Autorità,
Signore e Signori,
è un grande piacere essere qui oggi, in occasione della presentazione del l’undicesima edizione del Rapporto UNICEF sul “Benessere dei bambini e degli adolescenti nei paesi ricchi”.
Il rapporto illustra una comparazione fra 29 paesi a economia avanzata e tiene in considerazione cinque dimensioni della vita infantile: benessere materiale; salute e sicurezza; istruzione; comportamenti e rischi; condizioni abitative e ambiente. Esamina anche ciò che pensano i bambini e gli adolescenti del proprio benessere, includendo una graduatoria della loro soddisfazione rispetto alle proprie condizioni di vita. Ed infine analizza i cambiamenti registrati durante la prima decade del 2000, valutando i progressi di ciascun paese.
Questa panoramica ci fornisce degli spunti interessanti di riflessione e rappresenta un volano per sollecitare il dibattito e l’attuazione di politiche nazionali per migliorare la vita dei minori. Ritengo che monitorare la povertà e le privazioni materiali dei bambini e degli adolescenti nei paesi cosiddetti ricchi sia fondamentale non solo per avviare politiche efficaci, ma anche per suscitare una maggiore responsabilità sociale e per un utilizzo più mirato delle risorse.
Nel rapporto appena presentato, i dati che riguardano il nostro paese sono davvero preoccupanti. L’Italia occupa il 22° posto su 29 Paesi: alle spalle di Spagna, Ungheria e Polonia, ma prima di Estonia, Slovacchia e Grecia. Insieme agli altri Paesi dell’Europa meridionale – Portogallo, Grecia e Spagna – l’Italia si trova nella terza fascia più bassa della classifica sulla povertà infantile relativa, con il 17% dei bambini sotto la soglia di povertà e il più alto tasso di tutti i Paesi industrializzati, dopo la Spagna, con l’11%, dei giovani che non sono iscritti a scuola, non lavorano e non frequentano corsi di formazione. Come evidenziato da questi dati, oggi non si può più parlare di “disagio sociale” ma di una vera e propria “questione sociale” da porre al centro dell’attenzione e dell’azione pubblica.
La politica non può affermare il suo ruolo se le manca il sentimento di partecipazione e quella capacità di condivisione umana e morale verso situazioni gravi di persone e di famiglie. La questione dell’infanzia e dell’adolescenza va messa al centro dell’azione politica se vogliamo che l’Italia possa avere un futuro.
Sicuramente le cause di questa drammatica situazione sono da ricercare nella crisi economica che da qualche anno sta interessando tutto il mondo. La disoccupazione, la precarietà del lavoro, i bassi salari, l’inadeguata istruzione, l’insufficiente aiuto alle madri e ai bambini, la mancanza di una casa, la discriminazione razziale, l’assenza di una prospettiva a lungo termine sono tutte condizioni che contribuiscono a minare le condizioni di salute e di sviluppo di un bambino.
Ma non solo. Siamo di fronte ad un impoverimento morale, dove le parole giustizia, cultura e tutela dei diritti fondamentali sembrano essere scomparsi dal vocabolario e dal tessuto sociale.
Come emerge nel rapporto, negli ultimi 50 anni, nonostante in gran parte dei paesi monitorati il reddito nazionale sia raddoppiato e in alcuni casi triplicato, una percentuale significativa dei bambini continua a vivere in famiglie in condizioni di povertà tali da mettere a rischio la loro salute e il loro sano sviluppo. Questo significa che il reddito delle famiglie non può essere l’unica misura per rappresentare il benessere dei bambini nei paesi cosiddetti ricchi, ma è necessario affiancare ai convenzionali indicatori della crescita economica come il PIL, statistiche più direttamente correlate alla vita delle persone, allo sviluppo umano, in termini di istruzione, salute, democrazia, equità sociale, tessuto relazionale.
Le conseguenze di una mancata protezione e promozione del benessere infantile sono pesantissime e si ripercuotono nelle fasi successive della vita di un bambino. Tali ripercussioni possono andare dalla compromissione di un corretto sviluppo cognitivo a risultati scolastici scarsi; da aspettative e competenze ridotte a bassi livelli di produttività e reddito; da alti tassi di disoccupazione a una maggior dipendenza dallo stato sociale; dalla diffusione di comportamenti antisociali al coinvolgimento in attività criminali – e i fatti di cronaca di questi giorni non fanno che confermare questo dato – alla maggiore probabilità di abuso di stupefacenti e alcool.
Oggi è più che mai urgente approvare misure contro la povertà infantile e le disuguaglianze. Bisogna sostenere politiche per i genitori che facilitino il loro ingresso nel lavoro; l’accesso garantito a servizi di qualità a prezzi accessibili; investire in istruzione ed educazione per dare a tutti uguali opportunità; politiche edilizie e urbanistiche a dimensione di bambino. Recentemente anche la Commissione Europea ha diramato una raccomandazione ufficiale dal titolo “Investire nei bambini: rompere il circolo vizioso di svantaggio” con la quale, con inequivocabile chiarezza, gli stati membri vengono sollecitati a mettere al centro dell’agenda il tema dell’infanzia e degli investimenti necessari per combattere la povertà dei bambini. Da Bruxelles arriva un messaggio chiaro a tutti i governi. Nella raccomandazione adottata il 20 febbraio scorso, infatti, si richiede ai paesi membri di sviluppare strategie integrate contro la povertà infantile.
È indispensabile quindi una inversione di rotta. La spesa pubblica, soprattutto quella destinata ai minori, non è un costo ma piuttosto un investimento fondamentale che ‘paga’ sia in termini di tutela di diritti che in un’ottica di razionalizzazione e risparmio per il futuro.
Dobbiamo cogliere l’urgenza delle criticità sollevate dal rapporto dell’UNICEF e adoperarci per risolverle. Per questo occorre una mobilitazione sociale e culturale, che aiuti a vedere i bambini come cittadini e individui dotati di diritti propri, non semplici appendici della propria famiglia, di cui seguono inevitabilmente il destino.
La legislazione vigente a tutela dei più piccoli, sia a livello nazionale sia internazionale, è senza dubbio un’esemplare conquista sociale e civile in materia di diritti umani. I progressi raggiunti sono straordinari ma ancora c’è tanto da fare, in particolare dove persistono situazioni di degrado e sottosviluppo che impediscono condizioni di vita rispettose dei diritti: assicurare ai bambini i loro sacrosanti diritti, accompagnare la loro crescita, garantire loro ogni protezione da abusi e pericoli costituiscono doveri inderogabili di un Paese civile e democratico.
La cultura della tutela dei bambini si fonda, certo, sulla garanzia della loro sicurezza e dignità, ma si sostanzia anche attraverso la costruzione di basi e di strumenti per la realizzazione di un avvenire migliore. I nostri figli ci costringono a tornare a guardare all’orizzonte e hanno il diritto di ricevere la capacità di desiderare, la speranza e la fiducia nell’avvenire.
Considero questi obblighi morali e materiali un imperativo categorico, e mi impegno a contribuire in tutti i modi possibili al futuro dei bambini e dei ragazzi e al futuro del mondo. Bisogna poter guardare in viso i nostri figli, e i figli dei nostri figli, senza mai avere la sensazione di doverci rimproverare qualcosa. Grazie.
È possibile consultare il rapporto Unicef qui.