Intervista di Claudia Fusani
«Molto preoccupato dal clima di scontro e di violenza» del nostro Parlamento e «dall’immagine che stiamo dando di noi all’estero», il presidente del Senato Pietro Grasso torna in fretta da un viaggio di stato in Marocco. Oggi un appuntamento spinoso in ufficio di Presidenza che dovrà decidere se il Senato dovrà costituirsi parte civile a Napoli nel processo a Berlusconi sulla compravendita dei senatori. Ieri, nel mezzo della visita di stato, raggiunto dal report di Bruxelles sulla lotta alla corruzione che precipita ancora l’Italia in fondo alla classifiche. Corrotti e in rivolta contro le istituzioni: non una bella immagine dell’Italia.
Presidente Grasso, l’Europa ci precipita ancora una volta in fondo alle classifiche sulla lotta alla corruzione.
Purtroppo questo primato non è nuovo: siamo sempre stati in fondo a queste classifiche. Transparency International sulla corruzione percepita ci pone al 72° posto nel mondo. Il dato dei 60 miliardi invece funziona mediaticamente ma è impossibile da dimostrare. Ma anche se fossero la metà, sarebbe comunque un peso enorme per la nostra economia. E non è solo questo.
A cosa si riferisce?
Oltre ai costi economici vanno considerati i costi indiretti, la mancanza di investimenti dall’estero, la zavorra sulla crescita delle imprese e del Paese, l’alterazione della concorrenza, l’enorme crescita dei costi delle opere pubbliche e spesso la loro scarsa qualità. Viviamo il paradosso che il costo della corruzione per l’impresa è deducibile: viene riversato completamente sulla collettività. Invece il profitto della corruzione viene nascosto all’estero, riciclato e sottratto alla pressione: sempre a discapito dei cittadini.
Un anno di vita della legge Severino contro la corruzione è passato invano?
Il primo presidente della Corte di Cassazione ha sottolineato che un numero rilevante di processi prescritti riguardano la corruzione. È evidente che al momento il nostro sistema giuridico non dispone di tutti gli strumenti necessari a contrastare questo fenomeno. La legge Severino (l.190/2012, ndr) va rivista, è stata il frutto di un necessario compromesso al ribasso.
Siamo carenti anche sulla prevenzione nonostante le novità introdotte dalle legge 190. Il Civit, ad esempio, perché non funziona? La prevenzione per essere oggetto di una seria valutazione ha bisogno di tempo. Però l’organismo che dovrebbe controllare i risultati della normativa (Civit) non ha sufficienti poteri. In molte amministrazioni non sono stati nominati nemmeno i responsabili per la prevenzione previsti dalla legge. Per funzionare dovrebbe avere poteri di controllo, di sostituzione, di raccolta delle informazioni, di coordinamento e impulso alle indagini.
Presidente, senza fare magia, lei conosce la ricetta per toglierci questa maglia nera?
La ricetta per me è chiarissima. Non è un caso che il mio primo giorno da senatore, quando mai avrei pensato di diventare Presidente, abbia presentato un ddl che riguardava proprio questi punti in maniera organica. La mia proposta era di inasprire il massimo della pena per corruzione, induzione indebita, abuso di ufficio, traffico di influenze illecite, corruzione fra privati e allo stesso tempo di prevedere uno sconto per chi collabora con la giustizia nel denunciare i casi di corruzione con cui viene in contatto. Questo avrebbe allungato anche i tempi di prescrizione, riequilibrando il sistema. Dobbiamo spezzare il legame che lega il corrotto al corruttore, non rafforzarlo. Il voto di scambio è appena stato votato in Senato ed è tornato alla Camera: spero diventi presto legge.
E sul falso in bilancio e l’autoriciclaggio?
E’ davvero il momento di tornare a una norma più severa sul falso in bilancio, qualificandolo come un reato perseguibile d’ufficio e punibile con pene che consentano le misure cautelari detentive e le intercettazioni telefoniche. L’introduzione del reato di autoriciclaggio invece andrebbe a colmare una lacuna del nostro sistema penale per potenziare e rendere più efficace il contrasto al crimine organizzato, ma anche ai reati di corruzione ed evasione fiscale. La criminalità inquina, condiziona e strozza l’economia sana. È tutto in quel ddl, che nel mio ruolo attuale, se mai dovesse arrivare in aula non potrei nemmeno votare. Fra poco quella mia proposta, del 15 marzo scorso, compirà un anno, ma è ancora in discussione generale.
La Commissione UE “suggerisce” di colmare la grave lacuna della prescrizione. L’istituto della prescrizione andrebbe rivisto completamente, non solo per i reati legati alla corruzione. Per fare una rivoluzione basterebbe una norma a costo zero: il calcolo della prescrizione si blocchi dopo il rinvio a giudizio; tutti i processi iniziati devono essere conclusi in tempi brevi.
Perché non abbiamo ancora una legge che regola l’attività delle lobby?
E’ urgente una regolamentazione ferrea e trasparente. Soprattutto in vista dell’abolizione del finanziamento pubblico ai partiti: rischiamo di consegnare le politiche pubbliche agli interessi dei privati.
Questo governo ha la forza per combattere la corruzione?
La corruzione si combatte solo con uno sforzo complessivo e strategico che parta certamente dal governo, ma coinvolga il parlamento, i partiti, la burocrazia e i cittadini. Dopo Tangentopoli è cambiato il sistema della corruzione, passando dalle mazzette alle consulenze, alle cricche, con una circolarità di favori per cui è sempre più difficile trovare la prova dell’accordo corruttivo. È stato introdotto il traffico di influenza ma con pene che non prevedono strumenti investigativi efficaci come le intercettazioni o altri utilizzati per la criminalità organizzata. Serve una rivoluzione etica. So quanto sia difficile.
Da giorni l’attività parlamentare e non solo è ostaggio di insulti e minacce anche fisiche da parte dei Cinque stelle. Preoccupato?
Mi preoccupa il clima di scontro e di violenza degli ultimi giorni, con le più alte cariche dello Stato, il presidente Napolitano e la presidente Boldrini, vittime di insulti e accuse prive di fondamento. Abbiamo dovuto vedere il presidente Napolitano fischiato da un gruppo di europarlamentari italiani e difeso da tutti gli altri, italiani e stranieri. Il dissenso è importante, in democrazia è fondamentale, ma deve essere riportato immediatamente nei confini, almeno, del rispetto istituzionale e di un ordinato dibattito civile. Altrimenti continueremo a perdere giornate che potrebbero essere spese assai meglio occupandoci dei problemi del Paese.