioni è destinata a morire, se non è animata dall’energia che è compito dei cittadini trasmetterle. Dovrete essere voi quindi a dare nuova energia alla nostra democrazia e alle istituzioni con la cultura della partecipazione, della trasparenza e della responsabilità, riavvicinandovi alla politica, facendola vostra, portando dentro i partiti, i movimenti, i giornali, le imprese, il vostro entusiasmo e i vostri valori, e pretendendo l’impegno di tutti i cittadini onesti che, non dimenticatelo mai, sono molti di più dei criminali. Dopo la notizia delle minacce, don Luigi, a tutti coloro che gli si sono stretti attorno, ha detto sempre una frase: “Libera non è un Io, è un Noi”. Mi è subito tornata in mente una frase di Dom Helder Cãmara, chiamato “il vescovo delle favelas” brasiliane: “Se uno coltiva dentro un sogno che non condivide con gli altri, il suo resta “solo un sogno”. Ma se molti hanno lo stesso sogno, allora lì comincia a nascere qualcosa di concreto, di vero, di reale”.

“Contromafie” è un luogo dove si lavora molto e si sogna in grande, e lo si fa insieme. La mia speranza e il mio augurio è che da qui possa davvero germogliare il cambiamento di cui abbiamo bisogno.

Grazie.