Cari Colleghi,
Per prima cosa ringrazio il Parlamento della Repubblica di Lituania e la Presidente Grauziniene per la splendida accoglienza in questa bella città. Sono estremamente lieto di poter partecipare a questo momento di confronto e di cooperazione tra assemblee rappresentative che è particolarmente significativo in quanto si svolge in una fase delicata per l’Unione Europea. Oggi più che mai la costruzione europea è a un punto di svolta, sotto assedio. Deve fronteggiare questioni epocali: la crisi economica e finanziaria, le migrazioni, la criminalità organizzata, l’instabilità geopolitica alle nostre porte causata da conflitti, da povertà, terrorismo, violazioni dei diritti e della dignità umana. Ed è minacciata da nazionalismi, populismi e sentimenti di disaffezione e sfiducia nei confronti di un progetto a volte percepito come lontano dagli ideali iniziali ed incapace di garantire benessere e futuro dei cittadini. La campagna per le elezioni europee del 25 maggio si apre così in un clima di disorientamento che rischia di far dimenticare ai nostri cittadini gli enormi progressi realizzati da un progetto appassionante che ha garantito al “vecchio continente” un periodo di pace e di stabilità prima inimmaginabili. E credo che noi tutti, come rappresentanti delle istituzioni democratiche europee e testimoni del passato, dobbiamo proprio in questo momento sentirci investiti della responsabilità individuale e collettiva di affrontare certi nodi irrisolti nell’edificio istituzionale dell’Unione e restituire così alla coscienza dei nostri cittadini fiducia nei valori di libertà, giustizia e dignità umana che sono alle fondamenta del progetto europeo.
Sono trascorsi cinque anni dall’entrata in vigore del Trattato di Lisbona, che, dopo il fallimento della “Convenzione sull’avvenire dell’Europa”, ha saputo dare all’Unione Europea una prospettiva evolutiva solidamente radicata nella tradizione, ma anche sapientemente lungimirante. Il Trattato ha riconosciuto esplicitamente il fondamentale contributo che i Parlamenti nazionali offrono “al buon funzionamento dell’Unione” e il controllo di sussidiarietà ne è una prova. Il principio di sussidiarietà detta una delle regole fondamentali della democrazia europea: le decisioni devono essere portate al livello più vicino possibile ai cittadini. I Parlamenti nazionali sono così chiamati ad operare come sentinelle della democraticità e della rappresentatività delle scelte operate a Bruxelles, esercitando una funzione di filtro e di impulso tra i bisogni degli elettori e le scelte strategiche della governance europea.
Il Parlamento italiano ha da subito inteso promuovere un’interpretazione costruttiva delle nuove procedure di controllo sui principi di sussidiarietà e proporzionalità, come strumenti intesi a garantire una migliore qualità della normativa europea e, più in generale, come prevede il Trattato, “un miglior funzionamento dell’Unione”. Per il mio Paese, che non aveva un’esperienza di puntuale scrutinio parlamentare dell’attività europea del Governo, il dialogo politico con la Commissione Europea ha costituito uno stimolo prezioso. I nuovi strumenti hanno permesso un più attivo coinvolgimento delle Commissioni parlamentari e dell’Aula del Senato nelle questioni europee; abbiamo riformato (allineandoci alle migliori esperienze europee) la normativa che disciplina la partecipazione del Parlamento italiano alla formazione del diritto e delle politiche europee. Lo abbiamo fatto nel segno della tradizione fortemente europeista del nostro Paese, a sostegno di una maggiore integrazione e di una più efficace azione dell’Unione. Io sono convinto che pur essendo il controllo di sussidiarietà prerogativa dei Parlamenti nazionali, debba essere contrastata qualsiasi lettura che inquadra questa funzione in termini escludenti e conflittuali. Questi strumenti devono essere utilizzati dai Parlamenti nazionali in modo non competitivo rispetto al Parlamento Europeo, e più in generale al Legislatore dell’Unione; non risolversi in mere forme di freno o di ostacolo al processo decisionale europeo.
Il Parlamento europeo, che pure interviene in una fase successiva del procedimento decisionale, è chiamato ad un compito di rappresentanza delle istanze “dal basso”, e quindi di garanzia, che deve essere letto in linea di continuità con il potere di vigilanza delle assemblee rappresentative degli Stati. La complementarietà di questi due canali di democrazia rappresentativa ci induce a sostenere e promuovere prospettive di cooperazione anche a carattere preventivo, finalizzate a fare interagire le assemblee elettive, a tutti i livelli. Per affrontare la crisi di fiducia che investe il progetto europeo dobbiamo ripartire dalla riscoperta dei meccanismi democratici di base, dalle assemblee rappresentative che sono funzionali a trasformare le domande degli elettori in politiche comuni di intervento. In questa direzione, nell’ambito del confronto politico e parlamentare in atto nel mio Paese a proposito di una sostanziale riforma dell’attuale sistema di bicameralismo paritario e di una revisione delle funzioni del Senato, è condivisa dalle diverse forze politiche l’esigenza di un rafforzamento dell’impegno europeo del Senato sia nella fase ascendente sia in quella discendente del procedimento legislativo.
La crisi ha amplificato le differenze tra Stati membri, alimentando una frattura tra Stati virtuosi e Stati in condizione di deficit strutturale, tra Stati finanziatori e Stati riceventi. Io sono fermamente contrario alle dinamiche di interazione a geometria variabile, che coinvolgono solo una parte degli Stati membri. Un’Europa a più velocità è inconcepibile. In questa prospettiva, credo sia di fondamentale importanza anche promuovere un nuovo approccio alla cooperazione interparlamentare ed al controllo di sussidiarietà, sfruttando appieno le potenzialità di questo strumento cooperativo che deve diventare una sede dove le assemblee elettive pongono i problemi per definire strategie di intervento comuni. Da una parte, i parlamenti nella dialettica democratica con i propri governi controllano e indirizzano l’azione degli esecutivi in seno al Consiglio dell’Unione. Dall’altra, la cooperazione interparlamentare può e deve contribuire a definire linee di azioni condivise capaci di orientare il controllo operato a livello nazionale e quindi a livello europeo. E a questo rinnovato impegno delle assemblee rappresentative dovrebbe corrispondere anche una rafforzata disponibilità al dialogo da parte delle altre istituzioni europee, a partire dalla Commissione. Sarebbe utile prevedere ad esempio dei momenti strutturali di raccordo sui temi di maggiore interesse per i Parlamenti nazionali fra i Commissari e le Commissioni competenti dei Parlamenti nazionali.
Solo se sapremo farci trovare preparati ad affrontare queste istanze di rinnovamento istituzionale potremo trovare soluzioni comuni per affrontare le sfide che oggi la storia pone di fronte al progetto europeo. Un’Unione che si fonda, come recitano i Trattati “sui valori del rispetto della dignità umana, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e del rispetto dei diritti umani” deve riscoprire meccanismi decisionali funzionali a riaffermare quella dimensione politica dell’integrazione europea che è essenziale a rendere effettiva la clausola di solidarietà sancita dai Trattati fondativi.
Con questo spirito dobbiamo interpretare, ad esempio, le sfide che ci pone il delicato settore della giustizia ed affari interni, di cui si parlerà diffusamente nella sessione di domani. I fenomeni criminali, particolarmente quelli in forma organizzata, rappresentano una minaccia mortale al futuro delle nostre democrazie di fronte alla quale l’Unione Europea non può arretrare restare indifferente o rassegnata. Penso alla necessità di rafforzare strumenti comuni di cooperazione e di contrasto, a partire dall’aggressione legale ai patrimoni illeciti, attraverso moderne forme di confisca. Penso all’istituzione di una Procura Europea. A questo proposito, sono consapevole delle differenze che caratterizzano i sistemi penali e processuali dei Paesi membri, ma non comprendo del tutto le resistenze verso la creazione di una struttura di coordinamento dell’Unione che, seppur avvalendosi anche di organismi decentrati, innalzerà il livello europeo dell’azione di contrasto ai delitti contro gli interessi finanziari dell’Unione e garantirà risultati che nessuno Stato da solo potrà mai realizzare. E credo che questa conclusione derivi proprio dalla giusta interpretazione del principio di sussidiarietà.
Mi avvio a concludere concordando con la Presidenza greca, che ritiene che il tema della discussione politica debba incentrarsi non tanto sull’opzione “più Europa” o “meno Europa”, quanto sulla ricerca di un nuovo metodo di decisione idoneo a rendere gli interventi dell’Unione più mirati ed efficaci, anche grazie al rafforzamento del controllo dei parlamenti nazionali. Le misure legislative cardine delle diverse politiche dell’Unione devono essere soggette ad un controllo democratico diffuso e capillare, di cui i Parlamenti nazionali sono gli interpreti principali, attraverso un fondamentale punto di interlocuzione nel Parlamento europeo. L’unica risposta possibile alle questioni vitali che l’Unione europea è oggi chiamata ad affrontare va ricercata in una migliore governance dei processi economici e politici capace di contrastare la tendenza a diluire l’Unione europea in una mera organizzazione internazionale intergovernativa, attraverso un forte richiamo alla matrice democratica della costruzione europea e una solida disponibilità alla ricerca di soluzioni comuni.
Con questo spirito ci prepariamo al semestre di presidenza italiana che si terrà durante la delicata fase di transizione delle istituzioni europee e che deve segnare l’avvio di una legislatura europea dedicata all’occupazione giovanile, alla crescita, alla politica industriale, ai temi energetici, allo sviluppo sostenibile e insieme al rafforzamento delle istituzioni europee. La capacità dell’Unione di governare e non di subire le trasformazioni degli equilibri mondiali richiede poi un forte rilancio della presenza e del peso dell’Unione nel mondo, a cominciare dai nostri confini meridionali, il Grande Mediterraneo, e dai confini orientali, per promuovervi ad una sola voce stabilità, democrazia e diritti. Non più Europa o meno Europa, dunque, ma un’Europa migliore, meno chiusa dentro le logiche istituzionali e più aperta al dialogo con i cittadini e con noi, loro rappresentanti.
Questa è la nostra comune responsabilità, questo deve essere il nostro comune impegno. Grazie.