di Elisabetta Esposito per la Gazzetta dello Sport, articolo pubblicato il 19 luglio 2020
Sono passati 28 anni dall’espolosione che in Via D’Amelio, a Palermo, si prese la vita di Paolo Borsellimo e dei cinque agenti della sua scorta. Allora, come oggi, era domenica. Quella mattina il giudice si svegliò prestissimo e iniziò a scrivere agli studenti di un liceo di Padova, che in una lettera gli rimproveravano di non aver preso parte a un loro convegno e gli ponevano una serie di domande sulla mafia e sulla sua vita. Si fermò alla terza, convinto di terminare a breve. Non lo farà mai.
A quelle domande ha voluto rispondere ora Pietro Grasso, amico di Borsellino così come di Giovanni Falcone, ex-magistrato impegnato nel maxiprocesso e capo della Direzione Nazionale Antimafia, prima di mettere in suo impegno in politica diventando senatore (e, a lungo, presidente di Palazzo Madama).
mai abbattersi
Grasso lo ha fatto scrivendo un libro, Paolo Borsellino parla ai ragazzi, edito da Feltrinelli e con una splendida introduzione di Pif, in cui prima spiega cosa sia la mafia e che cosa abbia portato agli assassinii di Falcone e Borsellino (sottolineando la lezione di questi due eroi: “Mai abbattersi”), poi riprende le domande degli studenti di Padova e risponde mettendo in luce la mafia oggi, che “non spara quasi più, ma non per questo possiamo pensare di averla sconfitta. Dobbiamo mantenere alta la guardia”.
Con un linguaggio semplice e diretto, in cui gli uomini del pool antimafia vengono paragonati agli Avengers e la vita sotto scorta a quella che abbiamo vissuto nell’emergenza Covid, Grasso mette un nuovo importante tassello nella costruzione di una nuova generazione cresciuta con i valori solidi della legalità, a suo parere l’unica arma per distruggere definitivamente la criminalità organizzata.
Per questo, come per primo aveva suggerito Rocco Chinnici, ha sempre voluto partecipare agli incontri nelle scuole, ha sempre voluto raccontare. “Vedo nei giovani l’unica grande, concreta possibilità di riscatto”, scrive Grasso ribadendo poi quanto abbiamo bisogno “dell’antimafia della speranza”.