Referendum. Sulla Costituzione non voglio firmare cambiali in bianco

Intervista di Alessandro Di Matteo per La Stampa del 17 settembre 2020

Il no al referendum è «sincero e convinto», esattamente come il «sostegno al governo Conte». L’ex presidente del Senato Pietro Grasso va subito al punto, quando inizia a spiegare perché voterà contro il taglio dei parlamentari, perché sa che questo è uno degli aspetti più delicati della vicenda: opporsi alla riforma fortemente voluta da M5s, insiste, non significa sabotare il governo e la maggioranza. Il punto è che non si modifica la Costituzione solo per «dire che abbiamo combattuto la “casta”.

Presidente, perché lei è contrario alla riduzione dei parlamentari?
Io non sono contrario al taglio dei parlamentari in via di principio, ma questa misura da sola non basta, anzi: non fa che aggravare i problemi. La Costituzione ha un sistema di pesi e contrappesi, non si può pensare solo al costo della politica. Questo taglio risponde solo a pulsioni anti-parlamentari e l’antipolitica a me non è mai piaciuta. Io voglio migliorare la politica e le istituzioni, non credo nella democrazia diretta. Del resto, ricordiamo che questa riforma è stata pretesa dai 5 stelle nell’accordo di governo e il resto della maggioranza ha detto sì a condizione che si intervenisse anche sulla legge elettorale, sui regolamenti delle Camere, sull’elettorato del Senato, sul meccanismo di elezione del presidente della Repubblica. Un accordo che non è stato rispettato…

Zingaretti dice che ora qualcosa si muove: è stato votato il testo base della legge elettorale, c’è stato un primo sì alla legge Fornaro sul Senato. Non si fida?
La sola legge elettorale non è risolutiva. Io ho l’esperienza da presidente del Senato per 5 anni, ricordo con quanta difficoltà per tutta la legislatura passata ho faticato per cambiare il regolamento del Senato. Penso ci voglia molto ottimismo per pensare che dopo il referendum si potranno apportare i correttivi necessari. E sarebbe necessaria anche una modifica del meccanismo di elezione del presidente della Repubblica, perché con questo taglio le regioni finirebbero per avere un ruolo predominante nella scelta del capo dello Stato. Il taglio incide sulla rappresentanza, le segreterie avranno indubbiamente più potere nello scegliere i candidati, aumenteranno i “nominati”, sarà difficile assicurare la parità di genere… Infine, forse è ora di pensare alla revisione del bicameralismo perfetto: ripensare le competenze e le funzioni del Senato, senza mettere in discussione l’elezione diretta dei senatori. Tutto questo dovrebbe precedere il taglio, non si può dire che questa riforma è un inizio. Io non me la sento di firmare una cambiale in bianco.

Ma come si stabilisce il numero “giusto” di parlamentari?
Il problema è cosa fanno i parlamentari, è il quadro istituzionale che va considerato. Bisogna invertire il metodo: come posso far funzionare meglio il Parlamento e quanti parlamentari mi servono in base all’assetto istituzionale che scelgo? Non modifico la Costituzione solo per dire che ho diminuito i parlamentari e sono andato contro la “casta”.

Bersani vede il rischio del “no insincero”, cioè di un no dettato dalla tentazione di mettere far cadere il governo. Ovviamente non è il suo caso, ma non crede che l’esecutivo rischierebbe con la vittoria del no?
E’ chiaro che non è il mio caso, e mi sembra che nel 2016 eravamo meno schizzinosi coi no. E non credo nemmeno che la vittoria del no metta in discussione l’equilibrio del governo. Peraltro devo dire che non mi pare si possa ipotizzare un diverso governo o una tornata elettorale. Per me rimarrà tutto stabile. Diverso sarà per il risultato delle regionali in Puglia e Toscana…

Il governo non reggerebbe ad una sconfitta in queste regioni?
Beh, certamente porterebbe a fibrillazioni rilevanti, spero non accada. Ma per me il referendum non sposta nulla, da un punto di vista politico.

M5s non farebbe cadere il governo?
Assolutamente no.