Intervista rilasciata a Moked
“Il 25 Aprile non è solo un giorno di ricordo degli uomini e delle donne che rischiarono tutto per restituirci la libertà: è, anche e soprattutto, un monito, una fondamentale occasione per riflettere sul nostro presente e su come abbiamo intenzione di costruire il nostro domani”. Lo sottolinea in questa intervista al portale dell’ebraismo italiano www.moked.it il Presidente del Senato Pietro Grasso, la cui orazione aprirà il grande corteo in programma a Milano per la Festa della Liberazione. “Chiunque strumentalizzi per altri scopi questa giornata – afferma Grasso, con riferimento a chi infanga in queste ore la memoria della Brigata Ebraica – commette un grave errore perché nega la storia e la piega a interessi avulsi dallo spirito del 25 aprile”.
Presidente Grasso, cosa significa il 25 aprile per l’Italia? Quale lezione possiamo trarre dalle vicende che si ricordano in questa ricorrenza?
Il 25 aprile 1945 si chiuse una delle pagine più oscure della nostra storia – la dittatura fascista, le leggi razziali, la guerra mondiale – e iniziò quella più luminosa con l’affermazione di principi e valori che pongono la dignità dell’uomo e la sua libertà al centro dell’azione delle nostre istituzioni repubblicane. Pochi mesi più tardi, in un’Italia ancora ferita e provata, i padri costituenti, pur venendo da tradizioni culturali diversissime e sostenendo idee politiche molto spesso antitetiche, riuscirono nel difficilissimo compito di scrivere le regole fondamentali della neonata Repubblica. Il 25 aprile non è quindi solo un giorno di ricordo degli uomini e delle donne che rischiarono tutto per restituirci la libertà: è, anche e soprattutto, un monito, una fondamentale occasione per riflettere sul nostro presente e su come abbiamo intenzione di costruire il nostro domani. Credo sia davvero importante non dimenticare le nostre radici, il travaglio e gli ideali dei partigiani che seppero fare, in un tempo così difficile, scelte radicali e dolorose unendosi nel comune obiettivo di riscattare la nostra nazione. Sarebbe davvero importante tenere a mente il loro esempio nella nostra quotidianità e tutte le volte nelle quali teniamo più in considerazioni le ragioni che ci dividono rispetto a quelle che ci uniscono.
Cosa vuol testimoniare con la sua partecipazione al corteo milanese?
Sono stato magistrato per quarantatré anni e, per tutta la vita, ho servito le istituzioni repubblicane nate proprio da quello scatto di orgoglio ispirato dalla Resistenza; credo fermamente nei valori e nei principi scanditi nella nostra Costituzione, redatta dagli uomini e dalle donne protagonisti di quella straordinaria vicenda. È naturale quindi, per me, sentirmi a casa in una manifestazione di gioia, di ricordo e di impegno come quella che si terrà a Milano il 25 aprile. Da quando mi sono spostato in politica e sono stato eletto presidente del Senato sento ancora più forte l’esigenza di trasmettere la vicinanza delle istituzioni ai cittadini.
Da diversi anni ormai c’è chi, a Roma ma non soltanto, cerca di oscurare il ricordo delle pagine di coraggio scritte dai combattenti della Brigata ebraica. Cosa si sente di dire al riguardo?
Il 25 aprile è la festa della Liberazione, di tutti gli uomini e di tutte le donne che parteciparono a quello straordinario risultato. Chiunque strumentalizzi per altri scopi questa giornata commette un grave errore perché nega la storia e la piega a interessi avulsi dallo spirito del 25 aprile. La Brigata Ebraica, una formazione militare composta da uomini provenienti da molte nazioni e inquadrata nell’esercito inglese, ha contribuito alla liberazione di alcune città: in provincia di Ravenna sono giustamente ricordati 45 suoi membri che morirono lì combattendo per liberare l’Italia dal nazifascismo. Per questa ragione credo che la Brigata debba essere considerata al pari di tutte le altre realtà della Resistenza. Ho apprezzato le recenti parole dell’Anpi nazionale e del Sindaco Sala che hanno ribadito con forza che l’assenza della Brigata Ebraica alle manifestazioni del 25 aprile sarebbe un inaccettabile attacco alla storia della Resistenza e al suo più intimo significato.
La memoria di quello che è stato, nel bene e nel male, è in pericolo? Quali rischi corre una società che dimentica il suo passato?
Un Paese che dimentica il proprio passato è purtroppo condannato a riviverlo. Io credo moltissimo nel valore pedagogico della Memoria, nella trasmissione di fatti, storie e vicende che raccontano di errori da non ricommettere e di esempi da cui attingere nel nostro quotidiano. Osservo con preoccupazione la qualità e i toni del dibattito pubblico intorno ad alcuni temi fondamentali e alle grandi sfide del nostro tempo: penso al destino dell’Unione Europea, alla difficile gestione del fenomeno delle grandi migrazioni, alla crisi economica globale, alle guerre più o meno vicine. Dobbiamo scegliere se dare valore concreto agli ideali che animarono la Resistenza, sui quali abbiamo costruito la nostra Repubblica e pacificato il nostro continente o se sacrificarli in nome della paura e dell’interesse; dobbiamo scegliere se la vita sia ancora e sempre un bene non negoziabile, e la sua difesa un valore assoluto, oppure no. Se solo ricordassimo meglio il nostro passato, sapremmo quali principi sono inderogabili mentre elaboriamo la miglior soluzione per ciascuno di questi grandi problemi.
Recentemente lo Yad Vashem ha riconosciuto come ‘Giusto tra le nazioni’ l’esponente fiorentino del Partito liberale Renato Fantoni, che salvò dalle persecuzioni un illustre collega di partito: l’ebreo Eugenio Artom, futuro membro della Consulta nazionale e senatore della Repubblica. Un riconoscimento che nasce da alcune rivelazioni pubblicate alcuni anni fa sul nostro mensile Pagine Ebraiche. Una pagina riscoperta della nostra Resistenza. Possono, le singole vicende, aiutarci a recuperare un rapporto più forte e consapevole con il nostro passato?
La storia della Resistenza si fa della narrazione delle vicende dei grandi protagonisti ma anche soprattutto di queste piccole ma straordinarie storie. È per questa ragione che lo studio e l’approfondimento del nostro passato non deve interrompersi e che ai più giovani deve essere sempre data l’opportunità di scoprirne il valore. Le azioni del liberale fiorentino – che avete avuto la bravura e la tenacia di far riemergere dall’oblio del tempo – ci aiutano a capire che ognuno, secondo le proprie possibilità e competenze, può contribuire a cambiare il mondo. Il Talmud dice che “chi salva una vita salva il mondo intero”: il coraggio di Renato Fantoni ne è una dimostrazione quanto mai viva e forte.