Cari Colleghi, Autorità, Signore e Signori,
è per me un grande piacere e un onore ospitare in Senato questo momento di confronto in occasione della Giornata internazionale contro l’omofobia, che ancora una volta porta all’attenzione di tutti noi un tema estremamente importante e delicato sia sul piano istituzionale che – soprattutto credo – su quello sociale.
La tutela dei diritti delle persone omosessuali, bisessuali e transessuali rappresenta infatti l’ultima frontiera del lungo percorso storico che ha accompagnato l’affermazione e la protezione dei diritti umani.
E’ un percorso che non ha una precisa data di nascita, ma che è il frutto di una evoluzione contraddistinta da situazioni di sofferenza, rivendicazioni, contrasti. Una storia fatta da tante persone che con la loro vita hanno voluto lottare per una società più autenticamente rispettosa dei diritti del singolo.
Non è casuale, quindi, che anche il confronto odierno nasca da una situazione di criticità, che ancora oggi vede le persone omosessuali, bisessuali e transessuali vittime di marginalizzazione, discriminazione e violenza. Una violenza ancora più odiosa perché investe il profilo forse più intimo della persona umana, quello che riguarda il nostro essere più profondo e che al contempo caratterizza il nostro modo di vivere la società.
Penso alla storia di Davide, il «ragazzo dai pantaloni rosa», come veniva chiamato dai suoi compagni. Aveva 15 anni e a scuola era deriso e rimproverato da tempo per i suoi modi di fare e anche per l’abbigliamento. Il 20 novembre scorso Davide non è più riuscito ad affrontare questa condanna sociale reiterata e si è tolto la vita. Una duplice morte, la sua, come i media hanno siglato, perché spesso la prima morte è quella interiore e nasce dall’incomprensione. Penso anche alle tante, troppe aggressioni che, a Roma come in altre città del paese, vedono gruppetti di giovani colpire ragazze, ragazzi, coppie inermi, punite per il loro voler essere liberamente felici e fieri del loro essere e del loro amore.
Al di là delle violenze fisiche, che ancora persistono, vi è poi una violenza psicologica che quotidianamente continua a perpetuarsi nei confronti delle persone LGBT; è la violenza che nasce dai tanti piccoli e grandi pregiudizi che ancora oggi caratterizzano il pensiero sociale.
Estremamente significativi sono a questo riguardo i dati emersi dal Rapporto Istat “La popolazione omosessuale nella società italiana”, promosso dall’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni Razziali del Dipartimento per le Pari Opportunità e presentato il 17 maggio dello scorso anno. I dati confermano come le discriminazioni siano radicate in tutti gli ambiti della vita: il 24% degli omosessuali/bisessuali dichiara di essere stato discriminato a scuola o all’università, il 22,1% al lavoro, il 29,5% nella ricerca di lavoro. Ma le discriminazioni riguardano anche la ricerca di una casa, i rapporti con i vicini, l’accesso ai servizi sanitari ma anche ai locali, agli uffici pubblici e ai mezzi di trasporto. Sono dati eloquenti che trovano la loro origine nella persistenza, ancora oggi, nel sentire comune, di una percezione dell’omosessualità come un fenomeno deviato. L’evidenza di questi numeri ci induce a ritenere prioritario un intervento a livello istituzionale articolato su più livelli.
Un primo livello di tutela è quello indicato dalle proposte di legge sul contrasto dell’omofobia e della transfobia che anche nella legislatura in corso, come in quelle precedenti, sono state presentate nei due rami del Parlamento. Obiettivo fondamentale di tali proposte – che negli anni passati non hanno mancato di sollevare un ampio ed animato confronto parlamentare – è quello di intervenire sulle norme esistenti per prevenire e reprimere in modo specifico anche chi commette o chi istiga a commettere atti di discriminazione per motivi fondati sull’omofobia e sulla transfobia.
Un secondo livello di tutela è quello che presuppone che lo Stato si attivi non solo per il riconoscimento, ma anche per la concreta protezione dei diritti degli omosessuali. E’ questo un terreno politicamente molto controverso, come tutti sapete, ma che inevitabilmente le istituzioni democratiche saranno chiamate ad affrontare nei prossimi anni. Lo dovranno fare molto probabilmente nella convinzione che, come rilevato dalla stessa Corte europea dei diritti dell’uomo, il dilagare della discriminazione sessuale o legata all’identità di genere è inversamente proporzionale al livello di tutela giuridica riconosciuto alle coppie omosessuali. La sfida che si porrà innanzi alle istituzioni parlamentari è quindi imparare ad affrontare con lucidità queste dinamiche sociali, con uno spirito pragmatico e realistico che sappia abbandonare le ideologie e i preconcetti.
Infine, fondamentale, è l’informazione, la sensibilizzazione, l’educazione, rivolta in particolare ai più giovani, agli adolescenti: è, questa, una autentica priorità nel contrasto alle discriminazioni per motivi sessuali. Il progetto europeo RAINBOW (Rights Against Intolerance: Building an Open-minded World) ha confermato l’importanza di politiche scolastiche contro l’omofobia e il bullismo omofobico fondate su progetti specifici da realizzarsi nelle scuole.
Lasciatemi chiudere con una battuta: io sono veramente e umanamente preoccupato per gli omofobi, anche se il termine non mi piace. Una corretta educazione su questi temi la dobbiamo fare soprattutto per chi soffre di questa “malattia”, per chi vive male, sopraffatto da un’irrazionale paura, dal terrore di uscire di casa, dall’ansia di avere tra i suoi compagni di scuola, di lavoro, tra i suoi amici, i suoi familiari, una persona omosessuale. Diciamocelo, sono cittadini meno uguali degli altri, sono chiusi nel loro guscio, si frequentano solo tra loro, non allargano i loro orizzonti ne’ il loro cerchio di amicizie. Temono i viaggi all’estero, le feste, gli studentati all’università, gli spogliatoi delle palestre.
E’ un problema sociale che dobbiamo affrontare davvero, da subito, a partire dai più giovani. Dobbiamo farlo insieme, le istituzioni con le associazioni. Liberiamo gli omofobi dalle loro paure. Vivranno meglio loro, vivremo meglio tutti.