Autorità, cari ospiti,
voglio innanzitutto ringraziare la Commissione Affari esteri del Senato, in particolare il suo Presidente Pierferdinando Casini, per avere promosso questa cerimonia, che segue il ricordo commosso che gli ha tributato quell’Aula che egli ha presieduto per l’ultima volta in occasione della mia elezione. Ringrazio il Ministro Bonino, nonché gli altri relatori ed ospiti che, in nome della loro precedente esperienza come Ministri degli esteri, hanno accettato l’invito a condividere questo importante momento di ricordo e di riflessione sulle sfide comuni della politica estera, ed in particolare della politica estera europea. Ai familiari del senatore Colombo qui presenti, ed in particolare alla signora Anna, rivolgo il mio più affettuoso saluto.
Quando nel 2011 a Losanna venne insignito della medaglia d’oro Jean Monnet, Emilio Colombo chiuse il suo discorso con una frase che oltre a riassumere la sua visione sulle prospettive di crescita dell’Italia, nel contesto di un’Europa sempre più integrata e coesa, risuona attualissima in queste ore drammatiche a livello politico ed istituzionale:
“pur nel difficile momento che sta vivendo, l’Italia si sente ancora in Europa. Appare ancora forte la memoria dei principi ispiratori del progetto europeo, principi dettati da De Gasperi. Io ho profonda fiducia che l’Italia possa ancora contribuire al superamento dell’attuale crisi e allo sviluppo di quell’Europa che è stata la stella polare della mia vita politica”.
Questa è la fiducia che dobbiamo sforzarci di avere anche noi, oggi, di fronte alla crisi sociale, politica, istituzionale ed economica che si è andata acuendo negli ultimi giorni. Gli eventi sembrano sfuggire di mano anche ai loro artefici, creando una situazione di incertezza che già stamattina abbiamo visto produrre danni sui mercati e sull’economia, tanto da spingere sia il presidente di Confindustria che i segretari di Cgil, Cisl e Uil a lanciare un allarme. Non possono essere gli italiani le vittime di un panorama politico in continuo divenire, in cui l’unica cosa stabile è l’instabilità. Il presidente Letta ha chiesto un chiarimento alle Camere, che spero sia positivo e duraturo soprattutto in vista di appuntamenti importanti quali la legge di stabilità e le riforme avviate.
Pochi giorni fa ero a Bruxelles, dove ho incontrato il presidente della Commissione Europea, Jose Manuel Barroso, il presidente del Consiglio Europeo, Herman Van Rompuy, e il presidente del Parlamento Europeo, Martin Schulz e tutti mi hanno ripetuto la stessa frase: l’Italia è uno dei Paesi del G8, una tra le economie più importanti a livello internazionale, la stabilità dell’Italia è la stabilita dell’Europa, l’instabilità dell’Italia è l’instabilità dell’Europa, e in questa situazione non possiamo permettercela.
Proprio in quei corridoi di Bruxelles ho visto i ritratti di alcuni italiani che tanto si sono spesi nella loro vita per il comune sogno europeo, e tra questi spiccava quello di Emilio Colombo.
L’eccezionale carriera di questo straordinario statista è stata contrassegnata da incarichi di grande rilievo, dalla partecipazione all’Assemblea costituente alla Presidenza del Parlamento europeo proprio nel passaggio epocale che portò all’elezione diretta dell’organo. Il suo contributo è stato determinante in alcuni momenti cruciali della politica estera italiana: penso al superamento della crisi della ‘sedia vuota’ inaugurata da De Gaulle nel 1966 e all’impegno nei negoziati che condussero all’adesione del Regno Unito alla Comunità economica europea. Pur se europeista e atlantista convinto, mai rinunciò a quello spirito critico che, come nella ‘guerra dell’acciaio’, gli ha consentito di definire con autonomia ed indipendenza la posizione italiana.
Ricordare la figura di Emilio Colombo significa cogliere la straordinaria attualità del suo pensiero politico. Le sue lettere e i suoi discorsi sono fonte preziosa per chi voglia comprendere la politica estera europea, specialmente oggi, nel contesto di crisi economica e finanziaria che sempre più rischia di trasformarsi in una crisi di identità dell’Unione europea.
Emilio Colombo era solito osservare che i tentativi di rilancio dell’integrazione europea hanno spesso coinciso con periodi di crisi, che idealmente offrono l’opportunità di un serio ripensamento dell’esistente. Pensiamo, ad esempio, alle crisi ‘politiche’, come quella che ha segnato il fallimento della Comunità europea di difesa a seguito del voto contrario della Francia sul Trattato stipulato a Parigi nel 1952. Un grave momento di disorientamento che però pose le premesse per quel processo di integrazione economica successivamente realizzato dai Trattati di Roma del 1957.
Ma l’integrazione europea ha sofferto anche crisi economiche. A questo riguardo, non possiamo dimenticare il monito di Colombo sul legame inscindibile tra l’elemento politico e quello economico. Il pensiero di Emilio Colombo, straordinariamente attuale per l’Europa di oggi, ci invita ad affrontare la crisi economica non già alimentando le fratture tra gli Stati membri, bensì proseguendo con determinazione e coraggio nell’idea di un’Europa politicamente sempre più unita, pur nel rispetto delle diversità e delle identità nazionali. L’Euro ha rappresentato uno straordinario strumento di integrazione economica e monetaria dell’Unione, ma tale risposta è incompleta, rischia di non reggere i contraccolpi della globalizzazione finanziaria. Per essere forte, l’Euro deve poter contare su un governo forte dell’economia, fondato sulla crescita e sullo sviluppo, su politiche di rilancio dei fattori strategici della produzione europea. E bisogna anche saper agire sui fattori politici della crisi.
La lezione di Emilio Colombo insegna che per portare l’Europa ad una fase di piena maturità politica bisogna operare su più fronti. Vi è innanzitutto il piano istituzionale, che richiede rafforzamento dei poteri del governo sovranazionale e potenziamento dei circuiti di controllo politico fondati sul ruolo dei Parlamenti nazionali e del Parlamento europeo.
Vi è poi la sfida connessa alla piena realizzazione di un’Europa dei diritti, che non può essere garantita solo sulla carta. L’insoddisfazione di Emilio Colombo sui risultati raggiunti su questo terreno a Nizza ci conferma che molto può e deve essere fatto per promuovere quelle prospettive di coesione sociale e solidarietà tra i popoli che, attraverso gli insegnamenti di De Gasperi e Spinelli, hanno segnato il pensiero democratico europeo.
Realizzare questa prospettiva di integrazione presuppone innanzitutto spirito pragmatico. In quest’ottica, dobbiamo considerare prioritaria una politica di bilancio europeo incentrata sull’individuazione di risorse proprie e su un incremento del volume complessivo delle entrate.
Vi è infine la scommessa legata alla costruzione di uno spazio di difesa e sicurezza comune, fondamentale per realizzare la prospettiva di un’Europa che preservi la pace e lo sviluppo tra i popoli. Pochi anni dopo la caduta del muro di Berlino, Emilio Colombo aveva sottolineato come la costruzione dell’Identità Europea di Sicurezza e Difesa costituisse ormai uno dei cardini fondamentali delle strategie geopolitiche dell’Alleanza atlantica. Una premessa necessaria per costruire una nuova architettura di sicurezza fondata sulla cooperazione tra istituzioni indipendenti che riuniscano i Paesi d’Europa e quelli dell’America settentrionale, capace di prevenire e gestire i fattori di instabilità emergenti.
Un filo rosso sembra idealmente accompagnare le azioni e le parole di Emilio Colombo sulla politica estera europea. Questo filo rosso dimostra che costruire un’Europa unita è non solo un ideale, ma un progetto politico, che richiede concretezza e progressività di azione. E’ l’idea dell’Europa che “non cade dal cielo”, ma si costruisce nel tempo, con la pazienza che ci porta ad affrontare le difficoltà quotidiane. Ma anche con quella componente di utopia ed ambizione che io credo debba genuinamente guidare ogni progetto politico. Solo in nome di questo slancio ideale, che ha sempre contraddistinto la visione politica di Emilio Colombo, potremo infatti superare le differenze e gli egoismi nazionali per costruire nel nome dell’appartenenza ad una comune civiltà sovrastatuale una”nuova” Europa Unita. Grazie.