Signor Presidente, Colleghi, Signore e Signori, caro Emanuele,
permettimi di rivolgermi direttamente a te per festeggiare oggi insieme a tanti amici, in questo palazzo che per tanti anni ti ha visto protagonista, il tuo 90° compleanno.
“90 anni di impegno politico e di passione civile” – come recita il titolo di questo incontro – che attraverso le tante vite che hai vissuto hanno lasciato un segno indelebile nella vita istituzionale, politica, sociale e culturale della nostra Repubblica: dapprima l’impegno sindacale, quindi la partecipazione alla dirigenza politica nazionale e siciliana, infine il lavoro di giornalista e di “polemista”. Hai sempre approfondito, da par tuo, i temi della questione meridionale, della lotta alla mafia, della giustizia ed altri che saranno approfonditi dagli importanti relatori presenti, che ringrazio per la loro disponibilità.
Hai iniziato la tua attività giovanissimo, nella Sicilia dei primi anni 40 – segnata dalle ingiustizie e dalle sopraffazioni – tra le forze di sinistra che coniugavano e identificavano la lotta alla mafia con le rivendicazioni sociali, civili e culturali. Pochi giorni fa hai ben riassunto quel periodo eroico con una frase secca e illuminante: “Con 36 sindacalisti uccisi, la lotta alla mafia allora non si faceva a chiacchiere”. Tu stesso, lo ricordi spesso, ti trovasti coinvolto nell’attentato di Villalba nel 1944 ai danni di Girolamo Li Causi, che organizzando un comizio in piazza aveva sfidato il capomafia del luogo, Calogero Vizzini. Le radici di questa esperienza le hai riversate anche nella tua vita parlamentare facendo parte della commissione Agricoltura, tema così importante per la nostra terra.
Ti incontrai per la prima volta nelle stanze della Commissione Antimafia guidata da Gerardo Chiaromonte, negli anni che seguirono il mio impegno nel maxiprocesso. Anni di grande lavoro e grandi intuizioni. Sono andato a rivedere la tua postfazione per la riedizione del libro “I miei anni all’Antimafia” di Chiaromonte, che conservo tra le mie cose più care. Lì scrivevi: “Conversando con Gerardo, il quale teneva conto della mia esperienza nella materia che affrontava, gli avevo espresso il convincimento, fondato su fatti e intuizioni, che negli anni 70 si era verificato un grande travaso di denaro sporco nelle finanziarie “pulite” del Nord. Chiaromonte promosse un’indagine a Milano e le sue conclusioni furono sconvolgenti”.
Eravamo agli inizi degli anni 90, e nelle pagine della relazione della Commissione su Milano avevamo anticipato sia Mani Pulite che l’infiltrazione criminale al Nord, che soltanto oggi, dopo tanti anni di omertosi silenzi, è una realtà innegabile. Concludevi quel paragrafo lamentando che le cose, purtroppo, non erano cambiate. E per certi versi non lo sono tuttora. Io stesso ho presentato un Disegno di legge su – tra le altre cose – corruzione, riciclaggio e autoriciclaggio, che ancora dopo un anno è fermo in Commissione Giustizia. Come vedi, Emanuele, ancora oggi c’è tanto da fare.
Qualche anno fa ti ho chiesto di scrivere l’introduzione a un mio libro, “Pizzini, veleni e cicoria”, scritto col giornalista Francesco La Licata: mi hai regalato un piccolo, denso saggio in cui, oltre a ricostruire con la tua solita chiarezza e vis polemica scenari di mafia e di antimafia, hai magistralmente ribadito in poche parole un pensiero che ho sempre condiviso sul modo di intendere il contrasto alla mafia:
“La mafia non è un’escrescenza che si può tagliare con il bisturi. La mafia è dentro la società, nella sua cultura, si ritrova nei metodi di governo locale e nazionale. Ecco perché non è con le leggi eccezionali che può essere vinta, ma con lo stato di diritto che significa rigore in nome della legge. Si sconfigge se le strutture sociali e politiche sono diffuse nel territorio e hanno forza e prestigio per esercitare una guida. Si sconfigge con una battaglia culturale. Si sconfigge se la politica acquisisce un’egemonia con comportamenti adeguati. Questo non c’è stato e non c’è. E l’opera delle forze dell’ordine e dei magistrati può solo contenere il fenomeno, ma non sconfiggerlo”. (fine della citazione)
La battaglia culturale cui fai riferimento, per la legalità, per lo stato di diritto, per una politica alta che si riappropri del suo ruolo di guida del Paese, è la battaglia che combatti ogni giorno con il vigore dei tuoi novanta anni, scrivendo articoli, libri, rilasciando interviste, intervenendo con l’autorevolezza che hai conquistato nel dibattito politico, giornalistico e culturale del nostro Paese.
Facendo mio lo spirito di questa tua lunga battaglia, sono certo di interpretare il sentimento di tutti i presenti ringraziandoti per il tuo impegno politico, per la tua passione civile, per la tua ansia di verità e di giustizia, rinnovandoti, a nome mio e di tutti, i più sinceri ed affettuosi auguri di buon compleanno.